C’è un luogo in questa città che da 31 anni resta interdetto ai riti della retorica di Stato e alle passerelle delle autorità. Quel luogo è via D’Amelio. Da 31anni lo Stato ed i suoi rappresentanti in occasione delle commemorazioni della strage del 19 luglio 1992 non hanno l’animo di celebrare i loro riti recandosi in quella via, e se ne tengono prudentemente lontani, defilandosi in altri luoghi più appartati inaccessibili alla gente comune. Si tratta di una tacita convenzione, di una consuetudine ormai consolidata, e quasi rimossa nella coscienza collettiva. Rimossa perché questa prolungata forzata assenza dei rappresentanti dello Stato dal luogo della strage, è un fatto perturbante. Significa che lo Stato non può presentarsi in quel luogo con la coscienza a posto, con la coscienza di poter escludere con certezza la compromissione nell’ideazione e nell’esecuzione della strage di apparati interni allo Stato, con la coscienza di avere fatto tutto il possibile per accertare l’identità di mandanti e complici eccellenti.
In effetti la strage di via D’Amelio era una strage annunciata. Lo stesso Borsellino si considerava ” un morto che cammina”. La sparizione dell” agenda rossa” del magistrato è un mistero su cui non è stata fatta luce. Ci piacerebbe che un governo, di qualsiasi tendenza, oltre al dovuto omaggio a questi martiri, ci dicesse a che punto sono le indagini sui rapporti Stato-Mafia.