ORIETTA MOSCATELLI, La crisi dei migranti tra Bielorussia e Polonia è un grande diversivo –LIMESONLINE 12 NOVEMBRE 2021

 

LIMESONLINE 12 NOVEMBRE 2021

https://www.limesonline.com/guerra-migranti-polonia-bielorussia-lukashenko-ue-russia-ucraina-donbas/125671

 

 

La crisi dei migranti tra Bielorussia e Polonia è un grande diversivo

 

Carta di Laura Canali - 2020

Carta di Laura Canali – 2020

 

 12/11/2021

Possibile che dietro l’azzardo di Minsk ci sia Mosca, più probabile che Lukašėnka abbia forzato la mano di Putin, sicuro che i problemi veri di Russia e Bielorussia non siano ai confini con l’Ue.

 

 

di Orietta Moscatelli

BIELORUSSIA, MIGRANTI, APPUNTI GEOPOLITICI, SCONTRO USA-RUSSIAALEXANDER LUKASHENKO

Quando Angela Merkel e Vladimir Putin sono costretti a parlarsi due volte in due giorni, la questione è seria.

 

La cancelliera tedesca ha discusso con il presidente russo la crisi dei migranti al confine tra Bielorussia e Polonia sia mercoledì sia giovedì, salvo sentirsi consigliare la ripresa dei contatti Unione Europea-Minsk come via per una soluzione.

 

Visto che c’era, il leader del Cremlino ha tirato fuori la lista delle tensioni nella regione che veramente lo inquietano:

le nuove mosse Nato e Usa nel Mar Nero e quelle del governo di Kiev nel Donbas.

Due messaggi all’Europa e, per default, agli Stati Uniti quale unico attore con facoltà di cambio di scena: “perché mai dovrei togliervi le castagne dal fuoco – chiede Putin – e, in caso, cosa riceverei in cambio?”. Domande indirette e non nuove, che molto probabilmente resteranno senza risposta.

 

Sospettato di essere il vero regista della “guerra dei migranti” lungo la nuova cortina di ferro, il leader russo potrebbe certo fermare con una telefonata i flussi di disperati convogliati verso la capitale bielorussa e poi lasciati fluire verso la frontiera con l’Unione Europea. Non è detto però che ancora una volta a condurre la partita non sia l’astuto e mai domo Aljaksandr Lukašėnka (Lukashenko).

 

Il presidente bielorusso sta giocando su due tavoli. All’Europa ricorda che può creare problemi non secondari, se messo alle strette. Contemporaneamente, costringe Mosca a schierarsi al suo fianco ancora una volta, ancora di più, accumulando punti per il premio più ambito: restare al potere, azzerare i tentativi russi di organizzare una transizione fluida verso un cambio di leadership.

 

Dopo giorni di toni sempre più alti e minacce sempre piuttosto vaghe, Lukashenko ha ventilato la minaccia di fermare le forniture di gas russo che transitano dal suo paese tramite il gasdotto Jamal-Europa. Questo in territorio bielorusso si divide in due tracciati: uno verso la Polonia, quindi la Germania, l’altro verso l’Ucraina. La mossa potrebbe essere stata concordata con Mosca, che però non delega volentieri le questioni che riguardano il suo gas; quindi più probabile che si tratti di un’uscita in stile libero di Lukašėnka. In questo momento peraltro la Russia è impegnata ad attestarsi come fornitore iper-responsabile e imprescindibile per l’Ue e un’interruzione del gasdotto che trasporta il 20% delle sue forniture all’Europa non gioverebbe all’impresa.

 

Le imminenti nuove sanzioni europee non peggioreranno molto la situazione a Minsk, ma il presidente bielorusso non perde occasione per dire che conta sulla Russia, preambolo alla richiesta di qualche finanziamento o credito. Puntuale, dalla Russia è arrivata la conferma: «Mosca non mancherà di porgere la spalla», ha messo nero su bianco il ministero degli Esteri Sergej Lavrov in un comunicato. Le parole costano poco, ma nella capitale russa cresce il partito di quanti ritengono inutile e deleteria la difesa a oltranza di Lukašėnka. Soprattutto dopo l’ultimo incontro al vertice con Putin, con la firma di 28 programmi per l’integrazione tra Russia e Bielorussia, sotto le aspettative e di fatto un ulteriore rallentamento del processo. Ma altri da difendere a Minsk non si trovano e la mutua dipendenza con Lukašėnka resta opzione obbligata, se non ideale.

 

La crisi intitolata ai migranti sulla faglia est-ovest ha diversi potenziali vincitori: il fronte russofobo che alza il tiro contro la Bielorussia come ultimo avamposto del nemico russo da abbattere; il regime di Lukašėnka in cerca dei tempi supplementari; Mosca che può spuntare contropartite per ricomporre l’emergenza; gli Stati Uniti che guardano da comoda distanza l’opera di contenimento della Russia portata avanti dai ‘delegati’ orientali capeggiati dalla Polonia.

 

C’è invece un unico perdente certo: l’Unione Europea, che comunque vada ne uscirà indebolita e in crisi di identità aggravata. A spedirla sul lettino dello psicanalista ci prova il presidente del Consiglio Ue Charles Michel, che ha aperto all’idea di costruire muri al confine esterno orientale. Possibilmente con fondi comunitari, precisa il fronte est-europeo abituato a chiedere e non concedere. Il tempo dirà chi ha scommesso giusto. Nel frattempo a Mosca si fanno venire il dubbio – pubblicamente – che tanto rumore europeo sul fronte bielorusso serva a distrarre da quello ucraino, dove la frontiera del Donbas è davvero a rischio di un nuovo conflitto.

 

«La Russia non inizierà la guerra, ma può dimostrare di essere pronta all’uso della forza, se necessario», riassume a Bloomberg una fonte vicina al Cremlino.

 

Carta di Laura Canali - 2021Carta di Laura Canali – 2021

Condividi
Questa voce è stata pubblicata in GENERALE. Contrassegna il permalink.

1 risposta a ORIETTA MOSCATELLI, La crisi dei migranti tra Bielorussia e Polonia è un grande diversivo –LIMESONLINE 12 NOVEMBRE 2021

  1. ueue scrive:

    Sicuramente non è una questione facile da risolvere. Quello che colpisce in questa vicenda così tragica è che le ragioni umanitarie non vengono nemmeno prese in considerazione dai diversi stati e dall’Europa.

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *