ANSA.IT / TRAPANI — 26 GENNAIO 2021 — 20.41 ::: La foresta Birribaida, il bosco dove cacciava Federico II. Nel trapanese restano ancora 1,6 ettari di querce da sughero + IMMAGINI

 

 

ANSA.IT / TRAPANI — 26 GENNAOIO 2021 — 20.41

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La foresta Birribaida, il bosco dove cacciava Federico II - Sicilia - ANSA.it

La foresta Birribaida, il bosco dove cacciava Federico II.

Nel trapanese restano ancora 1,6 ettari di querce da sughero

 

 

Mappa di Mazara del Vallo

CAMPOBELLO DI MAZARA E,  A LATO, MENFI

 

 

 

Agrigento · FLC CGIL Sicilia · FLCGIL Sindacato Scuola

 

 

 

 

 

 

 

PROVINCIA DI AGRIGENTO CON MENFI

 

 

 

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PROVINCIA DI TRAPANI

 

 

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TRAPANI- La foresta di Birribaida si estendeva da Campobello di Mazara  ( nel Trapanese ), sino a Menfi ( Agrigentino ), appunto  tra il Trapanese e l’Agrigentino: la volle Federico II di Svevia come riserva di caccia ma anche luogo per accogliere diversi ordini monastici che avevano ruoli di collaborazione e supporto alle attività dell’Imperatore

 

 

Una distesa a vista d’occhio in età medievale, con querce da sughero, alberi di carrubo e un sottobosco ricco e fitto che attraversava le Latomie, l’attuale Parco archeologico di Selinunte, e arrivava sino alla valle attraversata dal fiume Belìce e l’agro dell’attuale paese di Menfi.

 

POSTI NOMINATI  :: 

 

 LE CAVE O LATOMIE A CAMPOBELLO DI MAZARA

Situate non troppo lontano da Selinunte, le cave erano le prime fornitrici di materiale per i templi della città e, più precisamente, data la grandezza dei blocchi estratti, per il tempio G. La pietra, un tufo compatto e resistente particolarmente adatto alla costruzione, venne estratta per più di 150 anni, a partire dalla prima metà del VI sec. a.C.

Le cave vennero abbandonate nell’arco di pochissimo tempo e così le abitazioni di coloro che vi lavoravano. E questa una delle caratteristiche peculiari del luogo ove giacciono ancora, metà scavati, gli enormi rocchi destinati ai templi.

Le fenditure mostrano ancora il segno delle picconature. A Selinunte, alle rovine del tempio A, si possono vedere esempi di capitello finito, formato da una base quadrata che serviva da appoggio alla trabeazione, dall’echino e dalla parte terminale della colonna.

 

 

 

 

Selinunte - tempio C.jpg

PARCO ARCHEOLOGICO DI SELINUNTE

Franck Manogil from Beziers, France

 

 

Mappa MICHELIN Castelvetrano - Pinatina di Castelvetrano ViaMichelin

CASTELVETRANO E’ SOPRA MAZARA DEL VALLO

 

 

 

Nei secoli la foresta è scomparsa e quei terreni sono stati riconvertiti a uliveto e vigneto.

Vicino Triscina, i resti della foresta di Birribaida - VIDEO

CASTELVETRANO

 

VIDEO : 2.26  IN CUI NICOLO’ ASTA CI PORTA NEL SUO TERRENO

https://www.castelvetranoselinunte.it/vicino-triscina-i-resti-della-foresta-di-birribaida-video/155517/#testoarticolo

 

 

 

Tra i pochissimi resti di quella storia, una delle macchie di bosco rimasta ancora fitta di vegetazione si trova in contrada Bresciana a Castelvetrano: 1,6 ettari di querce da sughero, dove ciò che rimane del bosco viene tutelato e curato dalla famiglia Asta, proprietaria dal 2005.

 

 

 

 

 

 

 “Non è strano trovare questa macchia lì che non è altro che ciò che resta di vecchissimi alberi della foresta di Federico II”, spiega l’architetto Giuseppe Salluzzo,

Bellumvider. La reggia di Federico II di Svevia a Castelvetrano

Bellumvider. La reggia di Federico II di Svevia a Castelvetrano

di Pasquale Calamia, La Barbera Mariano, Giuseppe Salluzzo

  • Editore: Grafill
  • Collana: Quaderni
  • Data di Pubblicazione: 2004
  • EAN: 9788882071417
  • ISBN: 8882071413
  • Pagine: 112
  •  15 EURO, PREZZO PIENO

 

co-autore del libro “Bellumvider: La Reggia di Federico II a Castelvetrano”. Enormi querce da sughero, lentisco, biancospino, alberi di pero mandorlino, olivi selvatici, sorbi, meli selvatici e una fitta vegetazione da sottobosco.

 

 

 “Quando mio papà ha comprato i 4 ettari della tenuta, qualcuno gli consigliò di estirpare tutto e piantare ulivi – racconta Nicolò Asta, 39 anni, figlio di Aurelio – ma noi, invece, abbiamo voluto mantenere questo pezzo di bosco dove camminandoci dentro si ascolta la natura”

Foresta Birribaida, la riserva di caccia amata da Federico II - Siciliafan

 

 

 

 

 

 

 Quello che oggi forma questa macchia mediterranea sono le querce che negli anni sono cresciute rimpiazzando quelle che, nel frattempo, erano morte. Un rinnovarsi senza che l’uomo abbia interrotto questo ciclo naturale

 

 

 

 Nicolò Asta, agricoltore per passione ed esportatore nell’Est europeo di prodotti siciliani, in questi anni ha tutelato le querce da sughero del bosco. “La corteccia racconta la storia di ogni pianta – spiega Nicolò Asta – e noi facciamo decorticare gli alberi ogni 7/9 anni da squadre di scorzini che vengono dalla Sicilia Orientale, per raccogliere il sughero da destinare poi al mercato, seppur è poco redditizio”. Chissà se già ai tempi di Federico II il sughero veniva raccolto.

 

 

 

 “A controllo della foresta federiciana c’erano tre castelli – racconta ancora l’architetto Salluzzo – turris Burgimillus (Menfi), castrum Bellumreparum (Birribaida, Campobello di Mazara), castrum Bellumvider (Castelvetrano)”. Erano residenze di caccia inserite nel sistema dei castra exempta, ossia i castelli sotto il diretto controllo dell’imperatore. (ANSA).

 

 

DEI CASTELLI, VEDI IMMAGINI SOTTO, DOPO LA FOTO:::

 

 

 

 

 

 

 

Confermati studi sul Castello di Bellumvider in Castelvetrano

CASTELLO  BELLUMVIDERE A CASTEVETRANO

 

 

 

 

Immagine articolo: Alla scoperta del "Bellumrepar(um)" nel territorio di Campobello di Mazara

CATELLO BELLUM REPARUM A CAMPOBELLO DI MAZARA

 

 

 

 

Nessuna descrizione della foto disponibile.

CASTELLO BURGIO MILLUSIO

 

 

FOTO E TESTO DA FACEBOOK :

Menfi Storia e Tradizione

@millusio Centro di informazioni turistiche

 

 

Menfi Storia e Tradizionets1 SdiiphilscoeSmfefnusmborrrei 2ed0f1i9 ·

Storia Castello Burgio Millusio MenfiDescrizione storica – il Castello di Menfi o di Burgimilluso, oggi scomparso, si attribuisce ad età sveva secondo gli studi di G. Agnello, che visitò il castello intorno alla metà del XX secolo. Lo studioso attribuiva l’edificio all’iniziativa di Federico II attraverso l’analisi architettonica e i pochi dati documentari disponibili. Gli studi più recenti tendono a confermare l’attribuzione di Agnello. L’unico documento che lega Menfi / Burgimilluso ad epoca federiciana è un’epistola databile al novembre del 1239, nella quale Federico II ordina l’edificazione “…ut apud Burgimill ad opus nostrum tantum habitatio fieret supra fontem magnum…” 1). Non è chiaro a cosa voglia riferirsi il termine “habitatio”, tuttavia è probabile che l’imperatore volesse costruire una “domus solaciorum” con caratteristiche tali da apparire nel contempo una fortezza. Per tutto il XIII secolo si fatica a trovare menzione del castello nei dati documentari. Agnello ritiene che nel 1258 Manfredi proprio a Burgimillusso e, presumibilmente, nel castello, confermasse i privilegi dati alla città di Palermo dal fratello Corrado. Nel 1264 si ricorda la “terra Burgimillus” 2), ma il castello è assente dagli statuta castrorum del 1275 e 1281 d.C. Nel 1283/84 re Pietro concede a Stefano di Nicola e a Filippo Guarichi di Sciacca il “casale quod dicitur Burgimillusium positum prope dictam terram Sacce..” insieme al casale Turbali dietro pagamento di circa 72 onze 3). Nel 1287 l’intera località è concessa alla famiglia Manuele o de Manuele, che terrà il feudo fino al 1392 4). Solo in un documento del 1316 si accenna al castello di Burgimillus e nello stesso anno la torre subisce un assedio da parte di truppe angioine, impresa che non sortisce alcun effetto, causando di lì a poco il ritiro del contingente francese, a testimonianza della bontà dell’architettura castrale 5). Nel 1335 si ricorda ancora il castello di Burgimillus 6). Alla fine del XIV sec. feudo e castello passano nelle mani di Guglielmo Peralta 7) e, successivamente, Burgimilluso sarà possesso dei Ventimiglia e dei Tagliavia fino alla prima metà del XX sec. Nel 1519 8) e nel 1637 9) si emanano due licentiae populandi, delle quali solo la seconda ha esito positivo e genera l’attuale comune di Menfi. Il castello, entro la metà del XX secolo, è adibito a carcere.Fotografie – 10)Descrizione topografica e architettonica – il Castello di Menfi o di Burgimilluso, che un tempo si trovava al centro del paese, oggi non è più esistente. Esso infatti venne obliterato dal terremoto del 1968. Al suo posto si costruì un edificio dalle fattezze simili, che inglobò i ruderi superstiti. Il castello si caratterizzava per la presenza di tue torri affiancate, delle quali la seconda arretrata rispetto alla prima. Nell’angolo creatosi dall’innesto dei due dongioni si edificò, in un secondo momento 11), una scala a chiocciola coperta per l’accesso dal primo piano in poi. Erano tre le elevazioni della torre mastra: il piano terra era diviso in due ambienti, ciascuno dei quali coperto da volte a crociera; al primo piano si osservava la presenza di altrettanti ambienti, il primo era coperto da una splendida e integra volta a crociera che trovava similitudini con le coperture di Castel Maniace e Augusta 12), la seconda sala era impreziosita da una volta ad ombrello con otto vele, simile alle coperture delle torri angolari di Castel Ursino e alle volte presso la Torre di Enna 13). Le coperture del secondo piano risultavano interamente rifatte e le antiche ogive apparivano decapitate in favore del terrazzamento di entrambe le torri 14). La terrazza era, inoltre, rinforzata grazie alla presenza di beccatelli e caditoie non coevi all’impianto originario dell’edificio e introdotti, presumibilmente, nel corso del XIV sec. d.C. 15). Le due torri, entrambi quadrate, non avevano le medesime dimensioni, la più grande, in pianta, misurava 9,40 metri per lato; la più piccola ne misurava solo 6,50. L’altezza di entrambi gli edifici doveva essere simile, pari a circa 18,60 metri. Agnello, che fu il primo e l’unico a poter studiare minuziosamente l’edificio, ritenne che il corpo di fabbrica fosse quanto rimaneva di un organismo ben più complesso, sebbene notasse una relativa integrità della costruzione. Proprio questo particolare ha spinto la ricerca più recente a considerare il castello di Burgimilluso come un raro esempio di dongione gemello o “donjons jumeaux” 16), la cui tipologia è presente soprattutto in Francia, come nel caso del castello di Excideuil (XII/XIII sec. d.C.). L’ipotesi del “dongione gemello” o doppio dongione spiegherebbe anche l’assenza di un’entrata al pian terreno, particolare evidenziato da Agnello. E’ possibile, infatti, che l’accesso al dongione avvenisse partendo dal piano “nobile” per mezzo di una scala esterna, oggi scomparsa 17). Gli studi più recenti ritengono che, in linea di massima, Agnello abbia correttamente attribuito la torre di Menfi ad epoca sveva 18). Purtroppo delle decorazioni architettoniche attentamente osservate dallo studioso siracusano nulla più rimane, così come del resto della struttura si conservano pochi monconi quasi del tutto illegibili.

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