LORENZO TROMBETTA, In Iran divampano le proteste e si riaccende il confronto con gli Usa — LIMESONLINE DEL 7 OTTOBRE 2022

 

 

LIMESONLINE DEL 7 OTTOBRE 2022
https://www.limesonline.com/in-iran-divampano-le-proteste-e-si-riaccende-il-confronto-con-gli-usa-mahsa-amini/129481

 

In Iran divampano le proteste e si riaccende il confronto con gli Usa

 

 

 

 

Carta di Laura Canali – 2020

Postazioni curdo-iraniane filo-occidentali sono state bombardate dai Pasdaran proprio mentre infuriavano le proteste anti-governative in varie zone dell’Iran. La dimensione interna va associata a quella regionale.

 

di Lorenzo Trombetta

 

«L’Iran non è la Siria, dove lo scontro è tra sunniti e sciiti. In Iran lo scontro è solo tra libertà e oppressione. Non ci sono interferenze esterne». Con questa sentenza, a dir poco approssimativa, una donna siriana si è sentita rispondere da un’intellettuale iraniana interrogata sui possibili rischi di un aumento della violenza in Iran, paese in queste settimane attraversato da una nuova ondata di repressione governativa di rinnovate proteste contro il sistema al potere dal 1979.


Nelle stesse ore in cui in una località italiana la donna siriana rivolgeva la sua domanda all’attivista iraniana, seduta su un palco durante un dibattito sulla situazione in Iran, l’artiglieria dei Pasdaran iraniani tornava a bombardare postazioni di gruppi armati curdo-iraniani sulle montagne del Kurdistan iracheno, suscitando le proteste del governo autonomo curdo-iracheno, del governo federale iracheno e degli Stati Uniti.

 

Kurdistan (Iran) - Wikipedia

KURDISTAN IRANIANO  è una delle trentuno province dell’Iran. Il capoluogo è Sanandaj.

 

 

File:Iran ethnoreligious distribution 2004.jpg

nella parte giallina sulla sinistra si vede Sanandaj, capitale del Kurdistan iraniano

https://it.m.wikipedia.org/wiki/File:Iran_ethnoreligious_distribution_2004.jpg

 

Carta di Laura Canali - 2017.

 

LIMESONLINE DEL 26 GENNAIO 2018
https://www.limesonline.com/i-nodi-di-kirkuk-e-la-contesa-per-il-kurdistan-iracheno/104365

 


Con la sua domanda, la donna siriana si riferiva alle possibili devastanti conseguenze di un meccanismo già sperimentato più di un decennio fa in Siria: decennale oppressione politica e assenza di prospettive di sviluppo inclusivo della società; proteste locali contro un regime colpito da sanzioni occidentali; manifestazioni massicce su scala nazionale innescate da un evento di cronaca più o meno significativo in un contesto regionale in ebollizione; inasprimento della repressione, non più solo poliziesca ma militare con conseguente aumento della violenza politica.


La risposta dell’attivista iraniana è stata netta: da noi in Iran le cose sono diverse dalla Siria. Non ci sono quelle differenze comunitarie (“sciiti contro sunniti”) che, a suo avviso, hanno innescato il conflitto intestino siriano. Soprattutto non c’è il rischio che attori esterni intervengano nella contesa iraniana, tutta giocata – sostiene l’attivista – sul confronto tra “oppressori” e “rivoluzionari”.


Sarebbe fuorviante e scorretto proporre un’analisi della situazione iraniana attraverso il prisma del conflitto siriano, delle sue cause e delle sue traiettorie lunghe più di 11 anni ormai. Ma è opportuno riflettere non solo sulle cause interne e strutturali del nuovo terremoto sociale in Iran, innescato dall’uccisione a Teheran il 16 settembre in circostanze ancora poco chiare di Mahsa Amini, una giovane originaria del Kurdistan iraniano.

 


Carta di Laura Canali, 2020

Carta di Laura Canali – 2020


anche qui, nella parte grigio scura verso sud si vebe Sanandaj,  più o meno all’altezza di Teheran

 

Lo spunto per allargare il quadro contestuale è offerto proprio dal dato di cronaca: la serie di bombardamenti del governo iraniano contro postazioni di partiti curdo-iraniani nella regione curdo-irachena di Sulaimaniya, poco distante dalla frontiera tra i due paesi ( nella cartina del Kurdistan Iracheno, si vede segnata la citta di Sulaimanya che dà il nome alla regione ).  Questi attacchi compiuti dai Guardiani della Rivoluzione iraniana e riferiti dai media di Teheran vicini agli stessi Pasdaran sono cominciati alcuni giorni dopo le proteste popolari suscitate dall’uccisione di Amini.


 

I moti popolari sono stati particolarmente intensi nelle regioni nord-occidentali iraniane, roccaforte delle comunità curde e delle formazioni curdo-iraniane. Il governo centrale iraniano ha accusato proprio questi gruppi di aver innescato il caos nell’ambito di un complotto straniero guidato da Stati Uniti e Israele.


 

La retorica di Teheran e dei suoi alleati regionali è arrivata a dire che Mahsa Amini non è stata uccisa dalla temuta buoncostume iraniana (“la polizia morale”) perché non indossava correttamente il velo, bensì si è suicidata con una pillola avvelenata al momento di entrare nel commissariato di polizia con l’obiettivo di “provocare la sedizione” (fitna) interna al paese nell’ambito del complotto mediatico, diplomatico e politico occidentale ai danni della Repubblica islamica.


 

Si afferma che Amini fosse un membro del partito Komala, descritto da Teheran come “alleato di Israele”, noto per essere in parte finanziato dagli Stati Uniti e le cui postazioni sono state prese di mira dai Pasdaran nel nord-est dell’Iraq.


 

Al netto della propaganda governativa iraniana e dell’enfasi che certi attivisti pongono sulla dimensione esclusivamente interna (“libertà contro oppressione”) delle violenze in corso in Iran, gli attacchi iraniani alla frontiera con il Kurdistan iracheno e il fermento popolare registratasi nelle regioni nord-occidentali della Repubblica islamica e in altre aree del paese alle prese con una crisi economica senza precedenti, riportano d’attualità il tema dello scontro diretto e indiretto tra Stati Uniti e Iran.


 

I due paesi hanno per il momento sospeso ogni tipo di trattativa per un accordo politico a partire dal programma nucleare di Teheran. L’Unione Europea, che a lungo ha tentato di mediare per sbloccare l’impasse negoziale, ha in questi giorni reagito con forza alla repressione delle proteste iraniane minacciando addirittura di imporre nuove sanzioni.


 

È come se gli incidenti in corso in Iran avessero azzerato gli sforzi di avvicinamento tra Bruxelles e Teheran. Un avvicinamento che si era registrato negli ultimi mesi anche come conseguenza della necessità europea di aprirsi al ricco mercato energetico iraniano alla luce degli effetti della guerra in Ucraina. A leggere le dichiarazioni delle cancellerie occidentali, l’Iran è tornato a essere parte del problema e non più (forse) parte della soluzione.


 

In questo la posizione statunitense e quella europea sembrano tornare allineate. I vertici militari Usa in Medio Oriente hanno denunciato negli ultimi giorni il tentativo iraniano di colpire con droni la zona di Arbil, capitale del Kurdistan iracheno, sede della più importante base militare Usa nell’area e di un governo curdo filo-occidentale.


 

Il comandante in capo delle forze militari iraniane, il generale Mohammad Bagheri, aveva messo in guardia gli Stati Uniti dall’intervenire nella regione: «Se gli americani compiranno azioni contro i droni iraniani – aveva detto – le forze armate della Repubblica islamica dell’Iran risponderanno a questa misura ostile».


 

Da più parti si afferma che l’azione militare iraniana in Kurdistan e il botta e risposta con le forze militari Usa in Iraq facciano parte di una tattica diversiva di Teheran, per spostare l’attenzione della cronaca dalle manifestazioni popolari al “complotto” straniero, per regionalizzare la questione e sminuire dunque la portata del movimento di protesta.


 

Non è escluso che questa mobilitazione, la più massiccia dal 2009, possa continuare ed espandersi ad altre regioni iraniane. Sia trovando una nuova spinta dalle zone più periferiche e vulnerabili del paese, dove periodicamente e da anni – senza l’attenzione dei media di questi giorni – categorie differenti di iraniani (non solo attivisti ed esponenti della classe media, ma anche lavoratori di basso rango e capi famiglia rimasti senza lavoro) protestano veementemente contro la difficile situazione economica. Sia dando vigore a rivendicazioni di diritti politici da parte di comunità locali discriminate e che da decenni si sentono ai margini di uno Stato con poca legittimità.


 

L’Iran non è certo un paese omogeneo (è abitato storicamente da più di 15 comunità etniche e confessionali diverse), né è soltanto quello che scende in piazza in queste settimane. È un contesto plurale e dinamico inserito in un quadro regionale e internazionale che ha naturalmente un impatto significativo nelle questioni politiche interne. Il sistema di potere in piedi da decenni nel paese ha mille risorse sia per reprimere le proteste e riprendere il controllo della piazza sia per sostenere il racconto della minaccia esterna e del complotto, accendendo focolai di tensione con i rivali stranieri.


 

Questi, nell’ambito dell’incessante negoziato con Teheran per la spartizione delle aree di influenza mediorientale, possono trovare interesse nell’esercitare pressione sui vertici della Repubblica islamica appoggiando, anche solo con l’uso della retorica e delle immagini, la pressione popolare interna senza però desiderare in alcun modo di contribuire a una trasformazione graduale e sostenibile della composita società iraniana.


 

La storia è solo all’inizio e l’Iran non è come la Siria. Certamente, però, la mancanza di consapevolezza del contesto e l’immaturità politica di certi ambienti dell’attivismo iraniano, in patria e nella diaspora, possono favorire le forze reazionarie ostili al cambiamento: sia quelle al potere a Teheran, sia quelle che dagli Stati Uniti e dalle cancellerie europee si dicono da settimane «a fianco del popolo iraniano».

 


Carta di Laura Canali - 2020

Carta di Laura Canali – 2020

anche qui è segnata Sanandaj, capitale dei curdi in Iran, in una zona marroncina in mezzo all’arancio

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1 risposta a LORENZO TROMBETTA, In Iran divampano le proteste e si riaccende il confronto con gli Usa — LIMESONLINE DEL 7 OTTOBRE 2022

  1. DONATELLA scrive:

    I Paesi come l’Iran, enormi e ricchissimi di storia e di cultura da tempo immemorabile, ci sembrano degli enigmi. Grazie per tutte questa informazioni che ci allargano un po’ la testa.

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