Atto III
Scena I
Elsinore, una stanza nel castello.
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Entrano Rosencrantz e Guildenstern. | |
Guildenstern | Buon signor mio, vorrei, se m’è permesso, scambiar con voi una parola. |
Amleto | Oh, certo, un intero discorso! |
Guildenstern | Il re, signore… |
Amleto | Già, il re; che n’è di lui? |
Guildenstern | È di là, ritirato, assai indisposto. |
Amleto | Dal vino? |
Guildenstern | No, signore, dalla collera. |
Amleto | La tua saggezza si dimostrerebbe più ricca se tu andassi ad informare di questo il suo dottore: dovessi io prescrivergli la purga, probabilmente lo sprofonderei in una collera anche peggiore. |
Guildenstern | Signore mio cortese, cercate di connettere il discorso senza sviarlo sì selvaggiamente dall’argomento che mi mena qui. |
Amleto | Sono addomesticato. (099) Parla pure. |
Guildenstern | Mi manda vostra madre, la regina. È in grandissima pena. |
Amleto | Benvenuto! |
Guildenstern | Eh, no, mio buon signore, non è una cortesia di buona lega la vostra. Se vorrete compiacervi di favorirmi una risposta a modo, sarò in grado di adempiere all’incarico che m’ha commissionato vostra madre; se no, con tante scuse, la mia missione è chiusa, e me ne torno. |
Amleto | Non posso, amico. |
Rosencrantz | Che cosa, signore? |
Amleto | Darti una ragionevole risposta. Il mio spirito è infermo. Ma se ti può bastare una risposta qual posso farti, essa è ai tuoi comandi; o piuttosto, come mi dici tu, a quelli della mia signora madre. Non più di tanto. Ma veniamo al punto. Mia madre, mi dicevi… |
Rosencrantz | Dice questo: che la vostra condotta l’ha colpita di profonda sorpresa e di stupore. |
Amleto | O portentoso figlio, che tua madre sai stupire così! Ma quale strascico c’è alle calcagna di questo stupore? Sarei proprio curioso di saperlo. |
Rosencrantz | Ella desidera parlar con voi da solo a solo nel suo gabinetto, prima che andiate a letto. |
Amleto | Obbediremo, foss’ella nostra madre dieci volte. Hai nient’altro da dirmi? |
Rosencrantz | Mio signore, un tempo voi mi volevate bene. |
Amleto | E te ne voglio ancora, te lo giuro, su queste mani ladre e borsaiole. (100) |
Rosencrantz | Buon signor mio, perché così smarrito? Qual è la causa? Sbarrate voi stesso la porta al vostro libero esternarvi, nascondendo le pene ad un amico. |
Amleto | Non faccio più carriera, amico mio. |
Rosencrantz | Come potete dirlo, se il re stesso v’indica come erede e successore in Danimarca? |
Amleto | Sì, “campa cavallo…” (101) L’antico adagio è piuttosto ammuffito. Entrano gli attori con flauti e zampogne Oh, ecco i flauti. Datemene uno… (Prende un piffero dalle mani di un attore) (A Rosencrantz e Guildenstern) Per finirla con voi: perché cercate di venirmi di contro sopravvento, come a volermi trarre nella rete? (102) |
Guildenstern | Signore, se il mio zelo è troppo ardito, è la mia devozione ch’è importuna. |
Amleto | Questa non l’ho capita bene, amico. Non vorresti suonare questo piffero? |
Guildenstern | Non son capace. |
Amleto | Suonalo, ti prego. |
Guildenstern | Credetemi, non so… |
Amleto | Suvvia, ti supplico. |
Guildenstern | Non so dove toccarlo, monsignore. |
Amleto | È facilissimo. Come mentire. Governi con le dita questi buchi, quest’altro qui col pollice, e poi qui, con la bocca, gli dài fiato: ne sortirà una musica parlante. Eccoli, guarda, questi sono i buchi. |
Guildenstern | Ma non saprei come trarne una musica; non so la tecnica dello strumento. |
Amleto Ebbene, vedi quanta poca stimatu hai di me: pretendi di suonarmi,pretendi di conoscere i miei tasti,sradicarmi dal cuore il mio segreto,vorresti farmi tutto risuonaredalla nota più bassa fino al culminedel mio registro… In questo strumentinoc’è tanta musica, suono eccellente,eppure vedi, tu non sei capacedi trarlo fuori. Ma, sangue di Dio!,credi ch’io sia più facile a suonared’una cannuccia? Tu mi potrai prendereper qualunque strumento che vorrai,tastarmi quanto vuoi: non puoi sonarmi. |
http://www.rodoni.ch/busoni/bibliotechina/nuovifiles/amleto_h/testo_03.htm
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