Eugene Smith (1918-1978) è reputato il maestro del fotogiornalismo nella storia — fonti varie, link sotto

 

 

 

Forgiatore, 1955-1957(Gift of the Carnegie Library of Pittsburgh, Lorant Collection © W. Eugene Smith / Magnum Photos)

Forgiatore, 1955-1957 (Gift of the Carnegie Library of Pittsburgh, Lorant Collection © W. Eugene Smith / Magnum Photos)

 

 

 

IL FOTOGIORNALISMO DI WILLIAM EUGENE SMITH

 

 

William Eugene Smith (1918-1978), reputato il più grande fotogiornalista della storia.

Dopo una collaborazione con il settimanale Newsweek, Smith passò nel 1939 a una collaborazione regolare con Life, per cui fotografò i conflitti bellici dell’epoca. 

 

W. Eugene Smith in his workroom © Arnold Crane, “Portraits of the Photographers,”, 1968-1969. Archives of American Art, Smithsonian lnstitution.

da : https://www.doppiozero.com/pittsburgh-ritratto-di-una-citta-industriale

 

 

 

La guerra del Pacifico: 1942-1945

Documentazione del corrispondente di guerra W. Eugene Smith del conflitto nel Pacifico tra il 1942 e il 1945.

 

W. Eugene Smith Seconda guerra mondiale. La campagna del Pacifico. La battaglia di Iwo Jima (isola giapponese). Una squadra di demolizione dei marine statunitensi fa saltare in aria una grotta sulla collina 382. Iwo Jima. Febbraio 1945. W. Eugene Smith © 1965,

 

MAGNUMPHOTOS.COM
https://www.magnumphotos.com/newsroom/pacific-war-1942-1945/

 

I suoi scatti sarebbero divenuti vere e proprie icone di una fotografia che racconta la storia.

Colpito al viso da una granata nel 1945, per un paio di anni non poté più fotografare.

 

 

La prima fotografia che riuscì a scattare, dopo le lunghe degenze in ospedale in seguito a ripetute plastiche facciali, è simbolica della rinascita personale del fotografo: A walk to Paradise Garden ( Passeggiata verso il giardino del Paradiso ). Una fotografia simbolica non solo per la sua storia personale, ma evocativa e di grande significato per il pianeta che, dopo l’orrore di una guerra mondiale, tornava a sperare.

Sono raffigurati i suoi due figli durante una passeggiata in cui pensò per la prima volta di poter tornare ancora a fotografare dopo l’annosa convalescenza.

 

The Walk to Paradise Garden. USA, 1946.

La passeggiata verso il giardino del Paradiso. Stati Uniti, 1946.

Magnum Photos

 

Dal 1947 al 1954 lavorò a tempo pieno per la rivista ” Life “. In pochi anni divenne, insieme a Margaret BourkeWhite, uno dei grandi eroi del reportage e del saggio fotografico: Il medico di campagna, Vita senza germi, Il villaggio spagnolo, La levatrice, Charlie Chaplin al lavoro, Il regno della chimica e Un uomo compassionevole sono tra i servizi più celebri che siano mai stati realizzati. Sequenze di fotografie buie, a volte perfino cupe, come fossero un grido al mondo, perché trovasse la luce, l’umanità. Un tormento interiore che lo portò ad avere rapporti burrascosi con le riviste con cui lavorava, a cominciare proprio da “Life e nella vita privata: la rottura con la famiglia.

 

Pittsburgh

 

 

 

Pittsburgh

W. Eugene Smith, USA, 1918-1978 Ragazza accanto a un parchimetro, Carnevale della Camera di commercio di Shadyside, Walnut Street / Girl leaning on a parking meter, Shadyside Chamber of Commerce carnival, Walnut Street, 1955-1957 Stampa ai sali d’argento / gelatin silver print 33.66 x 22.22 cm Carnegie Museum of Art, Pittsburgh Gift of the Carnegie Library of Pittsburgh, Lorant Collection. © W. Eugene Smith / Magnum Photos.

 

 

 

W. Eugene Smith, USA, 1918-1978 Deposito U.S. Steel, Rankin / U.S. Steel facility, Rankin, 1955-1957 Stampa ai sali d’argento / gelatin silver print 33.66 x 21.27 cm Carnegie Museum of Art, Pittsburgh Gift of the Carnegie Library of Pittsburgh, Lorant Collection. © W. Eugene Smith / Magnum Photos.

 


da : https://www.doppiozero.com/pittsburgh-ritratto-di-una-citta-industriale

 

Si trasferì a New York, dove andò ad abitare in un loft all’interno di un edificio in cui si suonava jazz, sulla Avenue of the Americas. A quel punto gli giunse la richiesta di realizzare, nel giro di un paio di mesi, tra le 80 e le 100 foto della città di Pittsburgh, in Pennsylvania. Un incarico che si trasformò giorno dopo giorno nel progetto più ambizioso della sua vita e poi nel suo fallimento più doloroso: quei due mesi diventarono due o tre anni, e poi il resto della sua esistenza. Raccontare Pittsburgh e realizzare – a partire dai quasi 20.000 negativi e 2.000 masterprints– il grande libro della città industriale, fumosa, simbolo dell’energia americana divenne la sua ossessione. E la sua grande incompiuta. Di tutto quel lavoro, pubblicò delle briciole, nel 1959, in Pittsburgh-W. Eugene Smith’s Monumental Poem to a City-  anuario della rivista “Popular Photography”. Ben altra cosa rispetto al libro monumentale che aveva in testa. Una parte di questa enorme documentazione è stata esposta al MAST di Bologna ella mostra W. Eugene Smith: Pittsburgh, curata da Urs Stahel (catalogo Mast/Electa) nella primavera 2018.

Sono operai al lavoro (una delle più celebri foto di Smith è quella, iconica, statuaria, dell’operaio con gli occhiali), panorami di città fra i fumi delle fabbriche, bambini che giocano agli angoli delle strade, scene di vita familiare, prospettive di edilizia residenziale e persino i politici che discutono per prendere, «troppo spesso, inevitabilmente», una decisione che «favorisce qualcuno e colpisce gravemente un altro».

Le frasi che accompagnano le foto di Smith rivelano la sua missione rivelatrice: «Sto cercando ciò che è veramente reale nel mio cuore: e quando l’avrò trovato, potrò stargli umilmente accanto e dire: “Ecco qui, questo è ciò che sento, questa è la mia onesta interpretazione del mondo; e non è influenzata dal denaro, da inganni o pressioni – tranne la pressione della mia anima”».

Ancora più potente è una lettera alla madre che chiude il percorso espositivo, come fosse un testamento: «Carissima mamma, sono calmo come una laguna addormentata, anche se questa, come me, potrebbe nascondere un vulcano sul punto di eruttare. Chi ti ha detto che c’è la possibilità che io venga fatto fuori, o che li faccia fuori. Dopotutto sono i miei otto dollari (in prestito) contro i loro otto miliardi (una cifra immaginaria)… Forse stiamo camminando tenendoci per mano, io e la tragedia, e con la disperazione siamo in tre. Anche se il mio stomaco freme come quello di una danzatrice del ventre, la danzatrice è pagata, mentre il mio si va corrodendo… In altre parole, non allarmarti – sono in arrivo difficoltà, ma non devastazione. E ciascuno avrà il denaro che gli spetta».

 

Giuseppe Matarazzo  –Avvenire venerdì 18 maggio 2018
da
: https://www.avvenire.it/agora/pagine/smith

 

IN GIAPPONE — LA CITTA’ DI MINAMATA – 1971-1975

 

La fotografia di W. Eugene Smith fu ricerca della verità e denuncia anche sociale. Nel dopoguerra realizzò reportage che fecero epoca. Pubblicò su Life, partecipò a mostre, realizzò saggi fotografici, non solo negli Stati Uniti, ma anche in Giappone dove si sarebbe stabilito per quattro anni, dal 1971 al 1975, con l’obiettivo di documentare l’inquinamento industriale nella città di Minamata. Documentazione che poi sfociò nella sua personale “Minamata: Vita – sacro e profano”, portata anche a New York.

 

 

 

MAGNUMPHOTOS.COM 

Avvertimento al mondo di W. Eugene Smith

Il fotografo Magnum ha realizzato il suo ultimo reportage fotografico sull’avvelenamento da mercurio industriale nella città giapponese di Minamata, contribuendo a dare giustizia e visibilità alle vittime


https://www.magnumphotos.com/arts-culture/society-arts-culture/w-eugene-smith-minamata-warning-to-the-world/

 

 

JAPAN. Mercury poisoning.
Minamata Bay. Takak Isayama, a 12 year old fetal (congenital) victim of the Minimata Disease, with her mother.
Minamata is both a fishing village and a “one company” industrial city in the Kyushu district of Japan. It is also the setting for a historic confrontation; the victims of Minamata disease versus the Chisso Corporation. The causal agent of the disease is “methyl-mercury chloride (organic) mercury. Mercury (inorganic) was used as a catalyst in manufacturing acetaldehyde from acethylene. Small amounts left the plant as waste, the rest of the organic mercury was created in the ocean from dumped inorganic mercury. The toxic waste discharged into the water, consumed by fish, then found itself by nutrition into the human body.

 

W. Eugene Smith Takako Isayama, una vittima fetale (congenita) di 12 anni della malattia di Minamata, con sua madre. Minamata. Giappone. 1972 © W. Eugene Smith | Foto Magnum

 

Il saggio fotografico e il successivo libro, Minamata: A Warning to the World, è stata una collaborazione tra Smith e la sua allora moglie Aileen M. Smith, le cui fotografie sono anche presentate di seguito.

 

“La fotografia è una piccola voce, nella migliore delle ipotesi, ma a volte – solo a volte – una fotografia o un gruppo di fotografie può attirare i nostri sensi verso la consapevolezza. Molto dipende dallo spettatore; in alcunIi, le fotografie possono suscitare abbastanza emozioni da fungere da catalizzatore del pensiero”. Così scriveva W. Eugene Smith nel 1974.

 

 

JAPAN. Minamata Bay. A victim of the disease. 1971.

 

W. Eugene Smith Una vittima della malattia. Baia di Minamata, Giappone. 1971. W. Eugene Smith © 1965, 2017 Gli eredi di W. Eugene Smith / Magnum Photos © W. Eugene Smith

 

 

 

W. Eugene Smith Le mani nodose di una vittima della malattia di Minamata, Iwazo Funaba. Giappone. 1971. W. Eugene Smith © 1965, 2017 Gli eredi di W. Eugene Smith / Magnum Photos © W. Eugene Smith

 

 

 

W. Eugene Smith I rifiuti industriali dello stabilimento chimico di Chisso vengono scaricati nella baia di Minamata. Giappone. 1971. W. Eugene Smith © 1965, 2017 Gli eredi di W. Eugene Smith / Magnum Photos © W. Eugene Smith

 

 

ISAMU NAGAI, VITTIMA DELLA MALATTIA, PRESSO IL CENTRO DI RIABILITAZIONE PER I PAZIENTI DI MINAMATA, GIAPPONE, 1971
FOTO MAGNUM

 

La purezza di intenti del fotografo gli resero invisa l’informazione edulcorata della stampa statunitense degli anni Sessanta e Settanta, dove non vedeva quella testimonianza e quella prova oggettiva che la fotografia avrebbe dovuto dare.

Grazie all’amico Ansel Adams trovò modo di insegnare fotogiornalismo a New York e, proprio in quel periodo, venne nominato presidente della American Society Of Magazines Photographers.

Purtroppo, le conseguenze degli incidenti che gli erano accaduti durante le sue missioni e le malattie sopravvenute lo portarono via a soli sessant’anni.

La morte sarebbe arrivata anche in seguito ai pestaggi subiti da teppisti assoldati dai proprietari delle fabbriche che lui denunciava attraverso il suo reportage su Minamata.

 

 

Manifestazione presso lo stabilimento di Chisso. Goi, vicino a Tokyo, in Giappone, 1971

 

da :

https://www.magnumphotos.com/arts-culture/society-arts-culture/w-eugene-smith-minamata-warning-to-the-world/

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1 risposta a Eugene Smith (1918-1978) è reputato il maestro del fotogiornalismo nella storia — fonti varie, link sotto

  1. DONATELLA scrive:

    Sono fotografie eccezionali. Trovo poeticissima quella dei due bambini visti da dietro.

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