Hybris. La fabbrica del mostro nell’arte moderna. Omuncoli, giganti e acefali
Johan & Levi, 2015
Un tempo eccezione e curiosità, il mostruoso è diventato un oggetto comune dell’esperienza e ha finito per invadere tutto con le sue forme inquiete e devianti che si allontanano dall’armonia del canone classico. In una sconcertante variazione di prospettiva, la dismisura, la hybris, è diventata la regola. Il precipizio si apre nell’anno 1895: le numerose scoperte e teorie rivoluzionarie che lo caratterizzano
-il cinema, la psicoanalisi, le ricerche neurologiche di Penfield e i primi studi sull’isteria, i raggi x –
impediscono agli artisti di continuare a rappresentare il corpo così come si è fatto finora.
Jean Clair disseziona l’estetica moderna con il suo proliferare di forme mostruose, smisurate, a partire dagli albori con Goya, fino alle inquietudini della pittura simbolista di Redon e alle ibridazioni del Novecento con Mirò, Ernst, Duchamp, Grosz, Picasso, Giacometti, Balthus.
Lo fa attraverso tre figure esemplari che si innestano nel tessuto dei secoli diventando tormentati paradigmi:
- l’omuncolo, deformato e disarticolato;
- il gigante, che passando per Swift e Voltaire finirà poi per incarnare la follia mortifera della rivoluzione che divora i propri figli;
- l’acefalo celebrato da Bataille, il cui corpo mutilato è il disturbante figlio della ghigliottina.L’autore ci conduce alla ricerca di uno sguardo sul contemporaneo, raccogliendo l’eredità di un lavoro trentennale.
1. Prologo
Al di là del bello e del brutto
2. L’ingresso dei mostri
1895: un’anatomia impossibile
3. Nascita dell’omuncolo
“La bellezza sarà convulsa”
4. Il ritorno dei titani
Figure del gigante, dall’Illuminismo ai nostri tempi
5. La ghigliottina e il clavicembalo
6. Nascita dell’acefalo
7. Il museo e la morte
Fonti
RECENSIONE DA : L’INDICE ARTE — OTTOBRE 2015
DI JEAN CLAIR, HYBRIS —
DI ALESSANDRO NIGRO
Articolato intorno a un prologo e sei capitoli, dedicati
rispettivamente ai temi del mostro, dell’omuncolo, dei titani,
della ghigliottina, dell’acefalo
e, infine, del museo inteso come
simbolo della morte della cultura, Jean Clair ripropone in questo denso pamphlet una serie di
problemi già affrontati in note e
saggi dal 1989 al 2010, sviluppandoli all’insegna dell’hybris
con particolare attenzione all’età contemporanea (il
sottotitolo fa infatti
riferimento alla mostruosità dell’arte
moderna).
Il tono
dell’autore è quello
dell’umanista ferito
che si erge a baluardo
della civiltà minacciata o forse già estinta:
provvisto di un curriculum studiorum e di
un’esperienza museale
da far tremare le vene
e i polsi, Jean Clair si gloria oggi
di essere un reazionario, non essendo a suo avviso più necessario cambiare il mondo ma coinservarlo.
Lo studio delle civiltà in senso
lato e delle loro trasformazioni a
lungo termine, che fa riferimento alla tradizione storiografca
francese delle Annales, caratterizza anche l’approccio di Jean
Clair, che inizia la sua disamina
con un’analisi dell’impatto avuto sull’arte da una serie di scoperte scientifche ottocentesche
(fotografa, cinematografo, raggi
x, ecc.).
Sono proprio tali invenzioni a far tramontare la tradizionale concezione dell’anatomia
e ad annunciare l’ingresso
nella nostra cultura dei mostri,
che sono sempre esistiti ma “si
sviluppano nel Novecento, per
imporsi oggi con singolare veemenza”:
Hybris narra la storia di
questa trasformazione, che trova
il suo fulcro in quel laboratorio della modernità che è stato
il XIX secolo, da Jean Clair già
indagato in una serie di mostre
celebri in cui l’arte veniva letta
in chiave interdisciplinare, in
uno stretto confronto con la storia della civiltà e, in particolare,
della scienza.
È grazie a questa visione a
360°, in cui mito e contemporaneità dialogano senza soluzione
di continuità, che l’autore individua i momenti salienti dell’apparizione di un corpo fuori misura
e fuori dell’ordinario (omuncoli,
titani ecc.): divisa tra le opposte
polarità dell’infinitamente piccolo e dell’infinitamente grande,
la figura umana ha perso l’armonia che la contraddistingueva per trasformarsi in colosso o
annullarsi nella massa informe.
E’ il romanticismo che “apre alla hybris antica come componente
essenziale della modernità”: qui
ha inizio un lungo excursus che
va dal Saturno di Goya al Big
Man di Ron Mueck (2000), passando attraverso i regimi totalitari
in cui alla figura del gigante
fa riscontro una folla senza nome
che rappresenta la diluizione
dell’individuo nella massa organica dello stato.
Il tema verrà
ripreso anche nel capitolo conclusivo, in cui la massa informe
si ripresenta, nel mondo attuale,
come pubblico che affolla il museo senza sapere bene perché,
apparente segnale di successo
dell’istituzione ma in realtà,
secondo Clair, conseguenza di
una sterilità totale della cultura
odierna di cui la proliferazione
cancerosa dei musei sarebbe la
prova evidente.
Il capitolo La ghigliottina e il
clavicembalo, infne, presenta
un’affascinante lettura del Passage du Commerce Saint-André
(1952-1954) dell’amato Balthus,
che diventa l’occasione – tramite alcune coincidenze
e suggestioni – per
un’analisi della storia
della macchina rivoluzionaria che dispensava la morte secondo
presunti criteri progressisti ed egualitari,
ma che secondo l’autore aveva piuttosto
segnato una cesura tra
illuminismo e romanticismo, favorendo la
sostituzione degli algidi canoni neoclassici con una
bellezza terrifcante, mortifera
e medusea.
Fa da corollario al
tema lo studio dell’iconografa
di teste mozzate dall’Ottocento
fno al surrealismo e, parallelamente, di quella del corpo acefalo che culmina nell’analisi della
rivista “Acéphale”, fondata da
Georges Bataille nel 1936.
Lettura avvincente e a tratti irritante, per le forzature cui Jean
Clair talvolta si abbandona pur
di mantenere il punto, Hybris si
può accostare ad altri saggi di
successo in cui la storia dell’arte è declinata come storia della
cultura e della civiltà: fra i molti
esempi possibili, si chiama qui
in causa La testa senza il corpo.
Il viso e l’invisibile nell’immaginario dell’Occidente di Julia
Kristeva (1998; Donzelli 2009),
che condivide con il libro qui
recensito diversi temi ed aspetti.
Certo, rispetto a Jean Clair, Kristeva si differenzia per un’attitudine più distaccata rispetto alla
materia trattata e soprattutto
per l’impostazione metodologica di stampo prettamente psicoanalitico. La studiosa di origine
bulgara si abbevera alle stesse
fonti di Clair per quanto attiene
al tema della decollazione, ma
giunge, nonostante la consonanza degli argomenti, a esiti molto diversi, non mirando tanto a
tracciare un proflo apocalittico
di sviluppo e decadenza della civiltà, quanto piuttosto – e questa
potrebbe considerarsi una risposta alle tesi dell’autore di Hybris
– a evidenziare le costanti della
psiche umana che afforano attraverso i secoli e le culture.
In
alessandro.nigro@unifi.it
A. Nigro insegna storia della critica d’arte
Alessandro Nigro insegna Storia della critica d’arte presso l’Università di Firenze. Ha dedicato studi monografici ad Alfred Kubin, alle teorie del paesaggio (edizione critica italiana delle Lettere sulla pittura di paesaggio di Carl Gustav Carus) e alla Minimal Art. Ha scritto sulla grafica dei visionari tra Otto e Novecento (Charles Meryon, Grandville, Max Klinger, Odilon Redon), sui territori di confine tra critica d’arte e psichiatria (Hans Prinzhorn), sul teatro futurista di Balla e Depero e sulle relazioni tra arte e critica negli anni Sessanta (George Kubler); ha inoltre curato un volume monografico dedicato alle riviste d’arte europee negli anni Venti e Trenta (Sfogliare il modernismo, «Ricerche di Storia dell’arte», 2014). Nell’ambito della storia del collezionismo ha dedicato uno studio ai rapporti tra Bernard Berenson e i mercanti d’arte orientale a Parigi («Studi di Memofonte», 2015), mentre per quanto riguarda la storia della fotografia ha pubblicato il volume Ritratti e autoritratti surrealisti. Fotografia e fotomontaggio nella Parigi di André Breton (2015). Attualmente si sta occupando di fonti e teorie dei generi artistici con particolare attenzione alla ritrattistica. È membro della APRES (Association pour la Recherche et l’Étude du surréalisme).
STUDOCU
Jean Clair – HYBRIS: LA FABBRICA DEL MOSTRO NELL’ARTE MODERNA. OMUNCOLI, GIGANTI E ACEFALI
- è un racconto del testo, sembra quasi parola per parola, con parecchie immagini, solo direi di tipo schematico, ma permette di seguire il discorso.
se ti interessasse, APRI QUI– * CON LE IMMAGINI SONO 14 PAGINE
chiara: mi scuso per la forma in cui è pubblicata la recensione, ma l’ho presa da un pdf, mi è sembrata già una grande fortuna.. non so a voi di leggerla..