Citazione – – C’è solo la strada .. Giorgio Gaber – da : ” Anche per oggi non si vola “, 1974 – di Giorgio Gaber e Sandro Luporini + qualcosa su Sandro Luporini

 

 

Perché la strada – nelle parole del sociologo Asef Bayat – “è uno spazio per creare ed esprimersi, uno spazio dell’identità [collettiva] e della solidarietà. È un luogo dove il familiare si intreccia con il non familiare, e condivide un dolore comune. La strada ha la straordinaria capacità di trasformare un raduno di 500 persone in una folla di migliaia e migliaia”.

( DALL’ARTICOLO CHE SEGUE SULL’IRAN )

 

 

 

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GIORGIO GABER NEL ’91 — WIKIPEDIA

 

 

 

 

 

 

 

FIRENZE.REPUBBLICA — 12 LUGLIO 2020
https://firenze.repubblica.it/cronaca/2020/07/12/news/viareggio_festeggia_i_90_anni_di_sandro_luporini_scrittore_drammaturgo-261718935/

 

GIORGIO GABER E SANDRO LUPORINI

Sandro Luporini (Viareggio12 luglio 1930) è un pittoreparoliere e scrittore italiano, appartenente al movimento della Metacosa. ( +++ vedi nota in fondo di Philippe Daverio )

 

 

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SANDRO LUPORINI
foto : Elena Torre

 

Viareggio festeggia i 90 anni di Sandro Luporini, autore del teatro canzone con Gaber

I suoi testi resi celebri dal cantautore milanese a cui era legato da una profonda amicizia e da un sodalizio artistico

È un pezzo di storia del teatro e anche della musica uno che ha scritto una ventina di testi teatrali e una decina di canzoni per Giorgio Gaber. Uno che con Gaber ha inventato il teatro canzone. Sandro Luporini oggi compie 90 anni e la sua Viareggio lo festeggia al Gran Teatro Puccini di Torre del Lago. Scrittore, drammaturgo e pittore, conobbe Gaber a Milano all’inizio degli anni ’60: l’amicizia sfociò in un sodalizio artistico interrotto solo alla morte di Gaber, nel 2003.

La serata al Gran Teatro Puccini prevede la partecipazione di Simone Baldini Tosi che canta Gaber mentre Alessandro Benvenuti dedica un suo monologo a Luporini. Ci sarà anche la rappresentazione dell‘ultima opera scritta da Luporini “Lo Stallo” con David e Chiara Riondino e che si concluderà con un medley finale con canzoni del Signor G e ‘Tanti auguri Sandro’.

Carattere schivo e riservato, Luporini stasera si lascerà però festeggiare. Il suo incontro con Gaber avvenne a Milano verso la fine degli anni Sessanta: lui faceva il pittore mentre Gaber era già un cantante affermato. Si incrociarono a un bar sotto casa, in zona Fiera, e cominciarono a chiacchierare di molte cose e spesso – ha ricordato lo stesso Luporini in una intervista a Repubblica – “eravamo in perfetta in sintonia”. Erano gli anni del Derby il palcoscenico su cui saliva una nuova generazione di nuovi artisti dello spettacolo italiano: Jannacci, Fo, Ciotti, Cochi e Renato, Beppe Viola, i Gufi.

 

“La spinta verso il teatro arrivò da Mina” ha ricordato Luporini in un libro sul Signor G. Nacque in quegli anni, l’immagine de Il signor G. La G stava sì per Gaber e ben presto divenne la G per indicare l’uomo qualunque, un borghese che, accerchiato dagli eventi esterni, cominciava a dubitare di tutto, a farsi domande, a discutere la sua condizione. Tanti i testi firmati da Sandro Luporini, – da Libertà obbligatoria, a Polli d’allevamento, Il grigio – tanti scritti in Versilia da quando Gaber prese casa a Montemagno, frazione di Camaiore.

“Di solito ci si vedeva alle 16 e si andava avanti fino a sera, concedendosi magari qualche partitella a calcio-tennis in giardino con gli amici di passaggio. Eravamo perfettamente complementari anche nel mio stare sempre e volentieri dietro le quinte e nel suo magnetico proporsi, nell’ esuberanza del suo essere attore e cantante, un cantante dalle qualità formidabili, cosa di rado sottolineata come dovrebbe» ha raccontato a Paolo Russo in una intervista pubblicata su Repubblica nel 2004.

 

 

NOTA :

PHILIPPE DAVERIO SPIEGA COSA S’INTENDE PER  ” METACOSA “:

 

Il fenomeno Metacosa

di Giovanna Galli

Abbiamo incontrato Philippe Daverio, curatore della mostra “Fenomenologia della Metacosa. 7 artisti nel 1979 a Milano e 25 anni dopo”, in corso allo Spazio Oberdan di Milano, che propone le opere di Giuseppe Bartolini, Giuseppe Biagi, Gianfranco Ferroni, Bernardino Luino, Sandro Luporini, Lino Mannocci, Giorgio Tonelli.

 

Professor Daverio, vogliamo prima di tutto spiegare chi sono gli artisti della Metacosa?


Il gruppo di artisti che si riunisce sotto il nome di Metacosa è uno dei tanti che si formarono un po’ per caso, un po’ per simpatia reciproca, un po’ per percorsi paralleli, in un’Italia in cui dominava un’ufficialità accademica, un’ufficialità che, ricordiamolo, comprendeva anche le avanguardie (perché era ufficiale anche fare l’avanguardia), e dove si individuavano già i primi segnali di quella che oggi vediamo come una totale sudditanza verso ciò che viene portato da fuori. In quel periodo, parliamo degli anni Settanta, alcuni artisti si sono come “ritrovati”.

Quale sono state le circostanze che hanno propiziato questo “ritrovarsi”?

Questi artisti condividevano per prima cosa una vicinanza “geografica”, ovvero il fatto di essere tutti in qualche modo legati a Viareggio, o perché vi erano nati, o perché vi avevano vissuto, o perché vi trascorrevano le vacanze. Viareggio aveva allora una sua prerogativa naturale, quella di essere un luogo che tollerava l’alternativa (tutte le località che ospitano ricchi in vacanza finiscono per essere luoghi che tollerano l’alternativa).

La cittadina toscana era un po’ come una Saint Moritz ormai defunta, e, come sempre avviene, quando muore un albero grasso esso si trasforma in nutrimento su cui il funghetto alternativo può crescere. Questi artisti sono profondamente “toscanizzati”, il che significa ovviamente che non sono assertori di una tranquilla vita borghese: sono degli alternativi, pensano che il mondo si possa cambiare, poi se non ci si riesce ci si beve su, e sono peraltro figli della prima autentica consorteria d’avanguardia dell’occidente, ovvero dei Macchiaioli. Precisiamo infatti che anche se noi siamo sempre indotti a pensare che il concetto di avanguardia sia nato in Francia, in realtà la prima volta che un gruppo di artisti si radunò, sapendo bene che non avrebbe venduto nulla (infatti l’unico che si occupò di loro fu un non-mercante, ovvero Diego Martelli) sono stati proprio i ragazzi del Caffè Michelangelo.

Questo spirito della consorteria d’avanguardia è un fatto radicalmente italiano; quando ci raccontano che l’avanguardia è a New York ci dicono bugie. Per essere veramente d’avanguardia, occorre avere comunque una fiducia elevatissima della propria sopravvivenza cromosomica, al di là del fatto di sapere se poi si finirà o meno in un museo: occorre cioè essere protagonisti di un’esperienza dove la valutazione viene fatta sì dall’altro, ma dall’altro dello stesso gruppo.

 

E il gruppo Metacosa è stato dunque un gruppo di pura avanguardia?


Questo è il meccanismo: per una brevissima stagione loro sono stati Metacosa, poi non lo sono stati più. Ognuno ha preso la sua strada, il suo percorso, come avviene nella vita degli alternativi veri: ci si incontra, se ne parla, se ne riparla e poi ognuno riparte per la sua strada: fantastico! Grandissimo segno di libertà. In questo segno di libertà, che dimostra la loro assoluta incapacità di obbedire ai dettami del perbenismo o ad omologarsi a quello che è il “chic” del momento, hanno fatto ciò che passava loro per la testa, cioè la pittura: e l’hanno fatto senza neanche rinnovarla linguisticamente o tecnicamente.

 

Non possiamo dunque parlare di alcuna “innovazione” nella loro proposta estetica?


Non attribuirei alla Metacosa neanche lontanamente una funzione di innovazione. Allora non vi era bisogno di un rinnovamento in senso stretto, ma piuttosto di celebrare un linguaggio e i suoi diritti autonomi e poetici. Esiste del resto una sorta di patologia dell’innovazione che proviene dalla cultura americana, dove gli artisti vengono posti sullo stesso piano degli sportivi: se uno non ha vinto il campionato del mondo negli ultimi anni è meglio che smetta di fare il boxeur. E’ evidente però che questo non può essere applicato a chi fa arte. La nostra cultura è diversa: non progredisce per incredibili scoperte, ad anni di distanza vediamo che in fondo le cose di somigliano terribilmente… La nostra cultura infatti progredisce per evoluzione linguistica, e fra le varie ipotesi di evoluzione linguistica.

E qual è il passaggio compiuto da questi artisti?


Essi non fanno come Fontana che inventa il taglio della tela, ma intuiscono una cosa fantastica, e cioè che la strada proposta dalle avanguardie negli anni Quaranta e Cinquanta è una strada esaurita dal punto di vista linguistico, e che quindi la vera sfida è intraprendere un percorso in cui si tenti di dare di nuovo un contenuto all’opera. Tale contenuto poi non è un contenuto retorico e declamato, ma sottile, poetico, in alcuni casi molto domestico, però con delle crudeltà infinite, con un senso dell’ansia incredibile. Io penso che quando fra tanti anni cercheremo di capire che cos’erano gli anni di piombo lo faremo molto meglio attraverso i loro lavori, che attraverso alcuni prodotti commerciali.

Possiamo comunque dire che nella loro opera è stato ribadito il valore della figura con connotati di novità?

Ciò veniva fatto negli stessi anni anche da chi fingeva, per esempio, il neoespressionismo. Essi piuttosto hanno ribadito il diritto del dipingere, del piacere psicologico e poetico di andare a fondo di se stessi attraverso la pittura. Questa è la cosa fondamentale. Poi ognuno ha preso il suo ritmo, secondo un atteggiamento ludico alcuni, secondo un atteggiamento più “contorto” altri, insomma secondo percorsi diversi. Luporini ad esempio ha avuto una potentissima esperienza letteraria, che prosegue anche oggi, Ferroni la sua esperienza legata al trasferimento bergamasco, qualcun altro invece è rimasto totalmente “viareggino”. E allora l’idea alla base di questa mostra è stata di rivedere tali percorsi. Il motivo per cui ho accettato di curarla, nasce in realtà dalla voglia che io ho sempre di difendere ciò che avviene nella Penisola. Mi interessa tantissimo tentare di capire ciò che è successo non nella storia, ma nella giornata di ieri, perché è questo che ci spiega cosa succederà domani. Questi artisti hanno saputo restar fuori dal gioco.

Il gioco allora era semplice: c’era da un lato una pittura ufficialmente figurativa (per capirci: Guttuso, Brindisi, ecc.), che per sentirsi tale si era molto mescolata con una parte del nostro Novecento e una parte del mondo internazionale; poi c’era un mondo cosiddetto d’avanguardia che era quello dell’arte povera. Dipingere con precisione era considerato retrò: i pittori della Metacosa, dunque, hanno compiuto un gesto retrò, perché assolutamente radicale; loro sono psicologicamente radicali.

Per concludere, cosa ci dice del titolo che avete scelto per questa esposizione, “Fenomenologia della Metacosa”?


Questo titolo, che ho chiesto io, è in effetti un po’ bizzarro. Il fatto è che mi interessa proprio analizzare come questi artisti siano passati dal loro iniziale comportamento alle libertà di oggi, e tentare di capire il valore di tali esperienze. Intanto c’è una cosa straordinaria da sottolineare: ovvero il fatto che, non facendo loro dei prodotti commerciali, non avevano bisogno di continuare a ripetersi. Pensiamo ad esempio agli artisti di oggi, quelli d’avanguardia, quelli concettuali: non appena uno raggiunge il successo, si ritrova obbligato a fare un prodotto che è sempre lo stesso (e poi magari è anche pronto a raccontare che l’avanguardia è insegnare a scuola come si fabbrica l’avanguardia…). Mentre chi è veramente libero cambia ogni quarto d’ora, cambia costantemente: gli artisti della Metacosa, autentici sperimentatori, sono cambiati ogni quarto d’ora. E vederli oggi è estremamente attraente. La cosa fantastica è che l’invenzione, la novità, passa, mentre il talento e la sensibilità no. Ed è per questo che il loro messaggio è rimasto intatto. Anche venticinque anni dopo.

 

La mostra


“Fenomenologia della Metacosa. 7 artisti nel 1979 a Milano e 25 anni dopo” si tiene a Milano allo Spazio Oberdan (viale Vittorio Veneto 2) dal 6 ottobre al 21 novembre.

L’evento è curato da Philippe Daverio ed stato organizzato dalla Provincia di Milano, nelle persone del Presidente Filippo Penati dell’Assessora alla cultura, culture e integrazione Daniela Benelli, in collaborazione con l’Adac (Associazione Diffusione Arte e Cultura) di Modena.

L’originale allestimento documenta con completezza, grazie ad opere di particolare valore estetico ed espressivo, il tragitto parallelo dei sette protagonisti della Metacosa: Bartolini, Biagi, Ferroni, Luino, Luporini, Mannocci, Tonelli.

Gli orari di apertura sono i seguenti: tutti i giorni dalle 10 alle 19.30, martedì e giovedì fino alle 22, chiuso il lunedì. Informazioni al pubblico: Spazio Oberdan, tel. 02-77406300; www.provincia.milano.it/cultura; www.adacarte.com.

 

ARCHIVE.VN – 11 GENNAIO 2011
https://archive.vn/20130111200146/http://www.stilearte.it/articolo.asp#selection-513.0-553.922

 

QUALCHE QUADRO DI LUPORINI

 

Paesaggio, 1956

Paesaggio, 1956
olio su tela,
cm 70,5 x 100,5

 

 

da Ansa.it  – 9 giugno 2016

Luporini, oltre Gaber un mare d’ansia

Alle Terme di Diocleziano a Roma 80 dipinti dello scrittore

 

Sandro Luporini – Pittore scrittore
bambina

Sandro Luporini – Pittore scrittore
Interno esterno

Sandro Luporini – Pittore scrittore
Stabilimento balneare chiuso

 

 

 

 

Sandro Luporini – Pittore scrittore
Carnevale

 

 

 

 

 

 

 

Sandro Luporini – Pittore scrittore (2000)

 

 

Sandro Luporini – Pittore scrittore
Gaber Luporini

 

 

 

 

Sandro Luporini – Pittore scrittore
esterno con specchio

 

ANCHE IL TESTO DELL’ANSA– A  CHI VOLESSE – E’ INTERESSANTE
https://www.ansa.it/sito/notizie/cultura/arte/2016/06/09/luporini-oltre-gaber-un-mare-dansia_7b509161-e04f-4895-a70f-8b8a525f2165.html

 

 

 

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