PARTECIPAZIONE. REGIONE EMILIA-ROMAGNA, 17 MARZO 2021 : Recovery Plan e Partecipazione, Francia, Portogallo e Irlanda + G. DE MARZO ( LIBERA, politiche sociali )- IL FATTO QUOTIDIANO DEL 12 FEBBRAIO 2021

 

 

PARTECIPAZIONE

17 MARZO 2021

https://partecipazione.regione.emilia-romagna.it/news/normali/news-2021/recovery-plan-e-partecipazione

 

 

Recovery Plan e Partecipazione

Movimenti e associazioni chiedono un coinvolgimento sul Piano, come fatto in Francia, Portogallo e Irlanda

 

Recovery Plan e Partecipazione

Dopo la gravissima crisi economica e sociale causate dal Covid, l’Unione Europea ha varato un piano di aiuti economici (Recovery Fund)per progetti di sviluppo e supporto alla ripresa su precise e condivise linee di intervento.

Si tratta dell’investimento più importante del dopoguerra, sui cui le linee guida del Next Generation Eu arrivate da Bruxelles, indicavano l’opportunità di attivare processi partecipativi, per un pieno coinvolgimento di cittadini e associazionismo sulla definizione del Piano di ogni Stato e la verifica dei progetti finanziati e gli effetti prodotti, in aggiunta alle consultazioni già previste per legge.

 

Tale sollecitazione è stata raccolta da diversi paesi europei quali: Francia, Irlanda e Portogallo.

Qui, sono infatti partite consultazioni pubbliche, che pur concretizzandosi in processi diversi, hanno di base previsto una informazione generale del Recovery Fund e delle strategie di sviluppo europee, oltre a modalità di partecipazione vera e propria dei cittadini.

 

Nel merito: 

 

Irlanda

E’ stata prevista, in una apposita sezione dedicata del portale governativo, una consultazione pubblica dal 2 al 22 febbraio 2021, finalizzata al ricevimento di proposte da parte di tutti i cittadini. Nel sito è stato predisposto un documento sintetico che illustra in maniera semplice cos’è il Recovery Fund e i capisaldi previsti dall’Unione europea. Cittadini, imprese ed organizzazioni della società civile hanno potuto inviare i loro contributi via e-mail rispondendo, nel contempo, ad alcune domande finalizzate a capire quali tra i punti elencati dall’UE dovrebbero avere la priorità negli investimenti e quali invece le priorità tra le proposte provenienti dal governo irlandese.

 

Portogallo –

 

Il governo portoghese, dopo il confronto con le parti sociali, ha sottoposto la propria bozza di Piano, ad una consultazione pubblica, aperta dal 15 febbraio al 1 marzo 2021, sulla piattaforma di partecipazione nazionale ConsultaLEX. Gli interessati potranno commentare la seconda bozza del Plano de Recuperação e Resiliência(PRR).

L’attuale piano contiene 19 aree che integrano 36 riforme e 77 investimenti in politiche sociali, clima e digitalizzazione.

 

 

Francia –

 

Il governo ha aperto una sezione apposita, all’interno del sito del Ministero delle Finanze e del Rilancio, finalizzata ad informare: sui progetti predisposti e i loro andamento attuativo ed effetti, sui finanziamenti a disposizioni a seconda dei diversi ruoli (cittadini, aziende, autorità locali, amministrazioni). La consultazione della piattaforma è facilitata da dirette social e video, documentazione, oltre a presentare aggregazioni degli investimenti anche per materia, a partire dalle tre linee di intervento principali: ecologia, competitività e coesione sociale. Tutto nella massima trasparenza.

In Italia a tutt’oggi non è stato previsto un percorso di consultazione pubblica né un sito istituzionale che informi delle misure intraprese e degli impatti prodotti.

E’ proprio a fronte di ciò è partito un appello finalizzato a chiedere al Governo, il coinvolgimento della società civile nella gestione del ”Piano nazionale di ripresa e resilienza”. E’ quello che chiedono Libera, Cittadinanzattiva, The Good Lobby e Transparency International con l’iniziativa “Ripartenza a porte aperte”.

 

Gli organizzatori di “Ripartenza a porte aperte” rivendicano, infatti, un pieno coinvolgimento della società civile su almeno due fronti:

 

  • nella definizione dei contenuti del Piano
  • nel successivo monitoraggio delle spese e dei risultati raggiunti.

 

Al di là della risposta che il Governo fornirà a queste sollecitazioni, nascerà comunque l’Osservatorio indipendente sul PNRR, organizzato da ActionAid, SlowFood, Cittadinanzattiva, Legambiente insieme ad altre associazioni, unite dall’obiettivo di creare un’ampia campagna di monitoraggio civico e di ottenere uno strumento pubblico e aperto sul tracciamento dei dati finanziari legati al Piano.

Di approfondimenti sul Recovery Plan, delle best practices attuate da altri paesi e della campagna “Ripartenza a porte aperte” si è occupata in maniera approfondita Agenda Digitale, con diversi articoli di cui vi proponiamo la lettura integrale.

 

  • Approfondimenti
  • “PNRR, il Governo consulti la società civile: gli esempi in Europa“di Federico Anghelè
  • Recovery Fund, obiettivo gestione trasparente e partecipata di Federico Anghelè
  • Ripartenza a Porte aperte – Comunicato Libera
  • Osservatorio indipendente sul PNRR – Trasparency International Italia

 

 

IL FATTO QUOTIDIANO DEL 12 FEBBRAIO 2021

https://www.ilfattoquotidiano.it/2021/02/12/recovery-fund-il-piano-italiano-e-inadeguato-si-rischia-di-usare-i-fondi-europei-per-scopi-opposti/6099178/

 

 

Speaker's corner

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Per chi ha qualcosa da dire

ECONOMIA & LOBBY- 12 FEBBRAIO 2021

Recovery fund, il Piano italiano è inadeguato: si rischia di usare i fondi europei per scopi opposti

Recovery fund, il Piano italiano è inadeguato: si rischia di usare i fondi europei per scopi opposti

 

di Giuseppe De Marzo, Responsabile nazionale di Libera per le politiche sociali

 

 

Il Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza, Pnrr, messo a punto dal governo Conte è inadeguato alle esigenze e agli obiettivi strategici indicati dal Ngeu per affrontare e superare la crisi economica, sociale, ambientale e sanitaria. Le ingenti risorse messe a disposizione per il nostro paese, circa 224 miliardi di euro, rischiano di essere utilizzati in realtà per scopi opposti agli obiettivi enunciati o di non essere spesi.

Costruire un futuro sostenibile, come in teoria propone il Ngeu, è possibile solo se usciamo dal modello di sviluppo che ha prodotto la crisi economica, sociale, ambientale e sanitaria. Concretamente, significa orientare la base produttiva in modo da garantire allo stesso tempo equità sociale e sostenibilità ecologica: non basta la “narrazione”, c’è bisogno di obiettivi e azioni coerenti.

 

Al di là della retorica, purtroppo il Pnrr insiste su ricette sbagliate, contravvenendo alle necessità di investire su un nuovo modello economico.

Continuare a teorizzare come obiettivo prioritario la crescita economica infinita a fronte di un pianeta con risorse finite è irrealistico quanto inefficace, visti i limiti imposti dalla crisi ecologica; così come sventolare la crescita economica come necessità ineludibile per generare occupazione e benessere è falso scientificamente, quanto allo stesso tempo ipocrita per chi non ha mai redistribuito ricchezze e lavoro nemmeno dopo decenni di crescita.

All’interno di una crisi strutturale e sistemica del modello di sviluppo, l’unica maniera per redistribuire ricchezza, promuovere inclusione sociale e sostenibilità ecologica è attraverso grandi investimenti pubblici e con il coinvolgimento e la partecipazione dei cittadini e delle reti sociali. Solo così possiamo rimettere insieme il diritto al lavoro con il diritto alla salute. In caso contrario difficilmente i lavoratori e le comunità sarebbero disponibili.

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La riconversione ecologica delle nostre attività produttive e della filiera energetica non può essere promossa dal centro e dall’alto, ma deve avvenire in maniera decentrata, distribuita e partecipativa. Per raggiungere due dei tre obiettivi principali del Ngeu, sconfiggere le disuguaglianze e promuovere la transizione ecologica, abbiamo bisogno di un altro modello economico, sociale, culturale e relazionale.

Il Covid-19, il collasso climatico e 18 milioni di italiani a rischio povertà sono gli “effetti collaterali” di un sistema economico insostenibile socialmente e ambientalmente.

Non sono problemi separati ma conseguenze prevedibili e già annunciate da chi da più di mezzo secolo mette in guardia l’umanità sulla pericolosità del liberismo economico. Uscirne è un imperativo morale se vogliamo vincere le sfide che abbiamo davanti. Altrimenti i soldi del Pnrr non serviranno per sconfiggere disuguaglianze, povertà e crisi ecologica ma rischiano solo di servire per una ridefinizione degli assetti produttivi di grandi interessi privati, spesso distanti dall’interesse e altre volte opachi.

Non è un caso che tutte le volte che c’è un’emergenza o un grande stanziamento di fondi le mafie facciano grandi affari nel nostro paese. Quando la politica è debole, a guidare le scelte non sono gli interessi pubblici, collettivi e sociali. Considerando la fragile struttura sociale italiana, in assenza di interventi che sconfiggano le disuguaglianze, il Covid-19 ha purtroppo rafforzato il potere delle mafie. Il welfare sostituivo mafioso rappresenta ormai l’unica alternativa per molti in un paese in cui i giovani sono i più poveri mai nati. A questo si somma il virus del populismo e del razzismo alimentato dalla frustrazione di decine di milioni di persone a cui non sono date alternative per migliore le proprie condizioni materiali ed esistenziali.

 

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Non basta quindi parlare di sviluppo sostenibile, enunciando parole come “transizione”, “green economy” e inclusione se queste non vengono accompagnate da obiettivi, interventi, fondi, strategie efficaci e azioni coerenti.

Il Pnrr presenta ad oggi problemi sia nel metodo che nel merito dei progetti presentati. Sul metodo, gravissima l’assenza di qualsiasi partecipazione dei cittadini e delle reti sociali alla realizzazione del piano e dei progetti. Partecipazione prevista dall’art.3 del Codice di Partenariato europeo, ritenuta indispensabile per ottenere risultati effettivi soprattutto per gli interventi nei territori marginali.

A questo si sommano enormi incoerenze tra quanto indicato nel Pnrr e quanto previsto nei Bilanci ordinari: qual è la logica di regalare ancora decine di miliardi di sussidi alle fonti fossili se si vuole fare la transizione ecologica? Che significa inclusione e lotta alle disuguaglianze sociali se poi non riconosciamo un reddito di base? Se vogliamo spendere i soldi ci deve essere coerenza sugli obiettivi anche nel bilancio dello Stato.

Altro grande problema è legato all’assenza in moltissimi progetti dei risultati attesi, come se bastasse indicare solo gli obiettivi. Ma quello che più emerge, come abbiamo detto in precedenza, è la totale mancanza di visione politica capace di mobilitare la società verso un futuro più giusto, equo e sostenibile. Una lacuna che fotografa in maniera impietosa il fallimento dell’attuale classe dirigente politica, costretta dinanzi alle difficoltà poste dalla crisi a delegare ad un ennesimo governo “tecnico”. Di “tecnico” non c’è nulla quando si decide sul modello economico, sugli assi strategici prioritari attraverso i quali portarlo avanti, su che tipo di transizione promuovere, su quali settori e su quali modelli di inclusione sociale.

Nel nostro paese tutte le volte che c’è una crisi profonda ci si affida ai cosiddetti “tecnici”: Ciampi, Dini, Monti e Draghi. Come se cittadinanza e corpi sociali intermedi non fossero in grado di discutere e decidere. Un approccio infantile e paternalista che non risolve i problemi, li pospone. Depoliticizzare il dibattito rende ancora più fragile la nostra già fragile democrazia.

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Ma il Pnrr presenta anche gravi lacune nel merito. Serve una profonda riforma della Pubblica amministrazione, visto che il 60% dei progetti passa da qui. Non basta la digitalizzazione. Come sostiene il Fdd, c’è bisogno di rigenerarle se vogliamo evitare di perdere gran parte delle risorse.

Sempre nel merito, sul fronte dell’inclusione sociale e del contrasto alle disuguaglianze, il Pnrr continua a non prevedere: l’introduzione del reddito di base; investimenti sufficienti a garantire la riforma del welfare; investimenti sul diritto all’abitare ed un piano casa che garantisca alle centinaia di migliaia di famiglie in emergenza abitativa una casa di qualità, sostenibile in termini energetici; investimenti per potenziare il diritto allo studio, contrastare la dispersione scolastica e la povertà educativa, risanare gli edifici scolastici e realizzarne di nuovi.

Queste sono le richieste che la quasi totalità dei movimenti e dei soggetti sociali, Rete dei Numeri Pari inclusa, stanno portando avanti. Su tutto questo il Governo Draghi è chiamato al confronto ed a dare risposte immediate.

Non sappiamo cosa farà il prossimo governo, non avendo ancora visto i programmi. Ma sappiamo quello di cui abbiamo bisogno, di chi sono le responsabilità della crisi che ha sconvolto le nostre vite in questi ultimi dieci anni, quali devono essere gli obiettivi strategici del Pnrr se si vuole davvero la transizione ecologica e cosa non vogliamo succeda di nuovo.

 

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1 risposta a PARTECIPAZIONE. REGIONE EMILIA-ROMAGNA, 17 MARZO 2021 : Recovery Plan e Partecipazione, Francia, Portogallo e Irlanda + G. DE MARZO ( LIBERA, politiche sociali )- IL FATTO QUOTIDIANO DEL 12 FEBBRAIO 2021

  1. i. scrive:

    Mi sembra giusto e utile che la cittadinanza partecipi alla definizione di questo piano: potrebbe essere un’occasione unica per dare sostanza alla democrazia ( anche se difficile).

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