ANSA.IT — 1 APRILE 2023 –18.52
caporedattore centrale
La parola della settimana: ritardo (di Massimo Sebastiani)
Che cosa è il ritardo e perché lo temiamo così tanto anche quando non c’entrano niente le rate da pagare o gli obiettivi del Pnrr da raggiungere?
Siamo in ritardo nell’attuazione del Pnrr, ovvero il piano nazionale di ripresa e resilienza con cui l’Italia si è impegnata a gestire i fondi del Next Generation Eu anche noto, più confidenzialmente, come Recovery Fund o Recovery Plan.
A parte le definizioni, si tratta di circa 700 miliardi che l’Europa ha messo sul piatto per ripartire dopo lo shock della pandemia e di cui all’Italia è toccata la fetta più grossa, circa 200 miliardi.
Che una parte dei progetti del Pnrr sia in ritardo lo ha riconosciuto lo stesso governo italiano per bocca del ministro per gli affari europei Raffele Fitto, Il quale ha tenuto a precisare però che questi ritardi provengono da lontano e che la responsabilità non può essere attribuita a un governo insediato da pochi mesi. Insomma, la colpa è di qualcun altro. Al di là di qualunque polemica politica, è il ritardo in se stesso a dare fastidio e ad essere vissuto sempre come una colpa. ‘Sei sempre in ritardo’ è una delle accuse che viviamo con più fastidio, specie quando è condita dalla classica chiosa: ‘è una forma di maleducazione arrivare in ritardo’.
Che, come si vede, sposta immediatamente su un piano morale una questione che potrebbe essere, come nel caso del Pnrr, solo pratica, tecnica e di opportunità Ecco dunque un’altra parola con parecchie risonanze, applicazioni e sfumature. Nell’etimologia non c’è alcunché di misterioso: all’origine c’è il latino retardare dove però la particella re- rafforza la parola tardare come se fosse tardare ancora di più.
Ma il ritardo è sempre negativo? Certo, se ci fa perdere dei soldi, come potrebbe capitare nel caso del Pnrr o come capita quando non paghiamo una rata e diventiamo morosi, siamo portati a rispondere di sì. Tra l’altro moroso deriva dal verbo latino morari che vuol dire appunto ritardare, sospendere.Però, se ci pensate, capito spesso di leggere o sentir dire che ‘è stata chiesta una moratoria’. E’ un po’ come se travolti dalla velocità, dalle scadenze, dall’accumulo di impegni, avessimo costantemente bisogno di chiedere di fermarci, di prendere fiato, di frapporre tempo in mezzo. Lo ha fatto perfino Elon Musk tra gli altri, uno che manda razzi nello spazio per far divertire turisti cosmici e molto ricchi, a proposito dello sviluppo dell’intelligenza artificiale.
Proprio il contrario di chi invita ad essere fattivi e a non procrastinare quando dice: non mettiamo tempo in mezzo, o meglio (o peggio): ‘non perdiamo altro tempo’. E’ solo una delle tante dimostrazioni di quale strano animale sia il tempo, compagno ineludibile, senza il quale nemmeno la vita sarebbe concepibile, eppure oggetto misterioso della riflessione filosofica e scientifica da oltre 2000 anni, dai dubbi esposti con straordinaria capacità di autoanalisi da Agostino nelle sue Confessioni alla dissoluzione dell’idea comune di tempo da parte della fisica quantistica, nonostante gli sforzi, lodevoli e affascinanti, di Aristotele prima e poi di Kant, Bergson e Heidegger fra gli altri.
A questa apparente contraddizione ha dedicato un libro uno dei più interessanti interpreti della contemporaneità, il filosofo coreano Byung-Chul Han, che nel suo ‘Il profumo del tempo’ dedica pagine che forse non sarebbero piaciute a Aristotele o Kant al tema dell’indugiare, del fermarsi, del mettere in pausa. L’esordio di uno dei prodotti che hanno segnato gli ultimi 40 anni, l’orologio Swatch, avvenne proprio con un quadrante di plastica dove al posto di 12, 3, 6 e 9 c’era scritto Don’t / Be / Too / Late (Non essere troppo in ritardo): una forma di moderna autoironia per chi produce un orologio visto che in teoria l’oggetto dovrebbe servire anche a non essere affatto in ritardo. E un altro terreno dove invece il ritardo è o fatale o fonte di struggenti rimpianti oppure prova poetica della dimensione soggettiva del tempo, che sarebbe invece molto piaciuta a Bergson, è l’amore [Gino Paoli].
Gli innamorati che dicono ‘è troppo tardi’ non possono essere consolati né da Tito Livio e dal suo celebre proverbio ‘meglio tardi che mai’ (chissà se Fitto ha provato a citare Tito Livio con la commissione europea) né dall’indimenticato (almeno dai boomer) maestro Manzi che negli anni ’60 del Novecento alfabetizzò una parte d’Italia con il suo ‘Non è mai troppo tardi’, che oggi forse qualcuno potrebbe definire slow school. Non è tutto: Otis Redding, lo stesso che aveva cantato ‘It’s too late’ perché, ovviamente, lei se ne è andata ma lui la invoca: ‘Non lasciare che sia troppo tardi’, canterà anche il suo opposto, ovvero ‘I’ve been loving you too long’. ( ti ho amato per troppo tempo )
NOTA 1 —
Otis Redding – I’ve been loving you too long (testo e traduzione)
“I’ve been loving you too long to stop now
There were time and you want to be free
my love is growing stronger
as you become a habit to me
oh I’ve been loving you a little too long
I dont wanna stop now, oh
with you my life
has been so wonderful
I can’t stop now
There were times
and your love is growing cold
my love is growing stronger
as our affair grows old
I’ve been loving you a little too long, long
I don’t want to stop now
I’ve been loving you a little bit too long
I don’t wanna stop now
no, no, no
Don’t make me stop now, no baby
I’m down on my knees
please, don’t make me stop now
I love you, I love you
I love you with all of my heart
and I can’t stop now
don’t make me stop now
please, please don’t make me stop now
good god almighty I love you
I love you, I love you, I love you
I love you, I love you
I love you in so many different ways
I love you in so many different ways…”.
traduzione
Ti ho amata per troppo tempo
Ti ho amata per troppo tempo
per smettere adesso
Sei stanca e vuoi essere libera
Il mio amore sta crescendo più forte,
Così come tu diventi un’ abitudine per me
Ti ho amata per troppo tempo
Non voglio smettere adesso
Con te la mia vita è stata meravigliosa
Non posso smettere adesso
Sei stanca e il tuo amore sta crescendo freddo
Il mio amore sta crescendo più forte
così come la nostra relazione va avanti
Ti ho amata per troppo tempo
Non voglio smettere adesso
Ti ho amata un pò troppo a lungo
Non voglio smettere adesso
Non farmi smettere adesso, tesoro
Sono in ginocchio, per favore
Non farmi smettere adesso
Ti amo, ti amo,
Ti amo con tutto il mio cuore
E non posso smettere adesso
Per favore, per favore, per favore, per favore no
Non farmi smettere adesso
Il mio cuore e la mia anima piangono
NOTA – 2
Il profumo del tempo. L’arte di indugiare sulle cose
Vita e Pensiero, 2017
Viviamo in perenne mancanza di tempo. Quasi in apnea, ci affrettiamo per poter fare esperienza di tutto quello che il nostro mondo iperproduttivo ci mette davanti. Accelerare per avere più tempo è diventato l’imperativo della nostra vita. Ma questa ‘epoca dell’affanno’, in definitiva, ci rende ansiosi, stressati, disorientati. L’accelerazione della tecnologia e delle trasformazioni sociali non solo ha annientato lo spazio e la geografia stessa (ogni luogo è a portata di un clic o di qualche ora di aereo), ma ha atomizzato il tempo, lo ha frammentato in tanti ‘attimi presenti’ che si sostituiscono l’uno all’altro, che non conoscono più pause e intervalli, soglie e passaggi, e soprattutto non costruiscono più un’unica storia: la nostra. Perché questa disgregazione riguarda anche la nostra identità, che si impoverisce e si riduce, soffocata dalle proprie attività senza durata. Sono queste le riflessioni che Byung-Chul Han, il filosofo coreano che ama riflettere sull’uomo svelandone la situazione critica di fronte agli stimoli della società contemporanea, mette a fuoco in questo libro dal titolo seducente. Percorrendo in modo originale il pensiero filosofico sul tempo, da Aristotele e Tommaso a Heidegger e Arendt, passando per Hegel, Marx e Nietzsche (ma soffermandosi anche a lungo sull’opera di Proust), egli ci mette di fronte a quella che riassume come un’assolutizzazione della vita activa: la necessità di produrre (e consumare) come forma di realizzazione umana, che finisce per sottrarre all’uomo respiro e spirito. Bisogna allora riguadagnare un posto alla vita contemplativa, nella sua forma più quotidiana e vicina. Vale a dire reimparare a fermarsi, a ‘indugiare’: bellissimo verbo che parla di pause, di ozio meditativo, di sguardo lungo e cordiale sulle cose. In una parola, lo sguardo contemplativo restituisce al tempo il suo ‘profumo’, che è lento e permanente, che sa di ricordo e di memoria. Acquista allora un senso nuovo e smette di essere solo una stravagante curiosità l’orologio ‘a profumo’ dell’antica Cina, cui l’autore dedica pagine piene di poesia, che misura il tempo col bruciare di un profumato sigillo d’incenso: alla fine, resta un’eccedenza speciale, un aroma che riempie lo spazio, che indugia nell’aria in un momento sospeso e denso che apre alla felicità.
Byung Chul Han
Bellissima questa idea dell’indugio che può essere una ricchezza dello spirito.