Compianto su Cristo morto, Plasticatore padovano. Chiesa di San Pietro, Padova
Giovanni de Fondulis, Madonna con il Bambino in trono, 1468-1470 circa. Terracotta policroma, 110x90x18 cm. Padova, Abbazia di Santa Giustina
Foto © Mauro Magliani
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Giovanni de Fondulis, Madonna con il Bambino. Padova, Chiesa di San Nicolò, particolare
Madonna con il Bambino, Giovanni de Fondulis. Chiesa di San Nicolò, Padova
Pietà, Andrea Riccio. Chiesa di Santo Stefano, Due Carrare (PD)
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Madonna con Bambino, Donatello. Museo del Louvre
ALCUNE IMMAGINI SONO DA ARTSLIFE, link sotto
Andrea Briosco detto il Riccio, testa di Madonna
Giovanni de Fondulis, Madonna con il Bambino in trono1468-1470 circaTerracotta policroma, 125x48x35 cm. Padova, Chiesa di San Nicolò (da Vigorovea, Chiesa di San Giacomo apostolo)
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ANDREA BRIOSCO
Giovanni de Fondulis, Madonna con il Bambino. Pozzonovo (PD), Chiesa della Natività della Beata Vergine Maria
:Giovanni de Fondulis – Madonna in trono.
REPUBBLICA. IL VENERDI’ — 5 MARZO 2020
Donatello, Madonna con il Bambino, 1440, Parigi, Museo del Louvre (particolare)
il venerdì
Arte
Dio inventò la terracotta e Padova la celebra
05 MARZO 2020
L’Arte del Venerdì
Un materiale umile da cui i maestri del Rinascimento – Donatello, ma non solo – trassero capolavori. Il Museo Diocesano della città veneta ne espone una selezione. In una mostra che è un vero esempio di “sostenibilità”.
DI TOMASO MONTANARI
È tempo di cominciare a dividere le mostre tra quelle sostenibili, e quelle che invece non lo sono. Il criterio spartiacque è semplice: sono sostenibili quelle che bruciano meno energie (materiali e intellettuali) di quelle che sprigionano. Una mostra piccola (e che dunque fa viaggiare meno opere possibile), fondata su moltissima ricerca e capace di rinsaldare i vincoli tra una comunità e le opere sparse sul suo territorio, specie quelle meno note: ecco la mostra migliore possibile. È il ritratto diA nostra immagine. Scultura in terracotta del Rinascimento da Donatello a Riccio, la mostra – a cura di Andrea Nante, Carlo Cavalli, Aldo Galli – che si può visitare al Museo Diocesano di Padova fino al prossimo 2 giugno.
Si tratta della terza parte di un felice trittico di esposizioni che hanno articolato il progetto Mi sta a cuore. Sculture in terracotta del Rinascimento: il riuscito tentativo di far “vedere” e amare agli abitanti della diocesi di Padova le tantissime, misconosciute opere realizzate in questa tecnica insieme umile e spettacolare.
“Ecco allora che A nostra immagine, oltre a tracciare un percorso della storia della scultura in terracotta a Padova da Donatello al primo Cinquecento, attraverso le opere di alcuni dei maggiori protagonisti della stagione del Rinascimento provenienti da chiese del territorio e da collezioni pubbliche e private, si propone anche come momento di consapevolezza e responsabilità nei confronti di un patrimonio storico-artistico fragile, bisognoso di cure. E l’itinerario di visita pensato tra chiese e monumenti di città e provincia durante il periodo di apertura, diviene in tal modo straordinaria occasione di conoscenza”. Sono parole del direttore del Museo Diocesano di Padova, Andrea Nante (che, per preparazione e serietà, non ha molti eguali tra i celebratissimi superdirettori dei supermusei tanto cari al mainstream), il quale ha saputo in questi anni attirare prestiti straordinari da tutta Europa, e coinvolgere figure di primo piano della ricerca internazionale sulla scultura rinascimentale (come Francesco Caglioti, Aldo Galli, Davide Gasparotto, tutti presenti in quest’ultimo catalogo). Una bella lezione sul vero ruolo di un museo, non importa se pubblico o privato, statale o ecclesiastico: se “la sola, vera valorizzazione è la conoscenza critica” (come ha scritto Andrea Emiliani), Padova è oggi la capitale della valorizzazione.
Il titolo della mostra – A nostra immagine – è particolarmente felice: parla della mitica invenzione della scultura in terracotta da parte del Dio della Genesi che vi plasma Adamo (usando un plurale che allude a quella dinamica trinitaria che si rispecchia nel fatto che un essere umano non assomiglia a Dio se non costruisce relazione con un altro essere umano); parla del rispecchiamento collettivo dei popoli della Pianura Padana in una tecnica che fa arte con la sua stessa materia, la terra del grande fiume; parla, infine, della nostra storia dell’arte italiana, in cui la terracotta fiorisce nell’antichità classica e poi di nuovo a Firenze, nella bottega del patriarca del Rinascimento Lorenzo Ghiberti, dalla quale direttamente giunge a Padova, grazie ai viaggi di numerosi scultori tra i quali spicca Donatello.
La mostra allinea ventitré sculture, tutte in terracotta: un pieno autografo di Donatello (la capitale Madonna Vettori del Louvre), due opere tratte da un suo modello, una di Giovanfrancesco da Pisa, una di Pietro Lombardo, due autografi di Bartolomeo Bellano e una del suo ambito, una di un anonimo plasticatore padovano, sette di Giovanni De Fondulis, una di Antonio Antico e sei di Andrea Briosco, detto il Riccio.
Ho qui recitato questo breve, completo, elenco per una precisa ragione: perché al grande pubblico, con ogni verosimiglianza, il nome sommo di Donatello risulterà l’unico noto. Ma chi visiterà la mostra scoprirà (con straordinario godimento) che i vertici celeberrimi della nostra storia dell’arte furono raggiunti solo grazie a una elevatissima qualità media, che oggi abbiamo sostanzialmente dimenticato.
Difficile uscire da quelle sale scordando il pathos quasi insostenibile del Cristo morto del Riccio, o la struggente intimità che serra nel dolore la Pietà di Prozzolo del De Fondulis, questo grandissimo maestro nato a Crema e ancora del tutto ignoto agli italiani di oggi. Ciò che questa rara mostra, insomma, ci insegna è che, sì, esistono infiniti “capolavori” e innumerevoli maestri capaci di dar profumo alla nostra vita: fuori dalle rotte più battute, per una ecologia della storia dell’arte.
UNA PICCOLA AGGIUNTA : link subito al fondo
Ci si potrebbe chiedere il perché di una diffusione tanto capillare della scultura in terracotta proprio in questo territorio.
La ragione, a giudizio di Andrea Nante, direttore del Museo Diocesano di Padova va individuata nella presenza prolungata e molto attiva, a Padova, a ridosso della Basilica di Sant’Antonio, della bottega di Donatello e, dopo di lui, di Bartolomeo Bellano, Giovanni De Fondulis e Andrea Riccio.
Questi artisti creavano capolavori in pietra, marmo, bronzo, ma anche nella più umile (e meno costosa) terracotta. Opere preziose ed espressive, e per questo molto ambite e richieste.
touringclub.it
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Bellissime queste opere, che sembrano più vicine all’umanità cui ci rimandano, rispetto ai grandi capolavori in materiale più nobile.