LIMESONLINE DEL 22 AGOSTO 2022
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L’attentato mortale contro Dugina scuote la Russia
6 aprile 2022, Daria Dugina (foto da Wikimedia Commons)
L’assassinio di Darya Dugina – figlia dell’intellettuale eurasista Aleksandr Dugin – impensierisce il Cremlino. L’utile ipotesi del “terrorismo ucraino” e il realistico regolamento di conti fra nazionalisti russi. Putin ha ben altri riferimenti culturali.
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Da sabato 20 agosto, Vladimir Putin ha un nuovo tarlo a cui dare risposta, anzi due: chi ha ucciso Darya Dugina, figlia di Aleksandr Dugin, il pensatore che troppi in Occidente ritengono come suo personale ideologo? Quale pista proporre all’opinione pubblica russa come prioritaria, ovvero come reagire? I due interrogativi vanno di pari passo e la prima risposta è arrivata dal Servizio federale di sicurezza (Fsb) che ha dato nome e cognome della presunta esecutrice: Natalia Vovk, una donna ucraina incaricata dall’intelligence di Kiev.
Il verdetto dei servizi russi taglia la strada alla procura generale e segnala dinamiche interne complesse, equilibri sempre più squilibrati tra gruppi di potere e cordate che cercano di posizionarsi per un ‘dopo-guerra’ che non si vede e anche per questo agita tutti.
La drammatica morte di Darya Dugina, direttamente o indirettamente, è connessa alle turbolenze aggravate dal conflitto in Ucraina. Su chi puntare il dito non è questione di secondaria importanza e la portavoce del ministero degli Esteri Maria Zakharova ha subito avvertito:
«Se le tracce ucraine dovessero essere confermate, allora bisogna parlare di terrorismo di Stato messo in atto dal regime di Kiev». Un monito. Ma anche un modo per sottolineare che «le autorità competenti devono verificare», e quindi tenere al guinzaglio chi invoca una punizione esemplare per i vertici ucraini che avrebbero osato colpire al cuore la Russia.
Per ora, le autorità russe si tengono le mani libere di fronte alle tante ipotesi che proliferano sui media e soprattutto sui social. Di poca risonanza quella secondo cui lo stesso presidente russo abbia dato l’ordine, in quanto solo lui può aggirare il regime di intensa sorveglianza che vige a Mosca e che avrebbe fatto sventare altri attentati di alto profilo. La teoria non regge, se non altro perché il Cremlino ne esce male da un attentato alle porte di Mosca, stile ‘caotici’ anni Novanta, che ha preso di mira un promotore del Russkij Mir (mondo russo) nella sua declinazione espansionistica e attivo sostenitore della “operazione militare speciale” in Ucraina. Indipendentemente da chi sia il vero mandante, e anche dalla diversa percezione che il pubblico russo ha della figura di Dugin, l’attentato è stato tradotto in prima battuta in un messaggio ‘contro la guerra’.
Tanto più che la figlia aveva definito gli ucraini “subumani” e prestava con entusiasmo il suo giovane volto alla propaganda bellica su diverse testate.
Dugina era fedele seguace delle teorie eurasiste del padre. Si prodigava a spiegare che la Russia è il nucleo di uno spazio eurasiatico in lotta contro le potenze talassocratiche atlantiste, che le sorti del pianeta dipendono dal controllo dell’isola-mondo di mackinderiano pensiero (nota 1. al fondo), ovvero del continente eurasiatico, dall’Est europeo all’Asia Centrale. Quindi Russia destinata a un ruolo centrale a conclusione dello scontro con Usa e Gran Bretagna che «periodicamente cercano di insinuarsi ed espandersi» in Europa.
A Mosca, dove pure si ama semplificare, la definivano spesso “la Marine Le Pen russa”. Daria era più nota al grande pubblico di papà Aleksandr e anche più scomoda per la visibilità e gli appoggi che si era assicurata rispetto ad altri pezzi dell’articolata e litigiosa galassia dei nazionalismi radicali, di destra e anche sinistra. Una costellazione mandata in subbuglio dalla guerra in Ucraina, dove i rossobruni non sono più fronte compatto ma divisi tra nazionalisti di sinistra e di destra, i secondi in totale rottura con il passato sovietico.
Di Dugin in Occidente si è parlato tanto, a dir poco esagerando il peso che ha avuto sulla visione di Putin, che certamente ha letto i suoi libri e li ha trovati troppo intrisi di esoterismo e complottismo per entrare nel novero dei manuali del Cremlino. Il pensatore con la barba dostoevskiana, che mischia da trent’anni teorie di estrema destra di matrice europea (Julius Evola, Alain de Benoist) a ortodossia e culto dell’impero, è più putiniano di quanto Putin possa essere duginiano. Per lui il presidente russo può essere “il Sole” che porterà la Russia a dominare la Grande Eurasia, come spiegava nel 2018 a una conferenza organizzata nella sede romana di Casa Pound. Quando le idee che predicava negli scantinati moscoviti ancora a fine anni Ottanta sono state traslate dal nazionalbolscevismo alla visione eurasista, ampi stralci del pensiero di Dugin stavano diventando ‘mejnstrim’ (traslitterazione dal russo, che fa ampio uso del termine anglosassone mainstream) e nel primo decennio del secolo sono stati sdoganate dal discorso ufficiale del regime.
Putin aveva e ha altri ispiratori. Negli anni ha preso appunti e spunti da filosofi come Nikolaj Berdjaev, Vladimir Solov’ëv e Ivan Il’in.
Quest’ultimo è stato ispiratore dello Stato neo-autoritario e neo-imperiale, mentre Berdjaev lo ha probabilmente indotto alla rottura definitiva con il passato rivoluzionario russo. Dugin è stato assurto dai media occidentali a sussurratore all’orecchio di Putin, mentre in realtà si è ritrovato a fare un pezzo di strada assieme al Cremlino, nel mutuo interesse ma anche a debita distanza, confermata dall’assenza di una scorta per l’auto saltata in aria a meno di 30 chilometri dalla capitale russa.
Ora bisogna capire chi l’ha fatta esplodere. Non a caso di “terrorismo ucraino” ha subito parlato Denis Pušilin, capo della repubblica autoproclama di Donec’k. Se questa fosse veramente la pista da seguire, o che si decide di accreditare, la Russia non potrebbe che rispondere con un’azione di grande impatto, colpendo i “centri del potere” ucraino come propongono nazionalisti di vario genere, compresi deputati e senatori. Presto per dire.
Nell’entourage putiniano è certamente cresciuto il livello di sospetto, già altissimo. Il principio del cui prodest punta a un possibile regolamento di conti tra gruppi ultranazionalisti e relativi interessi, ampiamente intrecciati a organizzazioni del crimine. Di conseguenza alla compagine dei ‘falchi’ che presidiano i gangli del sistema putiniano, sovrarappresentati in seno al Servizio Federale di Sicurezza (Fsb) e che spingono per la linea oltranzista in Ucraina.
C’è buona probabilità che i veri moventi dell’uccisione di Dugina rimangano mistero non risolto, né dagli inquirenti né dagli osservatori delle dinamiche interne russe, dove anche analisti vicini al potere vedono un messaggio contro la guerra: lo avrebbero inviato pezzi del sistema in dissenso con l’intervento militare, abbastanza potenti da poter osare un attentato alle porte di Mosca.
L’attentato a 30 chilometri dal centro di Mosca potrà pure risultare utile al regime, ma resta un colpo all’immagine del Cremlino, che non si è affrettato a commentare. Chi segue davvero da vicino gli ambienti del potere russo consiglia di non sottovalutare le lotte in corso per il “dopo-Putin”, che è come il “dopo-guerra”: non lo si vede all’orizzonte, ma a un certo punto arriverà e guai a farsi cogliere impreparati.
nota 1 :
” mackinderiano pensiero “–
Halford John Mackinder nel 1910
Library of the London School of Economics and Political Science
Halford John Mackinder (Gainsborough, 15 febbraio 1861 – Bournemouth, 6 marzo 1947) è stato un geografo, politico, diplomatico, esploratore ed alpinista inglese, considerato tra i padri della geopolitica.
È conosciuto per la sua celebre teoria geopolitica dell’Heartland (traducibile come Terra-Cuore), cioè un’area geografica il cui controllo avrebbe consentito di dominare l’intero mondo. La zona in questione era individuata al centro del supercontinente Eurasiatico.
Egli individuò nella zona della Russia tra Europa ed Asia, il nuovo fulcro geopolitico mondiale. Si tratta della pianura che si estende dall’Europa centrale sino alla Siberia occidentale, che ha una posizione strategica su Mar Mediterraneo, Medio Oriente, Asia meridionale e Cina. Mackinder chiamò questa zona Heartland (zona centrale, cuore della terra), perché, da allora in avanti, chi l’avesse controllata, avrebbe guadagnato il dominio della intero Continente Antico, ossia l’unione di Eurasia ed Africa, da lui chiamato “Isola mondiale”; chi avesse dominato quest’area strategica, avrebbe poi potuto dominare l’intero pianeta.
https://it.wikipedia.org/wiki/Halford_Mackinder
E’ difficile entrare in questo mondo, fatto di pensieri di dominio su gran parte del mondo.
I party dei vip su barche e in locali famosi fanno sempre stupire per la loro banalità e cattivo gusto.