DONATELLA
Mi è capitato di leggere un bel libro, “I senza memoria” di Géraldine Schwarz, uscito in Francia nel 2017 e tradotto per l’Italia da Einaudi nel 2019. L’autrice è nata a Strasburgo da una famiglia franco-tedesca. Attraverso la sua storia famigliare l’autrice allarga subito la sua visione mettendo in evidenza come “la mancanza di memoria della sua famiglia trovi un pendant nelle strategie politiche della Germania del dopoguerra: Adenauer, il primo cancelliere tedesco, se da un lato vincola il Paese alle democrazie occidentali, dall’altro in molti ambiti della vita pubblica tollera la presenza di importanti personaggi del regime hitleriano. Bisognerà attendere sino agli inizi degli anni Sessanta, prima che nell’opinione pubblica tedesca si avvii quella riflessione sulle proprie colpe che ha portato alla Germania contemporanea. Ma la disamina dell’autrice si sposta ben presto anche su altri paesi come l’Italia, dove per anni ha potuto tranquillamente essere rappresentato in Parlamento il Movimento sociale italiano, un partito che non nascondeva le sue radici fasciste; o l’Austria sempre ben attenta a negare l’entusiasmo con cui Hitler e le sue truppe vennero accolti il giorno dell”Anschluss o infine l’altro paese di origine di Géraldine Schwarz, la Francia, dove dietro il mito della resistenza si sono nascoste le precise responsabilità di molti cittadini: fra questi, forse, anche il nonno dell’autrice, di cui non si sa molto oltre al fatto che fu gendarme in una zona dove il governo di Vichy dava la caccia agli ebrei.
E sono proprio i paesi in cui la rielaborazione critica di quegli anni è stata carente, in cui hanno avuto la meglio i ” senza memoria”, questa la tesi centrale e attualissima del libro, ad apparire oggi particolarmente esposti al populismo e al sovranismo, a tollerare e fomentare il razzismo, e a propugnare una concezione antidemocratica della vita politica” ( dalle copertine del libro edito da Einaudi).
Viviana Kasam, giornalista e presidente Brain Circle Italia
GARIWO, 2019
https://it.gariwo.net/libri-and-co/libri/shoah-e-nazismo/i-senza-memoria-storia-di-una-famiglia-europea-22642.html
Géraldine Schwarz — I senza memoria—Storia di una famiglia europea–2019–Frontiere–pp. 344—€ 21,00
presentazione dell’editore:: Nel 1938, Karl Schwarz, nonno paterno dell’autrice, approfittando delle leggi razziali naziste, rileva per pochi soldi la piccola azienda di un imprenditore ebreo, Julius Löbmann, e dopo la guerra per molto tempo rifiuta di pagargli il giusto risarcimento. È da questo episodio, taciuto e rimosso dai discorsi familiari, che prende l’avvio I senza memoria, un’indagine appassionante e dolorosa sulle responsabilità individuali e sulle amnesie collettive legate ai paesi governati da regimi totalitari fascisti nell’Europa del XX secolo.
Solo la consapevole elaborazione del passato e l’ininterrotto lavoro sulla memoria, sostiene Géraldine Schwarz, potranno impedire il ripetersi delle tragedie che hanno funestato la vita di milioni di persone.
Il libro-Einaudi
«Il libro di un’appassionata europeista; il suo empatico appello a non dimenticare è rivolto a un’opinione pubblica sempre più frammentata».
«Süddeutsche Zeitung»
Nel 1938, Karl Schwarz, il nonno tedesco dell’autrice, rileva, nell’ambito del processo di arianizzazione voluto dai nazionalsocialisti, la piccola azienda di prodotti petroliferi di Julius Löbmann, pagandola assai meno di quanto in realtà valesse. E quando dopo la guerra questi, unico sopravvissuto della sua famiglia sterminata in un campo di concentramento, chiede di essere risarcito, Schwarz per anni si rifiuta di far fronte alle rivendicazioni del padrone di un tempo. Alla fine pagherà, ma in famiglia l’episodio verrà il piú possibile nascosto e infine rimosso.
Da questa situazione individuale prende avvio la ricognizione di Géraldine Schwarz, che allarga subito la visuale mettendo in evidenza come la «mancanza di memoria» della sua famiglia trovi un pendant nelle strategie politiche della Germania nel dopoguerra:
Adenauer, il primo cancelliere tedesco, se da un lato vincola il paese alle democrazie occidentali, dall’altro in molti ambiti della vita pubblica tollera la presenza di importanti personaggi del regime hitleriano.
Bisognerà attendere sino agli inizi degli anni Sessanta, prima che nell’opinione pubblica tedesca si avvii quella riflessione sulle proprie colpe che ha portato alla Germania contemporanea. Ma la disamina dell’autrice si sposta ben presto anche su altri paesi come l’Italia, dove per anni ha potuto tranquillamente essere rappresentato in Parlamento il Movimento sociale italiano, un partito che non nascondeva le sue radici fasciste; o l’Austria sempre ben attenta a negare l’entusiasmo con cui Hitler e le sue truppe vennero accolti il giorno dell’Anschluss o infine l’altro paese di origine di Géraldine Schwarz, la Francia, dove dietro il mito della resistenza si sono nascoste le precise responsabilità di molti cittadini: fra questi, forse, anche il nonno materno dell’autrice, di cui non si sa molto oltre al fatto che fu gendarme in una zona dove il governo di Vichy dava la caccia agli ebrei. E sono proprio i paesi in cui la rielaborazione critica di quegli anni è stata carente, in cui hanno avuto la meglio i «senza memoria», questa la tesi centrale e attualissima del libro, ad apparire oggi particolarmente esposti al populismo e al sovranismo, a tollerare e fomentare il razzismo, e a propugnare una concezione antidemocratica della vita politica.
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IL FATTO QUOTIDIANO DEL 10 MAGGIO 2019
Il mancato lavoro della memoria
“Se l’Italia avesse compiuto il suo lavoro della memoria, oggi ci sarebbero così tanti cittadini pronti a giustificare e a relativizzare il fascismo? (…) Forse, in fondo, se in Italia il potere politico finora ha preferito evitare di illuminare la popolazione sul passato è per timore di forgiare uno spirito democratico che rischierebbe di metterlo in difficoltà”. Con I senza memoria. Storia di una famiglia europea, appena pubblicato da Einaudi, la giornalista franco-tedesca Géraldine Schwarz ha compiuto un’indagine accurata, prendendo spunto da vicende della sua famiglia, sulle responsabilità e sulle amnesie di varie nazioni europee rispetto ai totalitarismi nazifascisti.
È un viaggio giornalistico e storico, ed è un esame di coscienza, che da noi nessuno ha fatto, almeno in questo modo. Magari perché, come osserva la Schwarz, “riflette un pensiero che in Italia si è fatto strada dagli anni di Berlusconi in poi: che le leggi razziali sono intollerabili, ma che senza di loro il fascismo sarebbe accettabile”.
Del resto “Salvini fa parte – aggiunge – di quanti difendono il Duce. ‘Che nel periodo del fascismo Mussolini abbia costruito tante cose (…) è un’evidenza’, ha dichiarato nel gennaio 2018”. Lo dimostrano le recenti vicende, dal Salone del Libro alla presenza di Salvini al balcone di Forlì da dove parlava Mussolini.
Partendo dal nonno paterno, che per pochi marchi nel 1938, nella Germania nazista, comprò l’azienda di un imprenditore ebreo, che nel dopoguerra a lungo cercò di non risarcire, la giornalista di Strasburgo scandaglia intanto il mondo di quei milioni di mitläufer, “persone che seguono la corrente”, che, pur non essendo né nazisti né antinazisti, costituirono la base del consenso al regime e agli orrori di Hitler.
Più o meno come la nostra “zona grigia”, né fascisti né antifascisti: come in Germania, non si ribellarono alla dittatura, alle leggi razziali, alla guerra d’aggressione in Africa e poi al fianco del nazismo. Che cosa sarebbe successo se si fossero rivoltati? “All’indomani della guerra – scrive la Schwarz – in Germania nessuno o quasi si chiedeva che cosa sarebbe accaduto se la maggioranza, invece di seguire la corrente, avesse contrastato una politica che aveva rivelato abbastanza presto l’intenzione di calpestare la dignità umana come si schiaccia uno scarafaggio”. Poi, però, in Germania le giovani generazioni hanno fatto i conti con la storia nazista.
In Italia il “lavoro della memoria”, come lo chiama Géraldine Schwarz, rispetto al fascismo, fu opera minoritaria, in gran parte delle sinistre.
Ma proprio da sinistra venne l’amnistia Togliatti del 1946, che consentì non solo di non epurare i fascisti, a cominciare da quelli di Salò, ma di rimetterli ai loro posti nei gangli vitali dello Stato. Così, nel compromesso, dice la Schwarz citando Angelo Del Boca, si creò una “comoda leggenda”: “quella degli italiani che non fanno male a una mosca, ma sono un tantino ingenui e si sono lasciati manipolare da Benito Mussolini e dai nazisti”.
Il mancato “lavoro della memoria”, e l’esame di coscienza con il nazifascismo, hanno prodotto ciò che, oggi, abbiamo sotto gli occhi: non tanto il neofascismo di gruppi e gruppuscoli, che forse non morirà mai, ma quel “rozzo populismo” che “attinge dall’eurofobia, dalla xenofobia, dal razzismo e dalle promesse economico-sociali irrealizzabili”, che furono il sale del nazifascismo. Non avere fatto i conti con il fascismo, però, non è un peccato mortale che trae origine da Berlusconi o Salvini.
“Il blocco che la Democrazia cristiana – sostiene ancora la Schwarz – oppose a un onesto confronto con il passato fascista non favorì nemmeno il radicamento democratico della società italiana”.
I fatti di questi giorni ne sono testimonianza inequivocabile. Il fascismo, per dirla con Piero Gobetti, resta autobiografia della nazione.
L’AUTORE DEL COMMENTO
Massimo Novelli
Torinese, scrittore e giornalista di La Repubblica, ha pubblicato diversi libri, dedicati in special modo a figure minori eppure significative della storia dell’Italia contemporanea. Tra i più recenti, L’uomo di Bordighera (Spoon River, 2003), La furibonda anarchia. Vite di Renzo Novatore, poeta e Sante Pollastro, bandito (Araba Fenice, 2007), Bracconieri di storie. Lettere fra Giovanni Arpino e Osvaldo Soriano (Spoon River, 2007) e L’ausiliaria e il partigiano. Storia di Marilena Grill 1928-1945 (Spoon River, 2007).
nel link, vari altri libri–interessanti –di Massimo Novelli
https://www.mondadori
LAURA HESS E’ LA FIGLIA DI GUIDO SEBORGA
Molto interessante e coinvolgente questo panorama sul fenomeno dei ” senza memoria”.
Ricordo che nei libri scolastici dei primi decenni dopo il 1945 la storia arrivava a malapena alla prima guerra mondiale.