Scuola elementare è un film del 1954 diretto da Alberto Lattuada.
Soggetto Jean Blondel, Alberto Lattuada, Giorgio Prosperi
Sceneggiatura Jean Blondel, Alberto Lattuada, Giorgio Prosperi
Fotografia Leonida Barboni
Montaggio Mario Serandrei
Musiche Mario Nascimbene
Costumi Dario Cecchi
Interpreti e personaggi
- Riccardo Billi: Dante Trilli
- Mario Riva: Pilade Mucci
- Lise Bourdin: Laura Bramati, maestra
- Alberto Rabagliati: commendator Bonfanti
- Renè Clermont: inventore Serafini
- Marc Cassot: Rivolta, ex amante di Laura
- Diana Dei: signora Bonfanti
- Alain Quercy: Adami, il giornalista
- Ugo Attanasio: direttore scolastico
- Mario Carotenuto: agente immobiliare
- Turi Pandolfini: padre di Serafini
- Dario Fo: tipografo
- Alfredo Fabietti: maestro
- Fiore Sagò: maestra
- Gianfilippo Carcano: maestro
- Rolando Ranzani: alunno Crippa
- Luciano Pigozzi: insegnante
- Enrico Ameri: giornalista alla premiazione
https://www.youtube.com/watch?v=ZZEXhFNx-X8
Trama
Il maestro elementare Dante Trilli è stato trasferito dalla natia Palestrina a Milano dopo aver vinto un concorso. Lì ritrova il vecchio compagno di scuola Pilade Mucci, che ora fa il bidello proprio nella scuola cui lui è destinato. La vita a Milano è cara e Pilade si arrangia anche con qualche altro lavoretto; per lo stesso motivo, di fronte al costo degli affitti, ospita l’amico dividendo con lui la casa ereditata da una vecchia zia. All’inizio dell’anno scolastico il maestro Trilli conosce Laura Bramati, una maestrina alle prime armi, e tra i due nasce una timida simpatia. Alla vigilia del Natale Laura invita Dante a casa sua e gli confessa la sua storia di ragazza sedotta ed abbandonata da un ricco industriale.
A scuola il maestro Trilli si impegna per una crescita dei bambini ed in particolare per recuperarne uno, Crippa, poco studioso ed attaccabrighe. Nel frattempo Pilade conosce Vincenzo Serafini, che ha inventato un nuovo tipo di camicia per uomini ma non riesce a trovare nessuno che voglia finanziargli il lancio della produzione. Pilade decide di impegnarsi in questa attività, sperando in tal modo di poter partecipare al clima di sviluppo economico ed industriale che caratterizza la Milano di quegli anni. Il maestro Trilli, ormai invaghito di Laura, organizza una visita della scuola ad una fabbrica di automobili. Qui la giovane reincontra il suo ex amante, l’ingegner Rivolta, che le propone di riallacciare la relazione. Ma la ragazza, delusa dalla precedente esperienza, rifiuta.
Arriva l’estate, la scuola finisce e Laura invita il maestro Trilli all’idroscalo, dove viene casualmente fotografata. La foto viene pubblicata su un rotocalco ed è la sua fortuna, perché diventa una affermata modella. Dante Trilli, conscio che per lui quella ragazza è ormai irraggiungibile, si reca alla Stazione per salutarla mentre lei parte verso il suo nuovo lavoro.
Intanto gli affari per Pilade vanno male: ha dovuto ipotecare la casa, ma i soldi non sono sufficienti per il lancio della produzione. Mentre è in tipografia per curare la stampa di manifesti, incontra casualmente il ricco e spregiudicato Commendator Bonfanti, padre di uno dei bambini della scuola. Gli racconta le sue difficoltà e lo prega di rilevare l’attività, cosa che Bonfanti fa, liquidando Pilade con una somma modesta che gli consente appena di rientrare dei debiti.
Quando riprende la scuola, Pilade, che ha ormai abbandonato i suoi sogni di ricchezza, torna a fare il bidello. Trilli, che invece avrebbe potuto andare a lavorare per il Commendator Bonfanti, alla fine sceglie di tornare a fare il maestro, che egli definisce un lavoro “da eroi”. Avrà così la soddisfazione di vedere che Crippa, il bambino per cui tanto si è impegnato, è stato promosso e prosegue gli studi.
Critica
Secondo Giovanni Aristarco:
«Se Lattuada fosse riuscito a darci di Milano una immagine meno sbiadita, sarebbe stato un film molto bello. Così com’è, invece, è un film dignitoso, piacevole, ma evasivo nei riguardi dell’assunto»
Il Morandini, invece, mette in evidenza una visione anticipatrice:
«Col senno di poi, è qualcosa di più: c’è anche Milano: “macchine, industrie, affari”. E pubblicità, concorsi di bellezza, vetrine. Attraverso le dinamiche spaziali il film riflette la trasformazione di una società, percorrendo il consumismo e l’arrivismo dell’imminente boom economico»
Nel film il Maestro Trilli definisce Milano come una “città elettrica”.
Il film è girato a Milano, con scene riprese nella Galleria Vittorio Emanuele, in piazza del Duomo, sotto i portici dell’Arengario e sulle terrazze dello stesso Duomo di Milano. Altre scene sono riprese all’interno della Stazione Centrale.
Nel film Dario Fo ha un breve ruolo, circa 2 minuti, in cui interpreta un tipografo, all’interno dell’azienda di stampa Grafiche Milani .
La scuola descritta nel film è quella “militarizzata” del tempo, molto più rigida di quella odierna, nella quale i bidelli indossavano una divisa ed bambini portavano il grembiule nero con il fiocco, camminavano ordinatamente allineati per due, si alzavano in piedi all’ingresso dell’insegnante in classe e componevano classi rigidamente solo maschili o femminili.
da :
https://it.wikipedia.org/wiki/Scuola_elementare_(film_1954)
ALCUNE CONSIDERAZIONI SUL FILM :
Lattuada tocca il problema dell’emigrazione tra Sud e Nord che esploderà negli anni seguenti, ma sopratutto dedica la sua attenzione al cambiamento di alcuni valori fondamentali dell’uomo provocato dal passaggio da una realtà di provincia a Milano, città simbolo del progresso, sintesi immediata, questo passaggio, dell’evoluzione in corso nella società che riscrive i progetti di lavoro e di vita di ciascuno.
Questo film di Lattuada si può annoverare tra quelli prodotti sulla scia del Neorealismo, pur non rispettandone tutti i canoni; d’altra parte non va dimenticato che il regista è uno di quelli (con Rossellini, De Sica, Visconti, solo per citare i più grandi) che hanno vissuto in prima persona il periodo “d’oro” del cinema neorealista, con film quali Il bandito (1946), Senza pietà (1948) e Il mulino del Po (1949). In Scuola elementare c’è un elemento di continuità con i precedenti film, costituito dalla rappresentazione della vita quotidiana e delle aspirazioni che la nuova società sollecita: il periodo postbellico caratterizzato da povertà, truppe d’occupazione, rovine nelle città tutte da ricostruire, ma anche fiducia e volontà di ripresa, è passato; siamo alle soglie del boom economico, le aspirazioni degli italiani cambiano e il regista coglie alcuni di questi cambiamenti.
TRATTE DA :
http://www.fotogrammidicarta.it/album_neorealismo/neorealismo_pagina095.htm
RECENSIONE DEL FILM DI GOFFREDO FOFI :
INTERNAZIONALE DEL 17 SETTEMBRE 2017
https://www.internazionale.it/opinione/goffredo-fofi/2017/09/26/scuola-elementare-italiana
Il regista Alberto Lattuada durante le riprese del film Scuola elementare. Milano, 1954. (Mario De Biasi, Mondadori Portfolio)
Com’era la scuola elementare italiana e com’è oggi
Goffredo Fofi, critico
La 01 Distribution e Rai Cinema hanno messo sul mercato dei dvd un bel film di Alberto Lattuada del 1954, Scuola elementare, che si presta a molte considerazioni e che, anzitutto, può rivelare agli spettatori delle ultime generazioni un mondo che non conoscono, quello dell’Italia prima del miracolo economico.
Le impressioni che se ne ricavano sono tanto più forti in quanto l’ambientazione del film è milanese e non la solita del cinema italiano del dopoguerra, ossessivamente romana. Le impressioni saranno infine più forti per chi frequenta per un motivo o per l’altro – da scolaro, da maestro o maestra o preside o bidello, da genitore – la scuola elementare di oggi.
Nel film, nell’Italia del 1954 il maestro elementare Dante Trilli, spostato da un paese del Lazio alla “capitale morale” ed economica della nazione, e il suo compaesano Pilade che è lì da tempo a fare il bidello, quando vanno dal tabaccaio non comprano un pacchetto di sigarette, ma cinque sigarette – perché le sigarette le si vendeva sciolte, visto che un pacchetto tutto in un botto costava troppo per le tasche di allora. O la domenica d’estate vanno all’Idroscalo, “il mare di Milano”, il massimo di vacanza che il proletariato milanese poteva permettersi.
Un miracolo sognato ma in cammino
Tutto è fortemente datato nel film di Alberto Lattuada, un regista tra i nostri migliori, che andava oltre il neorealismo per la sua origine cinefila anni trenta, per la sua grande cultura umanistica e borghese tranquillamente rivendicata, per la sua “milanesità” (a Milano era nato e cresciuto, figlio di un musicista famoso), per la sua laicità (rispetto ai due grandi schieramenti politici del tempo, i rossi e i bianchi), e infine per la fortissima attrazione e attenzione provata per i personaggi femminili, tra i più memorabili di quegli anni (quello più famoso, l’Anna di Silvana Mangano, per metà del film peccatrice e per metà purissima monaca).
In Scuola elementare non hanno molto spicco, anche perché la supplente impersonata da Lise Bourdin (era tempo di coproduzioni con la Francia, una tradizione finita purtroppo da molti decenni) che lasciava la scuola per fare la miss aveva una sua originalità, ma non l’aveva l’attrice.
Lo sfondo del film sa dunque di realtà, e l’ambientazione e la vicenda servono a ricordare un’Italia antica, una divisione in classi sociali ancora un po’ ottocentesca, dove però Lattuada inserisce efficacemente gli annunci di un miracolo economico sognato e bensì in cammino, per esempio nella “gita scolastica” che non va molto lontano, ma in periferia a visitare una grande fabbrica di automobili: gli scolari e gli insegnanti di una scuola ancora deamicisiana vi si confrontano con una rombante modernità.
Lo sfondo cittadino del 1954 potrebbe essere utile a chi insegna storia e sociologia oggi per far “vedere” ai loro allievi “come eravamo”, o meglio, come erano i loro genitori, o i loro nonni, in che mondo vivevano. Penso soprattutto ai milanesi di oggi: le aspirazioni e le ossessioni di ieri aiutano a capire quelle di oggi, dopo una mutazione perfino più radicale di quella del boom. I “prima” sono molto efficaci per la comprensione dei “dopo”, compreso il nostro oggi.
I bravi comici sono bravi sempre, anche in ruoli drammatici, mentre non è quasi mai vero il contrario
Al centro della vicenda ci sono, lo si è detto, un maestro e un bidello. A impersonarli Lattuada chiamò due attori che venivano dall’avanspettacolo e dalla rivista e lavoravano in coppia e che erano entrambi romani, Mario Riva (Pilade) e Riccardo Billi (il maestro Trilli). Il vero comico era in realtà Billi (famose erano le sue imitazioni di Anna Magnani e di Carmen Miranda) mentre Riva era la spalla. Molti attori comici furono mirabilmente usati in quegli anni in film molto seri, da Renato Rascel (nel Cappotto di Lattuada, tratto da Gogol e ambientato tra le nebbie pavesi) a Nino Taranto (Anni facili di Zampa e Brancati) a Walter Chiari (in Bellissima di Visconti), e ovviamente a Totò e ad Aldo Fabrizi (il secondo fu protagonista per Castellani di Mio figlio professore nel ruolo di un bidello, ma la scuola era un liceo, e per Lattuada di Il delitto di Giovanni Episcopo, da D’Annunzio, perfetta evocazione della Roma umbertina).
Tra De Amicis e le avanguardie pedagogiche
Nel film, Riva-Pilade pratica l’arte di arrangiarsi, lo stipendio di bidello non è alto, ed egli risolve tanti piccoli problemi per maestri e allievi ma anche vende sottobanco lamette da barba ai maestri e caramelle agli scolari; Billi-Trilli il maestro idealista, appunto deamicisiano, crede in una gestione della classe tra autoritaria e democratica, e considera gli allievi come fossero adulti: “Non ci sono i bambini”, ogni bambino è un essere unico. “Io vi tratto da uomini”, dice agli allievi. Nella sua classe ci sono il figlio del commendatore, il figlio dell’operaio, il figlio dell’impiegato e anche il bambino di cui, nel registro di classe, alla casella paternità sta scritto N. N. – per chi non lo sapesse, nomen nescio, o non noto, il modo atroce di segnalare su ogni documento ufficiale (fino al 1975!) i figli di padre ignoto.
La classe è peraltro numerosissima, gli spazi sono tradizionali (i banchi a due posti), il metodo di insegnamento è ancora quello della riforma Gentile. La scuola attiva è di là da venire, anche se – Lattuada forse non lo sapeva, ma è più probabile che preferisse parlare non delle minoranze e delle avanguardie pedagogiche, ma della assoluta normalità – c’erano già a Firenze Scuola Città e a Rimini il Ceis, scuole d’avanguardia, parificate, non classiste, e in giro per l’Italia, fondato a Fano dal maestro Giuseppe Tamagnini, il Movimento di cooperazione educativa, sul modello di quello francese ideato dal grande educatore Céléstin Freinet nel 1937, in pieno Fronte popolare, e, sua derivazione, i Cemea, Centri di esercitazione ai metodi dell’educazione attiva.
Di tutto questo terranno ampiamente conto due grandi registi, Vittorio De Seta e Luigi Comencini, nei loro viaggi televisivi nella scuola italiana dei primi anni sessanta, una scuola in forte cambiamento come la società di cui era espressione.
I paragoni necessari
Nel film di Lattuada, Riva trascina Billi in un’avventura sballata, per far soldi, destinata a fallire, ma il maestro dimostra un certo talento da pubblicitario e il commendatore padre di un suo allievo (interpretato da Alberto Rabagliati, che era stato un celebre cantante swing degli anni trenta-quaranta) lo assume nella sua ditta, ma alla fine Billi non resiste e torna a fare il maestro, commosso da una celebrazione cui assiste – vera e girata dal vero – di premiazione di maestre e maestri che hanno dedicato la loro vita alla scuola. Chi ha avuto la vocazione di maestro, resta in qualche modo sempre maestro, sembra dire il film, che rivendica ai maestri un posto primario nella vita della nazione.
Né si ride né si piange, vedendo Scuola elementare, ma si pensano tante cose, e naturalmente si è sollecitati ai paragoni con altri film. La scuola più raccontata in tempi recenti è quella degli adolescenti – il film più bello è a mia memoria lo sloveno Class enemy, quello di maggior successo L’attimo fuggente, statunitense.
Bella la recensione di Goffredo Fofi. Il periodo in cui è ambientato il film è quello che noi abbiamo vissuto nella scuola elementare e media, come alunni. Mi piacerebbe proprio vederelo.