BID BAND composta da Andrea Allione, Tiziano Barbieri, Mimmo Turone, Vittorio Volpe, Massimo Boccalini, Claudio Capurro, Marcello Rocco, Marco Lepratto, Mirco Marchelli e dalla violoncellista francese Marie Francoise Bellissier
1:16 Sotto le stelle del jazz
4:31 Sparring partner
9:20 Diavolo rosso
16:25 La ricostruzione del mocambo
20:11 Midnight’s knock out
25:23 Alle prese con una verde milonga
32:10 Via con me
35:29 Parigi
39:10 Max
45:34 Chiunque
48:56 Dancing
53:19 Gli impermeabili
57:31 Boogie
1:04:24 Sudamerica
1:11:23 La negra
REPUBBLICA DEL 14 LUGLIO 1989
ERNESTO ASSANTE ( inviato )
MONTREUX
Si è aperto venerdì scorso e proseguirà fino al 22 luglio il 23esimo Festival Jazz di Montreux, un festival che vuole offrire un panorama, il più ampio possibile, sullo stato delle cose della musica odierna e lo fa in maniera interessante, proponendo moltissimi grandi artisti ma anche giovani nomi di belle speranze, in una programmazione fittissima di concerti.
E a Montreux si è esibito con grande successo di pubblico, sabato sera, Paolo Conte, aprendo una serata che vedeva in scena dopo di lui Michael Franks e Ramsey Lewis.
In Italia si è spesso detto che la musica straniera invade il mercato con canzoni delle quali i nostri giovani ascoltatori spesso non comprendono i testi, contrapponendo dunque alla musica dello straniero la nostra canzone migliore, magari quella d’ autore, con testi importanti, profondi, e non dettati dalla semplice ricerca della rima baciata. Eppure, volendo voltare la situazione all’ opposto, per cercare di spiegare quali siano le ragioni del grandissimo e sempre più vasto successo che sta ottenendo Paolo Conte fuori dai confini italiani, ci si accorge immediatamente che l’ argomento dei testi è assai debole come difesa del nostro prodotto nazionale. Basta assistere ad un concerto fra i molti che Paolo Conte sta attualmente proponendo in Europa, come quello che lo ha portato sul palco del Festival Jazz di Montreux, per assistere ad un trionfo vero e proprio del musicista di Asti, davanti ad un pubblico che difficilmente riesce a comprendere i testi delle sue canzoni, ma che le apprezza enormemente. Perché Conte è soprattutto un musicista, ed è l’ unico italiano invitato quest’ anno sul palco di quella che può essere ben definita come la più importante kermesse musicale europea.
E di musica si tratta nel concerto che Conte propone, costruita con grandissimo ingegno e messa in scena con una big band davvero invidiabile, degna di un direttore d’ orchestra così particolare come è Conte. Ed il risultato è davvero magnifico, ineccepibile, perfetto, la comunicazione tra artista e pubblico è completa, non ha bisogno di mediazioni, di vocabolari e traduzioni, non ha bisogno di passaporti; è musica che nasce già con una vocazione internazionale, che mescola il jazz e le colline piemontesi, New Orleans e Parigi senza nessun timore, con naturalezza e passione. Conte ha proposto un’ ora di concerto, aperto con Sotto le stelle del jazz, naturalmente, passando poi in rassegna tutti i suoi brani più classici e conosciuti, sostenuto da un’ eccellente big band, composta da Andrea Allione, Tiziano Barbieri, Mimmo Turone, Vittorio Volpe, Massimo Boccalini, Claudio Capurro, Marcello Rocco, Marco Lepratto, Mirco Marchelli e dalla violoncellista francese Marie Francoise Bellissier, una piccola ma affiatatissima orchestra che contribuisce in maniera essenziale alla riuscita di un concerto che il pubblico ha salutato con interminabili applausi e la richiesta di numerosi bis, nonostante il presentatore abbia annunciato l’ arrivo in scena di Michael Franks.
Franks è un altro personaggio che, come Conte, con il jazz ha un rapporto particolare: la sua musica potrebbe tranquillamente passare sotto la sigla di easy listening, deliziosamente inutile ma costruita con grandissima eleganza e molto gusto, in cui il jazz gioca una parte essenziale come elemento, accanto alla musica brasiliana, al soul ed alla melodia pop, di un insieme godibilissimo. Ma dal vivo la sua musica guadagna spessore, ogni canzone diventa un semplice canovaccio per le magnifiche esibizioni dei solisti che accompagnano Franks, a partire dal bassista Mark Egan, sempre straordinario, per passare agli ottimi Chuck Loeb, alla chitarra, e Alex Foster al sassofono. Franks non ha una grande voce, è un interprete abbastanza monotono, ma è un ottimo organizzatore di suoni ed il suo set è certamente godibilissimo e spettacolare. La serata è stata chiusa dal jazz, questa volta vero e proprio, di Ramsey Lewis e del suo quartetto, e da una lunga jam-session tra i musicisti presenti al Festival, come accade tutte le sere in questa piccola Montreux, trasformata per venti giorni in città della musica.
Che bella musica, che riconcilia con la vita.