7 OTTOBRE 2013 ORE 09:19 UNO SPACCATO INTERESSANTISSIMO SULLA POLONIA, PAESE A NOI VICINO, DI CUI – IN GENERE – SAPPIAMO CHE LA FIAT—E LA GUERRA INGIUSTA TRA OPERAI POLACCHI E ITALIANI

Udienza generale di Papa Francesco
DA JACK’S BLOG DI GIACOMO SALERNO

PIÙ FATTI MENO PREGHIERE (Adam Michnik)

 

NOTA:    Gazeta Wyborcza [ɡaˈzɛta vɨˈbɔrtʂa] è il più importante quotidiano polacco, diretto e fondato nel 1989 da Adam Michnik, ex dirigente del movimento “Solidarność“; a volte è considerato un tabloid[1]. La società editrice è Agora SA.

7 ottobre 2013

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Belli i gesti e le parole di papa Francesco. Ma in Polonia abbiamo a che fare con un cattolicesimo che si oppone alla democrazia. Il direttore di “Gazeta Wyborcza” lancia una sfida al pontefice

Di recente papa Francesco ha scritto una lettera a Eugenio Scalfari con cui esprimeva il rispetto per i non cattolici e la disponibilità a dialogare con tutte le persone di buona volontà. Poi ha rilasciato un’intervista a “Repubblica” dove ribadisce il rispetto per la spiritualità dei non credenti. Mi piacerebbe che questi testi, come anche l’intervista rilasciata pochi giorni fa a “La civiltà cattolica”, in cui il pontefice parla della non ingerenza nelle coscienze delle persone, venisse letta con attenzione dai vescovi polacchi, soprattutto da quelli che usano un linguaggio inquisitorio e intollerante, o che manifestano consenso a parole dell’odio e del disprezzo. Nel 1978 il filosofo Leszek Kołakowski, commentando l’elezione dell’allora nuovo pontefice polacco Giovanni Paolo II, scriveva: «I cristiani che lottano per il diritto alla vita in un regime totalitario si porrebbero in una posizione scomoda se non basassero le loro rivendicazioni su un’esplicita accettazione dei principi pluralistici del vivere comune, su un rifiuto radicale del totalitarismo, indipendentemente dai suoi contenuti ideologici, che possono essere atei ma anche religiosi».

L’elezione di un papa argentino è stata una sorpresa. Il pontefice si è espresso con il linguaggio dei gesti, caratterizzati da modestia e povertà, sulla scia di San Francesco d’Assisi. Uno studioso polacco ha ricordato le parole pronunciate dal cardinale Bergoglio prima del Conclave: «Quando la Chiesa non esce da se stessa per evangelizzare diviene autoreferenziale e si ammala. (…) Questo deve illuminare i possibili cambiamenti e riforme che si devono realizzare per la salvezza delle anime». Simile è lo spirito dei suoi pronunciamenti di questi giorni. Ma i gesti e le parole di papa Francesco, anche se degni di rispetto e attenzione, non rispondono ai quesiti davanti ai quali si trova oggi la Chiesa: come in concreto la sede apostolica applicherà i principi del Concilio Vaticano II dell’”ammodernamento” della Chiesa? E quale sarà il suo atteggiamento nei confronti della tradizione, ancora forte, del Concilio di Trento, con il suo cattolicesimo trionfalistico e antiliberale? Quale sarà il rapporto tra il magistero della Chiesa e i teologi così spesso criticati e censurati in Vaticano? Godranno di maggiore libertà o continueranno a essere trattati come “nemici dentro le mura”? Come sarà il dialogo con le altre Chiese cristiane e le altre religioni? Si tornerà allo spirito che animava gli incontri di Assisi? Giovanni Paolo II ha fatto molto per superare la storica avversione della Chiesa cattolica verso gli ebrei. La condanna dell’antisemitismo sarà un elemento costante dell’insegnamento religioso? Sentiremo parole nuove sul ruolo delle donne nella Chiesa, sull’etica sessuale, il celibato, i contraccettivi o la fecondazione in vitro? E ancora: in alcuni Paesi osserviamo forme volgari e politicizzate di cattolicesimo, associate a nazionalismo e xenofobia. Papa Francesco si occuperà anche di questo? Inoltre, è in atto un tentativo di definire il cattolicesimo come forza antiliberale, accanto alla convinzione che la Chiesa può agire bene solo in un sistema autoritario. La sede apostolica si opporrà a questo modo di pensare?

In Polonia, il mio Paese, sono molti i religiosi e i politici di destra che invocano una crociata contro il presunto “complotto internazionale in favore della scristianizzazione della Polonia, dell’Europa e del mondo”. Secondo loro gli artefici del presunto complotto mirano all’eliminazione del cattolicesimo dalla vita pubblica. E come verrebbe raggiunto questo obiettivo? Facendo in modo che il Consiglio radiofonico e televisivo nazionale neghi l’accesso alla piattaforma digitale dell’emittente Trwam (vedi box) di proprietà del redentorista Tadeusz Rydzyk, fondatore e direttore di Radio Maryja. Il motivo di questa esclusione, però, è semplice: la fondazione responsabile dell’emittente non ha presentato i documenti necessari per ottenere la concessione tv. Al di là dell’aspetto tecnico, rimane la domanda: Perché Rydzyk ha dichiarato una guerra totale ai laici e afferma che la Polonia è governata da ladri e traditori, vuole convincere la gente che abbiamo a che fare con un tentativo di distruggere la Chiesa e cerca di convocare le masse in piazza? Non sto parlando di questioni solo locali. In gioco è la natura della Chiesa. Radio Maryja svolge un ruolo di primo piano in Polonia; incarna le forme più radicali di integralismo cattolico e allo stesso tempo è un’istituzione politica che appoggia partiti nazionalisti e populisti di estrema destra. Oggi sono questi ambienti, da cui Giovanni Paolo II era distante, a dominare l’immagine del cattolicesimo polacco. E quasi nessuno nella Chiesa ha il coraggio di esprimere delle critiche.

Si tratta di un fatto triste e preoccupante, perché la Chiesa ha svolto un ruolo importante, spesso molto positivo, nella storia polacca. Così è stato nel XIX secolo, all’epoca delle spartizioni, quando la Chiesa era custode delle tradizioni, dell’identità nazionale e della lingua polacca. Così è stato durante l’occupazione nazista. Così è stato negli anni della dittatura comunista. A quei tempi la Chiesa era un’isola di libertà e di tolleranza. Aveva misericordia per i più deboli e portava speranza ai perseguitati. Durante la dittatura ogni pellegrinaggio di Giovanni Paolo II era una festa di gioia e libertà. Il recupero dell’indipendenza nel 1989 è stato una grande festa per i polacchi. Nelle chiese hanno smesso di cantare: “Signore, restituiscici una patria libera” e hanno iniziato a cantare: “Signore, benedici la patria libera”, perché la Polonia era libera, e a benedire quella libertà era Giovanni Paolo II, un grande papa e un grande polacco. Ma ora nelle chiese si sente cantare di nuovo: “Signore, restituiscici una patria libera”. Ma allora, la Polonia è stata di nuovo ridotta in schiavitù? È questo che emerge dall’insegnamento di padre Rydzyk. Alcuni vescovi quelle dichiarazioni le chiamano “lezioni di patriottismo”.

Molti, da noi, percepiscono il fatto che una gran parte dei sacerdoti polacchi, in particolare padre Rydzyk e Radio Maryja, si muovono in una direzione opposta a quella del papa Franceso. E qui torno alla questione principale: come la pensa di tutto questo il pontefice? Non è una domanda oziosa. Rispetto a Radio Maryja e ai suoi insegnamenti la posizione della sede apostolica è sconcertante. Nel dicembre del 2011 il cardinale Bertone, l’allora segretario di Stato, ha inviato a nome di Benedetto XVI una lettera in cui esprimeva un’alta opinione sull’attività del’emittente. Nel luglio 2012 papa Benedetto XVI ha detto durante l’Angelus: «Saluto i partecipanti al pellegrinaggio della Famiglia di Radio Maryja, radunati a Jasna Góra, che pregano per la patria, le famiglie e la libertà di parola».

All’interno della Chiesa ci sono fenomeni preoccupanti. Padre Adam Boniecki, ex direttore dell’edizione polacca dell’ “Osservatore Romano” ha scritto: «La crisi è un dato di fatto. Il numero delle suore è in calo e la loro età media è in aumento»; «I seminaristi sono sempre meno»; «Diminuisce il numero di partecipanti alle messe domenicali. Il prestigio professionale dei preti si colloca al 26° posto dopo i commessi dei negozi e i capoufficio, e prima dei sindaci». Se aggiungiamo gli scandali di pedofilia (qualche volta presi troppo alla leggera dai vescovi) e gli episodi di corruzione del clero, il quadro che ne esce è poco edificante.

Niente di strano, quindi, se in Polonia sono molti a domandarsi cosa porterà il pontificato di Francesco, il papa “scomodo”, e se molti cattolici attendono una presa di posizione chiara da parte della sede apostolica al riguardo. Il compianto cardinale Carlo Maria Martini diceva che alla base dell’insegnamento sociale della Chiesa c’è una cosa sola: la dignità umana. L’arcivescovo Henryk Muszynski, metropolita emerito di Gniezno, ha sottolineato che in Polonia «la realtà sociale è pluralistica e ha bisogno del dialogo».

Certo, l’anticlericalismo aggressivo non è una risposta sensata all’integralismo radicale, perché porterebbe a un conflitto brutale. La religione però può portare sia alla libertà sia all’oppressione. L’esperienza della mia generazione è chiara: la religione era al servizio della libertà, permetteva di riacquistare dignità e camminare a testa alta; insegnava l’obbedienza nei confronti dei valori e la disobbedienza verso i potenti di questo mondo. La presenza della religione nei discorsi e negli scritti di molti sostenitori della libertà (Lincoln, Bonhoeffer, Martin Luther King, Mazowiecki), per noi era una cosa scontata; tanto che il defunto presidente ceco e grande intellettuale Vaclav Havel metteva in guardia da un ateismo irriflessivo. Era consapevole che l’integralismo antireligioso è tanto pericoloso quanto l’integralismo religioso.

Ricordava il filosofo Kolakowski che la tradizione cristiana esige qualcosa in più della sola rinuncia all’odio. «Dobbiamo fare del bene ai nostri persecutori, dobbiamo pregare per i nostri nemici. Anche questa richiesta, che va contro natura, può essere ritenuta un dovere comune? La risposta non può che essere banale: possiamo stare certi che ci sono e ci saranno sempre pochissime persone abbastanza mature da comprendere questa necessità; ma è sulle loro spalle che poggia l’edificio della civiltà, e quel poco che siamo in grado di fare lo dobbiamo a loro». Cerco sempre di non dimenticare queste parole del mio maestro, in mezzo a tante farneticazioni piene d’odio. Questo significa che molti di noi, anche se oggi guardano alla Chiesa cattolica con preoccupazione, continuano a leggere con fiducia il Decalogo e il Discorso della Montagna. E papa Francesco cosa ne pensa?

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1 risposta a 7 OTTOBRE 2013 ORE 09:19 UNO SPACCATO INTERESSANTISSIMO SULLA POLONIA, PAESE A NOI VICINO, DI CUI – IN GENERE – SAPPIAMO CHE LA FIAT—E LA GUERRA INGIUSTA TRA OPERAI POLACCHI E ITALIANI

  1. D 'IMPORZANO DONATELLA scrive:

    E’ molto interessante questo articolo sulla realtà di una nazione che fa parte dell’Europa e di cui conosciamo molto poco ( anche di Giovanni Paolo II, che a me non è mai stato simpatico, ma molto probabilmente per ignoranza).

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