LIMES ONLINE 25 LUGLIO 2020
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Gli assi d’espansione della Turchia. Come, dove e contro chi Ankara si proietta oltre l’Anatolia.
Dettaglio della carta di Laura Canali, per visualizzare la versione integrale scorri fino a fine articolo.
25/07/2020
Testo di Federico Petroni.
carta di Laura Canali
TURCHIA, MEDITERRANEO, MARI, LIBIA, GRECIA, CIPRO, SIRIA, BALCANI
La strategia di Ankara per tornare a essere una grande potenza prevede il recupero della dimensione imperiale persa con il collasso degli ottomani alla fine della prima guerra mondiale. Non necessariamente bisogna allargare i confini. Il prerequisito è la capacità di proiettarsi al di fuori dell’Anatolia.
Non è una missione facile. La Turchia scarseggia di alleati veri e quelli che ha sono geograficamente lontani (Qatar) oppure poco fungibili (Azerbaigian). È circondata di attori ostili (Grecia, Armenia, metà di Cipro), vecchi imperi nemici con cui collabora tatticamente (Russia, Iran), paesi temporaneamente volti in benevoli neutrali (Bulgaria, Georgia) o territori troppo deboli per esprimere una soggettività (Siria, Iraq). Si sta inoltre dotando di appoggi in Libia, Qatar, Somalia, ma le difettano i mezzi militari e logistici per connetterli e rifornirli stabilmente.
Tuttavia, Ankara è determinata a recuperare influenza, seguendo le profondità ottomane e sfruttando la propria invidiabile posizione di crocevia tra Medio Oriente ed Europa, tra mondo russo e Levante. Dalla convergenza di tanti flussi sulla penisola anatolica derivano le due principali direttrici della proiezione turca.
La prima va da Vienna a Baghdad. Ha natura prevalentemente terrestre, al massimo fluviale, tra Danubio e Tigri-Eufrate. Essa prevede la penetrazione nei Balcani, dove si è fatta nuovi amici (Bulgaria, Serbia, Ungheria)e riscopre vecchie affinità (Kosovo, Albania, Macedonia, bosgnacchi della Bosnia-Erzegovina, ossia i territori europei a prevalenza musulmana appartenuti all’impero ottomano). Benché non forte economicamente, la proiezione turca può contare su un discreto soft power, non basato esclusivamente sull’elemento islamico ma pure su prodotti culturali di massa, come per esempio le serie tv.
CARTINA DA : https://www.trend-online.com/
Il ramo mesopotamico di questa direttrice comporta un’inevitabile competizione con l’Iran poiché ne interseca la spinta verso ovest a costruirsi una sfera d’influenza verso il Mediterraneo attraverso Iraq, Siria e Libano. Ciò non esclude temporanee collaborazioni, ma non autorizza alleanze di lungo termine. Questa dimensione rende la Turchia molto appetibile per gli Stati Uniti, fra le cui priorità figura proprio il contenimento di Teheran.
La seconda direttrice è marittima e si estende dal Mar Nero attraverso Bosforo e Dardanelli nel Mediterraneo, verso la Libia e oltre Suez. Questo è l’asse più innovativo della geopolitica turca. Eppure inaggirabile per acquisire profondità strategica. La Turchia è infatti costretta alle proprie coste dal mancato controllo delle isole dell’Egeo, in particolare del Dodecaneso, e di Cipro. È lo specchio di un popolo tradizionalmente privo di cultura marittima, più abile a imporsi sulla terra che sulle onde.
Guadagnare Suez vuol dire ambire a una dimensione oceanica. L’unico spazio in cui la Turchia può aspirare a tale rango è l’Oceano Indiano.
SUEZ – MAR ROSSO – GOLFO DI ADEN- OCEANO INDIANO
Ciò prevede però superare le forche caudine del Mar Rosso, sul quale insistono potenze avverse come Egitto e paesi arabi del Golfo. Ankara spera che la montante debolezza del Cairo porti quest’ultimo a smorzare l’ostilità nei suoi confronti.
UAE = EMIRATI ARABI UNITI
Gli Emirati Arabi Uniti sono l’irriducibile avversario della proiezione marittima turca perché Abu Dhabi ha sostanzialmente gli stessi obiettivi: guadagnarsi una rete logistica portuale per presentarsi come referente insostituibile all’egemone di turno. Invece i turchi non considerano persa l’Arabia Saudita:benché la sua classe dirigente li abbia scelti come bersaglio, l’ambizione sarebbe di avere dalla loro il paese che custodisce i luoghi santi dell’islam.
Del Mar Nero rileva il rapporto con la Russia. Anche qui come con l’Iran siamo di fronte a un’inevitabile incompatibilità degli obiettivi strategici che però non esclude collaborazioni e strumentalizzazioni reciproche. Il desiderio di Mosca di guadagnare i mari caldi viene di volta in volta usato da Ankara per aumentare il proprio potere negoziale nei confronti di Washington, però dalla Grecia alla Siria, dalla Libia a Cipro, dall’Egitto al conflitto azero-armeno, tra 2019 e 2020 è evidente come gli interessi delle due potenze finiscano sempre su lati opposti della barricata. Gli Stati Uniti hanno smorzato i toni con i turchi anche per provare a separarli definitivamente dai russi – non è detto ci riescano al cento per cento.
TURCHIA E NORD AFRICA — CARTA LIMES
Proiettarsi verso Libia e Nordafrica serve ad Ankara a un duplice scopo. Primo, guadagnare una testa di ponte nel Continente Nero e da lì penetrare verso il Sahel e il Corno d’Africa, in competizione con i francesi e per congiungersi alle sue postazioni in Somalia.
Il Sahel (dall’arabo Sahil, “bordo del deserto”) è una fascia di territorio dell’Africa subsahariana, estesa tra il deserto del Sahara a nord, la savana del Sudan a sud, l’oceano Atlantico a ovest e il Mar Rosso a est, che copre (da ovest a est) gli Stati di Gambia, Senegal, la parte sud della Mauritania, il centro del Mali, Burkina Faso, la parte sud dell’Algeria e del Niger, la parte nord della Nigeria e del Camerun, la parte centrale del Ciad, il sud del Sudan, il nord del Sud Sudan e l’Eritrea: costituisce una zona di transizione tra l’ecozona paleartica e quella afrotropicale, ovvero un’area di passaggio climatico dall’area arida (steppica) del Sahara a quella fertile della savana arborata sudanese (asse nord-sud).
IN VERDE IL ” CORNO D’AFRICA ”
Secondo, rivendicare il mare che sta nel mezzo: a questo serve l’accordo sui confini marittimi raggiunto a fine 2019 con il governo di Tripoli. L’idea di Ankara è di stringere in una tenaglia le isole del Mar Egeo che vorrebbe strappare alla Grecia. Non solo per estrarre le promettenti risorse gasiere del Mediterraneo orientale. Soprattutto per allontanare la prima linea difensiva, reputata troppo vicina allo heartland. Ciò rende un conflitto con Atene assai probabile. Per questo gli Stati Uniti hanno rafforzato il dispositivo militare in Grecia e suggeriscono di dismettere l’embargo di armi a Cipro. Anche la Francia guarda con preoccupazione il revisionismo turco ed è l’attore europeo più impegnato a denunciarlo.
Da ultimo, la carta indica Italia e Israele come potenziali partner. Può sembrare un paradosso. Per il nostro paese perché una potenza non necessariamente amica s’installa a due passi dalla Sicilia. Per lo Stato ebraico per via della retorica filopalestinese del governo di Ankara e dell’ancora incompiuta distensione dopo l’incidente della Mavi Marmara di dieci anni fa. Eppure, per Roma i turchi in Tripolitania potrebbero essere la migliore fra pessime alternative (più influenza russa o completo disfacimento delle Libie). E Gerusalemme non ha interesse a inimicarsi completamente la Turchia, alla quale è anzi legata da un asse profondo basato sui servizi segreti e sul comune desiderio di contenere l’Iran.
Testo di Federico Petroni.
Carta di Laura Canali in anteprima per gli abbonati a Limesonline, tratta dal nuovo numero di Limes.
CARTA INEDITA DELLA SETTIMANA, CARTE
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