ANSA.IT — 2 GENNAIO 2023 –18.51 :: KI E LAPIDALAGALLINA, LUOGHI INTROVABILI (BARTA EDIZIONI, COLLANA CIRCOMETRO’, PP 96, EURO 15 – NOV. 2023), Un viaggio nei luoghi introvabili per costruire un altro mondo, dove tutto è trasversale e obliquo.

 

 

ANSA.IT — 2 GENNAIO 2023 –18.51
https://www.ansa.it/canale_viaggi/notizie/libri_film/2024/01/02/viaggio-surreale-nei-luoghi-introvabili_1c8cf91d-4128-4e55-96a9-02c2ec11e08c.html

 

 

Viaggio surreale nei luoghi introvabili

 

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Ki e Lapidalagallina perdono la bussola in un mondo trasversale

 

 

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KI E LAPIDALAGALLINA, LUOGHI INTROVABILI (BARTA EDIZIONI, COLLANA CIRCOMETRO’, PP 96, EURO 15)

Un viaggio nei luoghi introvabili per costruire un altro mondo, dove tutto è trasversale e obliquo, non lineare.

A compierlo con leggerezza e ironia sono Cristina Ki Casini e Linda Sorrenti, in arte Lapidalagallina, autrici della graphic novel e podcast ‘Luoghi introvabili’ per Barta Edizioni.

E’ una guida per viaggiatori del surreale con un progetto che abbraccia le tecniche del mockumentary ( NOTA 1 ), la forma canonica dell’indagine documentaristica con interviste e testimonianze per raccontare però luoghi e personaggi immaginari, e si sviluppa parallelamente come una graphic novel, un romanzo a fumetti, in forma di backstage ( = DIETRO LE QUINTE ) del podcast ( = è un programma  in stile radiofonico che le persone ascoltano attraverso i loro computer, tablet o internet.), usando la tecnica del collage e del found footage ( = FILMATI PRECEDENTI RIUTILIZZATI FUORI DAL CONTESTO)

La guida ci fa viaggiare con l’immaginazione in luoghi introvabili come l’Emporio Polifunzionale Risoluzione Problemi di K., dove si possono incontrare e ascoltare alcuni personaggi come un lettore di cuscini, una disegnatrice di personalità, un lanciatore di insulti, un’addomesticatrice di ombelichi e un ladro di ombre. Cosa fanno questi personaggi? Che messaggio ci danno? Per scoprirlo è necessario perdere la bussola ed entrare in una serie di scatole cinesi che permettono di rileggere ogni volta la storia, trovando altre cose da scoprire.

Nel podcast sperimentale di Cristina Ki Casini, che ne ha curato la regia, e di Linda Sorrenti, storica e illustratrice che lavora alla Galleria Nazionale di Roma, intervengono numerosi attori come Paolo Cioni e Alessandro Benvenuti, ma anche Chiara Cardea, Gabriele Tiziani, Cristina Gardumi, Giovanna Maina, Paolo Pollo Cioni, Guglielmo Favilla, Elsa De Belilovsky e Giacomo Battaglia. 

 

NOTA ( 1 ) — TRECCANI :

Mockumentary

moki̯umèntri› s. ingl. [comp. di mock «falso» e (doc)umentary «documentario»] (pl. mockumentaries ‹moki̯umèntri›), usato in ital. al masch. – Documentario televisivo o cinematografico che, per impostazione e stile, sembra riprodurre fedelmente la realtà ma, invece, è un puro prodotto di fiction; incentrato generalm. su un particolare aspetto della società contemporanea, viene sfruttato soprattutto da autori di opere comiche e satiriche.

 

 

( 2 ) — SE TI INTERESSA CAPIRE DI PIU’–  VERAMENTE  SPIEGATO CHE SI CAPISCE—

anche se – rileggendo  – certe cose non sono chiare.

 

il link è questo : e l’autore è ROBERTA ROCCA

https://inchiostro.unipv.it/wp-content/uploads/2016/04/Found-Footage-Roberta-Rocca.pdf

 

Found footage¸ più comunemente video ritrovato, è una tecnica registica di cui si sente parlare poco, definita anche come un sottogenere cinematografico facente parte della categoria madre dei mockumentary.

Che paroloni grossi! Facciamo un passo indietro: con mockumentary si indica quel
genere cinematografico definito alla buona falso documentario, falso perché per la trama vengono creati eventi fittizi a scopo narrativo. È un genere ampiamente sfruttato dagli autori di parodie e satira, ma negli ultimi anni sta avendo particolare successo applicato al genere horror grazie appunto alla tecnica del found footage.

Il fattore di interesse che psicologicamente, in maniera naturale, attira lo spettatore fa credere che una storia spaventosa e fantascientifica sia reale, e per di più che quello a cui si sta assistendo non sia una semplice ricostruzione del reale, ma l’effettivo svolgersi di quei fatti, creando un senso di angoscia e dubbio.

Con il found footage tutto o parte del film è presentato come se si trattasse di un filmato appena scoperto, da qui video ritrovato, o una videoregistrazione amatoriale, spesso lasciata da protagonisti scomparsi o deceduti.

Il termine found footage significa letteralmente girato (footage) ritrovato (found), dove con girato in cinematografia si intende la pellicola impressionata, cioè le riprese. ( wikipedia, l’ultima frase )

Gli eventi sullo schermo sono visti attraverso la telecamera di uno o più
protagonisti coinvolti negli avvenimenti, che spesso parlano fuori campo ( = non si vede la persona che parla ).

Questa tecnica cinematografica porta lo spettatore a percepire una sensazione di realismo che difficilmente i film tradizionali riescono ad ottenere.

La realizzazione di questi effetti è possibile grazie alla tecnica di ripresa attraverso la steadycam, supporto meccanico mobile su cui viene posta una telecamera
controllato da un operatore (steady-man) che gli permette di muoversi liberamente, o addirittura correre, senza che la macchina da lui sorretta riceva vibrazioni od oscillazioni eccessive.

Sono molti i film realizzati utilizzando questa tecnica: The Blair Witch Project è uno dei primi esempi di found footage che possiamo osservare risalente al 1999, più recenti sono REC, Cloverfield, Paranormal Activity, ESP, Ratter.

 

 

Quest’ultimo si differenzia dai suoi predecessori in quanto è come
se utilizzasse una tecnica di ripresa found footage 2.0:

l’evoluzione della tecnologia ha portato ad  una evoluzione della tecnica registica.

“Emma arriva a New York per i suoi studi universitari. E’
controllata da un hacker in tutti i suoi dispositivi per registrare i suoi
momenti più intimi.

I feed del video non sono sufficienti però, e lo stalker diventa sempre più ossessivo muovendosi dal virtuale al fisico.

Ben presto Emma comincerà a temere per la sua vita, non
riuscendo a rendersi conto che la minaccia proviene da tutto ciò che
la circonda quotidianamente.”

In questo caso il punto di vista dello spettatore non sono gli occhi
della protagonista, come solitamente avviene in un film found
footage, la sua esistenza viene seguita attraverso il particolare punto
di vista del suo computer portatile, del suo telefono cellulare e di
altri dispositivi connessi in rete, in sostanza attraverso quello che gli occhi dello stalker vedrebbero dandoci così l’idea di “spiare” la vita di Emma.

In questo modo abbiamo maggiormente la possibilità
di entrare all’interno della trama e di viverla in prima persona.

In Ratter la tecnica del found footage è stata molto utile per raccontare attraverso una chiave horror un tema delicato come lo stalking.

Negli anni questo stile è esploso e il ricorrere a questa tecnica
cinematografica è diventato una vera e propria moda, anche se per il momento, escludendo i film horror/thriller all’interno di cui rischia di rimanere intrappolata, sono molti i generi ancora inesplorati.

Una domanda che sorge spontanea è “piace o non piace?”, quesito molto difficile in
quanto è impossibile dare una risposta universale, qui vengono in ballo i gusti personali.

C’è chi sostiene che la telecamera, le riprese, debbono suscitare un carattere oggettivo e chi un carattere soggettivo.

La domanda cruciale quindi non è “piace o non piace” ma “narrazione oggettiva  o  narrazione soggettiva ? “.

Roberta Rocca

 

 

una recensione del film :

DAVINOTTI JR

https://www.davinotti.com/film/ratter-ossessione-in-rete/38347

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