GIUSEPPE LO BIANCO :: La rivelazione del facilitatore della sua latitanza a Report: “Una copia dell’agenda rossa ce l’ha Graviano” –IL FATTO QUOTIDIANO DEL 5 GENNAIO 2021 – pag. 16

 

 

IL FATTO QUOTIDIANO DEL 5 GENNAIO 2021 – pag. 16

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La rivelazione del facilitatore della sua latitanza a Report: “Una copia dell’agenda rossa ce l’ha Graviano”

La rivelazione del facilitatore della sua latitanza a Report: “Una copia dell’agenda rossa ce l’ha Graviano”

Dopo 20 anni, in tv il patto osceno tra Stato e mafia

di Giuseppe Lo Bianco | 5 GENNAIO 2021

 

Il filo nero che lega la strage di Bologna a quella di Capaci ha il volto di Paolo Bellini, killer vicino ai Servizi e arriva sino ai fratelli Graviano, che potrebbero essere stati affittuari nell’estate del ’93 di una villa in Sardegna a poco più di un chilometro in linea d’aria da quella di Berlusconi, alla vigilia della sua “discesa in campo”. Colmando un ritardo di oltre 20 anni dell’informazione italiana, la Rai offre per la prima volta in prima serata con Report il cuore nero dell’Italia stragista tracciato nel 1997 dall’inchiesta “Sistemi Criminali” dei pm Antonio Ingroia e Roberto Scarpinato, mostrando gli intrecci ancora irrisolti tra eversione nera, Servizi, Cosa Nostra, P2 e capitali mafiosi che hanno condotto il Paese nel tunnel del “doppio Stato”, segnato da una trattativa sancita da una sentenza di primo grado e da patti e ricatti sotterranei di una lunga stagione politico istituzionale. Al centro dei quali, ancora una volta, i misteri dell’agenda rossa, oggi, rivela Salvatore Baiardo, un gelataio piemontese di origini siciliane che all’inizio degli anni 90 curò la latitanza dei fratelli Graviano, in mano a “più persone, tra cui Giuseppe Graviano Matteo Messina Denaro, e non solo”.

Davanti alle telecamere di Report Baiardo conferma e anzi rilancia gli incontri tra Graviano e Silvio Berlusconi (“Sono stati più di tre, io li ho visti”) e consegna anche i nomi delle altre persone in possesso dell’agenda (“C’è stato un grosso incontro a Orta”). Si tratta di rivelazioni tutte da verificare.

Berlusconi e Dell’Utri negano da decenni quanto affermato da Baiardo che in passato fu ritenuto non attendibile dal pm di Firenze Giuseppe Nicolosi. Però (in linea generale e non sul punto specifico) in trasmissione la sua attendibilità su alcune cose dette allora viene asserita dal dirigente nel Nucleo anticrimine della Polizia Francesco Messina, autore nel ’97 di una informativa sui contatti e sui movimenti dei Graviano nel ’93 che non ebbe alcun seguito giudiziario. Allora, infatti, le indagini si bloccarono sulla soglia dell’accertamento del rapporto Graviano-Berlusconi (comunque poi negato nella sentenza definitiva del processo Dell’Utri). Perché? “A questa domanda non so dare una risposta – dice il dirigente –. L’informativa sulle stragi del ’93 fu depositata e non è mai pervenuta una delega”.

E se sullo sfondo di ricatti sotterranei Baiardo si spinge a decifrare le parole di Graviano (“Sta buttando lo zuccherino”), che ha chiamato in causa Berlusconi, sostenendo di ritenere “non impossibile” una speranza di scarcerazione per il boss di Brancaccio, è Ranucci a sottolineare il rilievo double face delle parole del favoreggiatore del boss: “Baiardo è come se ci dicesse: guardate che l’agenda rossa c’è e potrebbe saltare fuori. Tu Stato, hai le spalle talmente grandi da reggere le verità che là sopra sono scritte? Ma potrebbe esserci anche un’altra lettura: ‘Tu, Stato deviato, che temi che possa essere pubblicata, sei disposto a consentire un po’ di libertà?’”. Poi Report intervista uno dei collaboratori più stretti di Paolo Borsellino. Nel maggio del ’92, prima della strage di Capaci, Borsellino entra nella stanza del collaboratore Giovanni Paparcuri e gli chiede: “Giovanni, ma c’hai qualcosa su Berlusconi?”. “Io francamente cado dalle nuvole perché questo Berlusconi io, fino a quel momento, non l’ho mai sentito”, dice Paparcuri, convinto che quella curiosità gliel’aveva fatta venire Falcone, che aveva appuntato su un foglietto, poi ritrovato dallo stesso Paparcuri, le rivelazioni di Marino Mannoia sui finanziamenti di Berlusconi ai mafiosi.

Un contesto stragista che parte da Bologna, e dal ruolo di Paolo Bellini, presente sia il 2 agosto alla stazione sia alla fine del ’91 a Enna, nel territorio in cui Cosa Nostra e i suoi alleati occulti progettavano di “farsi Stato” a suon di bombe. Bellini era stato infiltrato in Cosa Nostra dal Ros del generale Mori eppure “non fu fatta un’attività molto seria su Paolo Bellini di monitoraggio, di pedinamento, di controllo, di un Gps sotto la macchina con cui andava in Sicilia – dice il numero uno del Dap Roberto Tartaglia –. Ecco, un’operazione del genere portava direttamente da un lato a Salvatore Riina e dall’altro a Matteo Messina Denaro’’.

A procurare in quel periodo i cellulari ai mafiosi stragisti è Giorgio Graziani, un rivenditore romano legato ai Servizi. “Ho acquisito i tabulati – dice l’ex funzionario della Polizia Gioacchino Genchi – ho chiesto alla Sip, all’epoca, di fornirmi gli intestatari. La Sip mi risponde: questi numeri non esistono, non sono mai stati attivati. Eppure avevo i tabulati. Da accertamenti abbiamo visto che quei numeri erano stati attivati in una sede particolare della Sip di Roma, Roma Nord, all’interno della quale c’era un insediamento dei servizi di sicurezza’’.

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