ROBERTO RODODENDRO:: UNA AUTOBIOGRAFIA IN MUSICA … / 1963 e oltre…

 

 

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una foto inedita del nostro caro Roberto…

 

Eh già che qui ci può star bene anche l’altra che ti ho promesso, Quel giorno mi sentivo tanto Hemingway in Per chi suona la campana”

 

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Platischis – foto Fkickriver

 

 

 

Platischis

C’è la neve sulla strada che va giù al ponte.

I tuoi piedi leggeri

non lasciano impronte

tra le ruote dei carri

e i saltelli dei pettirossi

Siamo là

appena oltre c’è la garitta

con la sentinella congelata

che cerca un nemico che non c’è

E noi

persi nel tempo

e nel gesto.

7 gennaio 1963

 

Platischis era ( chissà se esiste ancora) un paesino di otto case più un altro centinaio sparse per la campagna, una scuola elementare, un distaccamento di alpini ed un’osteria. Di ritorno da Urbino ( e si fa per dire perché sarei dovuto andare a Sanremo) feci una “piccola” deviazione per quel paesino sperduto. Fui molto bravo a trovarlo, l’ultimo tratto a bordo di una jeep di contrabbandieri :-) .

 

 

 

 

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marguerite duras

 

 

Chiarisco che questo è un famoso pastrocchio: mi sono imbattuto in poche righe di M. Duras, eccole.

 

” Le dite che volete provare, provare per più giorni. Forse per più settimane. Lei chiede: provare cosa? Voi dite: ad amare. Lei chiede: per che cosa ancora? Voi dite per dormire sul sesso acquietato, là dove tutto vi è ignoto. Dite che volete provare, piangere là, in quel punto del mondo.”(M.D. – La maladie de la mort -)

 

Non ho potuto fare a meno di trascriverle, le trovo fondamentali.

 

 

 

 

Da “ritorni e ritornelli”( autore ignoto :-) )

 

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Luca scopre per la prima volta il suo sesso ed il sesso di una donna per quello che è, non solo come una cosa da usare. Sente e vive il sesso di Laura.

Gode del proprio sesso quanto e come ne gode Laura.

La notte dormendo, ciascuno tiene il sesso addormentato dell’altro nella propria mano.

Non si vogliono lasciare e s’inteneriscono a questo sesso ormai sopito come ad un bambino innocente.

La mattina si ritrovano così, ma col sesso risvegliato.

 

 

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Oddio, non riesco a staccarmi, un altro pezzo dell’Ignoto, una chiara divagazione:

 

 

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Il tempo.

Il senso del tempo mi assilla.

Per questo mi cullo dolcemente il mio passato, come un oggetto fragile. Per questo mi ricordo di te, che ne hai fatto parte.

Evviva la memoria, maledetta memoria. Io sono il mio passato, appena appena il presente ma, non ho proprietà sul futuro.

Mi sento così casualmente vivo che non riesco a vedere al di là di una settimana.

Ma questo sentimento non mi da ansia, non mi da frenesia del vivere.

“Il tempo ci viene tolto o sottratto quasi a nostra insaputa, oppure ci sfugge, non si sa come. E la cosa più indecorosa è perderlo per trascurata leggerezza.”

“Sul passato la sorte ha perduto ogni potere, il passato non può dipendere dal capriccio di alcuno.….E’ la parte sacra del nostro tempo….”

Cito Seneca ma dissento da lui: la sorte avrà perduto ogni potere sul nostro passato,

ma non la nostra memoria.

Benedetta memoria!

Noi imbelli e pavidi, riusciamo se vogliamo, a modificare il nostro passato tramite un sottile accordo con la nostra memoria.

Ci basta trasfigurare con accanimento certi particolari, a volte minimi, una, due, tre volte..

Poi la nostra memoria provvede al resto: ricordiamo come vogliamo e salviamo il nostro passato.

La nostra memoria è spesso bugiarda.

Volenti o nolenti salviamo noi stessi.

 

 

 

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italo calvino

 

 

Sono più o meno le due di notte ed ho un po’ di sonno ma devo ancora leggere qualcosa da un libro di calvino, scoperto per caso, splendido perché sono riflessioni, storie personali e storie di altri che parlano di lui.

Quindi fai un po’ quel che vuoi di questo pastrocchio che non ho neppure tempo di rileggere ( bugiardo! non rileggo mai! )

 

 

 

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8 risposte a ROBERTO RODODENDRO:: UNA AUTOBIOGRAFIA IN MUSICA … / 1963 e oltre…

  1. E’ quel bellissimo sorriso sornione di Hemingway che mi crea invidia e nostalgia. Avrei voluto essere come lui ma non lo sapevo!
    Da ridere e
    meglio così perchè l’Hemingway di quel sorriso era ed è irraggiungibile, pura splendida fantasia.
    Poi ci metti il suicidio con il fucile ( ma poteva essere anche un revolver) che se ne immagini le motivazioni , come probabilmente ho fatto io tanto tempo fa , ne esce un eroe di quelli veri, coscienti della vita minuto per minuto, tanto da capire quand’è inutile proseguirla.

    Ed anche questo fa parte del “pastrocchio” e, chissà, Chiara/Bru, se me lo rifarai ritrovare davanti in questi tristi giorni natalizi dove rinascono ricordi sopiti, desideri irrealizzabili e si, rimpianti per qualcosa che , per paura, per pigrizia e per chissà chi , non hai neanche provato a realizzare…

    forse il pastrocchio continuerà a crescere, assolutamente a casaccio.
    Anch’io ti voglio bene e quando è un po’ che non ti sento, mi manchi.

  2. e quella ragazza di allora, fino a due anni fa esisteva ancora. oggi non so.
    Circa setto o otto anni fa, in un momento di noia, di curiosità o di nostalgia andai su internet e con quei pochi dati che ancora avevo a mente mi misi a cercarla e …. la trovai!
    Accidenti, intravidi anche due sue fotografie ma lì, non mi decidevo ad entrare.
    Ho sempre evitato di vedere le ragazze amate in gioventù trenta/quarant’anni dopo. Paura che i cambiamenti inevitabili che poco noti in una persona che ti sta vicino in quei casi potesse diventare un ostacolo insormontabile. – Col tempo, con lo specchio e con l’età capii che era una sciocchezza. –
    Quindi anche quelle due immagine intraviste su internet mi creavano ansia: aprirle o dimenticarle e ricordare il passato assai remoto che poi era solo in alcune fotografie?
    La curiosità, com’è sempre stato , prevalse e le aprii: nessuna delusione anche se gli anni passati c’erano tutti e forse qualcuno di più, così composi il numero di telefono che squillò per tre quattro squillie poi la voce.
    la voce identica che dimenticai il volto
    e lei,
    due dieci parole ed anch’io riapparii da quel passato lontano ma stupidi come sempre siamo – passati i primi istanti d’emozione – riprendemmo come due vecchi amici perchè lei non era da sola ma con una sua . evidentemente cara amica perchè la sentii dire “ti ricordi di quel ragazzo lontano chemi aveva scritto un quasi libro? “.
    Parlammo poco e distaccati come in realtà non eravamo perchè le emozioni erano tante.
    E lei , come giustamente sarei dovuto aspettarmi da lei , non aveva internet e neppure un cellulare.
    Da maestra elementare pressochè cacciata per “infamia” e quell’infamia ero io, era diventata preside e per due legislature anche sindaco del paese dove era andata a vivere.
    L’orientamento non lo chiesi perchè non volevo litigare ancora sessant’anni dopo 🙂

    Comunque, due giorni dopo quest’incontro “volatile” trovai un suo messaggio sulla segreteria del mio cellulare dove rimpiangeva la mancanza d’intimità di quel momento per la presenza della sua amica e per la mancanza improvvisa di parole.
    Non la richiamai.
    Mi richiamò due anni fa in questo periodo natalizio ma fummo ancor più brevi e freddi circondato com’ero dalla famiglia curiosa che fingeva di lasciarmi spazio ma li sentivo addosso.
    Ed ora?
    Gli anni possono essere troppi, già allora ne aveva due più di me ….

    Vedi Chiara che riesco ad inanellare parole vuote, perchè?

  3. ueue scrive:

    Nostalgia, dolore del ritorno che forse non ci sarà mai.

    • La nostalgia, per me , è un sentimento sano. Dimostra che abbiamo vissuto ed anche momenti indimenticabili, perfino per la memoria di un giovane vecchio.
      Più “saudade” che semplice nostalgia. Quella parola mi rievoca sempre momenti , si, diciamo “momenti” senza ripeterci.
      Dolore?
      Non ho più l’età del “ritorno”, non l’ho avuta neppure allora quando sono ritornato.
      Ecco qua:
      “Marguerite Duras, in un racconto, dopo un amore finito,chiuso definitivamente, scrive: “
      “ E poi ho cominciato a scrivere.”

      La Duras mi affascina, anche se non abbiamo nulla in comune. Ma è poi vero?
      Non abbiamo nulla in comune nello scrivere, nel sentire un sentimento.
      Lei vive di sensazioni e di vuoti.
      Io i vuoti li voglio tutti riempiti ed ho il sospetto di vivere senza sensazioni, al di fuori del sentimento.
      Ho il sentimento del tempo che mi divora.
      Perciò scrivo di storie lontane perché le sento presenti e contemporaneamente cosi assolutamente finite.
      Sento cocenti nostalgie, ma non vorrei mai incontrare alcuna delle persone di cui provo nostalgia.
      Quelle di allora non esistono più. Incontrerei sconosciuti.
      Scrivo di morte.
      Te ne rendi conto?

      Ma una volta ho ceduto alla tentazione.
      Nel dicembre di due anni fa mi sono trovato a Udine.
      Lo feci apposta? Fu una necessità o un caso?
      Non lo so. So che avrei potuto evitarlo. Tirare dritto. Ma mi sarebbe costato molto rinunciare alla tentazione.
      Così ho deviato per il paesino di Laura con la mia bella macchina sportiva targata Imperia.
      Come sempre, quando si rivisita un posto dopo parecchi anni, difficilmente il ricordo coincide con la realtà.
      Mi resi conto allora, per la prima volta, di quanto piccolo fosse, di quanto triste e separato dal mondo.
      Quattro case vecchie, una strada principale e la piazza delle corriere, col bar, balera, ristorante.
      Nemmeno il treno passa di lì.
      Un paese che è una deviazione comunque.
      Ed intorno solo campagna spoglia. Forse perché era dicembre. Forse d’estate erano prati e vacche.
      Volevo rivederla?
      Ero mosso da desiderio e paura. Così, in un certo senso, lasciai che fosse il caso a decidere.
      Scioccamente presi a girare per il paese sulla mia auto sportiva con targa Imperia pensando che avrei potuto incontrarla (era mattina), magari mentre faceva compere…. Oppure, in quel paese dove nessuno si faceva i fatti suoi, qualcuno avrebbe potuto avvertirla di quest’auto appariscente e strana, con una targa che poteva riportare ricordi dimenticati.
      Forse qualcuno ricordava ancora di quel ragazzo di Sanremo, di quella storia che, dentro di me pensavo, aveva fatto mormorare il paese.
      Mi fermai anche al bar, balera, ristorante a prendere un caffè…..Insomma, mi misi in mostra come meglio potevo senza decidermi a compiere il passo appena appena più lungo.
      Il cielo era coperto di nuvole scure, ma con quella luminosità che hanno le nuvole cariche di neve.

      Erano passati diecianni. Chissà com’era lei, chissà come avrebbe visto me.
      La paura di vederla diversa.
      Certamente diversa.
      Una sconosciuta…Che incontra uno sconosciuto.

      Finalmente mi decisi e passai davanti alla casa di Laura, una casetta ad un piano coi gerani al balcone.
      Erano passati diecianni e tremavo ancora come allora ed il cuore mi batteva forte.
      La casa aveva tutte le imposte chiuse ed i gerani non c’erano più (bella forza, era dicembre!). Non aveva l’aspetto di una casa abbandonata, ma era grigia. Una casa diversa, vecchia e triste.
      Ci passai davanti tre volte senza trovare il coraggio di fermarmi.
      Mi sono diretto, invece, sulla strada che porta a Faedis, altro paese triste, al bar tabaccheria del fratello di Laura.
      Sono entrato senza neanche pensare, ho ordinato un caffè ed un pacchetto di sigarette, le famose “super senza filtro”, quelle col veliero dorato su sfondo bianco e verde.
      Come uno di passaggio che si ferma casualmente.
      Non volevo pensare, giocava di nuovo la casualità: se m’avesse riconosciuto ( io lo riconobbi, era proprio lui, ma c’eravamo visti una volta sola), avrei saputo, forse l’avrei anche incontrata.
      Lui mi ha guardato con la curiosità come si guarda un volto che ci ricorda qualcosa e qualcuno ma non ci si sa decidere.
      Mi servì il caffè e le sigarette.
      Nessuno dei due parlò.
      Così me ne andai.

      Sulla strada del ritorno cominciò a nevicare, la neve cadeva morbida, accentuando il silenzio della campagna deserta, come uno sfogo delicato che allentò appena la morsa che avevo al cuore.”

      p.s. quello è stato un ritorno, però ho dubbi che fossi proprio io 🙂

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