REPUBBLICA.IT — 6 MAGGIO 2019
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Urbania, la perla marchigiana ritrova il “suo” ritratto del Duca
di ISA GRASSANO
Barco Ducale
La cittadina che poggia sul Metauro sta ospitando il celebre ritratto di Francesco Maria della Rovere del Tiziano. Arriva dagli Uffizi, per una mostra che è l’occasione di scoprire l’antica Casteldurante
06 MAGGIO 2019
Si racconta che a Urbania, l’antica Casteldurante, l’ultimo duca di Urbino, Francesco Maria I Della Rovere, aveva allestito una “copiosissima libraria” a stampa.
Vi conservava i volumi più aggiornati dell’epoca a tema scientifico o teologico, tanto che in molti parlano della prima biblioteca moderna in pieno Rinascimento.
Stregato dalla magia dei luoghi aveva stabilito qui la sua residenza, tanto che era solito dire “di avere la corte a Pesaro, il palazzo a Urbino, la casa a Casteldurante”.
Vivendo a palazzo Ducale, si era circondato non solo di numerosi libri (attualmente conservati alla Sapienza di Roma), ma anche di opere artistiche rare e preziose.
LU MURA DI URBANIA
Tra queste un suo ritratto su tela a firma di Tiziano.
Un capolavoro assoluto della pittura rinascimentale – eseguito nel 1573 e conservato agli Uffizi di Firenze – che si può ammirare eccezionalmente di nuovo nel suo contesto originario, all’interno di Palazzo Ducale, imponente mole sul fiume Metauro.
Qui i Duchi da Urbino – trasportati in lettiga dai servi – raggiungevano questo luogo che chiamavano “delle Delizie” e si ritempravano dalle fatiche della guerra, tra dame e poeti.
LE MURA
Per ripercorrere la loro vita e la loro attività è visitabile, fino al 14 luglio, la mostra “Collezioni roveresche nel Palazzo Ducale di Casteldurante”.
La rassegna arriva in occasione dei restauri dei due cortilie intende ricostruire i principali aspetti delle raccolte artistiche ducali e l’influenza esercitata dal mecenatismo dei Della Rovere sia nell’ambito delle botteghe dei vasai locali sia negli interventi architettonici che hanno interessato edifici sacri e civili.
Complementare e integrata alla mostra è la visita alla diverse sale di Palazzo Ducale, costruito interamente in cotto, che consente di scoprire la sede dell’antica corte con la sala maggiore, la passeggiata scenografica sul fiume Metauro realizzata dall’architetto Gerolamo Genga e conosciuta anche come la “passeggiata della duchessa”.
Lungo il percorso espositivo sarà possibile vedere da vicino: il “Corteo Trionfale di Carlo V a Bologna”, un’acquaforte di Hogenberg Nicolaus datata 1530, lunga 12 metri (tra le più lunghe d’Europa).
Ancora la Sfera Terreste (1541) di Gerardo Mercatore.
Proseguendo lungo le sale si trova una straordinaria raccolta di disegni e incisioni del ‘500 e ‘600.
Il Francesco Maria I Della Rovere di Tiziano (taglio)
La visita prosegue negli scantinati dell’edificio, dove si trovano le cantine con relativo museo della storia dell’agricoltura e dell’artigianato con attrezzi d’epoca, fino alla rampa elicoidale di Giorgio Martini.
Prima di uscire non dimenticate di dare uno sguardo al panorama.Dalla loggia coperta che collega le due torri si gode una bella vista sulla campagna: il borgo di Peglio; il profilo del monte Carpegna, culla dei Montefeltro; il Sasso Simone.
Una volta fuori andate alla scoperta di questa città (venne elevata al rango di città, nel 1636, da papa Urbano VIII, per la civiltà degli abitanti e la bellezza del luogo), di questo gioiello del Montefeltro che conserva tante curiosità tra il reticolato di viuzze.
A partire dalla chiesa dei Morti, ornata da un bel portale gotico (in via Filippo Ugolini, di fianco all’ex seminario).
Al suo interno diciotto corpi risalenti al 1600 ed estratti dai sepolcri vicini già mummificati, in seguito all’istituzione dei cimiteri extraurbani per effetto dell’editto napoleonico di Saint Cloud del 1804.
Ognuno di loro – si trovano in una silenziosa cripta nel retro della chiesa – è portatore di una storia: una giovane donna deceduta dopo un parto cesareo, un giovane accoltellato in una veglia danzante, e la mummia dello sventurato che, si racconta, fu sepolto vivo in stato di morte apparente e si risvegliò nella tomba. Si riconosce il priore Vincenzo Piccini che indossa ancora una tunica bianca e nera. La loro conservazione, cosa curiosa, è naturale.
Pare che una particolare muffa (Hipha bombicina pers) ne abbia provocato l’essiccazione, ricoprendo interamente o in parte alcuni cadaveri e impedendo il processo della cancrena e della putrefazione: oltre alla struttura scheletrica, si sono conservati la pelle, gli organi interni e in alcuni casi anche i capelli e gli organi genitali.
I corpi sono sormontati da cartigli con frasi bibliche che invitano a meditare sulla caducità della vita.
Bella anche la Cattedrale, dove è conservato un Crocifisso (1320) dipinto da Pietro da Rimini,
il Teatro Bramante
e, in periferia, il Barco, l’antica residenza di caccia dei duchi con la sua particolare architettura.
In passato è stato sede di villeggiatura per celebri umanisti e poeti del Rinascimento – vi soggiornarono l’Ariosto e Pietro Bembo – mentre oggi si può godere solo della sua vista esterna, in quanto è chiuso per restauri. ( ERA APERTO SENZ’ALTRO NELLA PRIMAVERA- ESTATE 2020, FORSE E’ STATO RIAPERTO PRIMA…ch.)
PIETRO DA RIMINI, IL CROCEFISSO, 1315
URBANIA
Infine, non dimentichiamo che siamo nella città della ceramica. Urbania è uno dei comuni italiani che hanno ottenuto il prestigioso riconoscimento del “doc”, come “città di antica tradizione ceramica (fu famosissima nel ‘500, la sua fama giunse in ogni angolo di Europa, alimentata dal culto per Raffaello), dove i colori minerali prendono forma e lucentezza in anfore, vasi e piatti.
URBANIA
Di questa maiolica ne parla anche Gabriele D’Annunzio, nel libro “Il Piacere”: “ … e la piccola tavola del tè era pronta, con tazze e sottocoppe in maiolica di Casteldurante, antiche forme di inimitabile grazia”.
Girando qua e là vi accorgerete di alcune somiglianze con Bologna, tipo i portici.
Una leggenda narra che prima di costruire Casteldurante, alcuni maestri muratori furono mandati nella città delle due Torri con alcuni mazzi di canne per misurare la larghezza delle vie e dei portici del capoluogo emiliano.
URBANIA
Fatto ciò, s’incamminarono per il ritorno ma, stanchi, cominciarono a usare le misure come bastoni da viaggio, e queste ben presto si accorciarono.
Di conseguenza tutto, nel centro marchigiano, fu costruito più piccolo.
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