Rai1 lunedì 16 e martedì 17 dicembre 2024, un ‘ora ciascuna puntata. Articolo di Salvatore Galeone : Leopardi, il poeta dell’infinito + Sinossi delle due puntate ( LINK SOTTO ) + una strofa della poesia ” All’Italia ” con il link del seguito

 

 

da:

LIBRERIAMO- 2 SETTEMBRE 2024

“Leopardi – Il poeta dell’infinito”, la miniserie dedicata al poeta di Recanati

 

 

“Leopardi – Il poeta dell’infinito”, la miniserie dedicata al poeta di Recanati

 

“Leopardi – Il poeta dell’infinito” di Sergio Rubini è la miniserie evento RAI che racconta la vicenda umana e storica del grande poeta Giacomo Leopardi.

 

 

“Leopardi - Il poeta dell’infinito”, la miniserie dedicata al poeta di Recanati

 

Leopardi – Il poeta dell’infinito” è stata presentata in anteprima all’81^ Mostra Internazionale d’Arte Cinematografica La Biennale Di Venezia 2024 nella sezione “Fuori Concorso –Proiezioni Speciali”. Diretta da Sergio Rubini e prodotta da Rai Fiction – IBC Movie – Rai Com

 

 

Leopardi – Il poeta dell’infinito

 

“Leopardi – Il poeta dell’infinito”  racconta la vicenda umana e storica del grande poeta Giacomo Leopardi. Una grande produzione in costume – ambientata e girata tra la natìa Recanati, le Marche, Bari e la Puglia, Mantova, Torino, Roma, Napoli e Bologna – che restituisce alle nuove generazioni un ritratto inedito pur storicamente coerente di Giacomo Leopardi.

Poeta libero e avverso al compromesso che ha sfidato il suo tempo, l’invasore austriaco, la Chiesa e gli stessi fondatori del nascente stato italiano.

 

Leonardo Maltese nei panni di Giacomo Leopardi

Leonardo Maltese nei panni di Giacomo Leopardi

 

 

Sinossi della miniserie

 

PRIMA PARTE – Napoli, 1837. Giacomo Leopardi, l’ateo miscredente, è morto. Il suo fraterno amico, Antonio Ranieri, cerca di convincere Don Carmine a dargli degna sepoltura, ripercorrendo la vita del poeta. Recanati, 1809. Seguito da un precettore, il piccolo Giacomo dimostra un’intelligenza prodigiosa e uno spirito ribelle. Vorrebbe uscire di casa, vedere il mondo ma il rigido padre, Monaldo, glielo vieta. Sfoga quindi la sua rabbia sui libri, trascorrendo intere giornate nella biblioteca di famiglia.

Nel 1817, la visita della bellissima cugina Geltrude scuote e sconvolge Giacomo, che ormai intrattiene fitti rapporti epistolari con i maggiori intellettuali dell’epoca. La sua frustrazione viene riversata nella stesura di All’Italia, che si diffonde come un inno carbonaro tra i patrioti che combattono per il nascente Stato italiano.

Sempre costretto in casa, Giacomo compone la più importante lirica dai tempi di Dante Alighieri: L’infinito. Finalmente, suo zio Carlo Antici riesce a strapparlo all’attaccamento morboso del padre e portarlo a Roma, dove Giacomo rifiuta la carriera ecclesiastica: lui sogna l’amore e la libertà, ma si scontra con una città mondana e superficiale, per cui si trasferisce a Milano, dove consegna alle stampe la prima edizione ufficiale delle Operette morali, caposaldo della filosofia italiana.

A causa della natura dei suoi scritti, Giacomo si ritrova in gravi ristrettezze economiche. Per questa ragione decide di spostarsi a Firenze, dove conosce Vieusseux, figura di spicco dei patrioti italiani.

È in questo periodo che stringe il suo sodalizio con il fascinoso patriota napoletano Antonio Ranieri, che si offre di fargli da agente, e conosce Fanny Targioni Tozzetti, la donna più bella e sensuale di Firenze, di cui si innamora. Ranieri gli promette che lo aiuterà a conquistarla.

Di nuovo nel 1837, Ranieri ha convinto Don Carmine a seppellire Leopardi in chiesa. Nel salutarlo un’ultima volta, Ranieri trova nel taschino del suo frac la lettera d’amore che Fanny gli ha scritto. Antonio ricorda quella lettera e capisce che Leopardi ha risposto a Fanny spacciandosi per lui.

SECONDA PARTE – Napoli, 1838.  All’arrivo di Fanny, Antonio non riesce a nascondere il piacere di rivederla. Finalmente soli, i due si abbandonano all’amore trattenuto per anni per non ferire Giacomo. Dopo quella rinnovata passione, Ranieri ripercorre con l’amata Fanny il legame con Leopardi. Firenze, 1830. Giacomo e Antonio fanno spesso visita a Fanny nel suo salotto letterario. Antonio fa di tutto affinché lei si avvicini a Giacomo ma lei, che adora il suo genio, lo considera solo un buon amico, mentre è innamorata di Antonio, che però si rifiuta di tradire la promessa fatta a Giacomo.

Gli austriaci sono ovunque, anche tra gli amici, e la rivista satirica ideata da Giacomo, Le Flȃneur, subisce il divieto di pubblicazione. Nel frattempo, Bologna è insorta e Giacomo è stato nominato delegato all’Assemblea nazionale del nuovo Stato italiano. Giacomo, però, non ammette compromessi e si scontra con i patrioti.

 

NOTA :

Nel 1831 il Pubblico consiglio di Recanati lo nomina deputato all’Assemblea nazionale con sede a Bologna, ma l’ingresso degli Austriaci nella città renderà vana la sua designazione e impedirà il suo ritorno nel capoluogo emiliano.

DA : https://www.bibliotecasalaborsa.it/bolognaonline/profiles/giacomo_leopardi

 

 

Antonio passa sempre più tempo con la sua amante, la famosa attrice Lenina Pelzet. Con lei va a Roma, lasciando Giacomo in balìa del suo amore per Fanny, mai dichiarato e mai ricambiato. Giacomo capisce che Fanny è innamorata di Antonio.

È affranto, eppure accetta il suo sentimento e all’oscuro dei due cerca di farli incontrare. Antonio finisce per cedere all’affetto di Fanny, pentendosene subito. Decide quindi di convincere Giacomo, sempre più malato, ad andare a Napoli, dove sua sorella Paolina si prenderà cura di lui. La filosofia e le idee visionarie di Giacomo sono difficili da comprendere in un’epoca che crede ciecamente nel progresso.

Per questo Leopardi fatica a farsi accettare anche a Napoli. Scoppia il colera. Giacomo vorrebbe scappare a Parigi ma è ormai troppo malato. Come suo ultimo desiderio si fa mettere da Paolina la lettera d’amore di Fanny per Antonio nel taschino del suo frac, vicina al cuore.

 

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dal blog:

 

All’Italia

O patria mia, vedo le mura e gli archi
E le colonne e i simulacri e l’erme
Torri degli avi nostri,
Ma la gloria non vedo,
Non vedo il lauro e il ferro ond’eran carchi
I nostri padri antichi. Or fatta inerme,
Nuda la fronte e nudo il petto mostri.
Oimè quante ferite,
Che lividor, che sangue! oh qual ti veggio,
Formosissima donna! Io chiedo al cielo
E al mondo: dite dite;
Chi la ridusse a tale? E questo è peggio,
Che di catene ha carche ambe le braccia;
Sì che sparte le chiome e senza velo
Siede in terra negletta e sconsolata,
Nascondendo la faccia
Tra le ginocchia, e piange.
Piangi, che ben hai donde, Italia mia,
Le genti a vincer nata
E nella fausta sorte e nella ria.

segue:

https://www.giacomoleopardi.it/?page_id=6228

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