ORE 10:45 CAOS DI JAMES GLIECK (ORIG. 1987—RIZZOLI 1989) : PER CHI HA ORECCHIATO L’EFFETTO FARFALLA E LA TEORIA DEL CASO…PUBBLICO L’INIZIO DEL LIBRO PIU’ IMPORTANTE TRA QUELLI CHE HANNO INIZIATO A RACCONTARCI “LA NASCITA DI UNA NUOVA SCIENZA”—PIANO PIANO NE VEDREMO LE CONSEGUNEZE / PRIMA LOGICHE POI PRATICHE /SULLE NOSTRE VITE (E’ UN’IPOTESI DA ELABORARE INSIEME): IN SOSTANZA, SI E’ SCOPERTO UN GRUPPO DI FENOMENI CHE “SI RIPETONO CON COSTANZA”, PER CUI SI POSSONO SCOPRIRE LE LORO LEGGI DI COMPORTAMENTO—CIOE’ FARE SCIENZA // MA CHE NON RISPONDONO ALLA LEGGE DI “CAUSA ED EFFETTO”—SOTTO HO MESSO WIKIPEDIA, SE VOLETE LEGGERE PRIMA QUALCOSA—DI MIO CONISGLIO SEMPRE DI BUTTARSI IN MARE SULL’AUTORE, MA SO BENE CHE NON FUNZIONA PER TUTTI–COME IN AMORE SI RICHIEDE ANCHE PER LA SCIENZA UN PO’ DI PETTING O PREPARAZIONE// TROVERETE QUALCHE ERRORE DI BATTITURA, MA LA SCHIENA CHIAMA A GRAN VOCE—CIAO MIEI BELLI, MIEI FRATELLI D’ITALIA, CHIARA

COPIA DEL 1° CAPITOLO  da  “CAOS “    di GLIECK-

 

prezzo online, circa 9 euro

 

 


La polizia della cittadina.di LOS Alamos, nel New Mexico, fu

messa per qualche tempo in allarme, nel 1974, dalla notizia di

un uomo che qualcuno aveva visto aggirarsi furtivamente nel

buio, una notte dopo l’altra, la lucina rossa della sua sigaretta

oscillante nell’ombra delle strade più solitarie. 1 Camminava per

ore, apparentemente senza meta, sotto la luce delle stelle che oc­

chieggiavano attraverso l’aria sottile delle mesas. I poliziotti non

furono gli unici a porsi domande. Al National Laboratory alcu­

ni fisici avevano appreso che il loro nuovo collega stava, facendo

esperimenti su giornate di ventisei ore: ciò comportava che le

sue ore di veglia stavano lentamente spostandosi rispetto alle lo­

ro, tornando a coincidere solo dopo vari giorni. Questo fatto

a.veva degli aspetti un po’ strani, persino per la Divisione Teo­

nca.

 

Nei tre decenni trascorsi da quando J. Robert Qppenheimer

aveva scelto questo irreale paesaggio del New Mexico per il pro­

getto della bomba atomica, il Los Alamos National Laboratory

si era allargato su un’estensione di altopiano desolato, popolan­

dola di acceleratori di particelle e di laser a gas e di impianti

chimici, di migliaia di scienzati e di amministratori e di tecnici, .

oltre che di una delle massime concentrazioni di supercomputer

a livello mondiale. Alcuni fra gli scienziati più anziani ricorda­

vano le costruzioni in legno sorte in gran fretta sulla roccia al­

l’orlo dell’altopiano negli anni Quaranta, ma per la maggior

parte del personale di Los Alamos -giovani uòmini e donne

che indossavano pantaloni di fustagno stile college e camicie da

lavoro – i padri della bomba non erano altro che fantasmi del

passato. Il centro del pensiero nella sua espressione più pura, al

Laboratory, era la Divisione Teorica, nota come divisione T,

esattamente come i computer erano la divisione C e le armi la

divisione x .. Più di cento fra matematici e fisici lavoravano nella

divisione T, ben pagati e liberi da pressioni accademiche riguar-

 

do a didattica e pubblicazioni. Questi scienziati avevano fami­

liarità con un pensiero brillante e talvolta eccentrico. Difficil­

mente si sorprendevano per qualcosa.

 

“‘– Mitchell Feigenbaum, però, era un caso insolito. Aveva pub­

blicato soltanto un articolo, e non stava lavorando su nulla che

sembrasse promettere qualcosa di particolarmente interessante.

I suoi capelli erano una criniera incolta, gettata all’indietro dal­

la fronte spaziosa, nello stile dei busti dei compositori tedeschi.

Il suo sguardo era mobile e intenso. Quando parlava, sempre

con rapidità, tendeva a lasciar cadere articoli e pronomi in uno

stile vagamente mitteleuropeo, anche se era nato a Brooklyn.

Quando lavorava, lo faceva in modo ossessivo. Nei periodi in cui

non poteva lavorare, camminava e pensava, di giorno o di notte, .

e la notte era per lui la parte migliore della giornata. La giorna­

ta di ventiquattr’ore sembrava gli andasse stretta. Nondimeno il

suo esperimento sulla quasi -periodicità personale finì quando

egli decise che non poteva più sopportare di svegliarsi al tramon­

to, come doveva accadere ogni pochi giorni.

 

A ventinove anni aveva già acquisito una cultura scientifica

eccezionale ed era diventato di fatto un consulente ad hoe a cui

molti scienziati si rivolgevano per esaminare con lui problemi

particolarmente ostici, sempre che riuscissero a rintracciarlo.

Una sera Feigenbaum arrivò al lavoro proprio quando il diretto­

re del laboratorio, Harold Agnew, stava andandosene. Agnew

era una figura potente, uno degli storici apprendisti stregoni di

Oppenheimer. Nell’agosto del 1945 si era recato in volo su Hiro­

shima con un aereo carico di strumenti che aveva accompagnato

l’Enola Gay, a fotografare la consegna del primo prodotto del

laboratorio.

«Capisco che lei è molto intelligente», disse Agnew a Feigen­

baum. «Ma se lei è così intelligente, perché non risolve il proble­

ma della fusione laser ?» 2

‘Persino gli amici di Feigenbaum si chiedevano se avrebbe

mai prodotto qualcosa di suo. Per quanto fosse incline a realiz­

zare magie estemporanee in risposta alle loro domande, non

sembrava interessato a dedicare ricerche proprie a un qualche

problema che ne valesse la pena. Meditava sulla turbolenza nei

liquidi e nei gas. Rifletteva sul tempo: scorreva in avanti in mo­

do continuo oppure a salti, in modo discreto, come la sequenza

di fotogrammi di un film cosmico? Ponderava sulla capacità

dell’occhio di vedere colori e forme coerenti in un universo che,

come ben sanno gli scienziati, è un mutevole caleidoscopio

quantico. Elucubrava sulle nubi, osservandole dai finestrini del-

l’aereo (finché, nel 1975, i suoi privilegi per viaggi scientifici fu­

rono ufficialmente sospesi per averne egli abusato) o nel corso

delle sue camminate sulle colline che dominavano il laboratorio.

Nelle cittadine di montagna del West le nubi assomigliano

ben poco alle basse foschie scure, dai contorni indefiniti, che ad­

densano l’aria nell’Est degli Stati Uniti. A Los Alamos, sottoven­

to a una grande caldera vulcanica, le nubi si spandono in cielo,

in configurazioni casuali sì, ma a volte anche non a caso, rima­

nendo immobili in formazioni a punta uniformi o arrotolandosi

in disegni con solchi regolari come materia cerebrale. In un po­

meriggio temporalesco, quando il cielo luccica e trema in attesa

dell’esplosione delle scariche elettriche, le nubi sono sospese a

quasi cinquanta chilometri di altezza, filtrando la luce e riflet­

tendola, finché il cielo intero sembra assumere l’aspetto di uno

spettacolo allestito come un sottile rimprovero ai fiSici. Le nubi

rappresentavano un aspetto della natura che i fisici avevano tra­

scurato’ un aspetto che era a un tempo vago e dettagliato, strut­

turato e imprevedibile. Feigenbaum meditava su cose come que­

ste, in modo quieto e improduttivo. Per un fisico la creazione

della fusione laser era un problema legittimo; svelare l’enigma

dello spin, del colore e del sapore di piccole particelle era un

problema legittimo; datare l’origine dell’universo era un proble­

ma legittimo. Capire le nubi era un problema di competenza dei

meteorologi. Come altri fisici, Feigenbaum usava, nella valuta­

zione di tali problemi, un vocabolario gergale. Dire che una cer­

ta cosa era ovvia significava che poteva essere capita da ogni fisi­

co di un certo livello dopo un’appropriata riflessione e i calcoli

opportuni. L’espressione «non ovvia» veniva usata per indicare

ricerche che imponevano rispetto e che potevano condurre al

Premio Nobel. Ai problemi più difficili, i problemi che non si

potevano risolvere se non dopo avere scrutato per molto tempo

nelle viscere dell’universo, i fisici riservavano parole come pro­

fondo. Nel 1974, anche se pochi suoi colleghi lo sapevano, Fei­

genbaum stava lavorando su un problema profondo: il caos.

Dove comincia il caos si arresta la scienza classica. Finché il

mondo ha avuto fisici che investigavano le leggi della natura ha

infatti sofferto di una speciale ignoranza sul disordine presente

nell’atmosfera, nel mare turbolento, nelle fluttuazioni delle po­

polazioni di animali e piante allo stato di natura, nelle oscilla­

zioni del cuore e del cervello. L’aspetto irregolare della natura,

il suo lato discontinuo e incostante, per la scienza sono stati dei

veri rompicapo o peggio mostruosità.

Ma negli anni Settanta alcuni scienziati, negli Stati Uniti e in

Europa, cominciarono a trovare una via per orientarsi nel disor­

dine. Erano matematici, fisici, biologi, chimici, tutti alla ricer­

ca di connessIOnI fra diversi tipi di irregolarità. I fisiologi trova­

rono un ordine sorprendente nel caos che si sviluppa nel cuore

umano, -la causa prima della morte improvvisa, inspiegata. Gli

ecologi esplorarono l’espansione e il declino di popolazioni di fa­

lene. Gli economisti andarono a recuperare vecchi dati sui prez­

zi delle merci e tentarono un nuovo tipo di analisi. Le nozioni

che ne emersero condussero direttamente nel mondo naturale:

la forma delle nubi, la traiettoria del fulmine, l’intreccio micro­

scopico di vasi sanguigni, gli ammassi gal attici di stelle .

. Quando Mitchell Feigenbaum cominciò a meditare sul caos

a Los Alamos, apparteneva a un gruppetto esiguo di scienziati

disseminati in tutto il mondo, che neppure si conoscevano fra lo­

ro. Un matematico a Berkeley, in California, aveva formato un

piccolo gruppo dedito alla creazione di un nuovo studio di «siste­

mi dinamici». Un biologo delle popolazioni alla Princetòn “Uni­

versity si accingeva a pubblicare un’appassionata perorazione a

tutti gli scienziati perché studiassero il comportamento sorpren­

dentemente complesso che si celava in alcuni modelli semplici.

Un geometra che lavorava per la IBM cercava una nuova parola

– per descrivere un,!..faJ!ljgliit di f0!!ll~ – seghettate, frastagliate,

aggrovigliate, spezzate, contorte, rotte -::: che conside!ay’!. un

principio organizzatore in natura. Un fisico matematico france­

se aveva appena avanzato là tesi controversa che la turbolenza

nei fluidi potesse avere qualcosa a che fare con un’astrazione

bizzarra, infinitamente aggrovigliata, da lui chiamata,agrat!.ore

strano.

Un decennio dopo la parola «caos» è diventata un’espressio­

ne concisa per designare un movimento in rapida crescita che

sta plasmando ex novo il tessuto dell’ortodossia scientifica. Oggi

congressi e riviste sul caos si moltiplicano. Negli Stati Uniti am­

ministratori di programmi governativi incaricati di distribuire

fondi alla ricerca scientifica per le forze armate, la CentraI In­

telligence Agency e il ministero dell’Energia hanno assegnato

somme sempre maggiori alla ricerca sul caos e hanno creato spe­

ciali burocrazie per la gestione dei finanziamenti.P In tutte le

università principali e nei centri di ricerca di tutte le maggiori

società commerciali alcuni teorici si dedicano principalmente

allo studio del caos, e solo secondariamente alle loro specialità

nominali. A Los Alamos fu fondato un Center for Nonlinear

Studies per -Zoordinare la ricerca sul caos e su problemi affini:

istituzioni simili sono apparse nelle università in tutto il paese.

Il caos ha creato speciali tecniche per l’uso- di computer e

speciali tipi di immagini grafiche, figure le quali colgono una

struttura fantastica e delicata che sta alla base della complessi­

tà. La nuova scienza ha generato un proprio vocabolario, un

elegante linguaggio tecnico di frattali e biforcazioni, intermit­

tenze e periodicità, attrattori strani e diffeormofismi piegati.

Questi sono i nuovi elementi del moto, 4 esattamente come, nella

fisica tradizionale, ..9,uark e gluoni sono i nuovi.elementi della

materia. Per alcuni fisici il caos è una scienza di processo anzi­

ché di stato, 5di divenire anziché di essere.

Ora che la scienza lo sta cercando, pare che il caos sia pre­

sente dappertutto. Una colonna ascendente di fumo di sigaretta

si rompe in spire irregolari. Un rubinetto gocciolante passa da

un ritmo regolare a uno casuale. Il caos fa la sua apparizione nel

comportamento dei fenomeni meteorologici, in quello di un ae­

reo in volo, nei raggruppamenti di automobili su un’autostra­

da.” nelle modalità di flusso del petrolio in oleodotti sotterranei.

In qualsiasi campo, il comportamento obbedisce sempre alle

stesse leggi scoperte di recente. Questa presa di coscienza ha co­

minciato a modificare il modo in cui i dirigenti d’azienda pren­

dono decisioni sulle assicurazioni, quello in cui gli astronomi

considerano il sistema solare, nonché il modo in cui i teorici par­

lano delle tensioni politiche che conducono a un conflitto arma­

to.?

Il caos valica le linee di demarcazione fra le varie discipline

scientifiche. Essendo una scienza concernente la natura globale

dei sistemi, ha raccolto -pensa tori di campi in precedenza al­

quanto lontani fra loro. «Quindici anni fa la scienza era avviata

verso una crisi di crescente specializzazione», osservò un ufficiale

della Marina degli Stati Uniti incaricato dei finanziamenti alla

ricerca, rivolgendosi a un pubblico formato da matematici, bio­

logi, fisici e medici~Oggitale specializzazione si è vistosamente

rovesci~~J..~eguenza_del caos». 8 Il caos pone problemi che

sfidano i modi accettati di lavorare nella scienza. Esso avanza te­

si forti sul comportamento universale della complessità. I primi

teorici del caos, gli scienziati che misero in moto la disciplina,

avevano in comune certe forme di sensibilità. Essi avevano un

occhio per le strutture, specialmente per strutture che appariva­

no nello stesso tempo a scale diverse. Avevano un debole per la

casualità e per la com lessità, per margini frastagliati e per salti

bruschi. I credenti nel caos – che a volte chiamano se stessi cre­

denti, O convertiti, o evangelisti – meditano sul determinismo e

sulla libertà del volere, sull’evoluzione, sulla natura dell’intelli­

genza cosciente. Essi pensano di stare voltando le spalle a una

tendenza diffusa nella scienza: il riduzionismo, l’analisi di siste­

mi nei termini delle loro parti componenti: quark, cromosomi o

neuroni che siano. Essi credono di stare cercando la totalità.

I fautori più appassionati della nuova scienza si spingono ad­

dirittura ad affermare che la scienza del XX secolo sarà ricorda­

ta per tre sole cose: la relatività, la meccanica quantistica e il

caos. 9 Il caos, essi sostengono, è diventato la terza grande rivolu­

zione di questo secolo nelle scienze fisiche. IO Come le prime due

rivoluzioni, il caos abolisce i dogmi della fisica newtoniana. Co­

me si espresse un fisico: «La relatività eliminò l’illusione newto­

niana dello spazio e tempo assoluti; la teoria quantistica eliminò

il sogno newtoniano di un processo di misurazione controlla bile;

e il caos elimina la fantasia laplaciana della prevedibilità deter­

ministica». Il Delle tre, la rivoluzione nel caos si applica all’uni­

verso quale lo vediamo e lo tocchiamo, a oggetti allascala uma­

na. L’esperienza quotidiana e le immagini reali del mondo sono

diventate oggetti di investigazione legittimi. Per molto tempo si

è pensato – senza esprimerlo sempre apertamente – che la fisi­

ca teorica si sia molto allontanata dall’intuizione umana sul

mondo. Non sappiamo se questa convinzione si rivelerà un’ere­

sia feconda o solo una semplice eresia. Ma fra chi pensa che la

fisica stia avviandosi verso un vicolo cieco alcuni guardano ora

al caos come a una via per uscirne.

All’interno della fisica stessa, lo studio del caos emerse da

una zona di ristagno. L’ortodossia, per la maggior parte del XX

secolo, è stata la fisica delle particelle, la quale è andata esplo­

rando i mattoni della materia a energie sempre maggiori, a sca­

le sempre più piccole, in intervalli di tempo sempre più brevi.

Dalla fisica delle particelle sono venute teorie sulle forze fonda­

mentali della natura e sull’origine dell’universo. Eppure alcuni

fisici giovani sono oggi sempre più insoddisfatti per la direzione

assunta dalla più prestigiosa delle scienze. Si comincia a consi­

derare lento il progresso, i nomi assegnati alle nuove particelle

sembrano futili, il corpus della teoria disordinato. All’avvento

del caos, gli scienziati più giovani credettero di assistere a un

mutamento di direzione per tutta la fisica. Il campo era stato

dominato anche troppo a lungo, secondo loro, dalle scintillanti

astrazioni delle particelle ad alta energia e della meccanica

quantistica.

Il cosmologo Stephen Hawking, il quale occupa oggi la cat­

tedra che fu già di Newton all’Università di Cambridge, parlò

per la maggior parte della fisica quando fece l’inventario della

sua scienza in una lezione inaugurale del 1980 intitolata Is the

End in SzgJ;tJ.or Theoretical Physics? [È in vista la fine della fisi­

ca teorica?].

Noi già conosciamo le leggi fisiche che governano tutto ciò che speri­

mentiamo nella vita quotidiana [ … ]. È Un tributo al lungo cammino

che abbiamo percorso nella fisica teorica il fatto che oggi si richiedano

macchine enormi e una grande quantità di denaro per eseguire un

I esperimento di cui non possiamo p’redire i risultati. l’

Hawking riconobbe però che la comp-rensione delle leggi della J

natura nei termini della fisica delle particelle lasciava seI!za so- t

luzione il problema di come applicare quelle leggi a.qiialsiasi si­

stema.rranne.i.più semplici. La predicibilità è una cosa in una

camera a nebliia in cui due particelle entrano in collisione fra

loro al termine di una corsa nell’anello di un acceleratore. È una

cosa totalmente diversa nella più semplice tinozza di acqua tor­

bida, o nella meteorologia umana, o nel cervello umano.

La fisica di cui parla Hawking, che rastrella senza difficoltà

premi Nobel e riesce a procurarsi grandi finanziamenti per gli

esperimenti, è stata spesso presentata come una rivoluzione. A

volte essa parve sul punto di conquistare quel sacro Graal della

scienza che è la Grande teoria unificata, o la «teoria di tutto».

La fisica ha ricostruito lo sviluppo dell’energia e della materia

nel corso dell’inte~ia dell’universo tranne i primissimi atti­

mi. Ma la fisica delle particelle del dopoguerra fu una rivoluzio­

ne? O fu solo il completamento di una struttura già creata nelle

sue linee fondamentali da Einstein, Bohr e gli altri padri della

relatività e della meccanica quantistica? Senza dubbio le con­

quiste della fisica, dalla bomba atomica al transistor, modifica­

rono il paesaggio del XX secolo. Eppure il ragvio d’azione della

fisica delle particelle parve semmai essersi ristretto. Due genera­

zioni erano passate da quando il campo aveva prodotto una

nuova idea teorica che ha modificato il modo in cui i non specia­

Jistiso~Q!.en~Q..no il.mondo,

La fisica descritta da Hawking riuscì a completare la propria

missione senza rispondere ad alcune fra le domande più fonda­

mentali sulla natura. Come ha inizio la vita? Che cos’è la turbo­

lenza? Soprattutto, in un universo governato dall’entropia, la

quale conduce inesorabilmente verso un disordine sempre mag­

giore, come ha origine l’ordine? Al tempo stesso, oggetti della vi­

ta quotidiana come fluidi e sistemi meccanici vennero a sembra-

re così basilari e così ordinari che i fisici ebbero una tendenza

naturale a supporre che fossero ben compresi. Ma non era così.

Quando la rivoluzione nel caos ha assunto il suo corso, i fisici

migliori si sono trovati a tornare senza imbarazzo a fenomeni su

scala umana. Essi non studiano solo galassie, ma anche nubi.

Eseguono ricerche utili usando non solo computer Cray ma an­

che Macintosh. Le principali riviste scientifiche stampano arti­

coli sulla strana dinamica di una palla che rimbalza su un tavolo

accanto ad articoli sulla fisica quantistica. Oggi vediamo che i

sistemi più semplici creano problemi di prevedibilità estrema­

mente difficili. Eppure in quei sistemi si produce spontanea­

mente ordine: caos e ordine assieme. Solo un nuovo tipo di

scienza poteva accingersi a valicare l’abisso fra la conoscenza del

comportamento di una cosa – una molecola d’acqua, una cel­

lula del tessuto cardiaco, un neurone – e quello di milioni di al­

tre cose simili.

Osserviamo due bolle di schiuma che si muovono una accan­

to all’altra al piede di una cascata. Possiamo forse congetturare

quanto erano vicine fra loro alla cima della cascata? Per quanto

concerne la fisica tradizionale, non sarebbe cambiato nulla se

Dio avesse preso tutte quelle molecole d’acqua e le avesse mesco­

late personalmente. Per “tradizione, quando i fisici vedevano ri­

sultati complessi, cercavano cause complesse. Quando vedevano

un rapporto casuale fra ciò che entra in un sistema e ciò che ne

esce, supponevano di dover integrare il caso in una qualche teo­

ria realistica, aggiungendovi artificialmente rumore o errore.

Lo studio moderno del caos ebbe inizio con l’affacciarsi gradua­

le della consapevolezza, negli anni Sessanta, che equazioni ma­

tematiche molto semplici potevano fornire modelli di sistemi

violenti come una cascata. Piccole differenze in ingresso poteva­

no generare rapidamente grandissime differenze in uscita: un

fenomeno a cui è stato assegnato il nome..dGQip~ndeEza sensibi­

le dalle condizioni iniziali». Nella meteorologia, per esempio,

questa nozione si traduce in quello che è noto, solo a metà per

scherzo, come «effetto farfalla»: la nozione che una farfalla che

agiti le ali oggi a Pechino può trasformare sistemi temporaleschi

il mese prossimo a New York.

Quando gli esploratori del caos cominciarono a ripensare al­

la genealogia della loro scienza, trovarono molte piste intellet­

tuali che la legavano al passato. Una cosa, però, emerse in modo

chiaro. Per i giovani fisìci e matematici che diressero la rivolu­

zione, uno dei punti di partenza fu l’effetto farfalla.

 

 

WIKIPEDIA

Caos. La nascita di una nuova scienza

Da Wikipedia, l’enciclopedia libera.
Caos. La nascita di una nuova scienza
Titolo originale Chaos: Making A New Science
Autore James Gleick
1ª ed. originale 1987
Genere Saggio
Sottogenere scientifico
Lingua originale inglese

Caos. La nascita di una nuova scienza (titolo originale Chaos: Making A New Science) è un saggio dello scrittore americano James Gleick pubblicato in originale nel 1987 e in Italia nel 1989 da Rizzoli. L’argomento trattato è la Teoria del Caos, le origini della sua scoperta e le sue applicazioni nei molti settori scientifici in cui si è rivelata utile per analizzare i fenomeni complessi.

Vengono inoltre affrontate le sue implicazioni nel superamento del determinismo classico.

Il libro nel 1988 è stato finalista per il Premio Pulitzer per la sezione saggistica, ed è stato tradotto in 18 lingue.

Contenuto

Nel libro si racconta come dal lavoro indipendente di alcuni ricercatori di discipline diverse siano emerse le basi dellateoria del caos, una nuova branca scientifica posta al confine tra fisica e matematica, capace di gettare nuova luce su fenomeni caratterizzati da gradi di complessità tali da renderli apparentemente insolubili, rivelandone l’intrinseca imprevedibilità, secondo modelli però sorprendentemente regolari e capaci di ripetersi a scale diverse. Dall’intuizione di un matematico impiegato nel campo della meteorologia, Edward Lorenz, il primo ad analizzare la natura particolare dei fenomeni caotici nei meccanismi del tempo atmosferico, nascono i concetti originali di dipendenza dalle condizioni iniziali esemplificati efficacemente attraverso l’immagine dell’effetto farfalla, e dal suo primo studio matematico sul comportamento peculiare di questi sistemi emerge il modello dell’attrattore strano. Quasi contemporaneamente, matematici come Stephen Smale, James Yorke e Michael Barnsley, biologi come Robert May, fisici come Harry Swinney, Jerry Gollub, David Ruelle, Albert Libchaber, astronomi come Michel Hénon trovarono lavorando nelle proprie discipline conferme e nuovi spunti di ricerca. Dallo studio di Benoit Mandelbrot sulle dimensioni frazionarie nasce il concetto di frattale, figura geometrica che ripete la propria configurazione all’infinito.Mitchell Feigenbaum studiando alcune funzioni matematiche scopre delle regolarità inspiegabili legate ai fenomeni caotici. Un gruppo di studenti di Santa Cruz usando computer analogici e battendo nuove linee di ricerca riesce a fornire nuovi apporti, ampliando l’applicazione della teoria. Alla fine del libro viene analizzato l’impatto della nuova disciplina e delle sue implicazioni sulla scienza ortodossa, ancora parzialmente legata al principio deterministico classico, e quindi inizialmente piuttosto ostile al nuovo concetto di caos deterministico, e alle sue implicazioni.

Edizioni

  • James Gleick, Caos, la nascita di una nuova scienza, collana Superbur Scienza, Rizzoli, 2000, p. 348. ISBN 88-17-25875-X.

 

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