UMBERTO GENTILONI, Il saggio di Virman Cusenza. E il cronista del Duce si rifugiò dal socialista. REPUBBLICA/ CULTURA DEL 1 FEBBRAIO 2022 – pag. 31

 

 

REPUBBLICA/ CULTURA DEL 1 FEBBRAIO 2022 – pag. 31

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Il saggio di Virman Cusenza

E il cronista del Duce si rifugiò dal socialista

 

Umberto Gentiloni

 

 

 

Una storia mette in discussione le facili certezze nello scontro cruento della guerra civile: difficile semplificare lungo l’asse amico-nemico la complessità delle vicende umane e i tanti quesiti che accompagnano le traiettorie biografiche. L’incontro risulta a dir poco sorprendente: da una parte un avvocato socialista e antifascista, dall’altra un giornalista di punta del regime, forse il preferito di Mussolini. Enzo Paroli nasconde e protegge Telesio Interlandi, lo tiene in casa in uno scantinato diventato rifugio per oltre otto mesi. Il giornalista latitante, la moglie e il figlio si affidano alle capacità di chi li protegge per evitare processi, esecuzioni, epiloghi drammatici.

 

Benito mussolini dopo l’attentato del 7 aprile 1926

foto di Violet Albina Gibson

 

 

Un intreccio di ragioni e passioni che aveva attratto Leonardo Sciascia nell’ultima fase della sua vita: troppo forte il richiamo di un conflitto tra le ragioni degli uni e quelle degli altri, la forza della liberazione dal nazifascismo si affiancava alla ricostruzione di una relazione dai contorni incerti. Perché nascondere un uomo come Interlandi?  Cosa aveva spinto uno stimato uomo di diritto verso comportamenti a dir poco discutibili e deprecabili? Nell’estate del suo ultimo anno di vita Sciascia, stanco e provato dalla malattia, confidava ai suoi amici più stretti che avrebbe voluto concludere la scrittura di un testo: «Una storia appassionata e misteriosa (misteriosa per i risvolti interiori), di un avvocato antifascista che dopo la Liberazione ospita, in casa sua a Brescia, a rischio della propria vita, Telesio Interlandi, il teorico della razza. Ma non posso, i materiali si trovano a Palermo. Per il momento mi accontento di lavorare ad altro».

Un lascito raccolto da chi ha cercato di dar seguito alle sue parole. La prima ricostruzione dalla penna di Giampiero Mughini ( A via della Mercede c’era un razzista, Rizzoli 1991), poco dopo un testo che valorizza la memoria del figlio di Interlandi (Tonino Zana, Il nero e il rosso. Il romanzo bresciano che Sciascia non scrisse, Ermione 1992)

e alla fine del secolo la proposta Vincenzo Vitale ( In questa notte del tempo, Sellerio 1999) a partire dalle note e dalle volontà dello stesso Sciascia. Un volume appena uscito torna a interrogarsi sulle ragioni di un salvataggio così scomodo. L’autore ha attinto dal dossier di Sciascia, ha messo in ordine appunti e ipotesi interpretative, ha costruito una trama come spaccato della storia del paese negli anni del conflitto mondiale e nelle memorie divise che hanno segnato il lungo dopoguerra (Virman Cusenza, Giocatori d’azzardo. Storia di Enzo Paroli, l’antifascista che salvò il giornalista di Mussolini, Mondadori).

Una ricerca che si muove in ambiti e contesti plurali oltre il lascito originario: il fascicolo giudiziario all’archivio di Stato di Roma, le carte all’Archivio Centrale dello Stato, alcune lettere preziose, le reminiscenze di figli e nipoti, persino il segno delle fotografie ritrovate, scatti di Ferdinando Scianna che nel 1989 ritrae Sciascia e Stefano Paroli, figlio di Enzo. Tracce di un passato che torna senza tuttavia trovare conferme definitive o ipotesi accertate nello scorrere avvincente di pagine e situazioni.

 

 

 

Giocatori d’azzardo. Storia di Enzo Paroli, l’antifascista che salvò il giornalista d Mussolini

Virman Cusenza

pubblicato da Mondadori 2022

 

 

 

«Disponiamo oggi di qualche tassello di verità in più — chiosa l’autore — per capire che cosa può averlo convinto a nascondere il fuggiasco». Più che responsi, piste di ricerca, il metodo storico non emette sentenze: «Interlandi dovrà ricredersi su quell’avvocato verso il quale aveva nutrito poca fiducia, sottovalutato nelle sue capacità professionali ma soprattutto nella sua umanità. Così come Paroli scoprirà che il diavolo d’un razzista, l’amico di Mussolini, è un uomo con insospettabili fragilità, ma anche un marito e un padre a cui invidia qualcosa, avendo a sua volta di che farsi perdonare. Entrano in gioco sentimenti e debolezze che alimentano il coraggio e che proiettano l’azione dell’avvocato ben oltre l’orizzonte stretto, da tunnel, di quei giorni. Ne allungano lo sguardo oltre la siepe dell’elegante villetta, con il carcere sullo sfondo in bella vista, verso un tempo in cui le barricate della Storia e l’alternanza di bianco e nero si dissolvono». Il giudizio sul fascismo resta un punto fermo: «Interlandi non era certo Eichmann, non ha premuto il grilletto. Ma ha condiviso le ragioni che hanno armato l’indice. Le parole sono azioni. Solo la memoria, in quanto amore dell’uomo per l’uomo, evita di trasformarle nella disperata dimenticanza di Pilato».

 

 

 

 

Virman Cusenza collabora con il settore documentari di Fremantle -  Primaonline

Virman Cusenza (Palermo, 16 agosto 1964) è un giornalista italiano, dal 2009 è stato direttore de Il Mattino per poi nel 2012 passare a Il Messaggero. Oggi è consulente di Fremantle per l’attualità.

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