violeta parra —gracìas a la vida
[audio:https://www.neldeliriononeromaisola.it/wp-content/uploads/2013/10/Violeta-Parra-Gracias-a-la-Vida-SUONO-ALTA-QUALITA.mp3|titles=Violeta Parra – Gracias a la Vida SUONO ALTA QUALITA’]
una foto di donatella elaborata da mario bardelli: si chiama “arvore da goti”, ma qualcuno più ligure di me dovrebbe tradurlo.
STORIE MINORI
Sono sempre stato appassionato di storia, da quella più antica a quella più recente, soprattutto mi piace la storia minore ( adesso è di gran moda ), tipo : come si viveva in un dato periodo, cosa si mangiava, come ci si divertiva, di cosa si aveva paura, insomma, le cose che contano davvero. Quando ero molto giovane ero curioso in modo quasi maniacale della storia della mia famiglia. Tormentavo i miei parenti con domande del tipo: “Il nonno ha fatto la Resistenza? Perché lo zio ha fatto la borsa nera? E’ possibile che un nostro antenato sia stato alle Crociate? E’ vero che siamo stati noi e non le oche ad avvisare i Romani che i barbari stavano arrampicandosi sul Campidoglio?” Questa dei Galli e del Campidoglio era una vecchia storia di famiglia. Sapevo che, se l’avessi appena accennata, nessuno dei miei parenti, anche quelli più pigri come lo zio Pierino che pensava solo a mangiare e a dormire , avrebbe resistito a contarmela su daccapo. Io l’avevo sentita ormai decine di volte , ma proprio per questo mi piaceva immensamente sentirla ripetere. Era estremamente rassicurante, eroica ed avventurosa nello stesso tempo e sapete benissimo quanto queste cose siano importanti quando si è piccoli. Ogni parente tralasciava alcuni particolari ma ne aggiungeva altri, per cui alla fine riuscivo a farmi un quadro completo e grandioso della situazione. Devono essere stati quei racconti a creare in me la passione per la storia. Purtroppo nella genealogia non sono potuto risalire molto perché i documenti si fanno sempre più rari man mano che si va indietro nel tempo. Tuttavia, anche recentemente, ho avuto notizia di miei antenati le cui ossa sono state ritrovate in Cina, sulle rive del grande Fiume Giallo e sappiamo come quello sterminato Paese sia stato per millenni all’avanguardia della civiltà, quando ancora in Europa si viveva nelle caverne. Alcuni miei progenitori, o almeno quanto ne rimaneva, sono stati ritrovati accanto alle tombe dei grandi faraoni, nei villaggi dove vivevano gli operai che costruivano le piramidi. Persino sull’Acropoli di Atene e nel Foro Romano un bel po’ di miei remoti ascendenti hanno vissuto e prosperato, contribuendo allo sviluppo e al progresso. Non ci è mai importato molto di non avere avuto i riconoscimenti che avremmo meritato; una caratteristica di famiglia è sempre stata la discrezione, il fare senza mostrarsi, la consapevolezza profonda di contare, eccome, che ci ha permesso di vivere all’ombra della grande storia senza risentimenti ma anche senza mollare mai. Questa intima certezza , che ha tradizioni antichissime e che per fortuna mi è stata trasmessa col DNA, mi permette di avere un atteggiamento abbastanza distaccato di fronte agli eventi, sia positivi che negativi, che non riescono mai veramente ad intaccare la mia pellaccia. I malevoli mi prendono per snob o per insensibile, i più accorti invece sanno che possono contare su di me e sulla mia innata solidità di carattere, che nasconde intime e sicure dolcezze. Avrete capito che fin da piccolo sono stato curioso e non solo di storia. Quando vedevo qualcuno dei miei che partiva, chiedevo sempre dove andava, quando sarebbe tornato, se mi avrebbe portato un regalino. L’unico che mi dava molta soddisfazione era un parente alla lontana, che viveva un po’ da selvatico e che tutti consideravano un originale. Era pieno di peli che non si curava di far crescere e che gli davano un aspetto da orco. Mi aveva preso in simpatia e mi raccontava di certi nostri vicini, anche loro un po’ imparentati con noi, i cui antenati si erano imbarcati molto tempo prima, forse già ai tempi delle repubbliche marinare e che erano diventati abilissimi a fiutare la terra. Non c’era spedizione per mare che non li vedesse protagonisti. Erano anche andati con Colombo a scoprire le Americhe ed in realtà erano stati loro i primi ad avvistare quel po’ po’ di continente, anche se al solito nessuno , tanto meno quell’ambizioso genovese, gliene aveva mai dato atto. Lo zio Orco ( così lo chiamavo e lui non ne era minimamente offeso anzi, gli sembrava un diminutivo) mi dava dei consigli utilissimi. ” Non fare tutte quelle domande personali ai tuoi. Ci si scoccia ad essere bombardati dai perché. Finché si è insieme goditi la compagnia di quelli simpatici ; gli altri . sarà un sollievo quando se ne andranno. Anch’io alla tua età facevo tante domande ed è anche per questo che sono stato un po’ isolato da tutti. Io ci sto bene da solo, ma tu mi sembri un tipo socievole e ne soffriresti”.
Devo dire che col tempo mi sono abituato non solo a fare meno domande, ma anche a vivere più per me stesso. Ho imparato a godere delle piccole cose: le foglie tenere della primavera, l’odore del bosco bagnato dalla pioggia, i frutti e le bacche dell’autunno, le dolcezze e le ansie amorose, il tepore di un rifugio sicuro quando fuori il tempo è nemico .
Non riesco più a capire i miei simili che si accontentano di vivere solo in funzione degli uomini. Che ne sa la razza umana di noi, ci ha mai riconosciuto qualche merito, se non quello di essere buoni da mangiare? Un tempo ero orgoglioso di sentire i miei che dicevano:” Sai che quel cugino di San Daniele è stato dichiarato il prosciutto più buono a livello europeo? Con un po’ di buona volontà e di dieta appropriata anche noi potremmo forse salire di grado”. Eh no, personalmente ho imparato a dissentire e a salvare la pelle, con annessi e connessi. Ho capito quello che mi voleva dire quel mio zio, anche se non c’è più per ringraziarlo. So per certo però che è morto di vecchiaia, con una discendenza numerosissima che perpetuerà a lungo la sua provvidenziale selvatichezza. Mi sono dato alla clandestinità e vi assicuro che ho le mie belle soddisfazioni: cibo naturale in abbondanza, ampi spazi in cui girovagare, cinghialette dorate e un po’ selvagge che adorano i miei modi raffinati. Ho sentito che gli uomini, nella loro diabolica capacità di inventarne in continuazione ed ormai sazi di ogni cibo possibile ( ad una certa età sono tutti grassi come noi ma non altrettanto buoni), hanno tirato fuori che siamo degli ottimi animali da compagnia, che abbiamo un carattere sensibile ed un’intelligenza acuta, che il nostro olfatto è meglio di quello del cane, che il nostro aspetto gioviale e bonario è estremamente rassicurante per loro. Spero solo che i miei simili non cadano in questo tranello, anche se purtroppo ho saputo proprio l’altro giorno di un mio cugino, con cui da piccolo giocavo a prendere il codino, che circola tenuto al guinzaglio e viene lavato tutti i giorni con il bagno schiuma. Mi vengono i brividi e mi si rizzano tutti i peli perché temo che faremo la fine di quel bavoso del cane. Ad ogni modo io da qui, dalla mia tana tiepida ed odorosa di erbe e di ghiande, non mi sposto. A volte l’esempio può servire più di tante prediche. E poi ho in mente di riscrivere la storia, anche quella più importante, ma questa volta dalla parte dei maiali.
Un bel racconto che invita a essere vegetariani.
certo che quando si dice “fissato” si dice fissato, mon parisisien! Da una lezione sul cemento armato in Val di Susa, ne ho certezza, non potresti che “dedurne”….
Francesco ( l’ attuale papa) forse direbbe: ” Come posso io definire ‘fissato’ qualcuno ? “. Se si ‘umanizza’ ( si fa per dire, con rispetto per i suini ) un ‘animale’ ( come mi par di capire faccia Donatella nel suo racconto ) può poi farne salumi ? Senza sapere di essere ‘antropofago’ ( di fatto )?
scarso, scarso…replay! “Lei puo’ fare di più!”
Bella la foto: non sapevo di essere così interessante e colorata! Per l”erburu da goti” è difficile farne una traduzione efficace in italiano. Letteralmente sarebbe ” albero da bicchieri”, dove si fa allusione alla capacità di ingurgitare bicchieri, rimanendo però solido come un albero piantato in terra con tutte le sue radici. L’espressione rimanda anche ad un fantastico albero tipo Natale, con appesi tanti bicchieri e bicchierini, ma mi sembra un’interpretazione che ripugna al severo costume ligure. Tenderei a dirla solo in dialetto, per rimanere un po’ vaghi sul fatto che sia un merito o un demerito.