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Il piccolo paese dell’estremo nord è diventato da anni fucina di una miriade di giovani artisti che conquistano tutto il mondo “Ma non è vero che suoniamo perché viviamo in un posto noioso”
Il
Rock venuto dalfreddo Miracolo Islanda da Björk a Samaris è l’isola dei talenti
ANDREA MORANDI
MILANO
Trecentomila abitanti per centomila chilometri quadrati, la densità di popolazione più bassa del continentenonché il Paese europeo meno popolato, costretto tra geyser, ghiacciai e vulcani. Tutto questo però non basta, evidentemente, a limitare artistica-mente l’Islanda capace, negli ultimi vent’anni, di partorire una delle più fertili scene musicali del pianeta, con fenomeni di culto del calibro di Björk, Sigur Rós, Múm e Sugarcubes. Ma non solo, perché anno dopo anno, l’elenco di prodotti da esportazione provenienti dall’Islanda si allunga e si moltiplica, abbracciando tanto compositori classici come Jóhann Jóhannsson e cantautrici come Ólöf Arnalds, quanto nuovi talenti come quello di Ásgeir, ultimo arrivato di un’onda proveniente dal freddo che non accenna a diminuire. Ventuno anni, vero nome Ásgeir Trausti Einarsson, nato e cresciuto a Laugarbakki, settanta persone perse nel Nord del Paese, Ásgeir è diventato il nuovo fenomeno della scena grazie al suo disco di debutto, In the silence,che in Italia verrà pubblicato a gennaio e con cui in patria ha venduto oltre trentamila copie, cifra da capogiro per un Paese poco popoloso: sarebbe come se un artista italiano vendesse sei milioni di dischi.
In realtà, nonostante i rimandi a grandi voci americane, nelle atmosfere folk e nei vocalizzi il suono di Ásgeir tradisce proprio la provenienza e rivela, ancora una volta, come sia la forte matrice isolana a generare qualità sonora. «L’ambiente? Senza dubbio lo scenario in cui un artista cresce e vive si fa poi sentire nelle canzoni che scrive, è quasi inevitabile » spiega Örvar Smárason, leader di un altro celebrato gruppo islandese, i Múm, nonché autore di un libro tradotto anche in italiano (“Scapigliata Liscia”) «Essere circondati da enormi distese di ghiaccio o vivere in luoghi freddi e poco affollati porta a creare musica che, in qualche modo, li riflette anche se, personalmente, ho sempre pensato alla musica dei Múm più a livello universale che nazionale».
Decine e decine di artisti, quasi tutti i generi toccati — dal delicato folk di Snorri Helgason al jazz dei Mezzoforte, dal metal degli Sólstafir al rock degli Hjaltalín — la scena islandese ha rag-giunto una delle vette, anche in termini di popolarità, grazie ai Sigur Rós, gruppo capace, in piena crisi discografica, di realizzare un miracolo non solo artistico, ma economico riuscendo a portare nelle classifiche diBillboardalbum con due parentesi come titolo e finendo tanto in blockbuster di Hollywood quanto nelle cover diX Factor.«Qualcuno potrebbe pensare che c’è qualcosa nell’acqua che beviamo in Islanda o che il freddo sia necessario a comporre musica migliore, ma non è così» ride Georg Hólm, bassista dei Sigur Rós «Personalmente non mi sono mai dato una spiegazione, se non che, perquanto piccola, la nostra è sempre stata un’isola di artisti: abbiamo perfino avuto un Nobel per la letteratura (Halldór Laxness, nel 1955,ndr).Comunque ci tengo a chiarire una cosa: non è vero che suoniamo perché l’Islanda è un posto noioso e non c’è nulla da fare». E mentre un’altra “next big thing” dell’isola, Ólafur Arnalds, ventisei anni, nato e cresciuto aMosfellsbær, vicino Reykjavík, è reduce da un tour americano con il nuovo discoFor now I am winter («Essere islandese? Senza dubbio oggi se vieni dall’isola ti ascoltano tutti con maggiore attenzione » rivela), ecco spuntare anche la cugina, Ólöf Arnalds, che nell’ultimo disco, Sudden elevation,canta per la prima volta in inglese.
Intanto, in attesa dell’arrivo in Italia nel 2014 di Ásgeir, si raccolgono già le scommesse su chi sarà il prossimo prodotto da esportazione “made in Iceland”. In fila per un posto al sole in mezzo a tanto freddo sono in due: l’aspirante diva Sóley Stefánsdóttir, già indicata come la nuova Björk, e i Samaris, raffinato trio elettronico di ventenni che l’etichetta inglese One Little Indian si è affrettata a mettere sotto contratto: «A volte si rischia lo stereotipo della musica islandese» conclude proprio la clarinettista dei Samaris, Áslaug Magnúsdóttir «ma è impossibile negare l’influenza del luogo in cui viviamo anche se credo che ora una delle ragioni del fermento della musica in Islanda sia proprio il successo di nomi come Björk, Sigur Rós e Múm: sono diventati fonte di ispirazione per generazionipiù giovani come la nostra».
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