QUALCHE CENNO ALLA ” PSICOLOGIA DEL SE’ ” DI HEINZ KOHUT ( Vienna, 1913-Chicago, 1981 ) da :: PAOLO MIGONE, PSICHOMEDIA, 2015 : HENIZ KOHUT E LA PSICOLOGIA DEL SE’

 

 

 

chiara : questo autore lo ritengo molto importante per parlare di narcisismo ( per quello che ricordo di vecchi studi ) perché offre non solo una visione positiva  di questo tratto della nostra personalità, ma anche offre  – ai terapeuti, ai genitori, ai maestri di scuola – alcuni strumenti per accompagnare un’evoluzione  di questo bisogno di essere ammirati e di ammirare – fino a desiderare una fusione con la persona così idealizzata –  che permetta da un lato un buon rapporto con se’ stessi e con l’altro / gli altri.

 

HEINZ KOHUT

 

Heinz Kohuts View - Personality - Flanders Health Blog

Heinz Kohut (Vienna, 3 maggio 1913 – Chicago, 8 ottobre 1981) è stato uno psicoanalista austriaco naturalizzato statunitense.

È considerato il caposcuola della “Psicologia Psicoanalitica del Sé”, una delle più recenti scuole psicoanalitiche, sviluppatasi negli anni ’70.

  • Scritti di Heinz Kohut:
    • “Narcisismo e analisi del Sé” (1971), Bollati Boringhieri, Torino, 1976
    • “La guarigione del Sé” (1977), Bollati Boringhieri, Torino
    • “La ricerca del Sé” (1978), Bollati Boringhieri, Torino
    • “La cura psicoanalitica” (1984), Bollati Boringhieri, Torino
    • “Introspezione ed empatia. Raccolta di scritti” (1959-1981), Bollati Boringhieri, Torino, 2003
    • Heinz Kohut, Potere, coraggio e narcisismo, Casa Editrice Astrolabio-Ubaldini, Roma 1986
    • Heinz Kohut, Seminari, Casa Editrice Astrolabio-Ubaldini, Roma 1989
    • Heinz Kohut, Le due analisi del signor Z, Casa Editrice Astrolabio-Ubaldini, Roma 1989
    • Heinz Kohut, Lezioni di tecnica psicoanalitica, Casa Editrice Astrolabio-Ubaldini, Roma 1997

DA :

https://it.wikipedia.org/wiki/Heinz_Kohut

 

 

 

L’ARTICOLO INTERO LO TROVATE NEL LINK SOTTO:

Il Ruolo Terapeutico, 2015, 129: 59-68

PSYCHOMEDIA.IT

http://www.psychomedia.it/pm/modther/probpsiter/ruoloter/rt129-15.htm

 

Heinz Kohut e la Psicologia del Sé 

 

Paolo Migone

Condirettore della rivista Psicoterapia e Scienze Umane

 

 

 

La Psicologia del Sé originata dalle idee di Heinz Kohut è sicuramente uno dei movimenti psicoanalitici più importanti, e con le più profonde ripercussioni, della seconda metà del Novecento. Queste idee hanno incominciato a diffondersi negli anni 1970, ed è ormai passato sufficiente tempo da permettere un distacco tale da tentare, per quanto possibile, un bilancio.

Kohut nacque a Vienna nel 1913, e nel 1939 si trasferì a Chicago dove compì tutto il suo percorso professionale e morì nel 1981. Un aneddoto ci sembra illuminante per comprendere sia la sua personalità sia la portata delle sue idee. Kohut stava a Vienna quando Freud ancora vi abitava, ma non ebbe rapporti diretti con lui. Era affascinato dai suoi scritti e molto presto crebbe in lui l’ambizione di seguirne le orme nello studio della “nuova scienza”. Aveva 25 anni quando nel 1938, diffusasi la notizia che Freud era costretto dalla Gestapo a lasciare Vienna, assieme ad altri corse alla stazione per salutare colui che rappresentava una figura idealizzata. Non osò avvicinarsi per salutarlo, ma si limitò a seguire trepidante tutte le fasi della partenza, e quando il treno si mosse Kohut assieme ad altri restò sul marciapiede a guardare Freud che si affacciava dal finestrino per salutare la folla. Fu a quel punto che Kohut vide – o ebbe l’impressione di vedere – che il fondatore della psicoanalisi guardò per lunghi minuti direttamente solo lui negli occhi, agitando il cappello in segno di saluto fino a che il treno fu sufficientemente lontano da non poter più distinguere il suo sguardo. In questa separazione Kohut sentì come se il mondo gli crollasse addosso, ma nel contempo ebbe la fantasia che questo momento fosse per lui anche una sorta di investitura, quasi come se Freud nel salutarlo personalmente senza neppure conoscerlo gli avesse voluto dire che gli affidava l’incarico di continuare la grande opera che aveva cominciato, la costruzione dell’edificio psicoanalitico.

 

Questo aneddoto del giovane Kohut, da lui raccontato peraltro con toni anche autoironici, può sembrare solo una fantasia adolescenziale intrisa di narcisismo. Eppure, come tutte le fantasie, nasconde qualcosa di importante se si pensa che quando si diffuse, prepotentemente e per molti in modo inaspettato, il movimento della Psicologia del Sé, prima a Chicago e poi a macchia d’olio in tutti gli Stati Uniti e nel resto del mondo, non furono pochi coloro che affermarono che Kohut doveva considerarsi la figura più importante dopo Heinz Hartmann, il successore di Freud alla guida del movimento psicoanalitico. E dato che le sue idee contenevano aspetti radicalmente innovativi, fu anche detto esplicitamente che Kohut stava a Freud come Einstein stava a Newton, nel senso cioè del discepolo che rivoluziona le idee del maestro. E Kohut stesso era consapevole di questo, tanto è vero che nel 1970, avendo appreso nel mezzo della notte la notizia della morte di Hartmann, molto emozionato telefonò a colui che allora era il suo più stretto amico e collaboratore (il quale fu quello che mi confidò questo episodio) e gli disse, al colmo dell’esaltazione: «è morto Hartmann! Ma ti rendi conto? è giunta la mia ora!».

Certo la storia non può essere scritta solo con aneddoti e vicissitudini emozionali ma, come ci insegna la psicoanalisi, anche questi fattori possono illuminare qualche aspetto della realtà. Oggi, ad alcuni decenni dalla scomparsa di Kohut, quando gli esegeti e i seguaci, come avviene per tutte le figure mitizzate della storia, hanno esplorato ogni anfratto della sua vita e ormai pubblicato quasi tutto quello che era possibile pubblicare (articoli minori, lettere, seminari audioregistrati, ecc.), sono emersi molto bene non solo gli aspetti geniali e straordinari della sua personalità e delle sue idee, ma anche le ombre, i suoi tratti “narcisistici” e fragili (e anche la sua durezza, nel senso che tipicamente poteva essere molto ferito ma anche ferire). Non è una novità che alcuni dei più grandi pionieri della psicoanalisi diedero i maggiori contributi proprio nell’area psicopatologica alla quale in un certo qual modo erano sensibili (tra i tanti, si pensi a un Sullivan, che da  adolescente ebbe un episodio psicotico e dedicò poi la sua vita alla psicoterapia delle psicosi). La biografia scritta da Strozier (2001), a cui si rimanda, è molto dettagliata, e informazioni importanti possono essere tratte anche dal noto articolo del 1979 “Le due analisi del Sig. Z”, articolo che, grazie ad una ammissione del figlio Tom, ora sappiamo essere autobiografico: in questo articolo Kohut – proprio come soleva fare Freud, il quale a scopo esemplificativo utilizzava i propri sogni dicendo che erano dei pazienti  – racconta la storia di un suo paziente, Mr. Z (che in realtà è Kohut stesso), da lui trattato in due analisi a distanza di quattro anni l’una dall’altra; la prima fu condotta in modo tradizionale, e la seconda, condotta con i principi della nuova Psicologia del Sé che nel frattempo era stata formulata, permise di analizzare gli stessi sogni e sintomi che si erano ripresentati, questa volta interpretandoli non in termini classici o edipici, ma secondo le tematiche del Sé permettendo così una loro definitiva risoluzione.

Kohut dunque fu una figura particolare, ricca di fascino e facilmente mitizzata, sia per il coinvolgente modo di scrivere che per le sue idee che hanno squarciato più di un velo della psicoanalisi classica. Il suo carisma era tale che ai congressi ai quali partecipava, soprattutto negli ultimi anni della sua vita, era impossibile partecipare per eccesso di iscrizioni (io tentati invano di partecipare al congresso di Boston dell’autunno 1980 – una delle ultime apparizioni in pubblico di Kohut – ma l’iscrizione fu limitata ai primi 1000 iscritti); tutti lo volevano vedere, quasi sfiorargli con una mano la giacca mentre passava come se fosse una star del cinema o addirittura un santo. In effetti aveva tutte le carte in regola per diventare l’erede di Freud, dopo Hartmann, alla guida del movimento psicoanalitico, provenendo da una solida formazione classica, e anche avendo compiuto tutti i gradini della ascesa del potere della istituzione psicoanalitica. Non gli riuscì però di raggiungere il vertice, fu solo presidente dell’American Psychoanalytic Association (APsaA) dal 1964 al 1965 e vicepresidente dell’International Psychoanalytic Association (IPA) dal 1965 al 1973. Non fu mai eletto presidente dell’IPA, e a questo proposito vi è anche chi ha dato una lettura psicologistica, certamente riduttiva, alla sua creazione di una psicologia dissidente: quando al congresso dell’IPA di Roma del 1969 non passò la sua elezione a presidente (cosa che lui aveva dato per scontata), pare che ne rimase molto ferito, e che questa delusione (narcisistica?) abbia giocato un ruolo non irrilevante nella sua creazione di una diversa e separata psicologia psicoanalitica. Questa interpretazione a suo tempo circolò molto negli ambienti psicoanalitici (Rangell, 2002, 2004).

Ma vediamo meglio la teoria della Psicologia del Sé. Kohut (1971) incominciò col notare due particolari tipi di transfert nei pazienti narcisistici, che chiamò transfert “speculare” e transfert “idealizzante” (in seguito Kohut [1984, cap. 10] identificherà un terzo tipo di transfert, precedentemente considerato una variante del transfert speculare, che chiamerà transfert “gemellare” o “alter ego“; modificherà anche il termine “transfert narcisistico” in “transfert oggetto-Sé”).

Nel transfert speculare il paziente esprimerebbe il bisogno di essere ammirato e rispecchiato dal terapeuta, mentre nel transfert idealizzante esprimerebbe il bisogno complementare di idealizzare e ammirare il terapeuta stesso. Egli poi postulò che il compito del terapeuta non è quello di frustrare questi bisogni, magari interpretandoli come difese (ad esempio un freudiano potrebbe interpretare una idealizzazione del terapeuta come una difesa da paura o aggressività inconsce), ma di accettarli in quanto tali e di corrispondere empaticamente ad essi per permettere al Sé di svilupparsi.

In altre parole, non si tratterebbe di desideri conflittuali, ma di bisogni legittimi del bambino o paziente. E’ solo permettendo di ripercorrere queste tappe evolutive attraverso un terapeuta empatico che ammira il paziente e permette a sua volta di farsi ammirare da lui, che il paziente riesce gradualmente a mitigare o modificare il suo Sé grandioso attraverso quelle che Kohut chiama “internalizzazioni trasmutanti”.

Infatti secondo Kohut (1977) un atteggiamento poco “empatico” da parte dei genitori provocherebbe l’arresto dello sviluppo a un “Sé grandioso arcaico” (ed “esibizionistico”) e a una “imago parentale idealizzata”, di cui appunto i due tipi di transfert prima menzionati sarebbero la riattivazione nel transfert. Queste due configurazioni, tramite il rapporto empatico con l’oggetto-Sé (la figura genitoriale nell’infanzia e il terapeuta nella vita adulta), possono gradualmente trasformarsi, grazie alla elaborazione ottimale dei transfert speculare e idealizzante (il primo corrispondente al Sé grandioso arcaico e il secondo alla imago parentale idealizzata, spesso legati, rispettivamente, alla figura materna e a quella paterna), e costituire strutture stabili di autostima collegate, rispettivamente, ad “ambizioni” e “ideali”:

l'”arco di tensione” tra ambizioni e ideali costituirebbe il “Sé bipolare” – un terzo polo sarebbe costituito dalle abilità e doti dell’individuo che mediano tra ambizioni e ideali.

Più in generale, si può dire che Kohut fu anche l’espressione del clima dei tempi, di una diversa atmosfera sociale, di quella “cultura del narcisismo” (come la chiamò Lasch nel titolo del suo noto libro del 1978) che caratterizzerebbe l’era del benessere delle società avanzate, in cui la crisi dei valori e altre complesse trasformazioni avrebbero letteralmente stravolto il significato dell’esistenza dell’uomo facendolo per così dire “ripiegare su se stesso”. Questa era del narcisismo, iniziata nelle ultime decadi del Novecento, avrebbe prodotto quello che Kohut stesso definì l'”uomo tragico”, ben diverso dall'”uomo colpevole” che attirò l’interesse di Freud ai primi del Novecento.

Qualunque sia il bilancio di questo movimento, tutti però sono concordi nel ritenere che molte intuizioni di Kohut costituiscono non solo un notevole progresso nella nostra comprensione della terapia del narcisismo e dei disturbi gravi di personalità in generale, ma anche un importante arricchimento per tutto il movimento psicoterapeutico.

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  1. i. scrive:

    Per quanto poco ne capisco, mi sembra molto interessante. Grazie per avermelo fatto conoscere.

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