DONATELLA, grazie ! ALESSANDRO ZACCURI, POCO A ME STESSO, MARSILI0 2022

 

Poco a me stesso

Alessandro Zaccuri

Poco a me stesso
pp. 240, 1° ed.
2022

Romanzi e Racconti

16,00 EURO 

 

La Milano di metà Ottocento è una città che sa conservare i suoi segreti. Un filo invisibile, per esempio, lega l’elegante palazzo di Brera – nel quale vivono i discendenti di Cesare Beccaria – agli antri malfamati del Bottonuto, il quartiere del vizio che si nasconde tra le pieghe dell’abitato, come un bubbone sotto un vestito di gala. Lungo questa traiettoria imprevedibile, che dal salotto dell’anziana marchesina Giulia conduce alla bisca su cui regna il losco Faggini, si muove con abilità pari alla sorpresa il barone di Cerclefleury, il bell’avventuriero francese che si proclama seguace di Franz Anton Mesmer e suo discepolo negli arcani del magnetismo. Da un susseguirsi di intrighi e macchinazioni, promesse mirabolanti e destini mancati, emerge la figura di Evaristo Tirinnanzi, il contabile al servizio dei Beccaria: sarà lui, incalzato dall’ombra di un doppio che spesso prende la parola al posto suo, a guidare l’intrepido Cerclefleury nei meandri di una realtà che non è mai quella che appare, fino alla rivelazione disarmante dell’identità di quell’altro. Opera di uno scrittore in stato di grazia, Poco a me stesso è il racconto della vita ipotetica, esatta e mentita di Alessandro Manzoni: una fantasmagoria condotta sul filo dell’inverosimiglianza e sorretta da una libertà espressiva che reinventa, rendendola attuale, la lingua italiana di due secoli fa. Esilarante e malinconico, buffo e preciso, il nuovo romanzo di Alessandro Zaccuri ci ricorda come, anche quando gli ostacoli sembrano prevalere, la scelta rimane sempre possibile e necessaria. Scegliere conviene, e conviene diventare ciò che siamo.

Guardare Manzoni per capire se stessi: il romanzo di Zaccuri

Alessandro Zaccuri (La Spezia1963) è un giornalistaromanzieresaggistablogger ed ex conduttore televisivo italiano

Si è trasferito a Milano nel 1972. Laureato in lettere classiche (con tesi in filologia medievale e umanistica) all’Università Cattolica, collabora all’Avvenire e ai periodici Lo Straniero e Letture. Iscritto all’ordine dei giornalisti dal 1988, è giornalista professionista. Docente in vari corsi alla Cattolica di Milano e all’università degli Studi Carlo Bo di Urbino, è stato il conduttore del programma televisivo Il grande talk per SaT2000 tra il 2005 e il 2011.

Ha ideato il festival letterario “Scrivere sui margini”

È autore di romanzi e saggi di critica letteraria e curatore di opere di scrittori quali Elio FioreCamillo SbarbaroRay BradburyAndré Malraux.

 Tra i suoi romanzi più recenti ricordiamo Lo spregio (Marsilio 2016, premio Comisso e premio Mondello Giovani), Nel nome (NNE 2019, premio Palmi) e La quercia di Bruegel (Aboca 2021). Poco a me stesso prosegue l’opera di reinvenzione dell’Ottocento italiano avviata nel 2007 con Il signor figlio (premio Selezione Campiello), dedicato alla figura di Giacomo Leopardi e di prossima ripubblicazione presso Marsilio.

PER LE OPERE VEDI :

https://it.wikipedia.org/wiki/Alessandro_Zaccuri

 

 

AVVENIRE  DI  VENERDI’ 28 GENNAIO 2022
https://www.avvenire.it/agora/pagine/guardare-manzoni-per-scrutare-se-stessi

 

Romanzo. Guardare Manzoni per capire se stessi: il romanzo di Zaccuri


Roberto Carnero

Il nuovo libro di Alessandro Zaccuri sul grande autore e le sue origini incerte. Una storia, nella Milano di metà ’800, con la contessa Beccaria, ormai anziana, e l’ombra di quel figlio “illegittimo”

Lo scrittore Alessandro Zaccuri

Lo scrittore Alessandro Zaccuri – Alberto Bogo

La storia, si dice, non si fa con i “se” e con i “ma”. I romanzi, a volte, sì. Che cosa sarebbe successo se Giulia Beccaria non avesse sposato il conte Pietro Manzoni? È questo il punto di partenza del nuovo romanzo di Alessandro Zaccuri, Poco a me stesso (Marsilio. pagine 240, euro 16).

Nella storia reale Giulia, nata nel 1762, iniziò nel 1781 una relazione con Giovanni Verri, fratello minore di Pietro, uno dei fondatori della rivista “Il Caffè”. Nel 1782 sposò il nobile e ricco Pietro Manzoni, di ventisei anni più anziano, per volere della famiglia, intenzionata a far terminare lo scandalo. Un matrimonio il cui epilogo sarà, dieci anni più tardi una separazione, anche perché nel frattempo Giulia, allontanatasi (ma non subito) dal Verri, aveva iniziato una nuova liaison col conte Carlo Imbonati.

Il 7 marzo 1785 Giulia mise alla luce un figlio, Alessandro. Ufficialmente figlio del conte Pietro, Alessandro Manzoni era in realtà figlio di Giovanni Verri: un dato sul quale fino a non molti anni fa i manuali di letteratura italiana tendevano a sorvolare, ma di cui oggi non si fa più mistero neppure agli studenti delle medie. Zaccuri immagina invece che del matrimonio tra quel «conte vecchiardo, e di oscura fama» e l’irrequieta contessina si fosse per un certo tempo parlato, ma che alla fine nulla fosse stato concluso. Nelle prime pagine del romanzo troviamo Giulia ormai anziana e malata.

Siamo a Milano, nell’afosa estate del 1841. Nel palazzo di Brera, la dimora nobiliare dei Beccaria, c’è una certa agitazione, perché è appena arrivato un francese piuttosto singolare. È il sedicente barone di Cerclefleury, dimostra l’apparente età di venticinque anni, ma dichiara di essere prossimo alla settantina. Racconta di essere il discepolo prediletto di Franz Anton Mesmer, il medico tedesco celebre per la sua dottrina del “magnetismo animale”. Cerclefleury spiega di aver ricevuto da Mesmer l’infusione di quel fluido magnetico che è all’origine del suo mancato invecchiamento biologico. E che lui a sua volta ora può donare agli altri. È arrivato con una piccola bisaccia e sostiene che i bauli contenenti le misteriose apparecchiature necessarie a eseguire le terapie siano rimasti bloccati alla dogana. Ciò non gli impedisce però di intrattenere con i suoi racconti le dame del bel mondo milanese, appositamente invitate dalla marchesa Beccaria. Fino a provare, in una seduta pratica, a esercitare su di loro i propri trattamenti.

Forse suggestionate dai suoi modi seducenti, dalla parlantina sciolta, forse da qualche trucco da prestigiatore – e qualcuna anche dalla sua avvenenza –, le nobildonne si convincono di essere assai fortunate a poter partecipare a quegli incontri. A palazzo c’è un altra figura assai cara a Giulia. Si chiama Evaristo Tirinnanzi, è un uomo di cinquantasei anni e da quando ne aveva venti è al servizio della marchesa in qualità di contabile e amministratore. Era un trovatello, abbandonato alla ruota e allevato all’orfanotrofio. Finché la marchesa, per fare un’opera di carità, aveva deciso di curarne l’istruzione e infine l’aveva assunto.

Ma chi è veramente Evaristo? L’uomo manifesta inizialmente una certa freddezza nei confronti del barone di Cerclefleury, il quale un giorno decide di pedinarlo e, seguitolo sin nei meandri del più malfamato quartiere di Milano, ne scopre un insospettato segreto. Evaristo, che si è accorto di essere stato scoperto, decide di aprirsi con il barone. Gli confida il suo tormento (una scadenza che potrebbe essergli fatale), ma soprattutto gli consegna un brogliaccio in cui trascrive – come in trance – parole, pensieri, espressioni, versi, che gli vengono in mente e che i lettori non faticheranno a riconoscere come lacerti di opere manzoniane. Il tormento del Tirinnanzi è proprio questo: il non sapere chi è, perché sente che è come se ci fosse “un altro” a parlare dentro di sé.

Il titolo stesso del romanzo è tratto da un verso di un celebre sonetto in cui Manzoni traccia il proprio autoritratto: «Poco noto ad altrui, poco a me stesso». Si crea così un’alleanza tra questi due personaggi, che hanno qualcosa in comune, l’essere altro da ciò che sembrano: un barone che probabilmente tale non è (gli indizi in tal senso si affastellano man mano che si procede nella lettura) e un contabile che forse non è solo un contabile, e che è anzi ben altro, malgrado se stesso. Intanto altri personaggi – tra i quali uno scaltro gesuita palermitano, un malvivente dai tratti scimmieschi e un anziano nobiluomo a caccia di eredità – complicano la vicenda, che diventa sempre più intrigante, in un crescendo di suspense e colpi di scena.

Ma riferire della trama dà conto soltanto della metà delle ragioni del godimento provocato dalla lettura del romanzo di Zaccuri. Perché gran parte del suo valore risiede nello stile. Uno stile originale, mimetico di quello dei romanzi ottocenteschi, eppure scorrevole, affabile, percorso da briosa ironia, privo della pedanteria da cui una simile opzione avrebbe potuto essere viziata, in quanto sempre sorvegliato da un narratore pienamente padrone dell’ampio ventaglio di soluzioni espressive messe in campo. Un narratore che si diverte e diverte i suoi lettori in vari modi.

Disseminando nel testo citazioni, esplicite (come abbiamo visto poc’anzi) o meglio ancora dissimulate, di opere manzoniane: così di una servetta di casa Beccaria viene detto che «conservava nei modi la modestia un po’ guerriera delle contadine» (espressione che Manzoni utilizza per descrivere Lucia Mondella), mentre il criminale di cui sopra, dopo aver minacciato il barone, si incammina «fischiettando una melodia da taverna» (come i bravi, dopo aver intimato a don Abbondio di non celebrare le nozze, si allontanano «cantando una canzonaccia che non voglio trascrivere»).

Il gioco continua ammiccando al romanzo manzoniano con frequenti appelli al lettore e, infine, attraverso una serie di inserti metanarrativi con cui Zaccuri scopre le carte della propria operazione letteraria. Perché c’è il gusto – la nostalgia? – di un certo modo di raccontare (con una macchina oliata alla perfezione in ogni suo ingranaggio, al limite del feuilleton), ma anche la consapevolezza, tutta postmoderna, della sua sostanziale impraticabilità.

 

 

video,  1 h 35 minuti

Alessandro Zaccuri “Poco a me stesso” con Elena Rausa 10 giugno 2022

Libreria Il Gabbiano Vimercate

 

 

NOTA 1-

 

Riassunto vita: Alessandro Manzoni • Scuolissima.com

Alessandro Manzoni,  (Milano, 7 marzo 1785 – Milano, 22 maggio 1873 )

 

ALESSANDRO MANZONI, AUTORITRATTO, 1878 ( pubblicazione )

 

Capel bruno, alta fronte, occhio loquace,
Naso non grande e non soverchio umìle,
Tonda la gota e di color vivace,
4Stretto labbro e vermiglio, e bocca esìle;

Lingua or spedita, or tarda, e non mai vile,
Che il ver favella apertamente, o tace;
Giovin d’anni e di senno, non audace,
8Duro di modi, ma di cor gentile.

La gloria amo, e le selve, e il biondo Iddio;
Spregio, non odio mai, m’attristo spesso;
11Buono al buon, buono al tristo, a me sol rio.

All’ira presto, e più presto al perdono,
Poco noto ad altrui, poco a me stesso,
Gli uomini e gli anni mi diran chi sono.

https://it.wikisource.org/wiki/Ritratto_di_se_stesso_(1881)

Il sonetto autobiografico è ispirato dall’analogo testo alfierianoSublime specchio di veraci detti. Il componimento di Alfieri fu scritto nel 1786, ma proprio nel 1801 veniva pubblicato a Parigi presso Molini (nel terzo tomo delle Opere varie) e a Milano per i tipi di Pirotta e Maspero alla fine dell’anno. Con Solcata ho fronte (sempre del 1801) di Foscolo e con la poesia manzoniana costituisce un celebre trittico di sonetti-autoritratto. Il testo del Nostro fu pubblicato molto più tardi: uscì nel 1878 sulla Gazzetta Letteraria torinese, per opera di Raffaello Barbiera.  Ad una fronte dedicata alla descrizione fisica e morale fa seguito la sirima, quadro già piuttosto preciso delle ambizioni e delle peculiarità dell’autore, petrarchescamente attratto dalla gloria letteraria, ma anche schivo e immune dall’odio («Spregio, non odio mai»).

https://it.wikipedia.org/wiki/Opere_di_Alessandro_Manzoni#Autoritratto_.281801.29

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1 risposta a DONATELLA, grazie ! ALESSANDRO ZACCURI, POCO A ME STESSO, MARSILI0 2022

  1. ueue scrive:

    Bello questo autoritratto di Alessandro Manzoni, che ce lo rende ancora più “simpatico”-
    Mi piace andare alla scoperta di com’era Milano nell’Ottocento, come si va alla scoperta della vita dei propri avi.

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