grazie a : Adriano Maini, Collasgarba- fraz. Ventimiglia ( link blog sotto )—Sindona. Biografia degli anni Settanta di Marco Magnani (Autore) Einaudi, 2016 ++ un testo di Pierpaolo Farina, Le affinità elettive, stampato da Aracne Editrice, aprile 2024

 

 

 

Sindona. Biografia degli anni Settanta - Marco Magnani - copertina

 

 

La parabola di Michele Sindona, nato nel 1920 in Sicilia e morto suicida nel 1986 nel carcere di Voghera, è un prisma con cui scomporre le componenti della storia italiana nella seconda metà del Novecento. Negli anni Sessanta diviene il fiduciario finanziario del Vaticano. Negli Stati Uniti è un affermato banchiere; in Italia è considerato il più dinamico finanziere privato. È uno degli uomini senza pedigree che conquistano il successo in anni di straordinario cambiamento dell’Italia. Ha un’intelligenza svelta, la passione per l’azzardo, la spregiudicatezza morale che occorrono per puntare in alto. In pochi anni giuoca e perde la sua partita. Alla fine del 1974 le sue banche falliscono clamorosamente, in Italia e negli Stati Uniti. L’esemplarità della sua vicenda consiste nella capacità di sfruttare creativamente una struttura di potere in cui convivono strettamente forze finanziarie, istituzionali, eversive, criminali. È il mondo delle consorterie trasversali, della loggia massonica P2 e della mafia, in cui Sindona si immerge avendo come referente politico la DC. Questo intreccio di poteri costituisce la versione patologica, ma non effimera, di un modello di capitalismo relazionale il cui ruolo nella storia recente italiana è ormai indiscusso. Sindona fa uccidere da un sicario mafioso il commissario liquidatore Giorgio Ambrosoli, delitto per cui è condannato all’ergastolo. La sua sconfitta si deve soprattutto al coraggio dei pochi che tentarono di arginare lo scadimento dello spirito pubblico di cui il banchiere fu espressione emblematica.

 

 

se vuoi, puoi leggere la Prefazione ( 1-2-3 pagine )

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racne – Le affinità elettive – Il rapporto tra mafia e capitalismo in Lombardia

Aracne editrice, aprile 2024
Collana:  I quaderni della Fondazione Falcone | 16

 

Il testo  analizza le cause della crescente “domanda di mafia” in Lombardia, regione unanimemente considerata la “locomotiva d’Italia”, che può vantare una lunga e importante tradizione civica e imprenditoriale, ma che negli ultimi anni è stata colpita dalle prime condanne per associazione mafiosa di alcuni suoi imprenditori. Recuperando il concetto di “affinità elettive” di Pierre Bourdieu, la ricerca ricostruisce le tappe del radicamento mafioso nel tessuto socio–economico, politico e culturale regionale, in particolare nella città di Milano. In una prospettiva diacronica, ha analizzato genesi ed evoluzione del rapporto tra fenomeno mafioso e classe dirigente economica lombarda, attraverso l’approfondimento di vicende significative dagli anni ’50 del Novecento ad oggi. Partendo dagli assunti che “la mafia non è un cancro proliferato per caso su un tessuto sano” e che “la vera forza della mafia è fuori dalla mafia”, la ricerca ha individuato quegli elementi “potenzialmente affini” della cultura imprenditoriale lombarda e ha indagato le cause storicamente rilevanti che hanno permesso alle diverse declinazioni del fenomeno mafioso di divenire, nell’arco di 70 anni, attori sociali quasi–normali dello scenario socio–economico e politico lombardo.

 

 

 

 

segue da :

Collasgarba   —Un altro blog di Adriano Maini

che pubblica un brano del testo di Pierpaolo Farini, Le affinità elettive, Aracne Editrice, 2024

 

 

Nella teoria schumpeteriana dell’innovazione, la figura chiave dello sviluppo economico, il suo motore, è l’imprenditore con la sua capacità di introdurre una nuova funzione di produzione, animato da un insieme di motivazioni razionali e irrazionali (nota<679 – vedi sotto ), tra le quali spiccano la volontà di conquista, l’impulso di lotta e il desiderio di ottenere successo in quanto tale. Un altro punto che è qui utile richiamare è che «le innovazioni in genere sono sempre associate con l’ascesa al potere di uomini nuovi»  nota <680.

Michele Sindona senza dubbio appartiene a quella schiera di uomini nuovi del capitalismo italiano che conquistarono successo e ricchezza negli anni cruciali del boom economico e ha avuto ragione Marco Magnani <681 a definire la sua vicenda personale come una biografia degli anni ’70. E benché non sia previsto un ruolo nell’innovazione nella teoria di Schumpeter per il capitalista finanziario re se non come fornitore di credito all’imprenditore, è indubbio che nel suo campo fu un innovatore, sapendo cogliere tutte le opportunità di guadagno che il sistema seppe dargli e mettendo a frutto le sue innegabili doti e intelligenza per appagare quell’insaziabile smania di affermazione che lo contraddistinse per tutta la vita.

Nell’antica Grecia, le vicende come la sua venivano raccontate nei miti e nelle tragedie per mettere in guardia i cittadini dall’ὕβϱις (hýbris), il più mortale dei peccati che tendeva a manifestarsi in un atteggiamento di ostinata sopravvalutazione delle proprie forze che portava un individuo a sfidare le leggi di natura degli dei e quindi presto o tardi incappava nella loro vendetta, direttamente con la νέμεσις (némesis, la giustizia divina) oppure attraverso la condanna delle leggi degli uomini.

La spregiudicatezza di Sindona, del resto, «si inseriva ottimamente nel contesto economico e finanziario italiano culminato nel miracolo economico» <682, dove nacque più di un’avventura imprenditoriale incardinata su «percorsi di arricchimento individuale al margine dell’illegalità» fondati sulla «collusione col potere politico» <683 come tanto il cinema che la letteratura si incaricarono di mostrare in quegli anni <684.

Come scrisse Guido Carli <685, la fortuna di Sindona nacque proprio in quei primi anni Sessanta, quando le nazionalizzazioni e l’ingerenza dello Stato nell’economia avevano infranto le speranze della sua generazione fattasi classe dirigente, con la conseguenza di portare molte famiglie industriali storiche a cedere le proprie aziende e a vivere di rendita.

 

nota:Virgillito

Michelangelo Virgillito 39 anni dopo la sua scomparsa - 95047.it

Michelangelo Virgillito (Paternò1º gennaio 1901 – Milano27 agosto 1977) è stato un imprenditore italiano. Morì celibe, lasciò per testamento tutti i suoi bene per buone opere a Paternò.

 

 

Come Virgillito prima di lui, Sindona capì e seppe sfruttare quel momento storico per fare il salto di qualità in un sistema bancario e finanziario opaco e poco regolato come quello italiano.

 

 

Era imprevedibile quello che sarebbe accaduto? Assolutamente no, se è vero che un economista e consulente d’impresa del calibro di Marco Vitale si affrettò a chiudere il suo conto presso la Banca Unione, il giorno stesso in cui lesse la notizia della vendita a Sindona <686: «Io allora non sospettavo minimamente che fosse colluso con la mafia», racconta, «si capiva però benissimo che era un truffatore e quindi che avrebbe prodotto disastri» <687.

 

La passione per l’azzardo: i primi anni e l’arrivo a Milano

Quando nacque, l’8 maggio 1920, Sindona prese il nome del nonno, principale commerciante di ferramenta di Patti, ridente cittadina in provincia di Messina affacciata sulle Eolie, con alle spalle il più bel teatro greco che si conservi al mondo.

 

 nota: Tindari

parco archeologico di Tindari ( frazione di Patti ), città metropolitana di Messina

 

Tuttavia, l’attività di famiglia era andata in crisi: il nonno, benestante quanto basta per esser riverito per le strade del paese, aveva prestato denaro senza curarsi delle garanzie a molti suoi compaesani, che non erano stati in grado di ripagarlo. A cercare di risollevare le sorti della famiglia ci provò il padre Antonino, così chiamato in omaggio a Sant’Antonio di Padova, al quale i Sindona erano devoti. Il 1929 e la Grande Crisi li gettarono però definitivamente sul lastrico. A soli dieci anni, quindi, Michele Sindona si ritrovò in una famiglia decaduta che, nonostante tutto, riusciva a mantenere un decoro esteriore e continuava a frequentare l’unico circolo del paese, il Principe di Napoli, dove Sindona apprese dal padre la passione per il poker e il gioco d’azzardo, qualità del suo carattere che avrebbe contribuito parecchio alle sue fortune successive così come alla sua caduta <688.

Aver sperimentato in così giovane età il declino economico contribuì sicuramente a plasmare il suo habitus primario e fu probabilmente alla base di quello spasmodico desiderio di successo alla base tanto della sua intraprendenza che della sua spregiudicatezza.

 

Nel 1943, con gli americani in giro per la Sicilia liberata, iniziò il suo primo business: affittò col fratello Enio un furgone con autista e ogni giorno col fratello e qualche amico scambiava quintali di agrumi con quintali di grano, che andava a prendere nell’entroterra, a Racalmuto, paese natale di Sciascia ma anche di Baldassarre Tinebra, uomo d’onore nominato sindaco dagli alleati su indicazione di don Calogero Vizzini <689.

Insomma, sin dal suo primo affare Sindona fu aiutato da due categorie di persone destinate a contare molto nella sua inarrestabile ascesa: gli americani e i mafiosi.

L’esperienza non fu fondamentale solo perché ci guadagnò parecchio ma anche perché imparò le sue prime parole di inglese nelle trattative ai vari posti di blocco alleati lungo la strada che dall’entroterra portava a Patti, con i quali riusciva a convincere i soldati alleati della regolarità dei suoi trasporti, nonostante il proibizionismo imposto proprio dall’AMGOT – nota<690.

Finito il business del grano, si fece assumere come impiegato alla Busurgi, azienda che produceva ed esportava anche all’estero estratti di limoni, arance e mandarini: fu in questo periodo che acquisì le conoscenze su come mandare avanti un’azienda, ritrovandosi a fare di tutto, anche l’autista, e alla fine in pochi mesi ne divenne il direttore di fatto <691.

La Sicilia, tuttavia, iniziò a stargli stretta e dopo la laurea in legge, un lavoro all’ufficio delle imposte e l’apertura di un affermato studio di consulenza con l’amico Antonio Alessandro con cui era tornato saldamente ai vertici della società bene messinese, nel 1946 decise di trasferirsi nella Milano costellata di macerie ripartendo da zero, fiutando che nella capitale morale l’economia sarebbe ripartita prima che altrove.

A Milano non conosceva nessuno, aveva solo un lontano cugino, ma il Nord era terra di conquista ed era convinto di farcela, grazie ai trucchi imparati all’ufficio delle imposte e ad alcune lettere di presentazione. Iniziò a farsi conoscere scrivendo una serie di articoli su «Il Commercio lombardo», organo ufficiale dell’Unione commercianti, grazie al suo presidente Giuseppe Colombo, anche lui siciliano, che lo raccomandò alle associazioni professionali per le loro pratiche fiscali <692, a dimostrazione di quanto sia stato decisiva anche per Sindona la compaesanità. Associato allo studio del commercialista Raul Baisi, quest’ultimo avrebbe raccontato in seguito sui primi anni di Sindona a Milano:

«Era una macchina. Sempre in movimento. Sempre pronto a lanciarsi in nuove esperienze. Un uomo assetato di novità, di cui aveva bisogno come l’aria che respira. Ma soprattutto aveva una dote che lo distingueva da tutti noi: la rapidità di esecuzione. Riusciva a fare tutto e bene nella metà del tempo normalmente necessario. Perfino al ristorante sapeva scegliere prima degli altri. Nessuno si era ancora orientato sul menu che lui aveva già scelto e finiva inevitabilmente per imporre i suoi gusti anche agli altri. Gli ospiti rimanevano a bocca aperta. Lui giocava sempre d’anticipo e non gli dava neppure il tempo per pensare» <693.
Leggendo queste parole non può non venire in mente quanto scritto da Bauman sull’individuo della modernità liquida: Sindona risulta essere un precursore anche in questa sete di novità e capacità di giocare sempre d’anticipo, battendo tutti gli altri sul tempo.

E d’anticipo in effetti giocò anche nella professione, specializzandosi nell’imposta patrimoniale, la tassa che il governo aveva introdotto soprattutto sui patrimoni immobiliari sopravvissuti alla guerra: Baisi cominciò a passare tutte le pratiche relative alle tasse a Sindona per via della sua rapidità nel risolverle e con le pratiche passarono anche molte delle amicizie importanti che avrebbero avuto un peso volontariamente o involontariamente nell’ascesa e nel crollo del finanziere siciliano <694, come il costruttore Gianni Trotta e l’immobiliarista e finanziere Anna Bonomi Bolchini <695, creandosi quel primo nucleo di capitale sociale che lo rese autonomo da Baisi e lo portò ad aprire un suo studio professionale che, come ricorda Magnani <696, in quella commistione tra patrimoni familiari e aziendali che fu sempre un tratto distintivo del capitalismo milanese, diventava un luogo cruciale di mediazione per gli affari degli imprenditori.

In una Milano in ricostruzione ma già caparbiamente convinta che il primo nemico da combattere fosse il fisco, la fama professionale di Sindona crebbe a dismisura nel giro di pochi anni: aveva offerto ai borghesi milanesi la protezione di cui sentivano da sempre il bisogno, la tutela dei propri patrimoni dalle tasse dello Stato centrale. Più tardi, il finanziere di Patti avrebbe offerto ai capitali che avevano varcato clandestinamente la frontiera tra il 1964 e il 1968 per paura del comunismo di poter rientrare lecitamente in patria grazie al suo sistema di banche tra Svizzera, Germania, Stati Uniti e Italia <697.

 

[NOTE]

679 Martinelli, Economia e Società, p. 79
680 Schumpeter, Il processo capitalistico, p. 122
681 MAGNANI, M. (2016). Sindona. Biografia degli anni Settanta, Torino, Einaudi.
682 Magnani, op.cit., p. 19.
683 CRAINZ, G. (2005). Storia del miracolo italiano, Roma, Donzelli editore, p. 145.
684 Sul fronte cinematografico, i film di Dino Risi come Una vita difficile (1961), Il Sorpasso (192), Il Successo (1963), Il boom (1963) di Vittorio De Sica; in ambito letterario, La speculazione edilizia (1963) di Italo Calvino. Per approfondire, si veda sempre Crainz, op.cit., nel paragrafo 6, Consumi.

685 CARLI, G. (1993). Cinquant’anni di vita italiana, Roma-Bari, Laterza, p. 322, citato in Magnani, op. cit., p. 40.
686 VITALE, M. (1989). La lunga marcia verso il capitalismo democratico, Milano, il Sole 24 Ore Libri, p. 165.
687 Marco Vitale, Intervista all’autore, 11 febbraio 2021.
688 DE LUCA, M., PANERAI, P. (1975). Il Crack. Sindona, la Dc, il Vaticano e gli altri amici, Milano, Mondadori, pp. 11-12
689 Si veda in proposito LOMBARD (1980). Soldi truccati. I segreti del sistema Sindona, Milano, Feltrinelli, p. 37; SIMONI, G., TURONE, G. (2011). Il Caffè di Sindona, Milano, Garzanti, p. 34. Simoni e Turone riportano anche la voce di una raccomandazione da parte di Lucky Luciano per ottenere il via libera dagli americani, ma senza offrire una solida base documentale al riguardo.

690 De Luca, Panerai, op. cit., p. 18.
691 Ivi, p. 19
692 Magnani, op. cit., p. 25
693 De Luca, Panerai, op. cit., p. 21.
694 Ivi, p. 25
695 Anna Bonomi Bolchini, passata alla storia come Lady Finanza, era a capo di un impero immobiliare ereditato dal padre, che poi estese allacciando relazioni tanto con Raffaele Mattioli, patron della COMIT, che con Michele Sindona, suo consulente e poi socio in affari. Costruì il Pirellone e la prima città satellite del capoluogo lombardo, Milan San Felice.

Ugo La Malfa la indicò tra i cinque golpisti della Borsa insieme allo stesso Sindona, Roberto Calvi (che la coinvolgerà nelle trame della P2), Eugenio Cefis e Carlo Pesenti.
696 Magnani, op. cit., p. 25
697 De Luca, Panerai, op. cit., p. 22
Pierpaolo FarinaLe affinità elettive. Il rapporto tra mafia e capitalismo in Lombardia, Tesi di dottorato, Università degli Studi di Milano, Anno Accademico 2019-2020

 

 

 

 

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