BURSA, TURKIYE – JUNE 28 –una rana blu
Dendrobates tinctorius (Cuvier, 1797), conosciuto con il nome indio di okopipi, è una rana appartenente alla famiglia Dendrobatidae.
È diffusa nella Guyana, in Brasile, nella Guyana francese e nel Suriname.
Dendrobates tinctorius è una piccola rana, di lunghezza tra i 3 ed i 4,5 centimetri, del peso di circa 8 grammi.
La specie mostra uno spiccato polimorfismo per quanto riguarda il colore della livrea. Alcuni esemplari, presenti nel distretto di Sipaliwini nel Suriname, caratterizzati da una accesa colorazione blu frammentata da punteggiatura nera, in passato erano stati considerati come una specie a sé stante (D. azureus) ma recenti studi genetici hanno dimostrato che si tratta solo di una variante morfologica.
La pelle della rana è ricca di ghiandole che secernono potenti alcaloidi che la rana utilizza come difesa naturale verso i predatori.
testo e alcune foto
https://it.wikipedia.org/wiki/Dendrobates_tinctorius
Dendrobates.tinctorius.7037
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Red Frog of the Rainforest
Blue Poison Dart Frog
I, Wildfeuer
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TURCHIA
BURSA
— e ANNIBALE BARCA IN ESILIO
è una città della Turchia di oltre 3 milioni di abitanti ( dati 2019 ), a sud del Mar di Marmara appoggiata alle pendici del Monte Uludağ (l’antico Olimpo della Misia), alto 2 543 metri e sede della più importante stazione per gli sport invernali in Turchia. E’una delle città più industrializzate e culturalmente attive del paese.
Bursa fu la capitale dello Stato ottomano fra il 1326 e 1365. La città è frequentemente citata come “Yeşil Bursa” (che significa “Verde Bursa”) a causa dei numerosi parchi e giardini che permeano il tessuto urbano e delle vaste e variegate foreste che si estendono nella regione circostante. I mausolei dei primi sultani Ottomani si trovano a Bursa e numerosi edifici risalenti al periodo Impero caratterizzano ancora oggi la città.
Il primo insediamento in zona di cui si ha notizia fu Cio, che Filippo V di Macedonia concesse al re di Bitinia Prusia I nel 202 a.C. per l’aiuto fornito contro Pergamo ed Heraclea Pontica (la moderna Karadeniz Ereğli). Prusia ribattezzò la città col proprio nome: Prusa; la sua urbanistica venne curata nientedimeno che dall’estrema fantasia di Annibale Barca, il famoso generale che, esiliato, provò ad usare la propria immaginazione non in battaglia, bensì nella costruzione di un’acropoli. Prusa divenne una delle più grandi città della Misia e mantenne la sua importanza anche durante i periodi ellenistico, romano e bizantino.
segue : https://it.wikipedia.org/wiki/Bursa
i vari distretti di Bursa tra cui Mudanya — foto sotto
https://it.m.wikipedia.org/wiki/File:Bursa_location_districts.svg
Grand Mosque (Ulu Cami, built in 1399)- Bursa vecchia e dintorni
BURSA
un fagiano di Bursa — bellissimo !– è un fagiano turco
la parte moderna di Bursa
Bursa – Veduta- Palazzi costruiti attorno al fiume Nilüfer che attraversa la città
– Opera propria
Castello di Bursa
– Opera propria
Vecchie case restaurate della provincia di Bursa a Mudanya
– Opera propria
truppe greche di occupazione a Mudanya, 1919
– Milliyet
se vuoi, vedi nota sulla guerra — al fondo
Mudaya 1920 – foto di sconosciuto
Rifugiati greci al porto di Mudanya- 1922
foto sconosciuto–From the archives of the Society of Friends of the People, Athens, Greece.
Truppe inglesi in arrivoa Mudanya, 1920
BURSA-EĞERCE – sembra proprio qui a Sanremo–
HALUK COMERTEL
nota : Eğerce è un quartiere nel comune e distretto di Mudanya, provincia di Bursa in Turchia. La sua popolazione è di 286 abitanti. Il villaggio era presente durante il periodo ottomano e le prove d’archivio suggeriscono che il villaggio abbia più di 420 anni.
Nel XVII secolo il villaggio era un villaggio cristiano e il suo nome era “Eğerciler”, che in turco significava “sellai”. Il villaggio forniva pecore alla capitale all’inizio del XVII secolo.
da : https://en.wikipedia.org/wiki/E%C4%9Ferce,_Mudanya
Veduta di Mursa dalle colline del Monte Uludağ, l’antico Olimpo della Misia
– Opera propria
foto sopra da Wikipedia —
https://it.wikipedia.org/wiki/Bursa
un campo di girasoli a Bursa nel luglio 2024
NOTA :: quando una pagina di storia “antica ” ti concilia con il mondo di guerra e stragi in cui vivi. chiara
GUERRA GRECO-TURCA
La guerra greco-turca – altrimenti chiamata campagna greca della guerra d’indipendenza turca – fu un conflitto combattutosi tra maggio 1919 e ottobre 1922 tra la Grecia e la neonata repubblica di Turchia di Mustafa Kemal Atatürk, nel disgregato quadro della dissoluzione dell’impero ottomano, per riprendere il possesso dei territori dell’Anatolia e della Tracia assegnati alla Grecia con il trattato di Sèvres del 10 agosto 1920, che sanciva la pace nella prima guerra mondiale.
Con la vittoria della guerra, la Turchia riottenne le regioni contestate, mentre per la Grecia la fine del conflitto, noto nella storiografia ellenica come catastrofe dell’Asia Minore, provocò lo sconvolgimento dell’assetto demografico e culturale dell’intero Paese.
Il contesto geopolitico della guerra greco-turca del 1919-1922 è legato alla divisione dell’Impero ottomano da parte dei governi alleati dopo la prima guerra mondiale; spartizione che è essa stessa una diretta conseguenza dell’intervento degli Ottomani a fianco della Triplice Alleanza durante il conflitto. Nel 1919, le forze greche ricevono l’autorizzazione dell’Intesa a sbarcare nella città di Smirne, in Anatolia. Comincia allora una nuova guerra, nel corso della quale il governo della Sublime porta si sbriciola e deve firmare il trattato di Sèvres (10 agosto 1920).
Lungo tutto il primo conflitto mondiale, numerosi accordi segreti – spesso contraddittori – sono sottoscritti fra i Paesi della Triplice intesa al fine di dividere l’Impero ottomano e di spartirsi le sue spoglie. A diverse riprese, la Grecia si vede così promettere territori che sono al medesimo tempo accordati ad altri Paesi vincitori. Così, gli accordi di San Giovanni di Moriana, firmati il 26 aprile 1917 dal Regno Unito, la Francia e l’Italia, concedono a quest’ultima una vasta zona d’influenza che include la regione di Smirne, peraltro rivendicata dal Regno di Grecia.
Parallelamente, i Paesi dell’Intesa, e in particolare il Regno Unito, promettono ad Atene importanti compensazioni territoriali in cambio della sua entrata in guerra al loro fianco: la Tracia orientale, la regione di Smirne e le isole di Imbro e Tenedo, in cui una parte sostanziosa della popolazione è ancora ellenofona all’inizio del XX secolo.
Alla conferenza di pace di Parigi del 1919, il capo del governo greco, Eleutherios Venizelos, fa dunque pressione sugli Alleati per attuare il suo sogno di una “Grande Grecia” (la Megali Idea), che comprenderebbe l’Epiro settentrionale, la totalità della Tracia e l’Asia minore, in qualche modo andando a ricreare il “nocciolo duro” dell’antico Impero bizantino.
A contrastarlo, la delegazione italiana (stupefatta che i suoi «interessi in Vicino Oriente» non siano più ormai riconosciuti dalle altre grandi Potenze, e ciò in violazione degli Accordi di San Giovanni di Moriana), decide di abbandonare il tavolo dei negoziati. Durante l’assenza degli italiani, che dura fino al 5 maggio, il primo ministro britannico David Lloyd George giunge a convincere la Francia e gli Stati Uniti d’impedire a Roma d’intervenire in Anatolia occidentale. L’esercito greco può dunque sbarcare in tutta tranquillità a Smirne il 15 maggio 1919.
Tuttavia, in ciò che resta dell’Impero ottomano, tale intervento comporta il risorgere del sentimento patriottico e la nascita di un governo rivoluzionario (diretto da Mustafa Kemal) che si oppone ferocemente alla spartizione della Turchia.
Prima dello scoppio della prima guerra mondiale, 2,5 milioni di greci vivevano in Turchia; dal 1915, il governo dei Giovani Turchi mise in atto una politica di violenze, che può essere definita di genocidio, contro le minoranze dell’Impero ottomano, che colpì centinaia di migliaia di persone. Il massacro degli Armeni è senza dubbio il più noto di questi tragici avvenimenti ma i Greci del Ponto e dell’Anatolia orientale hanno ugualmente dovuto soffrire del genocidio.
Una delle principali motivazioni della guerra greco-turca del 1919-1922 è la volontà dei dirigenti greci di attuare la Megali Idea (Grande Idea), un concetto centrale del nazionalismo greco. La Megali Idea è una volontà irredentista di dar vita a una sorta di nuovo Impero bizantino chiamato a dominare le due sponde del mar Egeo, altrimenti detto una «più grande Grecia», che comprenderebbe i territori popolati da ellenofoni ma situati all’esterno delle frontiere nazionali (in Ionia, in Tracia, sul Ponto, a Costantinopoli, etc.).
Dalla Guerra d’indipendenza greca nel 1821–1830 fino alla Dittatura dei colonnelli negli anni settanta, la Megali Idea gioca un ruolo fondamentale nella politica ellenica. Numerosi uomini politici greci hanno così fatto riferimento, nei loro discorsi, al carattere «storicamente inevitabile dell’espansione del regno di Grecia.»
L’inizio della guerra greco-turca del 1919–1922 segue di qualche mese la firma dell’Armistizio di Mudros del 30 ottobre 1918, che consacra la vittoria delle potenze della Triplice intesa, di cui la Grecia fa parte, sull’Impero ottomano. Il conflitto può essere grossolanamente diviso in tre fasi:
- Lo sbarco dei Greci in Asia Minore e il consolidamento della loro presenza militare sulla costa egea (maggio 1919-ottobre 1920);
- L’offensiva greca contro i Turchi (ottobre 1920-agosto 1921);
- La contro-offensiva turca e la riconquista dei territori occupati dalla Grecia (agosto 1921-agosto 1922).
I Greci e gli altri cristiani (principalmente armeni) di Smirne formano all’epoca una semplice minoranza fra gli abitanti, secondo le fonti turche, ma una vera maggioranza, secondo le fonti greche. Quale che sia il loro numero reale, i cristiani accolgono le truppe greche come liberatrici, mentre la popolazione turca vede in esse degli invasori.
Dal primo giorno dell’occupazione, fra i 300 e i 400 Turchi e un centinaio di Greci sono uccisi. Numerosi civili turchi bloccati dalla folla sono assoggettati a orribili crudeltà, commesse tanto dai soldati quanto dai civili. Una lunga linea di morti e di feriti viene osservata lungo il fronte che dà sul mare.
Nel marzo 1921, tutti gli altri fronti sui quali combattono i Turchi sono liberati: cosa che consente a Mustafa Kemal e ai suoi alleati di disporre ormai di risorse per contrastare le forze armate greche. Di fatto, Francesi e Italiani firmano trattati di pace con i rivoluzionari turchi e riconoscono a questi ultimi il possesso dei territori precedentemente disputati. Ben di più, le due potenze mediterranee accettano di vendere armi ai loro antichi avversari per contrastare il governo greco, ormai considerato un cliente del Regno Unito.
Gli Italiani utilizzano anche la loro base di Antalya per aiutare i rivoluzionari turchi e fornir loro informazioni riguardanti le forze greche. Il 7 ottobre 1921, un accordo concluso fra Kémal e Parigi mette fine alla presenza militare francese in Cilicia. La Francia cede allora gratuitamente alle forze armate turche 10.000 uniformi, 10.000 fucili mauser, 2.000 cavalli, 10 aerei Bréguet e il centro telegrafico di Adana e i porti sul Mediterraneo che essa controllava. La Francia costruisce infine una fabbrica di munizioni ad Adana per approvvigionare l’esercito rivoluzionario kemalista.
Oltre a tali stretti vincoli con la Francia e l’Italia, le forze di Mustafa Kemal intrattengono relazioni assai positive con l’Unione Sovietica. Il Trattato di Mosca del 1921, firmato dopo la fine della Guerra turco-armena, rafforza d’altronde l’amicizia turco-sovietica e permette ad Ankara di ricevere fondi e munizioni dal suo nuovo alleato.
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A dispetto del sostegno sovietico, l’esercito turco dispone di poco materiale bellico e i proprietari di fucili, pistole e munizioni vedono le loro armi requisite mentre ogni proprietario di abitazione è tenuto a fornire alle truppe un paio di indumenti intimi e sandali. La situazione è tanto critica che numerosi sono coloro che pensano che i rivoluzionari turchi, che fino ad allora hanno evitato l’accerchiamento, rischino di scomparire in una guerra d’usura difendendo la loro capitale.
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Il confronto decisivo si ha quando l’esercito ellenico tenta di prendere Haymana, situata alcuni km a sud di Ankara. La ferocia di questa battaglia, nel corso della quale i Turchi danno prova di una fortissima capacità di resistere, esaurisce del tutto i soldati, che prendono in considerazione l’idea di ritirarsi. Sono tuttavia i Greci ad abbandonare per primi il combattimento e a scegliere di rimpatriare le loro forze. Occorre dire che l’esercito greco risente dell’ampiezza dei territori che occupa e dalle distanze che deve percorrere per fare affluire il materiale necessario alla guerra. Di fatto, i soldati greci sono pressoché a corto di munizioni, mentre il Quartier Generale ordina la ritirata.
La partenza dei Greci avviene in ordine e calma: essi evacuano il territorio nel giro di alcune settimane e ritornano sulle loro posizioni di partenza di giugno. Nonostante tutto, da parte turca, la gioia è immensa e il parlamento rivoluzionario ricompensa Mustafa Kemal Pascià e Fevzi Pascià con il titolo di maresciallo per i servizi resi in occasione della battaglia del Sakarya. L’evento non è cosa comune: da allora, nessun cittadino turco è stato mai insignito di questo titolo da parte del governo.
In marzo, gli Alleati propongono un armistizio ai due belligeranti, ma Mustafa Kemal, capendo che gode ormai d’un preciso vantaggio strategico, rifiuta ogni accordo fintanto che i Greci siano ancora presenti in Asia Minore e intensifica i suoi sforzi per riorganizzare le forze armate turche prima dell’offensiva finale. Nello stesso tempo, i Greci irrobustiscono le loro posizioni difensive, ma il morale delle truppe è afflitto dalla mancanza d’azione e dal prolungamento della guerra.
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Durante le ultime settimane di guerra, le popolazioni civili greca e armena d’Asia Minore affluiscono verso Smirne a un ritmo di più di 20.000 persone giornaliere, al fine di sfuggire alle persecuzioni turche. Cosciente dei disordini che potrebbero derivare dalla nuova occupazione della città, Mustafa Kemal pubblica dunque un proclama destinato ai suoi soldati, in cui egli minaccia di morte tutti coloro che molesteranno i non-combattenti smirnioti.. Poco prima del ritorno dei Turchi in città, il 9 settembre 1922, il proclama è distribuito in greco moderno nella città egea, al fine di rassicurare la popolazione.
Tuttavia, gli ordini di Kemal sono largamente ignorati dall’esercito rivoluzionario e Nureddin Pascià, il comandante delle forze turche nel distretto di Smirne, impartisce ordini contrari a quelli del suo superiore.
L’obiettivo di Nureddin Pascià è in effetti quello dello sterminio delle popolazioni cristiane smirniote e le sue istruzioni sono largamente eseguite. Numerosi Armeni e Greci della città sono pertanto massacrati dall’esercito turco rivoluzionario.. Il metropolita ortodosso Crisostomo di Smirne (al secolo Chrysostomos Kalafatis), che ha rifiutato di fuggire con le truppe greche, è linciato sulla pubblica piazza. Le sue orecchie, il suo naso e le sue mani sono allora tagliate mentre viene sgozzato con un coltello.
Di fronte ai massacri, i cristiani cercano di trovar rifugio sulle navi greche ancora presenti nei porti della costa egea perché il naviglio straniero, che ha ricevuto l’ordine da ciascuno dei propri governi di restare neutrale, rifiuta in massa (con l’eccezione di alcune navi giapponesi e italiane) di prendere a bordo dei rifugiati. In questo periodo di dramma e confusione, una gran parte della città di Smirne è devastata da un incendio e le proprietà cristiane sono saccheggiate.
Lo storico e giornalista britannico Arnold Joseph Toynbee ha dichiarato che, al momento in cui aveva visitato la regione, egli aveva visto villaggi greci rasi al suolo. Inoltre, Toynbee ha raccontato che le truppe turche avevano deliberatamente incendiato le abitazioni a una a una. Il fatto che solo i quartieri greci e armeni fossero andati in fiamme, mentre quelli turchi ne erano restati indenni, ha rafforzato l’ipotesi secondo cui i Turchi avessero incendiato la città.
Nonostante tutto, la tesi opposta, secondo la quale i Greci vinti avrebbero semplicemente applicato la politica della “terra bruciata”, è anch’essa credibile…
L’Armistizio di Mudanya è raggiunto l’11 ottobre 1922. Gli Alleati (ossia il Regno Unito, la Francia e l’Italia) mantengono il controllo della Tracia orientale e del Bosforo. I Greci sono dunque evacuati da queste regioni. L’accordo comincia a essere applicato il 15 ottobre 1922, un giorno dopo che i Greci hanno accettato di firmare gli accordi.
L’Armistizio di Mudanya è seguito dal Trattato di Losanna, un punto strategico del quale è uno scambio di popolazioni civili su base religiosa che coinvolge circa un milione di ortodossi (in gran parte Greci) e mezzo milione di musulmani (in gran parte Turchi). La maggioranza dei Greci ortodossi sono allora insediati in Attica e in Macedonia.
All’origine, i rivoluzionari turchi beneficiano del solo aiuto sovietico, e questo in cambio della cessione della regione di Batum.
Nella seconda fase del conflitto, i rivoluzionari turchi ricevono un’importante assistenza militare da parte dell’Italia e della Francia, che considerano sempre più la Grecia come una cliente della Gran Bretagna. Gli Italiani sono furiosi per aver perso il loro mandato sulla regione di Smirne a profitto del regno greco e utilizzano la loro base di Antalya (all’epoca chiamata Adalia) per armare e addestrare le truppe di Mustafa Kemal contro i Greci.
segue :
Massacri di Turchi da parte dei Greci
La politica greca della terra bruciata
Massacri turchi di Greci e Armeni e il genocidio
nel link, se volete–
https://it.wikipedia.org/wiki/Guerra_greco-turca_(1919-1922)