MARC BLOCH, LA GUERRA E LE FALSE NOTIZIE, DONZELLI, 2004 + Pensiero Plurale, Vita e opere di Marc Bloch + Alessandro Santagata, Nuova edizione di un saggio di Marc Bloch sulla Prima guerra mondiale, MANIFESTO, 12-5-2016

 

 

 

 

Marc Bloch

La guerra e le false notizie

Ricordi (1914-1915) e riflessioni (1921)

Introduzione di Maurice Aymard. Traduzione di Gregorio De Paola

Virgolette, n. 4

2004, pp. XVIII-106
12.50

DONZELLI, 2004

 

 

SCHEDA LIBRO

Nel 1914 Marc Bloch va in guerra. Sergente di fanteria, dopo quattro anni memorabili e tremendi, ne uscirà col petto arricchito di cicatrici e di decorazioni, ma anche con una più piena consapevolezza del proprio mestiere di storico. Nei Ricordi di guerra 1914-1915 è proprio lo storico a impugnare la penna: in pagine che echeggiano Tolstoj, il caos delle battaglie viene evocato attraverso i particolari: gli sciami di pallottole delle mitragliatrici, le «melodie funebri» delle granate, la morte anonima e vicina dei compagni, la stanchezza dei sopravvissuti e il «segreto piacere» di chi ammira il proprio cappotto forato dai proiettili. Come il Fabrizio della Certosa di Parma di Stendhal a Waterloo, così Bloch nella battaglia della Marna si ritrova protagonista di un evento grandissimo, di cui non riesce a vedere e dominare che un microscopico frammento. Ma la sua testimonianza può diventare generale proprio perché l’autore ha scelto di non dire niente che non abbia personalmente visto e vissuto. L’esperienza individuale della guerra viene ripensata da Bloch nelle Riflessioni sulle false notizie della guerra (1921), all’interno di un ragionamento sulla critica delle testimonianze e sulla vecchia opposizione tra verità ed errore. La guerra è stata un «esperimento immenso di psicologia sociale» e lo storico deve imparare a studiarla come tale. Il «rinnovarsi prodigioso della tradizione orale, madre antica delle leggende e dei miti», ha creato un ambiente favorevole alla fabbricazione e diffusione delle «false notizie» che hanno circolato nelle trincee. Bloch ne svela i percorsi, individuando nei grandi stati d’animo collettivi il sostrato che consente ai pregiudizi di trasformare una cattiva percezione in leggenda: una strada feconda, che lo porterà più tardi a concepire il grande affresco storico dei Re taumaturghi.

 

 

 

Marc Bloch

 

AUTORE
La prima ora di storia - L'«Apologia della storia» di Marc Bloch - Radici Digitali

Marc Bloch

 

Marc Bloch e le Fake News – Il Punto Quotidiano

 

 

Marc Bloch (1886-1944), fondatore insieme a Lucien Febvre delle «Annales d’histoire économique et sociale», è stato uno dei più grandi storici del Novecento.

 

Il testamento di Marc Bloch - Oltre il ponte

 

 

VIVERE PER LA STORIA. MARC BLOCH – Emilius

 

 

segue da :

 

https://www.pensieroplurale.it/vita-e-opere-di-marc-bloch/

 

Marc Bloch è un grande storico francese, nato a Lione nel 1886 e morto a Les Roussilles, nei pressi di Lione, nel 1944. Come professore di storia medievale, a Strasburgo (1919), si fece conoscere per le sue lezioni di ampie vedute e per il suo modo, sempre acuto e penetrante, di cogliere le dinamiche degli eventi.

Dal 1936 assume l’insegnamento di storia economica alla Sorbona.

Studia la condizione dei servi sotto i Capetingi e avvia una ricerca di “storia della mentalità”, un condensato di storia delle idee, storia dell’ambito socio-politico e storia dell’economia. Sgorga così Les Rois thaumaturges, 1924; opera tradotta e quindi introdotta in Italia solo nel 1973.

Collega e amico a Strasburgo di L. Febvre, propose nella rivista con lui fondata e diretta dal 1929, Annales d’histoire économique et sociale, un’indagine ad ampio raggio che, attraverso l’interdisciplinarietà, giunge a una ricostruzione più ricca, concreta e articolata della vita sociale. A tal proposito, sono da segnalare, Les caractères originaux de l’histoire rurale française (1931; trad. it. 1973) e La société féodale (1939-40; trad. it. 1949).

A tali esperienze storiografiche s’ispira lo scritto metodologico Apologie pour l’histoire ou Métier d’historien (post., 1949; trad. it. 1950).

Partecipa a entrambe le guerre mondiali, e fu uno dei capi della Resistenza.

In quanto ebreo, dopo l’armistizio del 22 giugno 1940 e la smobilitazione, Bloch fu escluso dalla funzione pubblica (ottobre 1940). Inizialmente pensò di trovare rifugio negli Stati Uniti, dove gli era stato offerto un posto alla New School for Social Research di New York; ma in seguito dovette rinunciare al progetto in quanto non poteva portare con sé il figlio maggiore, in età di leva. Fu riammesso alle sue funzioni per eccezionali meriti di servizio, grazie alla decisione del segretario di Stato per l’educazione nazionale, lo storico Jérôme Carcopino, vecchio allievo del padre, e ottenne una nomina alla facoltà di Strasburgo, succursale di Clermont-Ferrand. Qui Bloch continuò le sue ricerche, in condizioni molto difficili e in preda a grande inquietudine. Per le precarie condizioni di salute della moglie, chiese e ottenne un trasferimento a Montpellier nel 1941. Anche dopo aver perso l’accesso alla propria biblioteca personale continuò a scrivere per la rivista Annales (all’epoca ribattezzata Mélanges per sfuggire alla censura sulle pubblicazioni accademiche), firmandosi Fougères. In quel periodo difficile, senza consultare documenti, scrisse l’Apologie pour l’histoire, ou Métier d’historien, pubblicata postuma nel 1949 per iniziativa di Lucien Febvre.

Quando i tedeschi invasero la zona libera, sino ad allora controllata dal Governo di Vichy, Bloch dovette tornare con la famiglia a Fougères; alla fine del 1942 o all’inizio del 1943 entrò nella Resistenza; scelse il nome fittizio di Narbonne. Si trasferì quindi a Lione, dove sotto lo pseudonimo di Blanchard contribuì in prima persona all’attività dei Franc-Tireur. Fu arrestato l’8 marzo 1944 dalla Gestapo, torturato per tre mesi e ucciso a colpi di mitra il 16 giugno successivo con 29 altri partigiani a Saint-Didier-de-Formans. È sepolto presso il cimitero di Le Bourg-d’Hem.

La sua influenza sulla storiografia contemporanea rimane indelebile.

È anche autore di una testimonianza sulla sconfitta francese del 1940 (L’étrange défaite, post., 1946; trad. it. 1957).

Tra le altre opere apparse postume: Esquisse d’une histoire monétaire de l’Europe (1954; trad. it. 1981), Seigneurie française et manoir anglais (1960; trad. it. 1980) e i saggi di vario argomento raccolti in Mélanges historiques (1963).

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” È da gran tempo che i nostri ‘maggiori’ ce l’han detto: l’oggetto della storia è, per natura, l’uomo. O, più esattamente, gli uomini. Meglio del singolare, modo grammaticale dell’astrazione, a una scienza conviene il plurale, che è modo della diversità. Dietro i tratti concreti del paesaggio, dietro gli scritti che sembrano più freddi, dietro le istituzioni in apparenza più distaccate da coloro che le hanno create e le fanno vivere, sono gli uomini che la storia vuole afferrare.

Colui che non si spinge fin qui non sarà mai altro, nel migliore dei casi, che un manovale dell’erudizione. Il bravo storico, invece, somiglia all’orco della fiaba. Lui sa che là dove fiuta carne umana, là è la sua preda. ”

 

MARCO BLOCH, “Apologia della storia”

 

 

 

 

IL MANIFESTO DEL  12 MAGGIO 2016

https://ilmanifesto.it/nuova-edizione-di-un-saggio-di-marc-bloch-sulla-prima-guerra-mondiale/

Nuova edizione di un saggio di Marc Bloch sulla Prima guerra mondiale

Saggi. “Storia psicologica della prima guerra mondiale” per Castelvecchi

Alessandro Santagata

 

EDIZIONE DEL 12.05.2016

PUBBLICATO12.5.2016, 0:06

AGGIORNATO11.5.2016, 21:12

 

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L’intuizione di Marc Bloch alla base del suo celebre saggio sulle guerra e le false notizie è che nello stato di eccezione lo studioso possa trovare un campo favorevole per investigare le «rappresentazioni collettive» che permettono la diffusione di miti e leggende. Di questo studio, pubblicato nel 1921 con il titolo Riflessioni di uno storico sulle false notizie della guerra, gli storici hanno evidenziato l’importanza metodologica per la produzione successiva dello stesso Bloch e, più in generale, per le generazioni di studiosi di storia sociale e culturale.

 

 

CASTELVECCHI, 2015

 

 

 

Francesco Mores ha curato una nuova edizione del testo per Castelvecchi (Storia psicologica della prima guerra mondiale, pp. 114, euro 14,50) affiancando alla riflessione dello storico francese una brochure del 1915 a firma di Joseph BédierCrimini tedeschi provati con testimonianze tedesche.

 

 

 

 

Si tratta di un testo poco noto, di carattere propagandistico, ma come spiega Mores molto importante per comprendere il contesto culturale in cui sono nate le Riflessioni di uno storico. A proposito di Bédier, docente di Letteratura francese medioevale al Collège de France, è stata sottolineata l’influenza che le sue ricerche sulla trasmissione delle leggende popolari tra XII e XIII secolo hanno avuto sulla scrittura della Società feudale.

 

Nel caso di Bédier, come si è detto, siamo di fronte a un testo militante (partorito all’interno del Comité d’études et documents sur la guerre ideato da Emile Durkheim) che aveva lo scopo di denunciare con le fonti tedesche i crimini commessi dall’esercito nei confronti delle popolazioni. Un libello propagandistico, dunque, in linea con altre pubblicazioni del periodo come l’opuscolo di Passelecq, Le second livre blanc allemand del 1916 e quello del sociologo belga Fernand van Langenhove, Comment naît un cycle des légendesFrancs-tireurs et atrocités en Belgique: due testi pensati in risposta alla dura campagna di stampa del governo tedesco.

Secondo le autorità germaniche, infatti, le atrocità compiute durante l’occupazione erano la reazione ad altrettante atrocità belghe. Il libello Langenhove, che sappiamo rientrare tra le letture di Bloch, interpretava attraverso fonti tedesche la presenza di franchi tiratori belgi alla stregua di un ciclo leggendario.

Le Riflessioni di uno storico nascono in perfetta continuità con questo tipo di analisi sulla psicologia collettiva e sulla diffusione di racconti in un contesto segnato dalla censura. Ugualmente – aggiunge Mores – si possono trovare forti affinità con la brochure di Bédier, particolarmente interessante sia dal punto di vista contenutistico, per la denuncia dei meccanismi di brutalizzazione, sia da quello metodologico come esercizio di critica delle fonti (ancora una volta i quaderni di guerra requisiti ai soldati tedeschi).

Proprio come Bédier, anche Bloch si interroga sulla relazione tra testimonianza e autenticità e sugli effetti che determinati sostrati culturali – dall’epica alla propaganda contro il nemico – hanno avuto nell’indirizzare le credenze e i comportamenti concreti dei soldati. A partire dell’episodio dell’interrogatorio del prigioniero di Brema (Brême in francese) da parte dello stesso Bloch e della successiva diffusione della voce che fosse una spia tedesca «in sonno» nella vicina Braisne, lo storico esamina come un fraintendimento (la modificazione di una parola) abbia potuto alimentare una notizia falsa e, nello stesso tempo, rivelatrice di una rappresentazione collettiva, quella del tradimento, ben radicata nell’esercito francese. Quindi mette a confronto il ruolo svolto dai convogli e dalle cucine nella trasmissione della falsa notizia con quello dei trovatori e degli ambulanti del XII secolo.

Come in un moderno medioevo, la guerra svela i meccanismi psicologici collettivi che l’alimentano. La «lezione» del Bédier medievista viene accostata agli studi più recenti di psicologia per scrivere una pagina meravigliosa di storia contemporanea.

 

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1 risposta a MARC BLOCH, LA GUERRA E LE FALSE NOTIZIE, DONZELLI, 2004 + Pensiero Plurale, Vita e opere di Marc Bloch + Alessandro Santagata, Nuova edizione di un saggio di Marc Bloch sulla Prima guerra mondiale, MANIFESTO, 12-5-2016

  1. ueue scrive:

    Che bella la storia fatta in questo modo!

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