Il prossimo presidente degli Stati Uniti dipenderà dall’esito del voto nel Midwest. Il candidato democratico è riuscito nella rimonta grazie al voto per posta con cui ha recuperato lo svantaggio. Vincere in Michigan ora dovrebbe bastargli per arrivare al magic number dei 270 elettori. In ballo però ci sono ancora l’Arizona e il Nevada, dove i repubblicani non si danno per sconfitti

La finalissima delle presidenziali americane si gioca nel Midwest: tra Wisconsin e Michigan si decide chi guiderà la Casa Bianca nei prossimi quattro anni.

Più di Pennsylvania, Georgia e North Carolina, gli altri Stati chiave in cui ancora non è stato possibile dichiarare il vincitore.

Più di Arizona e Nevada, dove Joe Biden sembra in vantaggio ma non ha ancora la vittoria assegnata.

Vittoria che invece è arrivata in Wisconsin e che porta il candidato democratico a un passo dalla Casa Bianca.

Infatti, se Biden dovesse vincere anche nel Michigan (oltre a imporsi in Arizona e confermare il Nevada), la vittoria finale sarà sua: raggiungerebbe esattamente il magic number dei 270 grandi elettori necessari.

Il candidato democratico è riuscito nella rimonta grazie agli scrutini del voto per posta, a cui milioni di americani, mai come quest’anno, hanno fatto ricorso causa Covid. E Trump è già partito al contrattacco, parlando di “discariche di schede” e annunciando ricorsi proprio in Wisconsin e Michigan. Biden invece terrà un discorso nel pomeriggio americano in video a Wilmington, nel Delaware, anche se è ancora troppo presto per “chiamare” il vincitore delle elezioni presidenziali.

Cosa manca a Biden per vincere – Biden sembra essere riuscito a garantirsi due cruciali stati ancora non ufficialmente assegnati: Arizona e Nevada. In quest’ultimo, che assegna 6 grandi elettori, ha un vantaggio limitato, ma sono pochi gli spazi di recupero per Trump. Tutti i voti dell’Election Day sono stati conteggiati e ora rimangono solo quelli via posta che vedono una tendenza a favore dei democratici. Se riuscisse a prendersi entrambi gli Stati, a Biden mancherebbero ancora 16 elettori per arrivare a quota 270, visto che ha conquistato anche il Wisconsin.

Li potrebbero trovare sempre nel Midwest, nel vicino Michigan, dove è a sua volta avanti di 40mila voti circa. Il Michigan gli garantirebbe proprio i 16 elettori necessari per la vittoria, seppure per un solo voto. A quel punto non servirebbe a Biden riuscire a prendersi la Pennsylvania (che assegna 20 elettori). Dove in questo momento Trump è avanti di quasi 70omila voti. Le oltre 1,4 milioni di schede anticipate non ancora scrutinate potrebbero però colmare il gap. E anche in Georgia (16 elettori) Biden è dato in rimonta: nell’area di Atlanta sono rimasti molti voti democratici.

Cosa manca a Trump per vincere – Per il presidente invece potrebbe rivelarsi cruciale riuscire a colmare il divario in Nevada o in Arizona. In questo momento Trump conta su 213 voti certi, che diventeranno 216 elettori una volta ufficializzato l’esito dell’Alaska, sicuramente a suo favore.

Per arrivare a 270 mancano 54 elettori: avendo perso il Wisconsin, deve vincere in Georgia, Michigan, North Carolina e Pennsylvania per rimanere alla Casa Bianca con 283 elettori. Se invece perdesse anche solo uno di questi (in questo momento è dietro in Michigan), non avrebbe chance. Secondo il New York Times, il presidente è nettamente favorito solamente in North Carolina, mentre gli altri sono tutti in bilico.

Per Trump resta però anche un’altra possibilità: riuscire a rimontare in Arizona o Nevada. Sempre per il Nyt, le speranze dei repubblicani si concentrano in particolare sull’Arizona, anche se lì lo scarto di voti è maggiore: il presidente è infatti dietro cinque punti, ma c’è incertezza sui voti ancora non scrutinati, in particolare quelli espressi via posta. Queste schede di solito sono a maggioranza democratica, ma quest’anno potrebbero non esserlo perché i repubblicani avrebbero concentrato il loro voto negli ultimi giorni a ridosso dell’Election Day.

Le previsioni sbagliate – A inizio scrutinio, e con settimane di sondaggi alle spalle che davano Biden vincitore, sembrava fosse arrivata l’onda blu. Una presunzione rafforzata dall’affluenza record alle urne del 67%, la più alta da oltre un secolo negli Stati Uniti (nel 2016 fu del 55,8%), grazie anche al ricorso all’early voting, cioè al voto anticipato (scelto da 101 milioni di americani, di cui oltre 65 milioni per posta). Ma le rilevazioni sulle presidenziali americane hanno fallito anche questa volta, come successe 4 anni fa con Hillary Clinton: il vantaggio iniziale del candidato democratico si è schiantato davanti alla rimonta di Donald Trump in Florida, Texas e Georgia. Fino ad accaparrarsi l’Ohio, uno degli Stati chiave che dalla guerra civile ha azzeccato 33 su 37 presidenti americani. E mai un repubblicano ha vinto le elezioni senza averlo conquistato. Gli Stati Uniti si sono confermati così per l’ennesima volta poco tracciabili, poco intuibili, poco affidabili nelle loro stesse previsioni.