IL RINASCIMENTO EUROPEO DI ANTOINE DE LONHY ( artista documentato dal 1446 in Borgogna – morto verso il 1490 nel ducato di Savoia) è stato un pittore e miniatore francese, fu un artista itinerante, a lungo attivo in Piemonte, specialmente in Val di Susa.

 

 

Il Rinascimento europeo di Antoine de Lonhy , Mostra Palazzo Madama - Museo Civico d'Arte Antica di Torino, Torino | Artsupp

PALAZZO MADAMA DAL 7 OTTOBRE 2020 AL 9 GENNAIO 2022

 

Affreschi di santi e profeti, alla luce il segreto di Novalesa: scoperte opere medievali del ‘400

L’autore è Antoine De Lonhy, tra i più importanti pittori del Medioevo

ANDREA PARODI

22 Luglio 2021

Tra le volte millenarie dell’abbazia di Novalesa sono spuntati alcuni affreschi medievali, recentemente restaurati, che permettono di fare nuova luce sul passato di uno dei luoghi sacri più importanti del Piemonte. Si tratta di stralci di affreschi, in origine ben più ampi, ritrovati nella sacrestia e nel presbiterio nell’abbazia benedettina.

SEGUE PER GLI ABBONATI–

LA STAMPA 22 LUGLIO 2021

https://www.lastampa.it/topnews/edizioni-locali/torino/2021/07/22/news/affreschi-di-santi-e-profeti-alla-luce-il-segreto-di-novalesa-scoperte-opere-medievali-del-400-1.40523751/

 

 

 

 

 

 

Il Rinascimento europeo di Antoine de Lonhy | Vallesusa Tesori

 

 

Antoine de Lonhy (documentato dal 1446 in Borgogna – morto verso il 1490 nel ducato di Savoia) è stato un pittore e miniatore francese, fu un artista itinerante, a lungo attivo in Piemonte.

 

 

 

Un appuntamento da non perdere: il Rinascimento di De Lonhy in mostra a Susa

 

 

 

 

Susa, prorogata fino al 7 novembre la mostra su Antoine de Lonhy

 

 

Susa, prorogata fino al 7 novembre la mostra su Antoine de Lonhy

 

 

 

 

Il Rinascimento Europeo di Antoine de Lonhy al Museo Diocesano di Susa #1

  

Susa – 10/07/2021 : 10/10/2021

PRIMA SEZIONE DELLA MOSTRA IL RINASCIMENTO EUROPEO DI ANTOINE DE LONHY AL MUSEO DIOCESANO DI SUSA.

 

 

Artista poliedrico e di profilo internazionale, Antoine de Lonhy entrò in contatto con le culture figurative fiamminga, mediterranea e savoiarda e fu quindi portatore nel Ducato di Savoia di una concezione europea del Rinascimento, alternativa a quella centroitaliana e caratterizzata dalla sintesi di diversi linguaggi figurativi, fino a presentarsi oggi come una sorta di simbolo del superamento in chiave sovranazionale delle culture e degli studi locali.

Formatosi intorno alla metà del Quattrocento in Borgogna, nello straordinario ambiente in cui interagivano e si confrontavano le più alte innovazioni della cultura figurativa fiamminga e francese (fra cui soprattutto Jan van Eyck), Lonhy si è qualificato da subito come artista multiforme: pittore su tavola e ad affresco, miniatore, pittore di vetrate, ma presto anche disegnatore per ricami e per sculture.

Della sua prima fase è nota soprattutto la produzione di codici miniati, commissionati in qualche caso da personalità eminenti legate alla corte borgognona del duca Filippo il Buono.

Trasferitosi nel corso degli anni Cinquanta a Tolosa, nella Francia meridionale, Lonhy si sposta anche a Barcellona, dove è autore della grande vetrata del rosone di Santa Maria del Mar.

Alcuni documenti notarili attestano infine il passaggio dell’artista nei territori del Ducato sabaudo, e specificamente ad Avigliana, dove è attestato nel 1462. Da questo momento in poi si apre dunque la stagione legata ai territori dell’attuale Piemonte e della Valle d’Aosta, con una vasta produzione di pittura su tavola e ad affresco, di miniature e di disegni per ricami e sculture che, almeno in parte, è giunta fino a noi.

L’artista di origine borgognona, attivo in Borgogna, a Tolosa e a Barcellona prima di approdare nel ducato sabaudo, ebbe con la Valle di Susa un legame particolarmente stretto.

 

L’unico documento savoiardo attualmente noto del pittore lo dice infatti abitante nel 1462 ad Avigliana. Alla Valle di Susa si legano inoltre diverse testimonianze dell’attività del pittore – come un frammentario polittico della Galleria Sabauda di Torino proveniente dalla frazione Battagliotti di Avigliana (presente in mostra a Susa) e gli affreschi dell’abbazia della Novalesa – o della sua bottega e di suoi stretti seguaci, tra cui il polittico oggi presso la Parrocchiale di Novalesa (proveniente dall’abbazia) e un ciclo di affreschi che orna la cappella della Madonna delle Grazie a Foresto (Bussoleno).

Per questo motivo il Museo Diocesano di Susa è una delle due sedi nelle quali si articola la mostra Il Rinascimento europeo di Antoine de Lonhy, concepita e organizzata in stretta complementarietà con Palazzo Madama – Museo Civico d’Arte Antica di Torino.

 

Dal 10 luglio al 7 novembre 2021 a Susa e dal 7 ottobre 2021 al 9 gennaio 2022 a Palazzo Madama prende vita un prestigioso progetto espositivo realizzato con il sostegno della Compagnia di San Paolo, la sponsorizzazione tecnica della Società Reale Mutua di Assicurazioni e il contributo della Città di Susa.

da

https://www.vallesusa-tesori.it/it/stories/2021/07/01/il-rinascimento-europeo-di-antoine-de-lonhy

 

 

 

LA MOSTRA PUNTA A RICOMPORRE LA FIGURA DI ANTOINE DE LONHY, UN ARTISTA POLIEDRICO CHE FU PITTORE, MINIATORE, MAESTRO DI VETRATE, SCULTORE E AUTORE DI DISEGNI PER RICAMI, E NE ILLUSTRA L’IMPATTO STRAORDINARIAMENTE IMPORTANTE PER IL RINNOVAMENTO DEL PANORAMA FIGURATIVO DEL TERRITORIO DELL’ATTUALE PIEMONTE NELLA SECONDA METÀ DEL QUATTROCENTO.

 

 

 MUSEO CIVICO D’ARTE ANTICA – PALAZZO MADAMA

 

 

 

 

UN IMPORTANTE INTERVENTO DI RESTAURO È L’OCCASIONE PER PRESENTARE DUE OPERE INEDITE DI ANTOINE DE LOHNY, LA DORMITIO VIRGINIS E SANT’AGOSTINO IN CATTEDRA, ENTRAMBE PROVENIENTI DA UNA COLLEZIONE PRIVATA.

MUSEO CIVICO D’ARTE ANTICA – PALAZZO MADAMA

 

 

 

 

Santa Anna, la Madre di Dio e il Bambino, cattedrale di Toríno

Amadalvarez – Opera propria

 

 

 

 

Trinita al Museo de Torino

Amadalvarez – Fitxa museu

 

 

 

 

Pietà al Museo de Toríno

Amadalvarez – Fitxa del museu

 

 

 

 

 

 

Sant Vicent Ferrer, al Museo di Cluny

Opera propria – Fitxa Museu

 

 

 

 

ALIAS DOMENICA- IL MANIFESTO DEL 21 NOVEMBRE 2021

 

De Lonhy, il mediterraneo savoiardo

A Torino, Palazzo Madama, “Il Rinascimento europeo di Antoine de Lonhy”, a cura di Simone Baiocco e Simonetta Castronovo . Un’affascinante personalità politecnica, di confine e insieme di sintesi, che fu oggetto di un’avventurosa vicenda critica

 

 

Antoine de Lohny,

Antoine de Lohny, “Tre profeti”, 1480 ca, Lione, Musée des Beaux-Arts

 

Marco M. Mascolo–TORINO

EDIZIONE DEL 21.11.2021

PUBBLICATO21.11.2021, 0:10

AGGIORNATO20.11.2021, 16:32

 

Una storia critica che ha dell’avventuroso. Un nome (e quindi un’identità) che paiono inafferrabili, e che sono stati recuperati solo in tempi molto recenti. Al principio ci furono i nomi di convenzione, quelle etichette che si applicano a gruppi di opere coerenti tra loro ma che non è ancora possibile ascrivere a una concreta personalità, calata nella storia: il «maestro di». Così, a lungo, ci fu il Maestro delle Ore di Saluzzo, dal codice della British Library di Londra; ma anche il Maestro della Trinità di Torino, dalla bellissima tavola della Pinacoteca Sabauda, entrata nelle collezioni torinesi con il lascito di Leone Fontana nel 1909.

A ben vedere il nome di Antoine de Lonhy s’era affacciato alle vicende della moderna storia dell’arte già nel 1906, quando Salvador Sanpere i Miquel pubblicava Los cuatrocentisats Catalanos. Lì un documento del 4 maggio 1462 ricordava infatti de Lonhy come «habitator ville de Villana in Ducatu Savoye», cioè Avigliana, in Piemonte. Quel documento si riferiva a pagamenti legati alla vetrata del rosone della cattedrale di Santa Maria del Mar a Barcellona. Ma ci sarebbe stato bisogno di molto tempo prima che quel seme fruttificasse e gli studi fossero in grado di ricucire pazientemente trama e ordito dell’intera vicenda.

Fu Charles Sterling, in un articolo uscito sulla rivista «L’Œil» nel 1972, a collegare la tavola torinese a un gruppo di opere come la Presentazione al tempio del Bob Jones Univeristy Museum di Greenville (South Carolina). Sterling aveva avviato, nel frattempo, un dialogo con Giovanni Romano, che a sua volta si stava occupando delle opere riunite sotto l’etichetta del Maestro della Trinità di Torino. Romano aveva compreso assai bene l’alterità di questo dipinto rispetto al contesto piemontese – alterità che, del resto, era già saltata agli occhi di Pietro Toesca, che ne aveva ravvisato caratteri stilistici «borgognoni» quando ne aveva scritto su «L’Arte» nel 1909.

Dal canto suo François Avril aveva iniziato a studiare meglio il manoscritto della British Library noto come Ore di Saluzzo. Si era a una svolta cruciale: con gli studi di Avril e di Romano non solo si riconoscevano la comune paternità per le Ore di Saluzzo e per la Trinità di Torino, ma si riusciva a indicarne l’autore nel pittore Antoine de Lonhy. I due saggi, di Romano e di Avril, pubblicati sul numero 85 della «Revue de l’Art», avrebbero suggellato l’avvio definitivo della moderna vicenda storiografica dell’artista. Una vicenda complicata dunque, che ha sovente imposto agli studi delle soste forzose, poiché sembrava che non se ne sarebbe venuti a capo: tessere sparse emerse per caso; documenti senza opere, opere senza nomi; contesti geografici lontani.

Oggi è possibile avere un’idea dell’attività itinerante di questo enigmatico artista grazie alle belle mostre che sono state montate al Museo Diocesano di Susa (10 luglio-10 ottobre), curata da Vittorio Natale, e a Torino, a Palazzo Madama (fino al 9 gennaio 2022), a cura di Simone Baiocco e Simonetta Castronovo. Unico, invece, il ricchissimo catalogo, Il Rinascimento europeo di Antoine de Lonhy (Sagep, pp. 367, € 43,00).

Le due mostre offrono un’occasione unica tanto per il pubblico quanto per gli studiosi, ed è un bene che le forze si siano unite per dar vita a un evento unitario articolato in due sedi. Riuscire ad ammirare, riunite, molte delle opere di de Lonhy dà ragione della grandezza di quest’artista versato in ogni tecnica (pittore, scultore, maestro vetraio, miniatore), che dà vita a un linguaggio delicato, attento alle variazioni luministiche, capace di innestare dettagli fiamminghi nella luce calda del sud. Una presenza difficile da non notare nel panorama della pittura savoiarda del Quattrocento.

La complessa storia critica accennata sopra, che si segue come un moderno giallo e che meriterebbe di essere messa in romanzo, è narrata in apertura di mostra e, nel catalogo, affidata alla trascrizione di una conferenza che Giovanni Romano tenne a Torino nel 2014, in occasione di una piccola mostra dedicata allo stesso de Lonhy. Un artista girovago che, dalla città natale di Autun, ben presto poté entrare in contatto con l’ars nova di Rogier van der Weyden e con uno dei committenti più sofisticati del secolo, Nicolas Rolin, dal 1422 cancelliere di Filippo il Buono duca di Borgogna, il cui volto è fissato da Jan van Eyck nello strepitoso dipinto del Louvre.

Rolin, lo sappiamo da un importante documento firmato l’8 ottobre 1446 a Chalon-sur-Saône, richiede i servigi di un «verrier» e di Antoine de Lonhy, pittore. Non ci resta nulla di queste opere ma, a giudicare dalla vetrata eseguita più di dieci anni dopo a Barcellona (1460-’62), de Lonhy doveva aver maturato una grande perizia per quest’arte complessa.

Da Barcellona (Museu Nacional d’Art de Catalunya) e dal Museu del Castell de Peralada, presso Girona, sono stati prestati la parte centrale e due piccoli scomparti del retablo che raffigura la Vergine, sant’Agostino e san Nicola da Tolentino, che il ricamatore Antoni Sadurní aveva pagato a de Lonhy nel 1462.

Negli anni cinquanta è a Tolosa. Poco sappiamo del trasferimento (a propiziare l’arrivo in città fu forse l’arcivescovo Bernard de Rosier) ma dovette essere anche questo un viaggio legato all’arte vetraria se, nel 1460, de Lonhy è beneficiario di pagamenti per quattro vetrate per il palazzo comunale. Eppure, a giudicare da ciò che è rimasto, a Tolosa dovette avere un’attività piuttosto ampia, come testimoniano ad esempio i frammenti di affreschi, datati 1454, provenienti dalla chiesa di Notre-Dame de la Dalbade, riscoperti e staccati nel 1891.

E poi, i codici. Quei meravigliosi codici miniati di cui de Lonhy era maestro altissimo. La miniatura è, tra tutte quelle praticate da de Lonhy, l’arte che permette di seguire meglio il suo percorso. Spesso infatti è possibile collocare meglio nel tempo e nello spazio un codice miniato di un singolo frammento di pala d’altare o di una scultura erratica. Di certo, l’importante codice della British Library, il namepiece di uno dei due gruppi di opere riuniti a inizio Novecento, fu eseguito per un membro della corte di Savoia intorno al 1465-’70. E il pittore fu attivo anche negli anni seguenti, quando eseguì opere come I tre profeti del museo di Lione, collocabili sul 1480 circa.

La mostra di Susa-Torino permette finalmente di apprezzare in tutta la sua complessità un artista che seppe fondere le novità lenticolari fiamminghe con la pittura mediterranea, aprendo una via che sarà quella che percorreranno anche altri grandi artisti francesi. Le novità messe in campo sono importanti, come la possibile committenza della Trinità di Torino che Simone Bonicatto e Bernardo Oderzo Gabrieli hanno ricondotto a Remigio Panissera, figura di spicco tra Pinerolo, Asti e Moncalieri, che proprio nella Collegiata di quest’ultima cittadina aveva il patronato di una cappella dedicata alla Trinità. È una mostra che invita anche a riflettere sulla complessità della storia e della geografia artistica, in contesti in cui, di fatto, i confini erano permeabili e figurativamente si diffondevano varianti locali di linguaggi comuni.

Sono passati vent’anni, tondi, da un’altra grande mostra, El Renacimiento mediterráneo, che si tenne al museo Thyssen di Madrid e al museo di Valencia nel 2001, mostrando quanto fosse stato fruttuoso l’incontro delle diverse varianti dell’arte del XV secolo tra nord e sud Europa. Questa di Susa e Torino è un’esposizione che prosegue idealmente quella linea di ricerca, assegnando ad Antoine de Lonhy il giusto posto che gli spetta tra i grandi artisti del Quattrocento europeo.

 

 

 

 

Morte della Vergine, col. privata

Amadalvarez – Opera propria

 

 

 

 

 

 

Antoine de Lonhy (bottega), Polittico della Natività, 1500 ca. (Novalesa, chiesa parrocchiale di S. Stefano)

 Sailko – Opera propria

 

 

 

 

 

Antoine de Lonhy, Ritratto di Amedeo IX “il beato”, affresco, post 1472, Torino, chiesa di San Domenico

Laurom – Opera propria

 

 

 

 

Rosone di Santa Maria del Mar- Barcellona

© José Luiz Bernardes Ribeiro

 

 

 

 

Presentazione al Tempio, Bob Jones University,. c.1480

Sconosciuto – Presentació d’una exposició

 

 

 

 

Polittico della Madre di Dio, Sant’Agostino e San Nicola da Tolentino

 

 

 

 

 

Le due tavole della predella al museo del Castello di Perelada

Trinitat, d’Antoine de Lonhy, al Museu d’Arte Antico de Torí

 

 

 

 

 

 

Santa Anna, la Madre di Dio e il Bambino, cattedrale di Toríno

Amadalvarez – Opera propria

 

 

 

 

PRESENTIAMO L’IMMAGINE DI QUALCHE STATUA PRESENTE ALLA MOSTRA

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

AFFRESCHI :

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

TUTTE LE FOTO SOPRA SONO SOPRATTUTTO DA QUESTO LINK :

 

Mostra Antoine de Lonhy- Susa

 

30 lug 2021

Google Foto

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1 risposta a IL RINASCIMENTO EUROPEO DI ANTOINE DE LONHY ( artista documentato dal 1446 in Borgogna – morto verso il 1490 nel ducato di Savoia) è stato un pittore e miniatore francese, fu un artista itinerante, a lungo attivo in Piemonte, specialmente in Val di Susa.

  1. ueue scrive:

    I volti di questo artista hanno sembianze realistiche, prese dalla realtà.

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