+++ FRANCO LORENZONI, REPUBBLICA DEL 04-09-2018, I BAMBINI PENSANO GRANDE. CRONACA DI UN’AVVENTURA PEDAGOGICA, SELLERIO 2014

 

 

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Giove (Umbria) — la cittadina dove si è realizzata questa bellissima esperienza

Giove è un comune di 1.901 abitanti della provincia di Terni ( Istat, 2017). Il suo monumento più significativo, risalente al 1191 ma rimaneggiato nel Seicento, è l’imponente castello. Fa parte del club I borghi più belli d’Italia.

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Edilizia scolastica: alle province di Terni e Perugia 34,4 milioni di euro da Cassa depositi e prestiti |

 

 

 

 

 

 

” SE IL MONDO ERA QUADRATO “, durata totale, 14 min.

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” se il mondo era quadrato non funzionava…”

 

 

 

 

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Franco Lorenzoni

Franco Lorenzoni è nato a Roma nel 1953 ed è maestro elementare a Giove, in Umbria. Ha fondato e coordina dal 1980 ad Amelia la Casa-laboratorio di Cenci, un centro di sperimentazione educativa che ricerca intorno a temi ecologici, scientifici, interculturali e di inclusione.

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CENCI-CASA-LABORATORIO–AMELIA (TERNI)

http://www.cencicasalab.it/

 

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Per questa attività ha ricevuto nel 2011, insieme a Roberta Passoni, il Premio Lo Straniero. Attivo nel Movimento di Cooperazione Educativa, ha pubblicato Con il cielo negli occhi (Marcon 1991, La Meridiana 2007), L’ospite bambino (Theoria 1994, Nuova Era 2001), con Marco Martinelli Saltatori di muri (Macro 1999), con Amaranta Capelli La nave di Penelope (Giunti 2001), con Maria Teresa Goldoni Così liberi mai (Nuova Era 2005). Collabora alle riviste «Cooperazione Educativa», «Gli Asini» e «Lo Straniero».

I bambini pensano grande. Cronaca di una avventura pedagogica, Sellerio 2014

 

I bambini pensano grande. Cronaca di una avventura pedagogica

2014

La memoria n. 978

280 pagine, 14 EURO

REPUBBLICA DEL 04-09-2018 pag 30

I bambini pensano grande. Cronaca di una avventura pedagogica

«Ho desiderato raccontare un anno di vita di una quinta elementare del piccolo paese umbro dove insegno da molti anni perché ascoltando nascere giorno dopo giorno parole ed emozioni, ragionamenti, ipotesi e domande, che emergevano dalle voci delle bambine e dei bambini con cui ho lavorato per cinque anni, ho avuto la sensazione di trovarmi di fronte a scoperte preziose, che ci aiutano ad andare verso la sostanza delle cose e verso l’origine più remota del nostro pensare il mondo». Nei dialoghi degli scolari su argomenti di un programma svolto ponendo questioni e lasciando elaborare soluzioni, intorno a temi che riguardano matematica, scienze, arte e storia, si ha l’impressione di ripercorrere l’evolversi della cultura umana. Si prova la meraviglia del nascere di un pensiero.

Così questo libro, che contiene indicazioni concrete per un insegnamento innovativo, non è un burocratico manuale di didattica che si aggiunga a una fila troppo lunga. All’opposto ogni pagina trabocca di spontanea poesia, pur non indugiando in un’estetica compiaciuta del mondo incantato dell’infanzia. Nel diario di un anno di scuola, in cui ciascun allievo è protagonista di una ricerca comune, si mostra il cuore del dialogo didattico: «provare a dare forma al mondo». E una proposta pedagogica nuova, evidentemente capace di cercare un senso all’esistere e al far esperienza, diventa anche un avvincente racconto antropologico.

2014

La memoria n. 978

280 pagine, 14 EURO

REPUBBLICA DEL 04 – 09 – 2018- pag 31

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CULTURA

La lettera

Cari insegnanti, ripensiamo insieme il nostro ruolo per realizzare il dialogo

FRANCO LORENZONI

Care colleghe e colleghi insegnanti, come tanti, mi domando in questi mesi cosa sia possibile fare per arginare la crescente intolleranza verso chi emigra nel nostro Paese. Il clima sociale sta mutando a una velocità impressionante. La mentalità intollerante e razzista sta crescendo intorno a noi: è un dato di fatto. Come educatore, non posso accettare che una ragazza di Milano che ha il padre africano confessi a sua madre di aver paura a uscire di casa.

Credo che, per contrastare il veleno del razzismo, noi insegnanti siamo chiamati a ripensare il nostro ruolo.

Abbiamo responsabilità ineludibili riguardo alla difficile costruzione di una società aperta. A scuola ci troviamo in una situazione delicata, ma in qualche modo privilegiata.

La scuola italiana è abitata da spinte divergenti. Da un lato è il luogo pubblico di maggiore accoglienza e integrazione dei figli degli immigrati (e, prima in Europa, da 40 anni accoglie alunni portatori di disabilità), dall’altro tollera ancora al suo interno situazioni in cui vengono messe in atto piccole e grandi discriminazioni inaccettabili.

Ogni giorno, dai nidi alle superiori, lavoriamo in classi multietniche che rendono necessario il nostro ruolo di mediatori attenti e di costruttori di una cultura della convivenza, per essere all’altezza dei compiti che ci affida la Costituzione, quando invita a “rimuovere gli ostacoli” che “impediscono il pieno sviluppo della persona umana”. Non è facile. Da trent’anni nel nostro Paese si insulta e si denigra la cultura. Si tagliano fondi alle biblioteche, alla ricerca, alla scienza e alla preservazione dell’arte e del paesaggio. Le conseguenze le paghiamo ogni giorno. Il ruolo di chi insegna è sottovalutato e spesso vilipeso. Ma, paradossalmente, proprio in questa situazione di estrema difficoltà, possiamo ritrovare le ragioni e il senso del nostro operare, che deve nutrirsi di una visione di ampio respiro e andare necessariamente oltre i muri della scuola. Le scuole sono luoghi in cui sperimentiamo la complessa arte della convivenza. In tante e tanti, in classe, sperimentiamo ogni giorno la costruzione di frammenti significativi di quella complessa arte della convivenza di cui abbiamo assolutamente bisogno. Gli esiti sono contraddittori e disuguali, non sempre ne abbiamo la consapevolezza necessaria. Per questo dobbiamo moltiplicare le occasioni per incontrarci, cooperare, studiare e progettare una scuola all’altezza dei compiti dell’oggi. Dobbiamo far conoscere in tutti i modi possibili il lavoro e l’impegno di bambini e ragazzi che, insieme ai loro insegnanti, soprattutto in territori difficili, danno vita a rari e preziosi presidi di democrazia. Luoghi di costruzione culturale capaci di non separare l’apprendimento dell’italiano, lo studio di matematica, scienze, storia, lingue, arti e movimento, dallo sviluppo di una capacità di ascolto tra diversi, dalla pratica del dialogo e dell’argomentare rigoroso, per dare spazio al confronto tra idee diverse.

Per fare tutto ciò c’è bisogno di un tempo lungo e disteso.

Dobbiamo compiere scelte radicali, diminuendo la quantità di contenuti e aumentando i momenti di ricerca e di approfondimento, verificando e dando peso ai dati, prendendoci cura delle parole che usiamo: l’opposto di ciò che prevalentemente si fa oggi nella società e nei media. La geografia che oggi abita le nostre classi ci offre una possibilità inedita di riflettere e ricercare intorno allo stato della condizione umana nel pianeta che abitiamo, per comprendere meglio ciò che si muove nel mondo. Dobbiamo assumerci la responsabilità di dare un ampio respiro culturale a ciò che sperimentiamo nelle scuole. Dobbiamo coordinare i nostri sforzi perché le tante piccole scoperte che andiamo facendo possano crescere, diffondersi e, soprattutto, dare coraggio a chi subisce le pressioni di una società sempre più chiusa.

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