LIMES ONLINE DEL 8 FEBBRAIO 2022
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Il piano degli Usa in Ucraina non c’è o non funziona
8/02/2022
RUBRICA IL PUNTO
Trovare una coerenza nelle mosse e contromosse di Washington appare piuttosto arduo. La vittoria tattica dello Jevromajdan, otto anni fa, ha prodotto un incubo strategico: la coppia Cina-Russia è qui per restare.
di Lucio Caracciolo
SCONTRO USA-RUSSIA, UCRAINA, SCONTRO USA-CINAJOE BIDEN, VLADIMIR PUTIN, XI JINPING
Qual è il piano degli Stati Uniti nella crisi ucraina? Soprattutto, ne hanno uno? Tutti ci interroghiamo sugli obiettivi russi e sui mezzi con cui intendono raggiungerli, invasione del vicino non esclusa.
Almeno altrettanto importante sarebbe stabilire che cosa voglia l’America. Specialmente per noi, che apparteniamo al suo campo strategico, come testimonia la robusta presenza di assetti militari statunitensi sul nostro territorio.
Certo, in una partita di così decisiva portata nessuno scopre tutte le sue carte e tutti investono nella propaganda, memori del detto di Churchill per cui in tempi di guerra la verità è così preziosa che va protetta da una guardia del corpo di bugie. Resta che trovare una coerenza nelle mosse e contromosse di Washington appare piuttosto arduo. Più che astuta imprevedibilità tattica parrebbe grave incertezza strategica.
Insomma, il piano non c’è o se c’è non funziona. L’enfasi propagandistica sull’invasione russa, che tanto preoccupa gli ucraini alle prese con una corposa fuga di capitali, non può surrogarlo.
Tutto nasce da una contraddizione di fondo. Gli Stati Uniti considerano la Cina l’unica potenza in grado di impedire che questo sia il secondo secolo americano. A sfida su scala globale dovrebbe corrispondere coerente risposta globale. L’Ucraina dimostra che non è così.
Qui è maturata la strana coppia sino-russa, autocelebrata da Xi Jinping e Vladimir Putin in apertura dei Giochi di Pechino. Produzione americana. Violazione della legge universale che consiste nel dividere i nemici. Da otto anni Washington sembra impegnata ad unirli. E a scoprire che l’Alleanza Atlantica è più divisa di quanto immaginasse, sulla Russia e non solo. Come è potuto accadere?
Carta di Laura Canali – 2021
Nel 2014 americani e britannici appoggiarono la rivolta di Kiev contro il regime filorusso di Janukovič. Grande successo, nell’immediato. La Russia, privata del controllo sia pure indiretto sull’Ucraina, pareva ridotta a “potenza regionale” – parola di Obama. L’ambizione russa di rientrare nel gioco europeo, quindi occidentale, era seccamente scartata.
Non occorreva una laurea specialistica in storia della Russia per intuire che mai Mosca avrebbe rinunciato senza combattere allo status di grande potenza, suo gene identitario. E che quindi a Putin non restasse che giocare la carta cinese. Opzione estrema, per niente spontanea, anzi sofferta, vista la diffidenza reciproca che divide i due colossi eurasiatici. Ma quando è in gioco la vita – sempre Churchill che parla – sei disposto ad allearti col diavolo.
La vittoria tattica dello Jevromajdan ha così prodotto un incubo strategico: la coppia Cina-Russia è qui per restare. E nelle equazioni del Pentagono entra il rischio di trovarsi a combattere una guerra su due fronti, l’indo-pacifico e l’europeo. Tutto questo per aver vinto a Kiev, obiettivo non proprio centrale né urgente nella visione del mondo degli apparati americani. Tanto che Biden ha segnalato in tutti i modi di non essere disposto a ingaggiare una guerra per l’Ucraina contro la Russia.
Le incertezze di Washington nel teatro ucraino derivano dall’errore di calcolo sulle intenzioni e sulle capacità di Mosca. Abbastanza normale per la superpotenza, abituata a cercare la vittoria e solo poi a trarne le conseguenze. Ciò che dal 1945 le impedisce di vincere una guerra vera mentre la porta a dissanguarsi in improbabili teatri minori. Quindi a perdere credibilità, il bene più prezioso di ogni potenza.
Per correggere questa traiettoria negativa ed evitare una guerra non voluta ma comunque disastrosa, Washington cerca di uscire dalla trappola ucraina che Mosca le ha teso. Ciò comporta riconoscere ruolo e rango della Russia coinvolgendola in un negoziato a tutto campo sugli assetti di sicurezza paneuropei.
Per minare così le basi del suo fidanzamento con la Cina nell’unico modo possibile: dimostrandole che non ne ha bisogno.
L’alternativa è infilarsi in un tunnel senza uscita del quale noi europei saremmo le prime vittime, a partire dalla prossima raffica di sanzioni e controsanzioni. Motivo in più perché anche Roma faccia sentire la sua voce. Nulla è ancora perduto.
Carta di Laura Canali – 2022 – anticipazione dal nuovo numero di Limes
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