FULVIO SCAGLIONE, LUCI E OMBRE DEL CONDOTTIERO ZELENS’KYJ– LIMES-10/ 11 / 2022 — da : TUTTO UN ALTRO MONDO – n°10 – 2022

 

LIMES- 10/ 11 / 22

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TUTTO UN ALTRO MONDO – n°10 – 2022

 

 

LUCI E OMBRE DEL CONDOTTIERO ZELENS’KYJ

 

 

 

 

Volodymyr Zelens’kyj al palazzo Mariinskiy a Kiev, novembre 2022. (Foto: Genya SAVILOV / AFP) (Photo by GENYA SAVILOV/AFP via Getty Images)

Prima dell’invasione russa il gradimento del presidente ucraino era ai minimi. Pesavano l’economia, i metodi opachi e consociativi. Il conflitto ha riscattato un leader dimostratosi più che all’altezza. Ma in vista del dopoguerra già rispunta il vecchio, rodato sistema.

 

 

 

 

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Chi sono

1. «L’attore che ha governato l’Ucraina in tv sarà capace di farlo anche nella vita vera?». Era l’aprile 2019 e la fatidica domanda, a poche ore dalla travolgente vittoria con cui Volodymyr Zelens’kyj aveva spazzato via il presidente in carica Petro Porošenko, faceva da titolo a un articolone dell’ultraliberal New Yorker 1. La risposta non avrebbe tardato e l’avrebbero fornita per primi proprio gli ucraini che tanta fiducia avevano riposto nell’ex attore: no, almeno non più dei presidenti che lo avevano preceduto. Perché Zelens’kyj non è mai stato l’homo novus incapace di pensare da politico (nel senso più disincantato del termine) tante volte stucchevolmente descritto ed è un leader che offre il meglio di sé nel conflitto. In questo è senza dubbio il miglior presidente che l’Ucraina indipendente abbia mai avuto.


Per capire Zelens’kyj bisogna lasciar perdere i miti, aderire alle cifre e ai fatti. Viene eletto alla presidenza il 21 aprile 2019 con il 73% delle preferenze: una valanga. Tre mesi dopo, il 21 luglio, le elezioni politiche anticipate provocano una seconda valanga: Servo del popolo, il partito del presidente, ottiene il 43,16% dei voti e 254 dei 450 seggi alla Verkhovna Rada, il parlamento monocamerale ucraino. Una maggioranza assoluta rinforzata dall’alleanza con alcune formazioni minori, che portano in dote a Zelens’kyj qualche altra decina di seggi. È luna di miele con il paese: a settembre i sondaggi dicono che il 52% dei cittadini dell’Ucraina, in lizza con la Moldova per il titolo di paese più povero d’Europa, è ottimista per le sorti della nazione, contro un flebile 18% di pessimisti.


La luna di miele però dura poco. Nel marzo 2020 gli ottimisti sono il 23%, i pessimisti il 60%. A luglio il 51% non ha più fiducia in Zelens’kyj, contro un 43% che la fiducia non l’ha persa. Alle amministrative di ottobre e novembre 2020, Servo del popolo viene così sonoramente sconfitto. Ovunque: da Odessa a Leopoli, passando per la capitale Kiev e per tutte le maggiori città dell’Ucraina. È il paradosso di un presidente con un enorme potere e uno scarsissimo consenso popolare. Un anno dopo, nel settembre 2021, il Kyiv International Institute of Sociology registra che il tasso di approvazione per l’azione di Zelens’kyj si è ridotto al 33,3%. Un mese dopo il 71% degli ucraini pensa che il paese stia andando nella direzione sbagliata, solo il 28,2% approva le politiche zelenskiane; il 43,4% vorrebbe elezioni presidenziali anticipate e il 47,3% elezioni politiche anticipate 2. 


In caso di presidenziali anticipate, certifica il Razumkov Center di Kiev, Zelens’kyj raccoglierebbe il 18,7% di voti 3. Supererebbe ancora il rivale Porošenko, fermo al 12,7%, ma perderebbe molto del vantaggio che solo due mesi prima lo portava a doppiare il «re del cioccolato» 4. Quando poi si chiede ai potenziali elettori per chi in ogni caso non voterebbero, Zelens’kyj passa in testa con il 31,9% contro il 31,6% di Porošenko 5. Questi i dati alla vigilia dell’invasione russa del 24 febbraio 2022. E anche di fronte all’ipotesi crescente di un conflitto armato più ampio di quello pure drammatico in corso nel Donbas dal 2014, gli ucraini continuano a dubitare fortemente che Zelens’kyj faccia il necessario per garantire i diritti dell’Ucraina e proteggerne la popolazione.


2. Cosa aveva fatto il «servo del popolo» per essere disconosciuto dal popolo stesso? E come si concilia quel disastro con il trionfo attuale, con i sondaggi che danno a Zelens’kyj un’approvazione del 91%? Non è che al presidente ucraino, nel 2020-21, mancassero difficoltà oggettive. La guerra nel Donbas, a dispetto delle intenzioni elettorali e dopo qualche promettente segnale (scambi di prigionieri, una tregua 6), per Kiev restava un incubo geopolitico e un buco nero finanziario: nel 2021 la difesa assorbiva il 4,2% del pil. 


Poi il durissimo braccio di ferro con gli oligarchi, segnato da minacce di golpe e attentati. Una prova di forza sfociata nella «legge antioligarchi» dell’autunno 2021, spesso invocata dall’Unione Europea e che ancora nel luglio scorso, a guerra in corso e dopo la concessione all’Ucraina dello status di candidato all’Ue, Ursula von der Leyen indicava come priorità assoluta 7.


Carta di Laura Canali - 2022

Carta di Laura Canali – 2022


Infine, il neopresidente di un’Ucraina bisognosa dell’aiuto statunitense e internazionale 8 si era trovato impaniato nel conflitto tra Donald Trump e Joe Biden. Con gli scandali veri e presunti del figlio di quest’ultimo, Hunter, per anni a libro paga di un’azienda ucraina gestita da russi 9. Ma erano davvero queste le ragioni primarie del crollo del consenso di Zelens’kyj?


In realtà, i fatti decisivi erano altri. Due in particolare. Il più clamoroso, il 3 ottobre 2021, la rivelazione dei Pandora Papers: Zelens’kyj aveva costituito una serie di società offshore nelle Isole Vergini britanniche, a Cipro e nel Belize per proteggere i cospicui guadagni della fortunata carriera di attore e produttore televisivo e cinematografico. Ad aiutarlo diversi personaggi che dopo il suo arrivo alla presidenza avevano ricevuto importanti incarichi istituzionali, come Ivan Bakanov (capo dei servizi segreti ucraini) e Serhij Šefir (primo consigliere presidenziale). Delle suddette società estere si era già discusso in campagna elettorale, ma con i Pandora Papers si scopriva che il previdente Zelens’kyj, in vista dello scontro politico, ne aveva affidato il controllo al fedele Šefir che veicolava i dividendi ai parenti del «servo del popolo» 10. In uno dei pochi errori di comunicazione, la reazione fu del tipo: «bisognava proteggere i legittimi e meritati guadagni dalla rapacità del filorusso Viktor Janukovyč». Ma non è ciò che dicono tutti quelli, oligarchi compresi, che portano capitali all’estero? Che fine aveva fatto il «presidente diverso»?


Subito dopo scoppia il caso Razumkov. Dmytro Razumkov era un ragazzo prodigio della politica ucraina: figlio di un’attrice (Natalia Kudri) e di Oleksandr Razumkov (ex vicesegretario del Consiglio di sicurezza ucraino), aveva collezionato lauree e master cimentandosi con il Partito delle regioni di Janukovyč. Poi si era dato agli affari, infine era tornato sulla scena pubblica come consigliere politico della campagna di Zelens’kyj, che una volta eletto l’aveva nominato segretario di Servo del popolo. Sono i mesi in cui il settimanale Focus piazza Razumkov al settimo posto tra i cento ucraini più influenti, mentre l’ucraino Novoe Vremya lo mette all’undicesimo 11, subito dopo il primo ministro Denys Šmyhal’.


Poi tutto precipita. Il 3 ottobre 2021 Zelens’kyj dichiara che Razumkov «non è più parte della nostra squadra» 12. Il 7 ottobre la Verkhovna Rada toglie a Razumkov la presidenza del parlamento. Il 15 ottobre Zelens’kyj revoca la sua nomina al Consiglio di sicurezza e lo sostituisce con l’avvocato Ruslan Stefančuk, che subentra anche come presidente del parlamento. Uno dei tanti consiglieri elettorali di Zelens’kyj (Stefančuk era considerato l’ideologo del gruppo) portati ai vertici dello Stato. Nei momenti di crisi Zelens’kyj butta a mare qualcuno: era già successo nel 2020, quando subodorando il calo del gradimento aveva liquidato il giovane premier Oleksij Hončaruk e cinque ministri di uno dei governi più giovani della storia (37 anni in media, Zelens’kyj lo chiamava «il governo turbo»). 


Già si profilava la tendenza a chiamare «traditore» chi obiettava: una delle colpe di Hončaruk, che poi insegnerà a Stanford con fama di grande riformatore, era dire che «Zelens’kyj non ha chiari certi princìpi dell’economia». È un buon sistema. Serve a eliminare concorrenti potenziali e attuali, fornire argomenti alla stampa amica e dare in pasto all’opinione pubblica qualcosa che possa distrarla, all’insegna del complotto e della congiura. 


Razumkov era il bersaglio perfetto: era molto noto e il rumore della sua caduta (nella chat del gruppo parlamentare di Servo del popolo era definito «nemico politico») aiutava a coprire il frastuono dei Pandora Papers. Era molto amato dagli elettori del partito, forse troppo per i gusti di Zelens’kyj e dei suoi fedelissimi. E aveva tenuto posizioni coraggiose che, pur al crescere delle tensioni con la Russia, godevano di un certo seguito: no alla censura dei media critici, lotta alla corruzione, no alle misure discriminatorie verso la minoranza russofona, nessuna paura del Cremlino 13. Per togliere spazio alla propaganda russa, Razumkov parlava in pubblico usando il russo. 


Da un lato il presidente che si era dimostrato «come tutti gli altri», dall’altro un giovane politico rampante che sembrava incarnare le promesse dello zelenskismo originario. Uno però con tutto il potere, l’altro solo con il prestigio. Finì come sappiamo, con Razumkov emarginato. Per buona misura, un paio di mesi dopo Zelens’kyj se ne uscì con la notizia di un tentato golpe organizzato ovviamente dai russi, forse finanziato dall’oligarca Rinat Akhmetov, sventato appena in tempo. Altri elementi non ci sono, bisogna fidarsi della parola presidenziale. Infatti il risultato non cambia: il consenso di Zelens’kyj tocca il fondo.


Carta di Laura Canali - 2022

Carta di Laura Canali – 2022


3. L’invasione russa ha cambiato moltissime cose. Anche Volodymyr Zelens’kyj. Il finto uomo nuovo, che non sapeva o non poteva governare il paese della crisi economica e della mezza guerra nel Donbas, si è rivelato bravissimo nel governare l’Ucraina dello sprofondo economico (crollo del pil del 45% e povertà al 20% nel 2022 secondo la Banca mondiale 14) e della guerra aperta con la Russia. 


Alcuni suoi meriti sono evidenti. Non aver lasciato Kiev nei primi giorni dell’invasione, quando mezzo mondo avrebbe accolto un suo governo in esilio 15. Una campagna di comunicazione straordinaria con cui ha dato un leader, anzi finalmente un capo, al popolo ucraino rovesciando la propria immagine: l’eroe per caso, chiamato dalla sorte e non dall’ambizione a lavorare per il bene contro il male, diventa l’eroe che sceglie in coscienza il proprio drammatico destino. Lo ha notato in un acuto articolo Andrés González Martin, tenente colonnello dell’Esercito e analista dell’Instituto Español de Estudios Estratégicos 16. Ciò che non si è tradotto solo nel 91% di fiducia popolare che i più recenti sondaggi gli riconoscono 17, ma in qualcosa di molto più significativo: la sua condotta ha galvanizzato un popolo intero e, complice l’aggressività della Russia, gli ha dato uno scopo collettivo 18. 


Zelens’kyj ha manovrato benissimo anche sul piano internazionale. Ha capito che un numero consistente di paesi, dagli Usa al Regno Unito passando per la Polonia, i baltici e le nazioni del Nord Europa, avrebbe fatto carte false per castigare Vladimir Putin e cambiare gli equilibri di un’Europa a lungo dominata dall’asse franco-tedesco. A loro si è appoggiato, ma non in modo passivo. In sostanza, il patto è stato: difendete l’Ucraina per cambiare l’assetto europeo. Boris Johnson per la difesa 19, la Polonia per diventare hub energetico del continente 20, i nordici per rimettere in riga il Sud, tutti per ridimensionare la Germania. Zelens’kyj ha così ottenuto cospicui aiuti militari e ha impegnato il G7 a sostenere l’Ucraina. Adesso e chissà per quanto ancora. 


Si è discusso e si discute infatti con insistenza di un «Piano Marshall per l’Ucraina» 21, la quale secondo la Banca mondiale ha subìto danni per 350 miliardi di dollari e ne ha già ricevuti 37 dal solo G7. Anche prima dell’invasione russa l’economia ucraina era tenuta in piedi dagli aiuti esteri, ma ora si parla di una cambiale in bianco e senza scadenza.


Il senso recondito di certi discorsi è preciso: l’Ucraina non cesserà di esistere. Potrà uscire vincitrice dal conflitto con la Russia, riconquistando l’integrità territoriale compromessa nel 2014; o uscire mutilata di qualche sua parte. Ma la forza degli ucraini e il loro sacrificio, insieme a quattrini, armi e intelligence dell’Occidente, nonché gli errori e i limiti della Russia, garantiscono che esisterà uno Stato ucraino. E avrà come presidente Volodymyr Zelens’kyj. In Ucraina il mandato presidenziale è di cinque anni; le prossime elezioni dovrebbero svolgersi nel 2024. Nessuno crede che la guerra possa prolungarsi fino ad allora, ma al centro della scena ci sarà ancora Zelens’kyj, il presidente di guerra che ha guidato il paese in battaglia.


Carta di Laura Canali - 2022

Carta di Laura Canali – 2022


Le sue ultime mosse interne sembrano suggerire che si stia già preparando a gestire il dopoguerra. Il presidente della guerra non vuole tornare a essere anatra zoppa. La strategia è sempre la stessa: denunciare complotti e tradimenti, scaricare su altri la colpa di eventuali insuccessi e chiudere ogni spazio alle alternative. A luglio i russi sono ancora all’offensiva, si comincia a parlare di referendum per l’annessione alla Russia di Donec’k, Luhans’k e degli altri territori strappati a Kiev, mentre la guerra del gas angoscia l’Europa. Parte la purga: saltano tra gli altri Roman Dudin (capo dei servizi segreti della regione di Kharkiv), Ihor Sadokhin (capo del Centro antiterrorismo di Kherson), Oleh Kulinič (responsabile dei servizi di sicurezza per la Crimea controllata dai russi), i generali Andrej Naumov e Serhij Krivoručko (servizi di sicurezza), Iryna Venediktova (procuratrice generale) e Ivan Bakanov (direttore dei servizi segreti, l’Sbu), Con diverse sfumature, tutti accusati di tradimento. Zelens’kyj precisa che sono in corso 651 procedimenti penali per tradimento.


A sostituire Venediktova e Bakanov, in particolare, due personaggi non limpidi ma molto legati a Oleh Tatarov, vicecapo dello staff di Zelens’kyj: Oleksij Symonenko (procuratore, anche se per soli dieci giorni) e Vasyl’ Maljuk (andato a dirigere l’Sbu). Symonenko aveva lavorato dieci anni nell’Sbu e da lì, per «ragioni di sicurezza nazionale», aveva sottratto all’Ufficio nazionale anticorruzione (Nabu) un’indagine a carico di Tatarov, poi insabbiata. Sempre Symonenko, nel frattempo divenuto il vice di Venediktova alla procura, nel dicembre 2021 aveva firmato l’accusa di tradimento a carico dell’ex presidente Petro Porošenko, che l’invasione russa ha salvato (almeno per ora) dal giudizio della Corte. Maljuk ha un curriculum meno ricco ma non meno interessante: a 39 anni ha fatto in tempo a diventare vicecapo dell’Sbu, a farsi licenziare per inefficienza (2021) e a farsi reintegrare (marzo 2022, poco dopo l’inizio della guerra). Potere, dicono i bene informati, del solito Tatarov.


Dopo il brevissimo interregno di Symonenko la procura generale è stata affidata ad Andrij Kostin, avvocato e parlamentare di Servo del popolo che nel 2021 sarebbe diventato capo dell’Unità anticorruzione della procura se molte organizzazioni indipendenti non avessero protestato, accusandolo di essere lui stesso corrotto. Un anno dopo Kostin diventava procuratore e con il suo arrivo si chiude una curiosa vicenda trascinatasi dall’agosto 2020, cioè da quando si era dimesso Nazar Kholodnic’kij, che guidava l’unità cui Kostin si era candidato. Lo strumento principale per combattere la corruzione in Ucraina era rimasto per due anni senza capo. Poi il miracolo: Kostin, fedelissimo di Zelens’kyj, diventa procuratore il 27 luglio 2022 e due giorni dopo il posto di primo investigatore va a un uomo di sua fiducia, Oleksandr Klymenko, accolto con scetticismo dagli osservatori indipendenti 22.


4. Zelens’kyj riserva un occhio di riguardo anche ai media. Nel gennaio scorso, prima dell’attacco russo, il Kyiv Independent titolava: «Il governo Zelens’kyj si appresta a smantellare la libertà di stampa in Ucraina» 23. L’articolo era un riassunto dei tentativi del presidente e dei suoi fedelissimi di impedire alla stampa, indipendente o meno, di proporre ai lettori qualunque critica del loro operato. Nel gennaio 2021 era toccato alle tre televisioni filorusse dell’oligarca e politico d’opposizione Viktor Medvedčuk: NewsOne, Channel 112 e Zik, chiuse d’imperio in base a una legge del 2014 sulla protezione dell’interesse nazionale. Pochi mesi prima a una sorte analoga era andato incontro il Kiyv Post, quotidiano in inglese di proprietà dell’imprenditore Adnan Kivan. Denunciato dopo una serie di articoli critici verso l’allora procuratrice generale Venediktova, Kivan licenziò tutto il personale (che andò poi a fondare il Kiyv Independent), riaprendo poi con una redazione nuova e una linea «normalizzata». 


Venediktova ritirò la denuncia, ma non perse il vizio. Nel 2020 se la prese con un’altra testata, Ukrainskaya Pravda, che accusava suo marito di essere troppo presente negli uffici e negli affari della procura. Nell’autunno 2021 minacciò di aprire 200 casi giudiziari contro le televisioni dell’oligarca Rinat Akhmetov e contro lo stesso proprietario, che in quel periodo bersagliavano il presidente di critiche. Poi Zelens’kyj annunciò il tentato colpo di Stato, alluse al presunto coinvolgimento di Akhmetov e a un’inchiesta dei servizi di sicurezza. Di colpo finirono le critiche e le discussioni.


Altro esempio tra i molti possibili, il caso Howitzer. Jurij Butusov, direttore del sito censor.net, ebbe una disputa con Zelens’kyj durante una conferenza stampa presidenziale. Butusov lo criticava «da destra», accusandolo di promuovere funzionari corrotti e filorussi: pochi giorni dopo finì sotto inchiesta per un video in cui lo si vedeva sparare un colpo di cannone. Era un’esercitazione della milizia territoriale in cui Butusov era arruolato, ma l’ipotesi di reato era «preparativi per una guerra contro l’Ucraina». 


Con l’inizio della guerra, quella vera, i politici d’opposizione venivano definitivamente banditi e i media irregimentati. Le televisioni in particolare: approfittando della legge marziale, il 20 marzo Zelens’kyj emette un decreto che le unifica in un solo canale attivo 24 ore su 24 e posto sotto il controllo delle autorità. Alla fine di agosto i russi si sono fermati, ma già parlano di annettere i territori occupati. L’Ucraina sta preparando la grande controffensiva e la Verkhovna Rada che fa? Approva in prima lettura una legge («antidiffamazione») spuntata nel 2018 con Porošenko e riapparsa nel 2020 con il «servo del popolo» 24, che prevede di affidare al Consiglio nazionale per le trasmissioni radiotelevisive il potere di bloccare i siti Internet e revocare le licenze a televisioni e giornali senza bisogno di una sentenza della magistratura, ma soltanto sulla base di denunce. Legge che Harlem Désir, ex ministro francese per gli Affari europei e già rappresentante dell’Osce per la libertà dei media, aveva definito «clamorosa violazione della libertà di pensiero e di parola» 25. La legge, vedrete, passerà. Zelens’kyj ha provato sulla sua pelle quanto possa costare a un presidente il lusso di una stampa libera e indipendente.


Note:

1. J. Yaffa, «Can the Actor Who Ruled Ukraine on TV Do It in Real Life?», The New Yorker, 22/4/2019.

2. «Socio-political moods of the population of Ukraine: the results of a survey conducted on October 25-29, 2021 by the method of personal (“face-to-face”) interviews», Kiis, 2/11/2021.

3. «Orientamenti elettorali dei cittadini ucraini e loro atteggiamento nei confronti dei recenti eventi di alto profilo (ottobre 2021)», Centro Razumkov, 1/11/2021.

4. «Stati d’animo socio-politici della popolazione (2-4/9/2021)», Gruppo Rating, 7/9/2021.

5. «Orientamenti elettorali dei cittadini ucraini», Centro Razumkov, cit.

6. «Russia-Ucraina, al vertice di Parigi primi passi verso il disgelo», la Repubblica, 10/12/2019.

7. «Von der Leyen a Parlamento Kiev, ora legge anti-oligarchi», Ansa, 1/7/2022. 

8. «Ucraina, accordo Fmi-Kiev da 3,9 miliardi di dollari per il 2019», Agenzia Giornalistica il Velino (Agv), 19/10/2018; C. Bettiol, «Fmi: l’Ucraina ne ha bisogno “come sangue nelle vene”», Osservatorio Balcani e Caucaso Transeuropa, 26/02/2021.

9. «Trump rivela la telefonata con il presidente ucraino: “Ho bisogno che tu mi faccia un favore”», Open, 25/9/2019.

10. E. Loginova, «Pandora Papers Reveal Offshore Holdings of Ukrainian President and his Inner Circle», Organized Crime and Corruption Reporting Project (Occrp), 3/10/2021.

11. «TOP-100 most influential people of Ukraine», Agroberichten Buitenland, 22/8/2020.

12. «Ukrainian Lawmakers Vote To Remove Parliament Speaker Razumkov», Radio Free Europe-Radio Liberty, 7/10/2021.

13. Nel febbraio 2021 Zelens’kyj aveva ordinato la chiusura di tre emittenti televisive dell’opposizione: Zik, Newsone e 112 Ukraine. Cfr. A. Del Freo, «Ucraina. Tre reti tv imbavagliate da Zelenskyj», Articolo 21, 4/2/2021. 

14. R. Savojardo, «Banca mondiale: la guerra schiaccia l’economia ucraina, pil -45% nel 2022», Milano Finanza, 11/4/2022.

15. «Zelensky: “Resto a Kiev, non mi nascondo. E non ho paura di nessuno”», Rainews, 8/3/2022.

16. A. González Martín, «Is Volodymyr Zelensky the necessary hero or not?», Instituto Español de Estudios Estratégicos (Ieee), Analysis Paper 32/2022, 11/5/2022.

17. «IRI Ukraine Poll Shows Strong Confidence in Victory over Russia, Overwhelming Approval for Zelensky, Little Desire for Territorial Concessions, and a Spike for NATO Membership», International Republican Institute (Ire), 11/8/2022.

18. Ibidem.

19. F. Fubini, «Il piano segreto di Boris Johnson per dividere l’Ucraina da Russia e Ue: il Commonwealth europeo», Corriere della Sera, 26/5/2022. 

20. F. Scaglione, «Nord Stream 2: la Polonia attacca la Russia ma mira alla Ue», Lettera da Mosca, 7/10/2020. 

21. A. Zanconato, «Ucraina, il cancelliere Scholz chiede un piano Marshall per la ricostruzione», Euronews, 24/10/2022. 

22. O. Sukhov, «Who is Oleksandr Klymenko, Ukraine’s new top anti-corruption prosecutor?», Kyiv Independent, 29/7/2022.

23. I. Kossov, «How Zelensky’s administration moves to dismantle press freedom in Ukraine», Kyiv Independent, 12/1/2022.

24. «“La cosa migliore che lo Stato può fare è non interferire”». La legge sulla disinformazione: cosa dicono i giornalisti e gli avvocati», Hrodmaske, 23/1/2020.

25. «OSCE Media Freedom Representative concerned by several provisions of Ukraine’s new draft law on disinformation», Osce, comunicato stampa del 23/1/2020

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  1. DONATELLA scrive:

    E’ difficile capirci qualcosa nella realtà ucraina. L’unico elemento visibile è il numero delle vittime ( ucraini e russi) coinvolti in un conflitto che si doveva evitare.

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