Una riflessione pungente sul femminicidio —- Donatella D’Imporzano – disegno Mario Bardelli

 

 

 

bardelli, carico residuo, 2023, computer graphics

 

 

 

In questo ultimo mese si è fatto un gran parlare, giustamente, della violenza sulle donne in seguito ad un delitto terribile. Si sono moltiplicate le “panchine rosse”, tutto sommato facili da installare, da parte dei vari enti pubblici. Io preferirei qualcosa di più sostanziale, ad esempio ripristinare il reddito di cittadinanza, la cui sparizione ha colpito i più deboli, tra cui sicuramente moltissime donne, che devono mettere insieme giorno dopo giorno il pranzo con la cena o magari solo un po’ di mangiare. Questo governo ha in odio i poveri, come ha ampiamente dimostrato. I poveri sono tali perché fannulloni che vogliono vivere alle spalle dei ricchi, virtuosi e lungimiranti, illuminati dalla Grazia divina che li ha resi esseri superiori. Questo discrimine violento si allarga anche ai popoli: i migranti sono feccia. Se non hanno avuto il buon gusto di morire in mare, vengono messi in “centri”, rispetto ai quali le “normali” prigioni sembrano hotel di lusso: cibo avariato, igiene scarsissima, intontimento con farmaci, distruzione della dignità umana, metodi violenti se qualcuno si ribella in questo “paradiso” degli ultimi sulla Terra. Per cancellare l’atroce spettacolo, nel caso qualcuno abbia voglia di vederlo, l’idea geniale è di spostarlo più in là, magari in Albania o in Ruanda, come si nasconde la spazzatura domestica di fronte ad un ospite improvviso. Non so fino a quando le persone faranno finta di non vedere tutto questo o lo considereranno un problema insolubile. A me, sovente durante il giorno, viene da urlare per l’impotenza, la rabbia, il dolore che vedo sparso a piene mani, mentre su ogni rete televisiva si celebra la santificazione delle cosiddette Feste che feste sono ma dei consumi. Mi viene in mente la sarcastica canzoncina “…e sempre allegri dobbiamo stare che il nostro piangere fa male al re…”. Dalle mie parti si diceva “becchi e bastonati”.

Sarebbe bello che da questa plebaglia “che nome non ha” sorgesse contemporaneamente un urlo, un urlo gigantesco, prolungato, che arrivasse a tutti i popoli del mondo, che coprisse mari e terre emerse e fosse ripreso da altri dannati e non si fermasse più: un’arma non letale ma sicuramente fastidiosa, tanto per affermare con la potenza del suono che noi, la stragrande maggioranza dell’umanità, non stiamo ai patti di lor signori.

 

 

 

bardelli, l’urlo, 2023 , computer graphics

 

 

 

 

 

 

 

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3 risposte a Una riflessione pungente sul femminicidio —- Donatella D’Imporzano – disegno Mario Bardelli

  1. roberto rododendro scrive:

    Donatella, come si sente che tutto questo ti è uscito dal cuore, per passare al cervello per un monimo di razionalizzazione quindi fuori l’urlo di Mario!
    Hai espresso i miei stessi pensieri, forse, unica differenza, si potrebbe benissimo portare avanti – un altro modo senza farci il culo a righe sulle panchine appena dipinte – i diritti delle donne che portiamo avanti ( si “portiamo, perchè io sono sempre stato uno di quelli eppur sbagliando spesso, almeno nel linguaggio ) da una cinquantina d’anni, quando mia moglie andava alle riunioni a via di Ripetta ed ai comizi ed io stavo a casa a badare ai bambini, e tutti e tre, chi coscienti, chi no, facendo il famoso simbolo di indici e pollici che si toccano.
    Sui poveri, sulle guerre sullo sterminio di intere razze – vedi Curdi, per fare un minimo esempio – sull’usurpare territori altrui oltre ad affamare interi popoli dicendosi “democratici” parola che ha di molto sbiadito il suo significato, no, io no, sono pacifista ad oltranza ma ci sono persone, se così vogliamo ancora chiamarle che reggono in pochissimi il destino del mondo, per i quakli non pasterebbe una sculacciata vai: Io sono per la gogna sulla pubblica piazza, ma purtroppo Marx non ha mai previsto un così grande indebolimeno delle coscieze. Ciao anche se non avrei finito.

  2. DONATELLA scrive:

    Mi piace l’idea” di farci il culo a strisce sulle panchine rosse”. Per carità, non voglio disprezzare assolutamente questo simbolo che richiama alle tante vittime femminili e alle lotte delle donne per i diritti. Però, se ci fermiamo lì, rimaniamo alle panchine, dove tra l’altro, in alcuni comuni è assolutamente vietato sedersi. Mah!

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