AKMET DAVUTOGLU ( accademico, e poi ministro degli esteri turco ):: LE CITTA’ CIVILTA’- Geopolitica della frontiera mesopotamico-anatolico-levantina: la fascia Mosul-Mardin-Diyarbakır-Urfa-Aleppo Alessandretta- Damasco-Beirut e il suo variabile destino storico. LIMESONLINE — 3 NOVEMBRE 2016

Frasi di Ahmet Davutoğlu | Citazioni e frasi celebri

AKMET DAVUTOGLU (Konya, 26 febbraio 1959), è stato professore all’Università di Beykent a Istanbul, per poi iscriversi al Partito per la Giustizia e lo Sviluppo (AKP).

 

LIMESONLINE — 3 NOVEMBRE 2016

https://www.limesonline.com/cartaceo/le-citta-civilta

 

LE CITTÀ CIVILTÀ

[carta di Laura Canali]

 3/11/2016

Geopolitica della frontiera mesopotamico-anatolico-levantina: la fascia Mosul-Mardin-Diyarbakır-Urfa-Aleppo Alessandretta- Damasco-Beirut e il suo variabile destino storico. Solo un potere multiculturale ma aggregante ne ha garantito lo sviluppo.

di Ahmet Davutoğlu

 

Pubblicato in: LA TURCHIA SECONDO ERDOĞAN – n°10 – 2016

SULLA FRONTIERA MESOPOTAMICO-ANATOLICO- levantina, all’interno della fascia che si estende come un arco formando una mezzaluna, Mosul, Mardin, Diyarbakır, Urfa, Aleppo e Damasco ospitano al loro interno tutti gli elementi culturali di questi bacini di civiltà. In queste città sono presenti diversi elementi comuni – dal credo che tesse le fondamenta spirituali della città all’architettura religiosa, dagli idiomi utilizzati alle tradizioni orali e scritte tramandate nei secoli, dalla tradizione nomade tribale alla tradizione agricola sedentaria, dalla struttura della casa alla cultura culinaria – e sono visibili, in misura diversa, influenze di varie civiltà.

Mentre a Mosul, fondata a ovest dell’antica città mesopotamica di Ninive, prevale il carattere mesopotamico, nella città di Mardin, nella quale si suppone che anche settemila anni fa convivessero sette lingue, sette religioni e sette culture diverse, le eredità selgiuchide e artuchide fanno trasparire una sintesi anatolica.

A Diyarbakır, le eredità culturali della Mesopotamia e dell’Anatolia si riflettono in modo più bilanciato sul tessuto urbano. A Urfa, a questi due elementi inizia ad aggiungersi l’influenza levantina.

Ad Aleppo, infine, l’intensa interazione tra questi tre elementi è nettamente visibile sul tessuto materiale e umano della città.

 

Quando questa frontiera raggiunge il Mediterraneo, mentre nella zona che comprende l’area che va da Aleppo ad Alessandretta l’interazione anatolico-levantina acquista risalto, a Latakia, Tripoli e Beirut la tradizione del Levanteevidenzia il suo carattere dominante.

La fascia di Haifa-Giaffa, estensione naturale di questa frontiera, ha iniziato a riflettere le caratteristiche della colonizzazione moderna in seguito all’invasione di Israele che ha reciso il filo che la legava alla tradizione antica. Sulla spina dorsale siriana, che si estende via terra da Ḥimṣ a Damasco, oltre a queste influenze iniziano ad acquistare rilievo il patrimonio della cultura classica araba e di quella dell’Ḥiğāz.

 

Come si è illustrato, le città ubicate su questa fascia giocano un ruolo unificante riunendo questi bacini di civiltà sotto il profilo culturale, ciò che li ha resi permeabili attraverso il tessuto urbano.

Nell’ambito di un fondamento religioso comune, la tradizione abramitica che va da Adamo (Dımaşk, Damasco)1 a Noè (Monte Cudi, tra Mosul e Mardin)2, da Abramo (Urfa) a Giona, Eliseo, Ḏū ’l-Kifl e Aronne (Eğil, Diyarbakır)3, da Zaccaria (Moschea degli Omayyadi, Aleppo), a Giovanni Battista (Moschea degli Omayyadi, Damasco), è stata testimone dell’incontro tra metafisica e luogo. E ha raggiunto la sua maturità con Gerusalemme (Mosè, Salomone, Gesù, Maometto), che racchiude in sé l’insieme di questa tradizione.

 

 

Diyarbakır

Provincia di Diyarbakır - Wikipedia

PROVINCIA DI  DIYARBAKIR

 

L'incertezza politica pesa sull'economia turca e sul suo listino | Trend Online

 

Il tessuto architettonico delle città ha mantenuto in modo armonioso il patrimonio ereditato da queste civiltà. Tale caratteristica, che si può osservare anche in altre città, è particolarmente evidente a Diyarbakır. Culla di numerose civiltà e sede di molteplici aree di dominazione politica, la cultura cittadina di Diyarbakır si è amalgamata lungo il corso dei secoli, mantenendo ancora oggi tracce di queste civiltà. Nelle torri edificate in periodi diversi all’interno delle mura cittadine – le più lunghe tra quelle ancora in piedi dopo la Grande Muraglia cinese – e nelle moschee e nei minareti costruiti durante le varie fasi dell’egemonia islamica, è possibile osservare come un luogo possa riflettere la sintesi della storia di una civiltà unificante.

 

 

Mosque Diyarbakir Immagini e Fotos Stock - Alamy

 

 

 

Costruita durante l’èra del califfo Omar e profondamente ristrutturata durante l’èra del sultano selgiuchide Malik Shah, la Grande Moschea di Diyarbakır ( foto sopra )  ha la caratteristica di rappresentare un documento storico che rispecchia i tratti distintivi delle diverse fasi della civiltà islamica e della sua architettura. Inoltre, anche l’architettura delle chiese riflette le tracce dell’architettura della tradizione cristiana della frontiera mesopotamico-anatolica.

 

Սուրբ Կիրակոս եկեղեցի (Դիարբեքիր) (3).JPG

Chiesa Armena di San Ciriaco — wikipedia in armeno

 

Guardandola da questa prospettiva, è impossibile non avere l’impressione che «le vie di tutte le civiltà fondate nel continente afroeurasiatico siano, in un modo o nell’altro, passate per Diyarbakır». Per questa ragione, Diyarbakır non è una città ordinaria sorta a seconda delle circostanze temporali di una specifica congiuntura storica. Al contrario, è il prodotto di una comprensione dello spazio plasmata da un mescolamento di civiltà assimilato nel corso dei secoli e arrivato fino ai nostri giorni.

 

Tale caratteristica è comune a tutte le città che si trovano su questa frontiera. Chi si dirige ad Harran dopo aver visitato le madrase di Mardin e visita le rovine della città distrutta dai mongoli, può ancora percepire la fragranza metafisica della tradizione scientifica plurisecolare di Harran. Se fosse possibile teletrasportarsi dalle Grandi Moschee di Mardin e Diyarbakır alle Moschee degli Omayyadi di Aleppo e Damasco e, dunque, trovarsi nello stesso momento in questi luoghi, sarebbe possibile cogliere la soggezione del culto nell’ambiente metafisico e architettonico senza percepire alcun senso di estraneità. Più in particolare, custodendo per un verso l’ambiente spirituale

 

DAMASCO

BURSA

 

della Moschea Omayyade di Damasco e per l’altro quello della Grande Moschea di Bursa, la Grande Moschea di Diyarbakır è caratterizzata dal fatto che riflette nello stesso luogo le varie dimensioni dell’eredità della civiltà comune.

 

Questo mescolamento di civiltà ha avuto tre importanti periodi di trasformazione e di interazione. Il primo mescolamento risale all’epoca classica di Alessandro Magno, dopo i domini babilonese e persiano. Per effetto di tale mescolamento, durante questo periodo il patrimonio culturale preesistente ha vissuto un periodo di compenetrazione e di sintesi.

 

Rovine della vecchia università di Harran, Alta Mesopotamia, Turchia

Rovine della vecchia università di Harran, Alta Mesopotamia, Turchia

Quando gli arabi hanno conquistato Harran, fondarono la prima università dell’ Islam nel 8° secolo. Qui sono tradotti manoscritti di astronomia, filosofia, scienze naturali e medicina dal antico greco al vecchio siriano e poi in arabo. I califi di Baghdad si incontrarono mentalmente con gli imperatori del Bisanzio come se la conoscenza fosse al di sopra delle loro guerre e controversie. Con la mia fantasia cercavo di ricostruite mentalmente la vivace immagine di questo centro di sapienza dove si davano borse anche agli Assiri che non erano arabi ne seguaci dell’Islam, e dove i viaggiatori, i commercianti e gli studiosi del mondo musulmano trasferivano i manoscritti in Andalusia e Toledo. Là si traducevano in latino per essere diffusi poi in Europa.
I Mongoli la hanno distrutta nel 1260.

https://barbaraathanassiadis.com/blog-italiano/harran-in-alta-mesopotamia-turchia

 

 

In seguito, Harran è stata il centro di una concentrazione scientifica e intellettuale che ha agevolato la traslazione di tale mescolamento complessivo alle interazioni tra civiltà che sarebbero state stabilite in futuro. Come si è evidenziato nella parte dedicata all’analisi delle tradizioni create/tramandate nel periodo di Alessandro Magno, queste fasce hanno prodotto influenze plurisecolari grazie al processo di trasmissione culturale.

 

Il secondo grande mescolamento ha avuto luogo con il dominio stabilito in questo spazio dal patrimonio culturale della civiltà islamica, prodotto dell’evoluzione di una nuova civiltà con una forte autocomprensione basata sul credo monoteistico, a partire dal califfato di Omar. Durante questo periodo, nella fascia che si estende dalla Mesopotamia al Mediterraneo sono andati in scena un confronto e un’interazione estremamente comprensivi4. È durante questo confronto che sono venuti alla luce i fondatori del pensiero classico5 che hanno creato il paradigma esistenza-conoscenza-valore della civiltà islamica in ascesa. Anche l’istituzionalizzazione giuridico-economico-politica basata su tale paradigma ha edificato su questa frontiera le proprie istituzioni originali. E pure forme di conoscenza come ‘aqīda, kalām, ḥadīṯ e fiqh, la costituzione di scuole all’interno di esse e l’infrastruttura istituzionale della struttura sociale basata su tali forme di conoscenza sono apparse sulla scena storica come risultato del confronto che ha avuto luogo su questa frontiera.

 

Il terzo mescolamento, invece, è il risultato dei movimenti migratori causati dallo spostamento di popoli dall’Oriente, con le ondate di migrazioni dall’Asia centrale che ebbero inizio con i selgiuchidi tra l’XI e il XV secolo, e dall’Occidente con le crociate. Si tratta di un mescolamento che ha trovato un nuovo periodo di armonia solo con l’avvento dell’ordine ottomano. In questa fase, accanto alla rinascita delle civiltà consolidatesi durante il periodo selgiuchide-artuchide-ayyubide-akkoyunlu, ci sono stati anche gli effetti distruttivi e le sfide dinamiche delle invasioni dei mongoli e dei crociati.

 

Tale permeabilità tra popoli e geografie rappresenta uno degli elementi fondamentali che hanno tessuto le identità culturali contemporanee. Senza comprendere pienamente questo periodo storico, non è possibile scrivere la storia della Mesopotamia, dell’Anatolia e del Mediterraneo orientale, né tantomeno capire la struttura socioeconomica ottomana e contemporanea. In realtà, nonostante gli effetti distruttivi delle invasioni mongole e crociate, la restaurazione culturale avvenuta in questa fascia nei periodi selgiuchide, ayyubide e artuchide ha posto le basi dell’ordine plurisecolare ottomano. Ai nostri giorni, su questa frontiera è possibile assicurare un ordine politico unificante e comprensivo che abbia una base storica solo e unicamente facendo riferimento a tale periodo, caratterizzato dall’integrazione di tutte le tribù e di tutti i clan turchi, arabi e curdi.

 

Il ruolo amalgamante che questa fascia di città ha giocato sulla frontiera dell’interazione geoculturale è allo stesso tempo il risultato naturale della sua posizione geografica. Questa fascia si trova su una topografia che permette l’incontro della Mesopotamia, la quale unisce i bacini dell’Eufrate e del Tigri, con la pianura anatolica da un lato e con il Mediterraneo dall’altro. Nel nostro movimento ad arco dall’Oriente verso l’Occidente, mentre Mosul rappresenta una città mesopotamica adagiata sulle rive del Tigri, Mardin, che dalla collina sulla quale si trova si affaccia sulla Mesopotamia, crea un legame fisico e metafisico tra l’altopiano anatolico e le montagne ai quali dà le spalle e questa vasta pianura6. Persino le porte della città di Diyarbakır riflettono la posizione di intersezione su frontiera geografica e mettono in luce l’orientamento spaziale di questa fascia di città. La porta che dà verso nord prende il nome di Bâbü’l-Cebel, la Porta della montagna o di Harput; la porta che dà verso occidente si chiama Bâbü’l-Rûm, la Porta di Urfa o Rum, la Porta (dell’Anatolia)/di Aleppo; la porta che dà verso sud e oriente è Bâbü’t-Tell, o Porta di Mardin; la porta che dà verso il Tigri è Bâbü’l-Ma, la Porta Nuova o la Porta del Tigri/del Fiume. In sintesi, Diyarbakır, che con due porte contiene l’altopiano e il fiume, con una terza porta si apre verso l’Anatolia e il Mediterraneo attraverso Urfa e Aleppo e con l’ultima porta verso la Mesopotamia attraverso Mardin.

 

Anche solo i nomi di queste porte riflettono il legame strategico tra la posizione geografica e le frontiere geoculturali e geoeconomiche. Urfa e Aleppo, alle quali Diyarbakır è connessa tramite la Porta Rum, si trovano sul lato eufratico della Mesopotamia ed è questa posizione che le ha rese due città-orizzonte che si aprono verso l’Anatolia e il Mediterraneo. Analogamente, anche i presupposti economici, politici e culturali che stanno alla base dell’estensione del vilayet di Aleppo – fondato nel periodo ottomano con il Regolamento per l’organizzazione provinciale (Teşkilât-ı Vilâyet Nizamnâmesi) del 18647 – verso il Mediterraneo attraverso Adana, verso l’Anatolia centrale tramite Antep, Urfa e Kahramanmaraş e fino alla Mesopotamia via Dayr al-Zawr, si basano su questa frontiera di interazione geografica.

 

Allo stesso tempo, questa posizione geografica tra l’entroterra continentale, i bacini fluviali e il mare ha assicurato il mantenimento di un’intensa interazione geoeconomica lungo il corso dei secoli. Tale interazione economica ha favorito la trasformazione delle città collocate su questa frontiera in poli d’attrazione nei periodi caratterizzati dalla presenza del dominio di un ordine politico.

 

ALEPPO

 

The city of Aleppo with the Old Citadel in the background

ALEPPO NEL 2006– GETTY IMAGES

 

 

Siria, mappa di un Paese in rovina - Corriere.it

 

 

DENTRO ALEPPO. Il conflitto urbano per capire la guerra - Seconda Parte

FOTO NENA NEWS

NEL LINK, UNA SERIE DI FOTO CHE MOSTRANO ALCUNI LUOGHI PRIMA DELLA GUERRA DEL 2011 / SEGUITE DA ALTRE DOPO  LA GUERRA FINO AL 2016

https://www.theatlantic.com/photo/2016/12/aleppo-before-the-war/511424/

 

 

 

VIDEO, 7.02 DI ANNA TASSINARI — ALEPPO 1990

 

 

Durante il periodo ottomano classico, questa vivacità economica può essere osservata nitidamente nell’esempio di Aleppo. Nell’impero ottomano del XVI e del XVII secolo, Aleppo, «metropoli araba che con più di centomila abitanti rappresentava il terzo insediamento della regione dopo İstanbul e Il Cairo, capitale amministrativa di un importante vilayet ottomano che si estendeva su buona parte del Nord della Siria, nonché uno dei più noti centri di produzione tessile e dei più celebri snodi commerciali tra Oriente e Occidente»8, divenne un insediamento dominante nell’area circostante e un polo d’attrazione. Abraham Marcus fa notare che nel periodo in questione pochissime città della regione avevano raggiunto la dimensione di Aleppo, e quelle che l’avevano raggiunta potevano essere considerate lontane in base alle condizioni dell’epoca. Considerando, ad esempio, che Damasco era raggiungibile con un viaggio in carovana più lungo di una settimana, che Baghdad e İzmir erano quasi a un mese di distanza e che Il Cairo e İstanbul, le uniche città più grandi di Aleppo, erano ancor più lontane, si può notare come Aleppo avesse acquisito la condizione di snodo economico in un’area estremamente vasta9.

 

 

File:Cartina dei domini di Philaretus Brachamius it.svg - Wikipedia

ALESSANDRETTA- CARTINA

 

 

Grazie alla sua apertura verso l’Europa via Alessandretta a occidente e a quella verso l’India e la profondità asiatica attraverso le vie che raggiungevano Baghdad, Mosul e Bassora (al-Baṣra), in un certo senso Aleppo aveva acquisito una posizione di centralità sullo snodo di una rotta commerciale intercontinentale molto trafficata. Tra le città nelle quali i prodotti provenienti dall’Arabia, dall’Iran e dall’India venivano accumulati e poi esportati verso l’Occidente attraverso l’Anatolia c’erano relazioni commerciali estremamente dinamiche, di cui Aleppo costituiva il centro. La connessione con la Palestina, l’Egitto e l’Arabia era invece assicurata dalla strada che, attraverso Damasco, si dirigeva a sud10.

 

Aleppo, la cui rete commerciale si reggeva in larga parte sui mercati anatolici, per l’area circostante non rimase solo un centro di gravità economico e commerciale, ma divenne anche un polo d’attrazione culturale. In quanto esposta a migrazioni dalle aree rurali, soprattutto da territori dove si parlava il turco, Aleppo aveva assunto l’aspetto di una città nella quale il turco era ampiamente diffuso. Questa circostanza non era ravvisabile in altri vilayet arabi, come ad esempio in quello meridionale di Damasco11.

 

Tra la vivacità culturale ed economica di questa frontiera e l’ordine politico esiste una correlazione diretta. In presenza di un ordine politico che ne assicura l’aggregazione, le città che si trovano su questa frontiera entrano in una fase ascendente. Quando invece questa frontiera viene condivisa da diversi ordini politici o si presenta una congiuntura caotica, la vita di queste città perde la sua vivacità. Durante i periodi di Alessandro Magno, degli Omayyadi, degli Abbasidi, dei Selgiuchidi, degli Ayyubidi e degli Ottomani – quando la regione era unificata – questa frontiera, nel suo insieme, ha vissuto un periodo di grande vitalità. Prendendo in considerazione le singole città, nel periodo successivo ad Alessandro Magno primeggiava Harran, nel periodo Omayyade Damasco, in quello Artuchide Mardin12 e nell’epoca ottomana Diyarbakır e Aleppo.

 

Da un altro punto di vista, invece, questo bacino formato da una mescolanza di popoli è stato un banco di prova storico dove sono state testate le capacità di interiorizzazione degli Stati e delle strutture politiche che avrebbero fondato un ordine politico sull’asse mesopotamico-anatolico-levantino e che si sarebbero trasformate in ordine al raggiungimento della maturità. L’ultimo esempio di successo in questa prova è andato in scena durante il periodo ottomano. L’ordine politico multiculturale durato quasi quattro secoli ha permesso alle città che si trovano su questa fascia di essere legate in un bacino comune e in forma integrata senza alcun tipo di interruzione o di confine.

 

Al contrario, è un fatto che durante le invasioni mongole, che hanno scosso le basi dell’ordine politico regionale, le città che si trovano su questa frontiera abbiano subìto enormi devastazioni, e che nei periodi di tensione tra Sasanidi e Bizantini e tra Ottomani e Safavidi, caratterizzati dalla frammentazione politica della frontiera, esse non riuscirono a mantenere la loro vivacità economica a causa dell’indebolimento dei legami interni.

L’ultimo esempio di questo fenomeno è rappresentato dal processo che ha portato questa antica fascia urbana geoeconomica e geoculturale a perdere importanza sia nel suo complesso sia a livello delle singole città, una delle conseguenze dell’accordo Sykes-Picot insieme alla divisione politica vissuta nel corso dell’ultimo secolo.

Il fatto che Mosul sia rimasta sotto la sovranità irachena, Mardin, Diyarbakır e Urfa sotto quella turca, che Aleppo e Damasco siano sottoposte alla sovranità siriana, la costa del Levante a quella libanese e che le relazioni tra questi paesi abbiano vissuto momenti di tensione ha provocato la disgregazione dello spazio che fin dall’epoca antica è stato un luogo di naturale interazione geoculturale e geoeconomica tra la Mesopotamia, l’Anatolia e il Levante. Questa disgregazione ha determinato la perdita d’importanza in termini relativi delle città.*

 

 

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citta_chiave_secondo_davutoglu_1016

 

 

Note

 

1. Si crede che la lotta tra i figli di Adamo sia avvenuta sulla collina di Kasyun, che domina la città di Damasco. Pertanto, proprio perché si ritiene che in questo luogo Caino uccise Abele, esso venne chiamato Dımas ̧k (il luogo dove è stato lasciato, versato il sangue).

2. È credenza comune che, dopo il diluvio, l’arca di Noè si sia arenata sul Monte Cudi, come dimostra il 44° versetto della Sura di Hūd del Corano. (…) Secondo Elmalılı Hamdi Yazır si era sostenuto che il Monte Cudi si trovasse a Mosul, Amid (Diyarbakır), Cizre o Damasco. Tuttavia, dopo aver precisato che questi luoghi erano stati individuati per la loro vicinanza a Mosul, va menzionato come approccio alternativo quello dei difensori della tesi secondo cui Cudi è un nome comune che poteva essere utilizzato genericamente per qualsiasi monte. E.H. YAZıR, Hak Dini Kur’an Dili (La religione del popolo, la lingua del Corano) c. IV, İstanbul, Eser Yayınları, 2784. Ad ogni modo, insieme alla prevalenza della teoria di Mosul, è opinione generalmente accettata che questa vicenda storico-religiosa abbia avuto luogo su tale frontiera. Inoltre, si crede che Hestan, villaggio ai piedi del Monte Cudi che significa «gli Ottanta», sia stato fondato da Noè.

3. Proprio per questo motivo, Diyarbakır viene ricordata come la città dei profeti. In considerazione del suo patrimonio spirituale, nella conferenza che ho tenuto all’Università Dicle di Diyarbakır avevo fatto riferimento a quest’ultima come «città mentore» (mürşit şehir).

4. Per i dettagli di questa interazione si veda A. DAVUTOĞLU, Alternative Paradigms e A. DAVUTOĞLU, «Medeniyetlerin Ben-idraki» (L’autocomprensione delle civiltà).

5. Per le relazioni tra la storia delle civiltà e i classici e per le altre classificazioni avanzate in questo contesto, si veda A. DAVUTOĞLU, «Medeniyetlerarası Etkileşim ve Klasikler» (L’interazione tra le civiltà e i classici), Medeniyet ve Klasik (La civiltà e il classico), a cura di H. ÖZKAN, N. ARDıÇ, A. ARLı, İstanbul 2007, Klasik Yayınları, pp. 15-34.

6. Per le mie valutazioni sulla posizione di Mardin si veda: Seconda Conferenza degli ambasciatori, 9/1/2010, Mardin.

7. Questi i sangiaccati compresi nel vilayet di Aleppo: Aleppo, Adana, Maras ̧, Ayntab, Urfa, Dayr al-Zawr, Cebelisemaan.

8. A. MARCUS, Modernliğin Eşiğinde Bir Osmanlı Șehri: Halep (titolo originale: The Middle-East on the Eve of Modernity: Aleppo in the Eighteenth Century, n.d.t.), tr. M.E. BAȘ, İstanbul 2008, Küre Yayınları, p. 19.

9. Ivi, p. 47.

10. Ivi, p. 48.

11. Ivi, p. 9.

12. Mardin, che nei secoli caratterizzati da tensioni tra Romani e Sasanidi era una città di guarnigione romana, grazie allo sviluppo esibito dopo essere diventata la capitale degli Artuchidi si è trasformata in una sorta di «città gioiello» che ancora oggi incorpora il connubio delle civiltà con le madrase e le opere d’arte e riflette tutte le tracce dell’antichità.

* Brano tratto da: A. DAVUTOĞLU, Medeniyetler ve Șehirler (Civiltà e città), İstanbul 2016, Küre Yayınları, pp. 140-148.

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  1. Donatella scrive:

    Affascinante questa storia, che potrebbe insegnarci qualcosa sulla compenetrabilità di culture anche molto diverse in periodi di pace.

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