ore 07:30 OGGI, RAGAZZI, E’ IL 5 MAGGIO—NON ME LA SENTO DI PASSARE SOTTO SILENZIO UN MIO ANTICO INNAMORATO (NELLE MEDIE, ALCUNE COLLEGHE DI CLASSE MI MANDAVANO I BIGLIETTINI DI CONDOGLIANZE)—SCEGLIETE VOI, AMMESSO CHE VOGLIATE SENTIRLA—HO MESSO ANCHE LE VERSIONI RAP CHE E’ SEMPRE UN MODO ALMENO DI “FRUIRLA”—DI MIO, PENSO CHE IL MANZONI, CHE HA SCRITTO IL PIU’ BEL CAPOLAVORO ITALIANO, FOSSE NEGATO PER LA POESIA E IL TEATRO—MA TANTI, LO SO, COME DILETTA LUNA, MI CAVEREBBERO GLI OCCHI! AMEN // ho avuto una fermata lunga sulla rivista “Il caffe'”, ma se non la conoscete vale tutto il post, Manzoni compreso—che pero’ lasciamo li’ (“tranquillo”) a scrivere I PROMESSI SPOSI—ciao, e’ gia’ tardi, la vita quotidiana comincia a sbraitare….

 

dirige RICCARDO MUTI

https://www.youtube.com/watch?v=Jv9C67AQZwA

Epoca: 1802 – 1804

Composizione:

2 flauti, 2 oboi, 2 clarinetti, 2 fagotti, 3 corni, 2 trombe, timpani, archi

Movimenti:
I Allegro con brio 0:00
II Marcia funebre: adagio assai 18:38
III Scherzo: allegro e vivace 35:56
IV Finale: allegro molto 41:49

Filarmonica della Scala di Milano
Direttore: RICCARDO MUTI

  • La terza sinfonia di Beethoven (1770 – 1827) in Mi bemolle maggiore op. 55 detta “Eroica” fu composta fra il 1802 e1804 ed eseguita nell’agosto 1804 a Vienna.

La sinfonia fu inizialmente scritta per Napoleone e rappresenta la sintesi di tutta l’aspirazione all’epos riscoperta negli anni della rivoluzione. In essa si avverte la volontà di tenere insieme la musica e la realtà che già era stata avvertita, se pur in forma primitiva, nella pièce à sauvetage, nella marcia, nell’inno e nel pezzo strumentale a programma.

Beethoven, che come Hegel aveva visto nel generale corso “cavalcare lo spirito del mondo”, gli indirizza una dedica, dedica che in seguito disconoscerà in un impeto di sdegno a seguito della sua incoronazione a imperatore. Proprio per questa delusione la sinfonia sarà quindi definitivamente intitolata (in italiano) “Sinfonia Eroica composta per festeggiare il sovvenire di un grand’uomo”. In seguito la dedico’ ad un altro personaggio.–

la conoscerete, è un’altra delle bellssime sinfonie!

 

 

 

 

“ei fu buona!:    è bravo!

“ei fu”  e’ Berlusconi

DI GUIDO GENOVESI

 

https://www.youtube.com/watch?v=JvWjruGI-_g

 

 

(Ajaccio, 15 agosto 1769 – Isola di Sant’Elena, 5 maggio 1821)

 

MARLON BRANDO INCAZZATO E GRASSO!

 

Louis David, 1798, ritratto incompiuto di Napoleone primo console (particolare) – Museo del Louvre, Parigi. I

 

1785-1873—SPERO SIANO GIUSTE QUESTE DATE, MA HAI VISSUTI QUASI CENTO ANNI! TI SEI FATTO: L’EPOCA ILLUMINISTA, che arriva in italia piu’ tardi; IL PRE-ROMATICISMO CON ALESSANDRO VERRI: E IL PIENO ROMANTICISMO; LE GUERRE PER L’UNITA’ D’ITALIA E LA LORO CONCLUSIONE…..SEI STATO SENATORE ADDIRITTURA DEL REGNO ITALICO—-LA MOGLIE ERA FIGLIA DI CESARE BECCARIA, IL GENIO “DEI DELITTI E DELLE PENE” CHE MAI L’AVREBBE SCRITTO SENZA I VERRI, SPECIE PIETRO, CHE LO AGGUNTAVANO PER IL COLLETTO E LO METTEVANO SEDUTO—E OGNI VOLTA COSI’–!

TI SEI FATTO TUTTE LE SPERANZE DEI GIOVANI INTELLETTUALI RIUNITI ATTORNO A QUESTA RIVISTA….

“il giornale era di Milano (regno di Maria Teresa d’Austria), ma uscirà a Brescia (allora sotto la Repubblica di Venezia) dal giugno 1764 al maggio 1766, per iniziativa di Pietro Verri in stretta collaborazione col suo stesso gruppo della “Società dei Pugni”: Alessandro Verri, Cesare Beccaria, Pietro Secchi, Paolo Frisi, Giuseppe Visconti, Sebastiano Franci…: tutti appartenenti socialmente al ceto aristocratico, ma di idee fondamentalmente borghesi….La funzione del giornale veniva per la prima volta a coincidere con quella dello “scrittore novatore”, che deve interessarsi di riforma della produzione, del commercio, della legislazione, della lingua…, senza accettare l’autorità di nessuno, ma confidando anzitutto nella ragione e nella esperienza pratica. Per questi motivi il periodico diventò un classico dell’illuminismo italiano, anche se la fama degli scritti del Verri e del Beccaria hanno nuociuto alla sua fortuna (?). Il Caffè venne ristampato integralmente nel 1804….

Ciò che contraddistingue Il Caffè da tutte le riviste coeve (e precedenti) sono tre cose:

     

  • il pubblico di riferimento. Verso la metà del ‘700 cambia la sociologia dei lettori: da un mondo di eruditi, di intellettuali per nascita, si passa alla costruzione di un pubblico alfabetizzato fatto di professionisti, di artigiani, di ceti medi urbani e, parzialmente, di donne. Questo pubblico non chiede la recensione colta, lo studio erudito, ma conoscere le mode, i dibattiti intorno alle arti meno individuali e più capaci di comunicare emozioni, immagini, problemi a gruppi sociali;
  • l’oggetto che lo costituisce. Non più estratti, memorie, ma interventi su temi immediati, su questioni dirette, non senza riflessioni curiose, mondane. Il Beccaria parla del gioco visto come calcolo delle probabilità; il Verri da argomenti come il caffè, la medicina, la coltivazione del lino sa trarre spunto per riflessioni filosofico-empiriche; il saggio sui contrabbandi di Beccaria verrò considerato da Schumpeter uno dei grandi testi economici scritti in Italia. Ma i temi trattati sono veramente tanti: dal cacao alla tecnica moderna, dal vaiolo all’organizzazione delle poste, dai cimiteri alla sanità, dalla questione dei fedecommessi al federalismo nazionale;
  • le modalità di comunicazione. Messaggi in cui viene superato il modello di comportamento tradizionale (aristocratico) con l’esigenza di nuovi stili (borghesi). No quindi alle Accademie, con la loro erudizione inutile e pesante, ma no anche alla conversazione frivola dei salotti.

La redazione aveva di mira due cose:

  • una politica di riforme illuminate, liberali, progressiste, in direzione dello sviluppo capitalistico;
  • un uso intelligente, a tale scopo, della scienza e della tecnica.

La questione del lusso, sollevata dal Verri, è emblematica di questa direzione editoriale. Egli rovescia il giudizio morale che vede il lusso come un “male” e lo propone anzi come una “molla” che può scuotere la staticità di un sistema sociale basato essenzialmente sulla rendita. Egli contrappone all’immobilismo della “corte” i traffici della borghesia, che creano ricchezza per tutti.

...I redattori del periodico, chiedendo l’abbattimento delle barriere doganali interne, l’adozione di un’unica legislazione e di sistemi unificati di pesi e misure, in sostanza auspicavano la fine della frantumazione politica della penisola. Cosa che seconda la redazione sarebbe dovuta avvenire attraverso la politica illuminata dei sovrani


All’attività di pensiero e di azione degli autori del Caffè e di altri studi innovativi in materia soprattutto giuridico-economica, corrisposero le riforme di tipo capitalistico introdotte nel Ducato dal governo illuminato di Maria Teresa (d’Austria) e Giuseppe II (suo figlio), che investirono ogni campo:

  • si cercò di sottoporre la nobiltà fondiaria (laica ed ecclesiastica) agli stessi obblighi retribuitivi cui erano soggetti gli altri possessori di terre,
  • si ridusse la manomorta ecclesiastica, al fine di permettere al ceto borghese di acquistare terre e allestire aziende agrarie capitalistiche,
  • si abolirono le corporazioni di mestiere (specie nell’attività tessile e serica), onde liberalizzare le attività produttive,
  • vennero soppressi numerosi conventi e posti all’asta i loro beni, furono aboliti l’Inquisizione, la censura preventiva sui libri e il diritto di asilo a favore di chiese e conventi,
  • l’insegnamento cessò di essere monopolio del clero e passò nelle mani dello Stato, che cercò d’impartire una cultura meno accademica e meno letteraria (poiché i gesuiti si opposero a questi provvedimenti, furono espulsi dal Ducato).

Le idee o le modalità d’intervento del Caffè verranno riprese molto tempo, da giornali e riviste come Il Politecnico di Cattaneo, L’Unità di Salvemini, Tempo Presente di Silone e Nicola Chiaromonte, l’inserto Fine Secolo di Reporter di Enrico Deaglio.

(cfr. AA.VV., Il Caffè 1764-1766, ed. Bollati-Boringhieri 1994).

 

 


Alessandro Francesco Tommaso Antonio Manzoni (Milano7 marzo 1785 – Milano22 maggio 1873) è stato unoscrittorepoetadrammaturgo italiano. È considerato uno dei maggiori romanzieri italiani di tutti i tempi, principalmente per il suo celebre romanzo I promessi sposi, caposaldo della letteratura italiana[2]. Fu senatore del Regno d’Italia.

 

La poesia IL CINQUE MAGGIO di MANZONII interpretata dal cantautore bolognese Germano Bonaveri

vittorio gassman  recita il 5 maggio

https://www.youtube.com/watch?v=8VW8ru8DiMI

 

 

5 Maggio – Manzoni (Zen Remix)

la celebre poesia in versione rap

 

https://www.youtube.com/watch?v=x9pwtX_Q8pw

 

 

Versione rap della celebre poesia del Manzoni “il 5 maggio” cantata da Theodore the chipmunk in versione inglese. Il testo è la brutale traduzione dall’italiano tramite Google translate. (chiara: peccato non si capisca una parola e l’orso non e’ il mio tipo!)
Buon divertimento!!!!

Giulia Beccaria con il piccolo Manzoni in un ritratto attribuito ad Andrea Appiani

 

 

Fotografia di Alessandro Manzoni nel 1872 in Immagini di casa Manzoni, a cura di J. Riva, Milano, Centro Nazionale Studi Manzoniani, 1999, n. 41.

 

 

 

 

testo della poesia in versione nobile e drammatica, diciamo “classica”
Ingrandisci carattere Riduci carattere

 

 

 

[p. 689]

Opere varie Manzoni 1881-695.1.png

 

IL CINQUE MAGGIO

ode.

Opere varie Manzoni 1881-695.2.png

 

 

Ei fu. Siccome immobile,
Dato il mortal sospiro,
Stette la spoglia immemore
Orba di tanto spiro,
Così percossa, attonita5
La terra al nunzio sta,

Muta pensando all’ultima
Ora dell’uom fatale;
Nè sa quando una simile
Orma di piè mortale10
La sua cruenta polvere
A calpestar verrà.

[p. 690]

Lui folgorante in solio
Vide il mio genio e tacque;
Quando, con vece assidua,15
Cadde, risorse e giacque,
Di mille voci al sonito
Mista la sua non ha:

Vergin di servo encomio
E di codardo oltraggio,20
Sorge or commosso al subito
Sparir di tanto raggio:
E scioglie all’urna un cantico
Che forse non morrà.

Dall’Alpi alle Piramidi,25
Dal Manzanarre al Reno,
Di quel securo il fulmine
Tenea dietro al baleno;
Scoppiò da Scilla al Tanai,
Dall’uno all’altro mar.30

Fu vera gloria? Ai posteri
L’ardua sentenza: nui
Chiniam la fronte al Massimo
Fattor, che volle in lui
Del creator suo spirito35
Più vasta orma stampar.

La procellosa e trepida
Gioia d’un gran disegno,
L’ansia d’un cor che indocile
Serve, pensando al regno;40
E il giunge, e tiene un premio
Ch’era follia sperar;

Tutto ei provò: la gloria
Maggior dopo il periglio,
La fuga e la vittoria,45

[p. 691]

La reggia e il tristo esiglio:
Due volte nella polvere,
Due volte sull’altar.

Ei si nomò: due secoli,
L’un contro l’altro armato,50
Sommessi a lui si volsero,
Come aspettando il fato;
Ei fe’ silenzio, ed arbitro
S’assise in mezzo a lor.

E sparve, e i dì nell’ozio55
Chiuse in sì breve sponda,
Segno d’immensa invidia
E di pietà profonda,
D’inestinguibil odio
E d’indomato amor.60

Come sul capo al naufrago
L’onda s’avvolve e pesa,
L’onda su cui del misero,
Alta pur dianzi e tesa,
Scorrea la vista a scernere65
Prode remote invan;

Tal su quell’alma il cumulo
Delle memorie scese!
Oh quante volte ai posteri
Narrar se stesso imprese,70
E sull’eterne pagine
Cadde la stanca man!

Oh quante volte, al tacito
Morir d’un giorno inerte,
Chinati i rai fulminei,75
Le braccia al sen conserte,
Stette, e dei dì che furono
L’assalse il sovvenir!

[p. 692]

E ripensò le mobili
Tende, e i percossi valli,80
E il lampo de’ manipoli,
E l’onda dei cavalli,
E il concitato imperio,
E il celere ubbidir.

Ahi! forse a tanto strazio85
Cadde lo spirto anelo,
E disperò: ma valida
Venne una man dal cielo,
E in più spirabil aere
Pietosa il trasportò;90

E l’avviò, pei floridi
Sentier della speranza,
Ai campi eterni, al premio
Che i desidéri avanza,
Dov’è silenzio e tenebre95
La gloria che passò.

Bella Immortal! benefica
Fede ai trionfi avvezza!
Scrivi ancor questo, allegrati;
Chè più superba altezza100
Al disonor del Golgota
Giammai non si chinò.

Tu dalle stanche ceneri
Sperdi ogni ria parola:
Il Dio che atterra e suscita,105
Che affanna e che consola,
Sulla deserta coltrice
Accanto a lui posò.108

 


Altri progetti

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Alessandro Manzoni dall’editor per I Promessi Sposi

l43-alessandro-manzoni-120808143649_big“Alex! Come stai?”
“Direi bene, ringraziando la provvidenza. Tu?”
“Seh, la provvidenza. C’è la fame, Manzoni bello. C’è poco da dire.”
“Non si vende?”
“Non si vende, non si compra, non si legge. Non succede proprio un cazzo. Comunque il 1826 se ne sta per andare è acuqa passata, ormai. E io per il 1827 conto sul tuo romanzo. Però dobbiamo parlarne un po’ eh?”
“Va bene. Ti è piaciuto?”
“Mi piace? Qui se c’è qualcuno che ci può salvare le chiappe, quello sei tu. Lo stile è unico. Sull’intreccio invece ho un paio di perplessità.”
“Ti ascolto.”
“C’è questo Renzo che è un mezzo nerd ed è innamorato di questa Lucia, che è una bigotta. Giusto?”
“Beh, diciamo di sì.”
“Alex, sii buono. Io devo pensare come i lettori medi, capito? Quelli che il tuo libro se lo portano al mare.”
“Va bene.”
“Comunque. La storia è che qusto tizio vuole sposarsi questa tizia. Va  sotto casa, le fa la proposta, lei dice sì ma a patto che lui trovi un lavoro. Lui cerca lavoro e lo trova, torna e se la sposa col benestare del prete, come si chiama il prete?”
“Don Abbondio.”
“Ecco, sì. Don Abbondio, li sposa e fine del libro. Questo però è un romanzo rosa.”
“La domanda è, il tuo intento era fare un romanzo rosa?”
“Scusa l’ignoranza, ma che cos’è un romanzo rosa?”
“Un romanzo rosa è un romanzo dove due sfigati sommano le loro sfighe e come risultato ottengono una mezza felicità. Che poi è come la vita ed è pure il motivo per cui alla gente piacciono i romanzi rosa.”
“Beh, no. Non era questo l’intento.”
“E allora sai qual è la differenza tra un romanzo rosa e un romanzo vero?”
“Qual è?”
“La tensione. Alex, amico mio, lasciati dire una cosa da uno che è cresciuto per strada. I bigotti campano poco, poi un giorno prendono l’accetta e sterminano la famiglia.”
“Cioè, tu vuoi che Renzo uccida Lucia?”
“Ma che cazzo dici? No. Io voglio che a questi due gli capiti qualsiasi cosa, prima di sposarsi.”
“Tipo?”
“Tipo che lui va sotto casa e gli dice che vuole sposarla, fini qui ok. Ma Lucia, anche se si veste come la Madonna Addolorata, dovresti farcela vedere una gran fica. Una che se la vogliono fare tutti, non solo il nerd. E magari, guarda un po’, il boss del quartiere se la vuole fare e manda i suoi scagnozzi a corrompere il prete per non fare il matrimonio. Immaginati che situazione. Due innamorati bigotti che non possono sposarsi perchè un prete, di base onesto, viene corrotto da due mafiosetti da quattro soldi. E la ragazza bigotta piace un sacco al boss che vuole proprio farsela. Tensione, Alex. Tensione.”
“Ah, tu dici.”
“Sì, Alex. Io dico.”
“Ma qui parliamo di un altro romanzo.”
“No amico mio. Qui parliamo de Il Romanzo. Qui parliamo de I Promessi Sposi.”
“Cos’è I Promessi Sposi?”
“E’ il titolo che darai al romanzo, quando lo avrai aggiustato come ti dico io.”
“Nemmeno il titolo ti piace?”
“Senti, il titolo è la cosa che mi piace di meno. Non si può chiamare un romanzo L’amore trionfa sempre. Non se lo comprano nemmeno le checche romantiche, un romanzo così.”
“Il titolo no però. Lo sento così mio”
“Dimmi un po’ signor losentocosìmio, vivi ancora dentro a quella baracca senza nemmeno il secchio per cagare?”
“Quello è un loft. Ed è in centro.”
“Loft? Ah ah ah! Senti questo! Qusto è loft, Alex. Vuoi fare la grana e avere un loft così pure tu? Perchè io qui ti parlo di grana, di case in riva al lago di Como, Alex.”
“Ma.”
“Niente ma. Tu scrivimelo come ti dico io, e io ti piazzo questo capolavoro nelle mani di ogni cazzone che passa per strada e che sappia leggere.”
“Quanto tempo ho per lavorarci?”
“Due mesi.”
“Troppo poco.”
“Due mesi al massimo. Io ho montagne di debiti e li devo saldare. E se io non saldo i debiti finiamo tutti e due col culo per terra. E addio libro.”
“Ma non ce la faccio in due mesi. Devo cambiare tutto, in pratica.”
“Tu devi solo pensare a quante pollastrelle ti porterai nella villetta sul lago, quando avrai venduto 100.000 copie.”
“100.000 copie?”
“Sì, Alex. 100.000 copie.”
“Ma nessuno ha mai venduto 100.000 copie.”
“E allora? Non vuoi essere il primo?”
“Dio onnipotente! Dici sul serio? Puoi farlo?”
“E io che ci sto a fare qui? Se non ci fossimo noi editor, voi scrittori stareste nelle filande a buttare il sangue.”
“Nelle filande ci si becca anche la peste, mi dicono.”
“Sei un genio, lo vedi?”
“Perchè?”
“Perchè hai appena pronunciato la formula vincente.”
“Quale?”
“Falli ammalare di peste. Metticela dentro, la peste. Alla gente piace la roba come la peste, i lazzaretti. Tanto lo hai ambientato nel?”
“Nel 1600.”
“Perfetto. La c’era peste no?”
“Ma in due mesi, come faccio a metterci dentro pure la peste?”
“Muovi le chiappe, non voglio lagne. Adesso ho un brunch. Fai un buon capodanno, amico mio.”

 

 

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