FERNANDO GENTILINI, diplomatico e scrittore, Rileggere Gogol’ per capire lo scontro tra Ucraina e Russia — REPUBBLICA DEL 8 DICEMBRE 2021

 

 

REPUBBLICA DEL 8 DICEMBRE 2021

https://www.repubblica.it/cultura/2021/12/07/news/l_ucraina_vista_da_gogol_-329324099/

Rileggere Gogol’ per capire lo scontro tra Ucraina e Russia

di Fernando Gentilini

 

Andiamo alle radici dei complessi rapporti tra Kiev e Mosca attraverso l’opera del grande scrittore, che ha cantato un popolo diviso tra Est e Ovest

 

Si sa che l’attualità è nemica della storia, perché la cancella. Motivo per cui in televisione, sui giornali o sui tablet, in questi giorni, la parola “Ucraina” evoca più che altro il Cremlino che ammassa truppe alla frontiera con la ex repubblica sovietica, o al massimo l’occupazione russa della Crimea di qualche anno fa o la rivoluzione arancione nella Kiev d’inizio millennio. Qualsiasi pensiero al passato remoto scivola in secondo piano, come se fosse irrilevante. Come se immergersi nel tempo profondo non fosse l’unico modo per capire cosa sta succedendo al confine orientale dell’Europa.

Per riandare alle origini di questa crisi si potrebbe partire dalla Rus’di Kiev medievale, cuore dell’identità russa. Oppure dal rimpianto ucraino per i bei tempi andati del Commonwealth polacco-lituano.

O ancora dall’espansione verso sud del principato di Moscovia nei secoli XVII e XVIII. Ma si potrebbe anche provare a riannodare il filo della storia attraverso la letteratura, esercizio rischioso ma appassionante, leggendo ad esempio il Taràs Bul’ba di Gogol‘, epopea tutta ucraina sui cosacchi del Dnepr, “cugini” di quelli del Don, ambientata in un tempo imprecisato tra XV e XVII secolo.

 

Nato nel 1809 a Soročynci, in Ucraina, da una famiglia della piccola nobiltà ucraina e polacca, Nikolaj Gogol ‘esordì scrivendo racconti e saggi sulla sua terra d’origine. Voleva fare il professore, insegnare la storia della Piccola Russia (come allora veniva chiamata l’Ucraina). Ed è questa sua passione per la ricerca e lo studio delle fonti, unitamente alla sua identità plurima – un cuore ucraino, un’anima russa, una mentalità eclettica e cosmopolita – a rendere la lettura della sue opere giovanili così illuminante nel contesto attuale.

 

Nikolaj Vasil’evič Gogol’-Janovskij   ( Velyki Soročynci, 31 marzo 1809, 19 marzo del calendario giuliano – Mosca, 4 marzo 1852, 21 febbraio del calendario giuliano)

 

 

Nikolaj Gogol’ “Molto nella storia” scrive in un articolo sul formarsi della Piccola Russia, “vien deciso dalla geografia”. Così fu la mancanza di confini naturali a far sì che su questa pianura per metà steppa e metà foresta, si riversassero e poi mescolassero tra loro, a partire dall‘invasione mongola del XIII secolo, una miriade di popoli diversi, provenienti da est e da ovest. Un miscuglio di tartari, polacchi, russi e lituani, che disseminando tra i popoli slavi preesistenti le loro lingue, le credenze pagane, i canti, le fiabe, le mitologie, e una miriade di fedi e apostasie, favorì la nascita di una terra e di una stirpe cosacca (il termine kozàk, in tartaro, significa “uomo libero”).

Taràs Bul’ba, l’atamano dei cosacchi del Dnepr, è il demiurgo in questa specie di brodo primordiale ucraino, colui che per primo intuì il bisogno di una nazione. Occorreva per questo un’idea di patria, che fosse sinonimo di fratellanza cosacca. E Taràs riuscì a plasmarla puntando sulla fede greca, la lingua e le tradizioni della Piccola Russia, ma soprattutto assegnando una missione di civiltà ai suoi reggimenti cosacchi: che a ovest avrebbero combattuto gli invasori polacchi, razziando le loro chiese e le loro città, da Dubno fino a Cracovia; e a est sarebbero stati chiamati a respingere al di là del Mar Nero le tribù musulmane tartare e turche.

Si capisce un po’ meglio, adesso, cosa c’è dietro certe pulsioni nazionaliste ucraine; e la straordinarietà di una rivoluzione, quella di Maidan, fatta sventolando la bandiera europea.

E si perché da quando l’atamano cosacco Bohdan Khmelnytsky (forse Gogol’s’ispirò a un suo luogotenente) decise nel 1654 di sottomettersi allo zar e fino alla dissoluzione dell’Unione Sovietica del 1991, l’Ucraina ha fatto parte di un’entità politica governata da Mosca, con l’eccezione del periodo 1917-1920. Ed era quindi normale che con l’indipendenza e le ambizioni euro-atlantiche del paese, riemergesse la “linea di faglia” che da sempre lo taglia in due, e che il Cremlino prova da tempo a strumentalizzare.

È la linea che separa Occidente e Ortodossia, sostiene Huntington nel suo Clash of Civilizations. Dove troviamo la mappa di un paese culturalmente spaccato tra est e ovest, con lingue e religioni diverse, e uno scenario che prefigura il destino della Crimea, della regione di Dombas e più in generale le dinamiche di questi giorni. Ma esiste anche un’altra verità, un po’ più complessa, ossia una nazione con un’identità tutta sua e distinta da quella russa. Che difatti nel referendum del 1991 si espresse compatta in favore dell’indipendenza da Mosca, non solo a Kiev e nelle regioni occidentali, ma anche in quelle orientali e in Crimea.

Gogol’, comunque, si sentiva scisso. Nel senso che non smise mai di stare sia al di qua che al di là della linea di faglia, anche se alla fine scelse di agire da russo. Forse per amore di Pietroburgo, dove si trasferì, o perché stregato dalla lingua di Puškin, di cui divenne amico.

La Piccola Russia rimase nel suo cuore, con i colori mediterranei, la musica e i pomeriggi afosi d’estate. Ma essere scrittore, sotto gli zar, comportava degli obblighi. E così a un certo punto decise di rimettere mano a Taràs Bul’ba, in modo che il suo cosacco fosse un po’ più russo che ucraino…

 

È il motivo per cui oggi, sia a Kiev che a Mosca, Gogol’viene considerato di casa. Gli Ucraini riconoscono in lui un compaesano; i Russi lo adorano come Tolstoj, Dostoevskij, Checov o Puškin. A quest’ultimo Gogol’ dedicò un saggio bellissimo, tutto sulla spiritualità russa. Li univa una strana fede nel Sud, per quelle terre ai confini dell’impero che sapevano di mondi lontani. L’Ucraina sta alla prosa di Gogol’, come il Caucaso e la Crimea stanno alla poesia di Puškin. Due fascinazioni simmetriche e irresistibili per le acquisizioni più meridionali degli zar, al cui richiamo, evidentemente, nessun russo riesce a sottrarsi del tutto.

Lo conferma il famigerato articolo di Putin del luglio scorso, dedicato alla presunta unità storica tra Russi e Ucraini. Si parla ovviamente di geopolitica, di dipendenza energetica, di confini con l’Occidente… Ma soprattutto si parla di miti, di tradizioni, di letteratura sia russa che ucraina. Per Putin si tratterebbe di un’eredità comune e indivisibile: e cita come esempi sia il “patriota” Gogol’ sia il poeta Shevchenko, esiliato dallo zar Nicola, il cui ritratto nei giorni di Maidan simboleggiava unità, libertà e orgoglio nazionale ucraino.

Il punto allora è questo, e trascende la questione specifica: ma come vengono prese le grandi decisioni di politica estera? Quali sono le ragioni profonde di certe mosse sullo scacchiere internazionale? Non sarà che a volte, più della geopolitica, contino i miti, i simboli, i demoni letterari?.

 

La serie. Finis Terrae

Dopo Libia ed Etiopia prosegue la serie di Fernando Gentilini: il racconto geopolitico di un’area del mondo attraverso i classici

 

 

Fernando Gentilini

 

Fernando Gentilini, diplomatico di professione, ha un’esperienza ventennale in gestione di crisi internazionali, affari europei e multilaterali. Tra le altre cose è stato direttore del Servizio diplomatico europeo per i Balcani occidentali e la Turchia, rappresentante speciale dell’Ue in Kosovo e inviato della Nato in Afghanistan. Dal 2018, è direttore generale per il Medio Oriente e il Nord Africa del Servizio diplomatico europeo di Bruxelles. Ha pubblicato: In Etiopia (1999), Infiniti Balcani (2007, vincitore del premio Cesare Pavese e del premio Capalbio) e Libero a Kabul (2011). Collabora con le pagine culturali de “La Stampa”.

da :

http://www.lanavediteseo.eu/item/tre-volte-a-gerusalemme/

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2 risposte a FERNANDO GENTILINI, diplomatico e scrittore, Rileggere Gogol’ per capire lo scontro tra Ucraina e Russia — REPUBBLICA DEL 8 DICEMBRE 2021

  1. Giovanni Calogero scrive:

    Fortuna vobis adsit non vuol dire ” La Fortuna vi aspetta”, ma “La Fortuna vi assista”. Adsit è congiuntivo ottativo di adsum.
    Per il resto, complimenti

    • Chiara Salvini scrive:

      La ringrazio molto per correggerci e devo confessare .. ancora più per i complimenti che fanno sempre piacere, avremmo bisogno di un supervisore ” attento ” come lei, chiara per il blog

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