+++ ANTONELLA NAPOLI, Libia, l’Ue complice della Libia: le parole non dette sulle gravi accuse dell’Onu — FOCUS ON AFRICA, 1 APRILE 2023 +++ NELLO SCAVO, RISPOSTA DEL CONSIGLIO LIBICO–AVVENIRE, SABATO 1 APRILE 2023

 

 

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“Il sostegno dato dall‘UE alla guardia costiera libica in termini di pull-back, respingimenti e intercettazioni ha aiutato e favorito violazioni dei diritti umani”.


L’Europa é complice della Libia.


A dirlo è l’Onu, la notizia è di quelle  dirompenti. O almeno dovrebbe esserlo.

Eppure sui media mainstream italiani poco o nulla.

Il rapporto della missione delle Nazioni Unite in Libia accusa l’Unione Europea di favorire i crimini contro l’umanità nel paese,  ma l’impatto dei rilievi in Italia si è rivelato semplicemente ridicolo.

L’accertamento dei fatti da parte degli inviati Onu ha permesso di stabilire che le forze di sicurezza libiche e i gruppi delle milizie armate hanno commesso una vasta gamma di crimini di guerra e crimini contro l’umanità.


Nel documento è citata specificamente la guardia costiera libica “sostenuta dall’UE nel corso degli anni” – e dall’Italia aggiungiamo noi –  e si evidenzia come “non si possa respingere le persone in aree che non sono sicure”  e che “le acque libiche non sono sicure per i migranti”.

La missione indipendente ha espresso profonda preoccupazione per il deterioramento della situazione dei diritti umani nel paese e ha affermato nella relazione finale, da cui emerge l’indicazione delle responsabilità europee, che è necessaria un’azione urgente per porvi rimedio.

L’indagine, che delinea un ampio sforzo da parte delle autorità libiche per reprimere il dissenso della società civile e i migranti, ha documentato numerosi casi di detenzione arbitraria, omicidio, stupro, schiavitù, uccisioni extragiudiziali e sparizioni forzate, e ha rilevato che quasi tutti i sopravvissuti intervistati si sono astenuti dal presentare denunce ufficiali per paura di rappresaglie.

In particolare ci sono prove schiaccianti che la maggior parte dei profughi vittime delle repressioni sia stata sistematicamente torturata. Inoltre il rapporto segnala “ragionevoli motivi” per credere che la schiavitù sessuale, un crimine contro l’umanità, sia stata perpetrata da parte di esponenti delle forze di sicurezza contro le donne migranti.

”Il governo libico è obbligato a indagare sulle accuse di violazioni dei diritti umani e dei crimini commessi nelle aree sotto il suo controllo, in conformità con gli standard internazionali. C’è un urgente bisogno di stabilire le responsabilità di quanto avvenuto e avviene tuttora per porre fine a questa impunità pervasiva” sostiene Mohamed Auajjar, presidente della missione chiedendo alle autorità libiche di sviluppare “senza indugio” un piano d’azione per i diritti umani e una tabella di marcia completa al fine di garantire giustizia alle vittime”.
E la stilettata finale non risparmia nessuno.


”Riteniamo tutti responsabili delle violazioni dei diritti umani accertati” l’accusa senza filtri di Auajjar.


Ma le pratiche e i modelli delle gravi violazioni denunciate dall’Onu oggi, e ancora prima dalle organizzazioni per i diritti umani tra cui Medici senza frontiere, continuano senza sosta e ci sono poche evidenze che si vogliano  assumere  misure significative per invertire questa rotta fitta di orrori e violenze e portare aiuto alle vittime.

Il Consiglio per i diritti umani delle Nazioni Unite ha istituito la commissione di monitoraggio in Libia nel giugno 2020 per indagare sugli abusi messi in atto dall’inizio del 2016, al fine di prevenire un ulteriore deterioramento della situazione dei diritti umani e garantire l’accertamento delle responsabilità. Da allora, l’organismo Onu  ha intrapreso 13 missioni, condotto più di 400 interviste e raccolto più di 2.800 informazioni, tra cui immagini fotografiche e audiovisive.

Il mandato della commissione è giunto alla conclusione proprio nel momento in cui la situazione si stava ulteriormente aggravando, con la sospensione di fatto dell’istituzione di autorità statali parallele, riforme legislative, esecutive e del settore della sicurezza necessarie per sostenere lo stato di diritto e unificare il paese.


Le indagini al riguardo hanno rilevato anche che le autorità libiche, in particolare i settori della sicurezza, hanno limitato i diritti di riunione, associazione, di libertà di espressione e d religiosa  “per garantire l’obbedienza, consolidare valori e norme egoistici e punire le critiche contro le autorità e la loro leadership” è scritto nero su bianco nel rapporto.


Gli attacchi contro difensori dei diritti umani, attivisti per i diritti delle donne, giornalisti e associazioni della società civile hanno determinato un’atmosfera di paura nel Paese che ha creato uno stato di autocensura e costretto chi era finito nel mirino delle autorità a nascondersi o a scegliere l’esilio all’estero  proprio nel momento in cui era più necessario che mai “favorire un’atmosfera favorevole a elezioni libere ed eque affinché i libici potessero esercitare il loro diritto al voto nelle migliori condizioni possibili” sottolinea il rapporto che inoltre ha evidenziato come il traffico dei migranti, la schiavitù, il lavoro forzato, la detenzione, l’estorsione ai danni dei profughi abbiano generato entrate significative “per individui, gruppi e istituzioni statali che hanno incentivato la continuazione delle violazioni”.

Nel contesto della detenzione, le autorità statali e le entità affiliate – tra cui l’apparato di deterrenza della Libia per combattere la criminalità organizzata e il terrorismo (DACOT), le forze armate arabe libiche (LAAF), l’Agenzia per la sicurezza interna (ISA) e l’apparato di sostegno alla stabilità (SSA) e la loro leadership – sono stati ripetutamente coinvolti nelle violazioni nei confronti di detenuti, sottoposti sistematicamente a torture e isolamento, ai quali è stato negato un accesso adeguato all’acqua, al cibo, ai servizi igienici e sanitari, alla luce, all’esercizio fisico, alle cure mediche, alla consulenza legale e alla comunicazione con le famiglie.

Il rapporto ha anche denunciato che le donne  in Libia sono ampiamente discriminate e ha concluso che la loro condizione si è notevolmente deteriorata negli ultimi tre anni.

La missione vista la gravità di quanto accertato ha invitato il Consiglio per i diritti umani delle Nazioni Unite a istituire un meccanismo di indagine internazionale indipendente e dotato di risorse sufficienti per continuare il monitoraggio nel Paese e ha esortato l’Ufficio dell’Alto Commissario  Onu per i diritti umani a predisporre un organismo distinto e autonomo con un mandato ad hoc per rilevare e riferire sulle gravi violazioni dei diritti umani.
Insomma, continuare a tenere alta l’attenzione sulla Libia e denunciare le ipocrisie delle cosiddette “democrazie compiute”.


Chi scrive, e questa testata, come ha sempre fatto, continuerà a raccontare ciò che avviene nel paese senza mai dimenticare i tanti che cercavano un destino migliore dagli orrori da cui fuggivano e che in Libia hanno perso prima la dignità, poi la speranza e infine la vita.

 

DA : 

Libia, l’Ue complice della Libia: le parole non dette sulle gravi accuse dell’Onu

 

 

Avvenire

sabato 1 aprile 2023

https://www.avvenire.it/attualita/pagine/l-ue-i-migranti-protezione-per-pochi-e-la-libia

 

Ue. Migranti? Protezione per pochi. E la Libia ora “irride” le Nazioni Unite

 

NELLO SCAVO

 

A Tripoli il Consiglio per i diritti umani sostiene che la presenza dell’Alto commissariato Onu per i rifugiati è illegale
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undefined – Copyright 2023 The Associated Press.

Poche ore dopo aver depositato davanti alla Corte penale internazionale l’ultimo atto d’accusa dell’Onu contro le autorità libiche, da Tripoli arriva la risposta. L’Alto commissariato Onu per i rifugiati? «Una presenza illegale». La Convenzione di Ginevra per i Diritti umani? «Provocherebbe cambiamenti drammatici nella nostra società».

A firmare la controffensiva è il “Consiglio Nazionale per le Libertà Civili e i Diritti Umani in Libia” (Ncchr). Sulla carta si tratta di un organismo indipendente, riconosciuto dalle Nazioni unite e dal governo di Tripoli, in forza di una legge autorizzativa della presidenza libica.

Notizie contraddittorie che fanno il paio con quanto trapela da Bruxelles. La «maggior parte dei richiedenti asilo» nell’ Ue «non ha bisogno di protezione internazionale». E gli Stati membri dovrebbero concentrarsi sull’aumentare i rimpatri di coloro che non hanno diritto a restare, dato che nell’Unione appena un quinto di coloro ai quali viene rifiutata la domanda d’asilo viene poi effettivamente rimpatriato.

Non sempre e non solo per colpa dei Paesi extra Ue. A sottolinearlo è stata la presidente della Commissione, Ursula von der Leyen, nella riunione del collegio dei commissari dell’ 8 febbraio scorso, come riporta il verbale consultato dall’AdnKronos. Si parla di quei «fenomeni di immigrazione clandestina» citati anche dalla controversa commissione libica che nella sua nota fa riferimento alle «crescenti pressioni di soggetti esterni sulla Libia, in particolare dell’Unione Europea, e al suo impatto sulla sicurezza, la situazione economica e sociale del Paese». Secondo il “Consiglio” l’Unione europea starebbe cercando di convincere il governo di Tripoli ad avviare il negoziato con l’Onu per firmare la Convenzione di Ginevra, che impegnerebbe il Paese a rispettare i diritti umani fondamentali e dotarsi di una legislazione per il diritto d’asilo.

«La firma della Convenzione di Ginevra – sostiene l’organismo tripolino – provocherà drammatici cambiamenti nella struttura demografica, rendendo i libici una minoranza nella loro patria, il che crea implicazioni nel cambiamento demografico». Ad oggi gli stranieri in Libia sono circa 700mila, poco più di un decimo della popolazione. In nessun caso la firma delle convenzioni internazionali implicherebbe l’automatica concessione della cittadinanza agli stranieri, la gran parte dei quali si trova in Libia da molti anni per lavoro.

La mossa del “Ncchr”, che evoca il pericolo di una sostituzione etnica, proprio per gli argomenti e i toni adoperati sembra inserirsi nelle faide interne al sistema di potere libico, ostacolando le relazioni internazionali e mettendo alcuni ministri nella difficile posizione d’essere considerati complici di «drammatici cambiamenti» per la popolazione.

Le agenzie Onu continuano a riscontrare difficoltà nell’accesso ai visti d’ingresso per il personale internazionale e le attività nel Paese sono fortemente limitate, proprio perché a Tripoli non è in vigore alcuna legislazione che possa proteggere i profughi nei confronti dei quali la Libia rivendica di non avere alcun obbligo, arrivando a legittimare i campi di prigionia statali che l’Onu vorrebbe chiudere. Perciò «il Consiglio Nazionale per le Libertà Civili e i Diritti Umani in Libia considera illegale il lavoro dell’organizzazione delle Nazioni Unite (Unhcr-Acnur) in Libia perché il nostro Paese non ha firmato la Convenzione di Ginevra del 1951». E, se non bastasse, il personale umanitario del Palazzo di Vetro è accusato di «di sfruttare la debolezza e le sfide che le istituzioni statali devono affrontare».

L’ultimo rapporto di una commissione indipendente di esperti dell’Onu sulla Libia proprio questa settimana ha messo sotto accusa la Guardia costiera libica per «crimini contro l’umanità» e l’Unione europea per averle dato «sostegno tecnico, logistico e finanziario per, tra le altre cose, le attività di intercettazione dei migranti e per riportarli indietro» in un Paese dove sono «in aumento» torture, sparizioni, stupri, schiavitù.

«Vi sono ragionevoli motivi per ritenere che alti ufficiali della Guardia costiera, della Direzione per la lotta all’immigrazione illegale e dell’Apparato per il supporto alla stabilità – spiegano gli esperti Onu Mohammad Auajjar, Tracy Robinson e Chaloka Beyani – siano collusi con i trafficanti, a loro volta legati a gruppi armati, in un contesto che vede i migranti intercettati e privati della libertà». Ma di questo il Consiglio Nazionale libico per i diritti umani non dice una sola parola.

 

 

 

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  1. DONATELLA scrive:

    Anche la stampa italiana, tranne qualche eccezione, non ha riportato queste gravissime accuse dell’ONU contro la Guardia costiera libica e contro l’UE. Torturare e uccidere per mezzo di scagnozzi fa sempre molto comodo.

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