( un primo contato con —) L’IMPERO KUSHANA – DAL PRIMO SECOLO AL TERZO / QUARTO SECOLO – fonti diverse

 

 

 

 

La città di Bamiyan faceva parte dell'Impero Buddista Kushan nei primi secoli dell'era cristiana. Dopo che l'Impero Kushan cadde nei Sassanidi, Bamiyan divenne parte del Kushansha, vassalli dei Sassanidi. Le Hftaliti conquistarono

 

un fumetto diffuso e prodotto nell’Impero Kushan

 

 

 

kushan

Figura Femminile in piedi; terracotta, Cultura di Taxila (Kushan) Pakistan, I sec. 17,8×9,2×3,8 cm. AN. 88.194

 

 

 

Impero Kushan Immagini e Fotos Stock - Alamy

 

 

 

Impero Kushan Immagini e Fotos Stock - Alamy

impero Kushan

 

 

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foto Impero Kushan — alamy

 

 

 

 

Il Fatto Storico

Il primo quotidiano sulle scoperte archeologiche

Scoperte delle sculture buddiste in Pakistan. Impero Kusana

MAGGIO 8, 2016

 

Scoperte delle sculture buddiste in Pakistan

 

 

 

 

impero kusana | Il Fatto Storico

Siddhartha mentre lascia il palazzo reale (Aurangzeib Khan, Courtesy ACT/Italian Archaeological Mission)

 

Nell’antica città di Bazira sono state scoperte delle bellissime sculture buddiste risalenti a oltre 1.700 anni fa. Le sculture sono state trovate tra le rovine di un santuario e del suo cortile, e testimoniano la vita religiosa della città.

Chiamata anche Vajirasthana, Bazira si trova nella valle dello Swat, in Pakistan. Da piccolo villaggio quale era nel II secolo a.C., diventò più tardi una città all’interno dell’impero Kusana. Al suo apice, questo impero controllava un territorio che si estendeva dalla moderna India all’Asia centrale.

L’impero Kusana cominciò il declino nel III secolo d.C., quando una serie di terremoti devastò peraltro Bazira. Questi due eventi portarono la città alla rovina e all’abbandono verso la fine del III secolo.

Oggi le rovine di Bazira si trovano vicino al moderno villaggio di Barikot. La missione archeologica italiana scava nel sito dal 1978, portando gradualmente alla luce i resti dell’antica città.

 

 

I resti del santuario e del cortile (Aurangzeib Khan, Courtesy ACT/Italian Archaeological Mission)

I resti del santuario e del cortile (Aurangzeib Khan, Courtesy ACT/Italian Archaeological Mission)

Il santuario visto dall'alto (Aurangzeib Khan, Courtesy ACT/Italian Archaeological Mission)Il santuario visto dall’alto (Aurangzeib Khan, Courtesy ACT/Italian Archaeological Mission)

 

La grande partenza

Una delle sculture raffigura Siddhartha mentre lascia un palazzo, in sella a un cavallo di nome Kanthaka. La scultura probabilmente faceva parte della decorazione del santuario.

Secondo la tradizione buddista, Siddhartha era un ricco principe che viveva nel palazzo reale a Kapilavastu, odierno Nepal. Visse negli agi della reggia, recluso dal padre, fino a quando un giorno volle vedere la realtà del mondo e perciò uscì dal palazzo, ma vide la sofferenza della gente comune. Dopo tale esperienza, decise di lasciare la reggia per vivere da povero in cerca dell’illuminazione. Divenne più tardi il Gautama Buddha.

 

Siddhartha (Aurangzeib Khan, Courtesy ACT/Italian Archaeological Mission)Siddhartha (Aurangzeib Khan, Courtesy ACT/Italian Archaeological Mission)

(Aurangzeib Khan, Courtesy ACT/Italian Archaeological Mission)Il cavallo Kanthaka (Aurangzeib Khan, Courtesy ACT/Italian Archaeological Mission)

 

Nella scena scolpita si vedono anche due yaksha (degli spiriti della mitologia buddhista) che sostengono gli zoccoli di Kanthaka, scrive l’archeologo Luca Olivieri, direttore degli scavi a Bazira, nel Journal of Inner Asian Art and Archaeology.

 

(Aurangzeib Khan, Courtesy ACT/Italian Archaeological Mission)Uno yaksha (Aurangzeib Khan, Courtesy ACT/Italian Archaeological Mission)

 

La figura più a sinistra è la dea della città di Kapilavastu, con in testa una corona, mentre tiene le mani unite in segno di venerazione.

 

Un uomo sconosciuto – forse una divinità – sta dietro Kanthaka, con la mano sinistra sulla bocca e la destra che tiene un indumento simile a una sciarpa chiamato uttariya.

 

(Aurangzeib Khan, Courtesy ACT/Italian Archaeological Mission)(Aurangzeib Khan, Courtesy ACT/Italian Archaeological Mission)

 

Testa di dio e vino

Nel cortile del santuario, gli archeologi hanno poi trovato un’altra scultura, questa volta risalente a un periodo successivo al terremoto. Il santuario era stato infatti ricostruito con dei materiali deteriorabili quali legno. Sempre in questo periodo, il cortile venne trasformato in una cucina che serviva le case accanto.

La scultura “rappresenta una divinità sconosciuta, una figura maschile anziana seduta su un trono, con capelli lunghi e ricci, mentre tiene nelle mani un calice di vino e una testa mozzata di capra», spiega Olivieri a Live Science, aggiungendo che la figura assomiglia un po’ a Dioniso, il dio greco del vino.

 

Il vino era prodotto su larga scala nella valle dello Swat, e alcune persone della zona, persino dei monaci buddisti, avevano problemi d’alcol. Dice Olivieri: «Abbiamo trovato dozzine di presse enologiche antiche e tini nel cortile. Dai testi, sembra che le scuole buddiste facessero del loro meglio per limitare la consumazione di vino e altre ‘bevande alcoliche’, persino in mezzo alla comunità monastica». La testa di capra nella scultura simbolizza anche una passione locale: «La capra è un animale associato alle montagne nelle culture dell’Hindu Kush, la regione locale», dice Olivieri.

 

(Aurangzeib Khan, Courtesy ACT/Italian Archaeological Mission)(Aurangzeib Khan, Courtesy ACT/Italian Archaeological Mission)

 

Stupa con leoni

 

Un’altra bellissima scultura che una volta decorava il santuario raffigura una stupa, un tipico monumento buddhista funerario e oggi anche luogo di preghiera e venerazione. Vicino alla cima della stupa c’è un’harmika (un balcone quadrato con parapetto), decorata con un motivo floreale.

 

Due colonne, con dei leoni in cima, sono scolpite accanto al monumento. I leoni lo guardano come se lo stessero sorvegliando.

 

(Aurangzeib Khan, Courtesy ACT/Italian Archaeological Mission)(Aurangzeib Khan, Courtesy ACT/Italian Archaeological Mission)

 

Secondo Olivieri, questa scena potrebbe essere basata su una reale stupa esistita nella valle dello Swat, scavata dagli archeologi negli anni ’60 e ’70. Non a caso, venne utilizzata tra il I e il IV secolo d.C., quando Bazira prosperava.

 

(Aurangzeib Khan, Courtesy ACT/Italian Archaeological Mission)Modellino di una stupa scavata negli anni ’60 e ’70, conservato nel Museo Archeologico dello Swat (Aurangzeib Khan, Courtesy ACT/Italian Archaeological Mission)

 

 

 

 

 

 

File:Império Cuchana-es.svg - Wikimedia Commons

 

L’impero Kusana o impero kushana (I–III secolo circa) fu un’entità statuale che, al suo apice (circa 105-250), si estendeva dal Tagikistan al Mar Caspio e all’Afghanistan, fino alla valle del Gange, inglobando parte dell’Asia centrale, dell’Afghanistan e dell’Indostan. L’impero venne fondato dalla tribù degli Yuezhi, provenienti dall’attuale Xinjiang in Cina, forse legati ai Tocarii. Ebbero contatti diplomatici con l’Impero Romano, l’Impero dei Parti e la Cina, e furono a lungo al centro degli scambi tra Oriente e Occidente.

 

 

Kushanmap.jpg

mappa dell’Impero Kusana

 

PHGCOM – Opera propria

 

 

Lingue parlate

lingua battriana,

gandhari,

sogdiano,

tocaria,

greco,

corasmia,

scita,

sanscrito

 

 

http://www.luckyjor.org/sitoindia/periodi/pagkushan.html

 

 

Capitale

Bagram

Peshawar

Taxila

Mathura

 

Forma di governo

monarchia

Nascita

30 con Kujula Kadphises

Fine

375 con Kipunada

 

 

Religioni preminenti

Induismo,

Buddismo,

Zoroastrianesimo,

Sciamanesimo,

Manicheismo

 

 

Wikipedia.org

Forte di Bathinda costruito dall’Imperatore Kushan, Kanishka I. OP, Sadip 90 User: Guneeta, 2006.

Bathinda è una città in India nel Punjab

 

 

Forte Bathinda nel 1906

Francis Prevost – L’India sotto gli occhi dei reali- Henry Francis Prevost Battersby

 

 

 

 

 

Gli Yuezhi raggiunsero il regno ellenico della dinastia greco-battriana, in Battriana (un territorio a nord dell’Afghanistan e dell’Uzbekistan) attorno al 135 a.C., e cacciarono i Greci occupanti, che si stabilirono nel bacino del fiume Indo (odierno Pakistan) nella parte orientale del regno indo-greco.

I Kusana fecero loro molti elementi della cultura ellenica della regione della Battriana, in cui si erano insediati. Adattarono l’alfabeto greco (spesso alterandolo) per rispondere alle esigenze del loro linguaggio (sviluppando la lettera Þ “sh”, come in “Kushan”) a ben presto cominciarono a coniare monete di foggia greca. Fino ai primi anni del regno di Kanishka sulle monete venivano usate combinazioni di leggende in greco e Kharoshthi, in seguito leggende in lingua Kusana combinate con quelle in greco, tutte scritte usando l’alfabeto greco.

Dai tempi di Wima Takto, iniziarono ad adottare la cultura indiana come gli altri gruppi nomadi che avevano invaso l’India. Il primo grande imperatore Kusana sembra avesse adottato lo Śivaismo, come indicato dalla sue monete. I successivi imperatori incarnarono un’ampia varietà di dei Indiani o dell’Asia centrale, così come Buddha.

 

I Kushan avevano anche una capitale estiva a Bagram (allora nota come Kapisa), dove è stato trovato il “Tesoro di Bagram”, comprendente opere d’arte provenienti dalla Cina fino alla Grecia.

 

Il dominio dei Kushan collegò le rotte commerciali marine dell’Oceano Indiano con quella della Via della Seta, attraverso la valle dell’Indo. All’apice della dinastia i Kushan controllavano un territorio che si estendeva dal mare di Aral, attraverso gli odierni Uzbekistan, Afghanistan e Pakistan, fino all’India Settentrionale.

 

L’arte e la cultura di Gandhāra, nel cuore dell’egemonia Kushan, sono le espressioni più note agli occidentali delle influenze Kushan.

 

 

 

Moneta d’oro dell’imperatore kushan Kanishka I (c. dal 127) con una rappresentazione ellenistica di Buddha (eccetto i piedi, in stile Kushan) e la parola “Boddo” in Greco.

 

 

 

 

Uomo kushan in costume tradizionale con tunica e stivali, II secolo, Gandhāra.

 

 

 

Un gladiatore greco-romano su un vaso di vetro, Begram, II secolo.

Shizhao

 

 

 

Denaro d’oro del re Kushan Kanishka II (200–220)

 

 

 

 

Contatti con Roma

Diverse fonti romane descrivono la visita di ambasciatori dei re di Bactria e India, durante il II secolo, riferendosi probabilmente ai Kushan:

Elio Spartiano, parlando dell’imperatore Adriano (117–138 d.C.) nella sua Historia Augusta scrive:

“Reges Bactrianorum legatos ad eum, amicitiae petendae causa, supplices miserunt” (“I re dei Bactriani gli inviarono ambasciatori supplici, per ottenere la sua amicizia”).

Anche nel 138, secondo Sesto Aurelio Vittore (Epitome‚ XV, 4), e Appiano di Alessandria (Praef., 7), Antonino Pio, successore di Adriano, ricevette ambasciatori indiani, bactriani (Kushan) e hyrcaniani.

La cronaca storica cinese dell’Hou Hanshu descrive inoltre lo scambio di merci tra l’India nord-occidentale e l’Impero Romano dell’epoca: “Ad ovest (Tiazhu, India nord-occidentale) comunica con Da Qin (l’Impero romano). Cose preziose dal Da Qin si possono trovare qui, così come fini vesti in cotone, eccellenti tappeti di lana, profumi di ogni sorta, pani dolci, pepe, zenzero e sale nero.”

La capitale estiva dei Kushan, a Begram, ha conservato una considerevole quantità di beni importati dall’Impero romano, in particolare diversi tipi di oggetti in vetro.

 

 

Declino

 

A partire dal III secolo l’Impero Kushan iniziò a frammentarsi. Attorno al 225 Vasudeva I morì e l’Impero Kushan venne diviso in una metà orientale e una occidentale. Attorno al 224–240, i Sasanidi invasero la Bactriana e l’India settentrionale, dove sono noti come Indo-sasanidi.

Attorno al 270, i Kushan persero i loro territori sulla piane del Gange, dove attorno al 320 venne fondato l’Impero Gupta.

 

I resti dell’impero Kushan vennero infine spazzati via nel V secolo dall’invasione degli Unni Bianchi, e successivamente dall’espansione dell’Islam.

 

da:

https://it.wikipedia.org/wiki/Impero_Kusana

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1 risposta a ( un primo contato con —) L’IMPERO KUSHANA – DAL PRIMO SECOLO AL TERZO / QUARTO SECOLO – fonti diverse

  1. ueue scrive:

    E’ affascinante questa storia di popolazioni che hanno avuto periodi di splendore e che sono riapparse alla nostra conoscenza grazie al lavoro degli archeologi.

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