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Basilica concattedrale di San Siro-
Situata nel centro storico, nell’omonima piazza, è stata eretta nel XII secolo, è l’edificio religioso più antico di Sanremo e uno dei principali esempi di architettura romanica nel ponente ligure

://www.sanremonews.it

 

 

Interno navata della cattedrale di San Siro, Sanremo, Liguria
Davide Papalini – Opera prop
/commons.wikimedia.org

 

 

 

Anonimo ligure-piemontese, angelo entro un arco, da s. siro a sanremo, 1290 ca.
Sailko e un altro autore – Opera propria
link sopra

 

 

 

 

ancöi u l’è San Scì…

 

SAN SIRO. Il culto di San Siro nel territorio sanremese è di origine antichissima e si allaccia al periodo in cui Siro, vescovo di Genova dimorò in questa terra.

Non è possibile stabilire la data precisa perché la cronologia dei primi vescovi di Genova è molto incerta: alcuni ritengono l’anno 324, altri gli anni dal 349 al 381, altri ancora il 510-530 e qualcuno ipotizza periodi ancora successivi.

Certo è che Siro, ancora prima di essere nominato vescovo, abitò nel territorio matuziano predicando la religione di Cristo e compiendo miracoli: le cronache di storiografia religiosa narrano, ad esempio, che la figlia di un certo Gallione, esattore delle tasse, abitante in una località a quattro miglia dal territorio matuziano fu liberata dal demonio per opera dello stesso Siro.

I Sanremesi, non si dimenticarono di lui, per le opere di bene che aveva compiuto e continuarono a venerarlo anche quando, tornato a Genova, fu nominato Vescovo.

Nonostante un altro vescovo, San Romolo, avesse raggiunto il territorio sanremese e avesse operato miracoli, guadagnandosi la stima e la venerazione degli abitanti, tuttavia il culto per San Siro non venne meno ed entrambi furono considerati come i protettori del territorio.

Alla morte, San Romolo fu sepolto presso la tomba del corepiscopo Ormisda che era andato a predicare il Vangelo in terra di Matuzia poco prima che vi si recasse San Siro: è molto probabile che su quella tomba Siro abbia innalzato un altare per celebrare le funzioni religiose, che costituì il primo nucleo di quella che attraverso i secoli sarebbe diventata l’attuale cattedrale di San Siro.

Dopo alcuni anni di predicazione in terra matuziana Siro sarebbe stato richiamato a Genova dal vescovo Felice ed alla morte di questi sarebbe stato acclamato vescovo della città.

Racconta la leggenda che a quel tempo a Genova c’era un grosso basilisco che stava in fondo a un pozzo, appestando col suo fiato la città. San Siro dopo un triduo di preghiere e penitenza andò presso il pozzo, vi calò un secchio e ordinò al basilisco di entrarvi. L’animale obbedì al santo che, dopo averlo tirato su dal pozzo gli ordinò di gettarsi in mare. Il basilisco obbedì e scomparve per sempre. Con questa leggenda si voleva probabilmente ricordare la lotta condotta dal santo per combattere l’eresia ariana, simboleggiata dal mostruoso animale.

Le fonti sono concordi nell’indicare in una trentina d’anni la durata del suo episcopato.

Il Martirologio Romano colloca la sua morte al 29 giugno, probabilmente del 381, tuttavia nelle chiese liguri a lui dedicate la sua festa si celebra il 7 luglio, giorno in cui viene commemorata la traslazione delle sue reliquie nella cattedrale genovese di San Lorenzo (7 luglio 1019) ad opera del vescovo Landolfo I. Sarebbe morto vecchio e in fama di santità.

Fu sepolto a Genova, nella Basilica dei Dodici Apostoli, che gli fu poi intitolata. Si racconta che mentre il suo corpo veniva portato alla basilica, un nauclerio libico raccolse con un fazzoletto il sangue che il vescovo perdeva dal naso. Quando l’uomo tornò al suo paese il fazzoletto compì molti miracoli tra cui la guarigione di bambini.

Oltre a quelle già ricordate di Genova e Struppa, altre chiese a lui intitolate si trovano a Nervi, Langasco (Campomorone) e Viganego (Bargagli). A Sanremo gli fu appunto dedicata una cattedrale. Le reliquie del santo sarebbero custodite nell’altare maggiore della cattedrale di San Lorenzo, insieme a quelle dei tre santi vescovi Valentino, Felice e Romolo.

( fonti Nilo Calvini; Dino Punchuc)

 

 

Potrebbe essere un'immagine raffigurante la Basilica del Santuario Nazionale dell'Immacolata Concezione

Sanremo (IM) - Piazza Eroi Sanremesi | Sanremo, Liguria, Building

Questa è la casa di Donatella e suo fratello Franco D’Imporzano, famoso poeta e commediografo ligure, dalle finestre vedono l’abside e il campanile di San Siro. Donatella se n’è andata a Milano sposa ad un milanese.
foto : PINTEREST

 

 

 

Questo è quello che vedono dalle loro finestre..
Peter Collins
commons.wikimedia.org/

 

 

 

 

SANREMASCHI… PÉ MODU DE DÌ di Franco D’Imporzano

Sanremo – San Siro

 

Bèla festa dabòn! U prescidente

dopu l’ürtimu gotu u l’ha parlau:

«Cu a mé cocìna a digu, cara gente,

che u me sembra nu avé dimenticau

propriu rèn. Stu sunétu stai a sènte

s’u l’è rimastu bèn: “Sce u nostru amau

Campanin, nui, da zùini, cume niente

gh’andavàmu… Da candu mi a sun nàu…”».

…E giü parole a brétiu: a tradissiun,

u cö, l’amù, l’apélu ai sentimenti,

a rima de giargùn cun devussiun

Fa atensiun Campanin, nu te fià,

i t’aa dan tropu grassa sti levènti:

o i te l’han fàita o i te l’han apregà.

 

 

Franco D’Imporzano – Dialetto di Sanremo

 

traduzione

SANREMASCHI… PER MODO DI DIRE

Bella festa per davvero! Il presidente

dopo l’ultimo bicchiere ha parlato:

«Con la mia cadenza (còcina), cara gente,

mi sembra (u me pà) di non aver dimenticato (scurdau)

proprio nulla. Questo sonetto state a sentire (sentì)

se è rimasto (restau) bèn: “Sul nostro amato

Campanile, noi, da giovani, come niente fosse

ci andavamo (gh’andaixéimu)… Da quando sono nato (nasciüu)…”».

…E giù una caterva di aprole: la tradizione,

il cuore, l’amore, l’appello ai sentimenti,

la rima di giargun (dialetto) con devussiun (devozione)…

Fai attenzione Campanile, non ti fidare,

ti blandiscono un po’ troppo questi cattivi soggetti:

o ti hanno giocato o stanno per giocarti qualche brutto tiro.

 

 

 

IN GIURNU A SENTIRÒ… di Franco D’Imporzano

 

 

In giurnu a sentirò a vuuxe d’a marina

e i canti d’amù

che a terra a canta au sé,

a serò fögu

e a l’averò dexideriu

de abrassà tüte e creatüre.

In giurnu, cande a lüüxe

du sù a nu arescirà ciü a inurbìme,

a serò fina mi parte

du misteru che avura u ne circunda.

Franco D’Imporzano – Dialetto di Sanremo

 

 

UN GIORNO SENTIRÒ…

Un giorno sentirò la voce del mare

e i canti d’amore

che la terra canta al cielo,

sarà fuoco

ed avrò desiderio

di abbracciare tutte le creature.

Un giorno, quando la luce

del sole non riuscirà più ad accecarmi,

sarò anch’io parte

del mistero che ora ci circonda.

 

 

 

NEL LINK TROVATE ALTRE BELLE POESIE DI FRANCO E DI ALTRI POETI LIGURI

https://upaise.blogspot.com/2017/07/sanremaschi-pe-modu-de-di-di-franco.html

 

 

CE N’E’ UNA PER FRANCO D’IMPORZANO DI  TOMMASO LUPI

 

giovedì 2 aprile 2020

FRANCO D’IMPORZANO — qui è proprio lui  !

 

 

A l’ò vistu in sciù giurnalle

rie tranchillu

e u m’è piau in magun

ch’a nu ve diggu, credeime,

u se n’è andau sēa

doppu giurni de ciagrìn,

peccàu! … peccau dabòn,

ma a nu cadde ciange

in ta cà di puetti, a dije Saffo.

Ellu u sajeva ben dund’andō

pe’ amiō drentu au Misteȓu,

essine parte cum’u l’à scritu,

de seguȓu u gh’è andau,

u l’à piccau tre vōte a-a Porta,

u gh’à avertu u Fiu e u gh’à ditu:

entra, vegni e aséttate chi cun nui,

pöi u l’à strusciàu du pan

e u gh’à porsu in gottu de vin

da vigna veggia du Pōie…

Tommaso Lupi – Dialetto di Dolcedo

 

 

 

PER FRANCO D’IMPORZANO

L’ ho visto sul giornale

sorridente

e mi è preso un nodo alla gola

che non vi dico, credetemi,

se n’è andato ieri

dopo giorni di dolore,

peccato!… peccato davvero,

ma non bisogna piangere

nella casa dei poeti, dice Saffo.

Lui sapeva bene dove andare

per guardare dentro il Mistero,

esserne parte come ha scritto,

di sicuro c’è andato,

ha bussato tre volte alla Porta,

gli ha aperto il Figlio e gli ha detto:

entra, vieni e siediti qui con noi,

poi ha spezzato del pane

e gli ha porto un calice di vino

della vigna vecchia del Padre…

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3 risposte a Famija Sanremasca, Marco Mauro, amministratore ::: ” ancöi u l’è San Scì… ” – oggi è San Siro — per Donatella e suo fratello Franco che sono nati lì ” appiccicati ” — + altro

  1. Adriano Maini scrive:

    Vorrei tanto averlo conosciuto! E dire che ho lavorato più di vent’anni a Sanremo…

    • Chiara Salvini scrive:

      Valeva la pena davvero ! Era quello che apparentemente si dice un caratteraccio, ma profondamente buono e generoso. Un compagno dalla testa ai piedi. Così come sua sorella, lei apparentemente è tutto il contrario : gentile affettuosa allegra le piace molto ridere, il suo caratteraccio è nascosto e lo mostra solo agli intimissimi. Due fratelli davvero interessanti, un po’ liguri e un po’ francesi del sud, i nonni venivano di là: dalla zona di Les Baux in Provenza.

  2. DONATELLA scrive:

    Grazie per questa dolce-amara sanremesità. Voglio aggiungere una notizia storica: alla metà del ‘700, Genova, in seguito ad una rivolta dei Sanremesi, represse duramente la protesta e distrusse il campanile di San Siro, che era in stile romanico come la cattedrale ( non come si vede attualmente). La rivolta dei Sanremesi è descritta e documentata dallo storico Nilo Calvini in ” La Rivoluzione del 1753 a Sanremo”, 1953 Istituto Internazionale di Studi Liguri, Museo Bicknell/Bordighera. Dopo quella rivolta , che vide numerose vittime, Genova ordinò la costruzione del forte di Santa Tecla rivolto contro la città, come monito armato verso eventuali ribellioni della popolazione.

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