Prefazione. – Prefazione alla prima edizione. – Parte prima. L’antisemitismo. I. L’antisemitismo e il buon senso. II. Gli ebrei e lo stato nazionale. III. Gli ebrei e la società. IV. L’affare Dreyfus.- Parte seconda. L’imperialismo. V. L’emancipazione politica della borghesia. VI. Le teorie razziali prima dell’imperialismo. VII. Razza e burocrazia. VIII. L’imperialismo continentale e i pan-movimenti. IX. Il tramonto dello stato nazionale e la fine dei diritti umani. – Parte terza. Il totalitarismo. X. Il tramonto della società classista. XI. Il movimento totalitario. XII. Il regime totalitario. XIII. Ideologia e terrore. – Bibliografia. – Indice analitico.
Le origini del totalitarismo (1951) è un classico della filosofia politica e della politologia del Novecento. Per la Arendt il totalitarismo rappresenta il luogo di cristallizzazione delle contraddizioni dell’epoca moderna e insieme la comparsa in Occidente di un fenomeno radicalmente nuovo.
La tesi centrale è che il totalitarismo è una forma politica radicalmente nuova, e sostanzialmente diversa dalle forme storicamente note di potere autoritario, come il dispotismo, la tirannide e la dittatura. Laddove ha preso il potere, infatti, il totalitarismo – diversamente dalle altre forme autoritarie – ha distrutto le tradizioni politiche e l’ordine sociale precedente. Il totalitarismo, secondo la Arendt, porterebbe all’estremo le caratteristiche della società di massa, tra cui l’isolamento e l’intercambiabilità degli individui. Il totalitarismo non pretende solo la subordinazione politica degli individui, ma invade e controlla anche la loro sfera privata. La missione del regime totalitario è sostituire la società esistente con una radicalmente nuova, e con una diversa forma di umanità. I sistemi totalitari, inoltre, perseguono sempre una politica estera apertamente diretta al dominio mondiale. L’essenza politica di questa nuova forma di governo è il terrore, e il suo principio di azione è il pensiero ideologico.
Nel link sotto, trovate la prefazione di Alberto Martinelli, in seguito il contributo di Simona Forti e, infine, il testo di Hanna Arendt- La prima parte di Martinelli è dedicata alla figura di Hanna Arendt
file:///C:/Users/Bruna/Downloads/2_arendt-le-origini-del-totalitarismo_CORSO%202018%20(4).pdf
un riassunto fatto passo a passo ( così sembra ) si trova anche in wikipedia :
Le origini del totalitarismo
RAI CULTURA — FEBBRAIO 2019
video, 6 minuti ca
apri qui
NOTA 1-
parreṡìa s. f. [dal gr. παρρησία «libertà di parola»]. – Schiettezza, franchezza; estens., libertà di parola eccessiva, sfrenata.
Salvatore Natoli. Parresia- video, 5.29
La parresia è un modo di dire la verità che ha una radice morale, dico la verità quando nella comunità vedo violata la giustizia.
NOTA 2-
video, 6 min. ca–
TITOLO DEL VIDEO
Simona Forti Menzogne istituzionalizzate
Dai regimi totalitari alle post-democrazie
È come se quelle menzogne avessero la possibilità non solo di celare una parte di realtà ma quasi di creare una realtà alternativa ed è per questo che i filosofi del secolo scorso che hanno riflettuto su questi eventi, da Simon Weil a Karl Popper, hanno parlato di menzogna performativa ( = una menzogna che diventa realtà, si sotituisce a questa )
TESTO DI
SIMONA FORTI –16 SETTEMBRE 2018
Non credo che i vari Trump e Salvini credano davvero alle loro affermazioni
“Se si accetta come inevitabile, la triangolazione tra potere, verità e soggettività, allora realtà e verità non sono mai la medesima cosa”. E’ questa la premessa di Simona Forti, professoressa di Storia del pensiero politico contemporaneo presso l’Università del Piemonte Orientale, nella sua lectio, Menzogne istituzionalizzate – Dai regimi totalitari alle post-democrazie. Esistono verità che riguardano enti razionali, come i numeri ad esempio, e altre che hanno a che fare con gli accadimenti storici, ovviamente, “su questi ultimi, potere e linguaggio esercitano un’influenza assai maggiore”. Ma cosa è cambiato dai regimi totalitari del Novecento a oggi, in quella che tanti hanno definito l’era della post verità? “Il motto di Nietzsche, secondo cui Non esistono fatti ma solo interpretazioni, assunto da vari filosofi come colonna portante del post moderno, è una visione troppo semplicistica”. Per Simona Forti “tra le due guerre del Novecento si è inaugurata una nuova epoca, quella della menzogna performativa. La menzogna implica sempre una relazione, a differenza della verità si rivolge sempre all’altro con la funzione di celare, ingannare… di portare l’altro sulle proprie posizioni anche quando queste sono solo proclamate e non verificate”. La menzogna performativa ha uno scopo preciso, distruttivo: “riplasmare il mondo e distruggere la trama della realtà. Il vero trauma dunque consiste nell’essere passati da una menzogna intesa come mero nascondimento di una realtà circoscritta a una svincolata da ogni realtà di fatto. La verità del regime non serve solo per far obbedire i propri sottoposti ma per farli aderire totalmente a quanto proclamato dall’ideologia. Durante la cosiddetta fase fredda, i pensatori dissidenti dei paesi dell’Est, negli Anni ’60, teorizzarono che tutta l’Europa avrebbe avuto un destino comune, una sorta di standardizzazione globale post totalitarismo. Una volta riscritto il linguaggio per impedire il pensiero eretico, i regimi non avevano più bisogno del fucile. Restava un totalitarismo mite, una menzogna proclamata che assecondava i cittadini, ma fiaccava la resistenza”. Secondo Forti anche nelle nostre democrazie, “sempre più deboli e con meno demos”, la menzogna continua a esistere “come dimostrazione di puro potere”. E più sono “grossolane”, più i nostri governanti “affermano e confermano il proprio potere”. Le mistificazioni sui numeri dei migranti, la creazione di muri e barricate… “io non credo che i vari Trump e Salvini credano davvero alle loro affermazioni”. E i cittadini non fanno eccezioni: “accettano la menzogna perchè dà loro garanzie. Non fare domande è più semplice”. A chi accetta passivamente tale stato di cose si aggiunge un nuovo fenomeno, “un nuovo tipo di soggettività. Coloro che intuiscono, mettendo in discussione tutte le elite, le professioni, la scienza…”. Dai complottisti ai no vax. “Singole intuizioni che diventano informazioni”, come se democrazia volesse dire “pari dignità per tutte le locuzioni”, ironizza Simona Forti. Una “continua messa in questione dell’autorità che si sta trasformando nella polverizzazione dell’autorevolezza”. Menzogne che distraggono, che generano “confusione” e una profonda incapacità di “comprendere la realtà”. Per la docente, si costruiscono menzogne, “per supplire al senso di inadeguatezza, di irrilevanza. Non importa quale sia la narrazione, basta non sentirsi superflui, mettere ordine nel disagio che si prova. Il mondo in cui ci muoviamo è un caleidoscopio, ogni giorno vengono prodotte nuove realtà e noi siamo immersi in un vero e proprio vortice”. Per Simona Forti non si può uscire dalla triangolazione tra potere, verità e soggettività, ma possiamo cercare di diventare “soggetti di critica. Persone che hanno il coraggio di affermare il proprio desiderio di verità. Una ricerca, quella della verità, che corrisponde a una pratica di libertà”. O, come direbbe, Michel Foucault, “decidere di parlare anziché tacere, usando i toni della franchezza piuttosto che quelli della persuasione”.