SILVIA FUMAROLA :: Gigi Proietti, gli 80 anni di un attore. “Mi sono liberato quando ho smesso di tingermi i capelli” —REPUBBLICA DEL 11 OTTOBRE 2020

 

SAGITTA ALTER, MOGLIE DI GIGI PROIETTI/ "Non pensiamo più al matrimonio"

 

Gigi Proietti, mattatore e papà - Corriere.it

 

Gigi Proietti e sua moglie Sagitta Alter tappeto rosso del documentario  italiano 'Sono Gassman! Vittorio re della commedia ' (foto di Matteo  Nardone / Pacific Stampa Foto stock - Alamy

 

 

 

 

REPUBBLICA DEL 11 OTTOBRE 2020

https://rep.repubblica.it/pwa/intervista/2020/10/11/news/gigi_proietti-270244876/

 

 

 

 

 

 

Intervista

Teatro

Gigi Proietti, gli 80 anni di un attore. “Mi sono liberato quando ho smesso di tingermi i capelli”

11 OTTOBRE 2020

Le candeline il 2 novembre. “La vecchiaia c’è, e non puoi farci niente”. Intanto scrive un libro e ha appena girato un film

DI SILVIA FUMAROLA

Gigi Proietti se ne sta a casa «buono buono, perché questo non è il periodo per fare gli spiritosi e perché ormai c’ho un’età. Non la posso manco nascondere». No, il 2 novembre compie 80 anni.

L’attore formidabile di A me gli occhi please, il truffatore di Febbre da cavallo, il carabiniere più amato nei panni del Maresciallo Rocca, il visionario che «dove c’erano immondizia e siringhe» ha messo su il Globe Theatre, non ama i bilanci e neanche le celebrazioni.

Ha girato la commedia Io sono Babbo Natale di Edoardo Falcone (uscirà a dicembre) con Marco Giallini ex galeotto, coppia formidabile.

 Proietti, allora sta davvero buono a casa?

«Buonissimo. Non è un periodo facile per nessuno. Deprime perché fanno a gara a chi te mette più paura ma fanno bene. Non sono un guascone, la situazione è seria e poi spuntano quelli come Trump, pericolosissimi. Ci si fa belli trasgredendo. Non sai come girarti, mi mette un po’ d’ansia proprio la mancanza di sacralità della vita, da parte dei vecchi citrulli e dei ragazzini, a prescindere dal Covid. La vita è una. So’ diventato vecchio?».

Toto, l’uomo che si scioglie facendo “la saùna”, è uno dei suoi cavalli di battaglia in teatro

No, saggio. Le danno sempre fastidio «le parole che nascondono il vuoto»? 

«Ho avuto qualche problemino di salute e mi sono visto la tv di seguito. Quando parlano del coronavirus dicono tutto e il contrario di tutto. E lo dicono insieme, nello stesso programma. Nessuno obietta: ma che state a di’?».

La cosa peggiore è sempre «avere colleghi tristi»? 

«Per amor di Dio, sono tremendi. Questo è un mestiere strano, ha tutti i difetti, ma il gusto della battuta me lo fa diventare simpatico. Se manca pure quella… Alcuni non fanno un sorriso neanche se gli spari».

Il rapporto con l’età?

«La vecchiaia c’è e non puoi farci niente. Non mi ricordo chi ha detto: “Alla mia età, la malattia è questa”. E’ una malattia da logoramento, però non mi va di essere pessimista, ringrazio i miei genitori per il senso dell’ironia. Aiuta. Pensi ai capelli».

 Ha una testa leonina.

«Mi sono liberato da quando non mi tingo più. Girando Il maresciallo Rocca cominciavo a imbiancare, bisognava ritoccare sempre: sembravo incatramato. Una volta venne uno a farmi la tinta a casa e uscì fuori un colore violaceo. Sul set e erano disperati. Allora ho deciso di tagliarmi i capelli. Per abituarti al bianco ci metti tempo, passi davanti a una vetrina e ti domandi: chi è quel signore anziano?».

Dal 1996 al 2005 è in divisa per la fiction Rai ‘Il maresciallo Rocca “

Non starà a casa senza fare niente, che combina?

«Sto scrivendo un libro, titolo ‘Ndo cojo cojo ( “Dove prendo prendo ), fuori da ogni regola. Racconterò degli amici, della gente che ho incontrato».

Chi sono i suoi amici?

«Per motivi diversi ce ne sono stati vari. Ho amato la frequentazione con Vittorio Gassman, non era un maestro di vita ma era un uomo di un’intelligenza finissima, molto più moderno di quanto si potesse immaginare. Sensibilissimo, non a caso ha sofferto di depressione».

E’ capitato anche a lei?

«Appaio come una persona molto sicura di sé ma ho fragilità mostruose, anzi, suonano ancora più profonde perché sono a contrasto».

Chi ha capito che doveva fare questo mestiere? 

«Lello, il mio più caro amico: ha 90 anni. E’ il sassofonista che suonava con me quando facevo il cantante. Intanto frequentavo il Centro universitario teatrale. Venne a vedermi, recitavo Le sedie di Ionesco, insieme a Silvana De Santis. Avevo 19 anni. Mi disse: “Tu ancora studi e vieni a canta’ la sera? Questo è il mestiere che devi fare”. E’ stato importante come quando Gassman disse di me e di Carmelo Bene: sono bravi. Una parola di stima da parte di un grande aiuta».

 

 E’ sempre di sinistra?

«Uno che è di sinistra, specialmente della mia età, rimane di sinistra. Una volta significava un’appartenenza e mi auguro che si ritorni a un rapporto più intelligente, più aperto, perché poi la sinistra si è chiusa. Sono di sinistra in maniera naturale, non potrei essere altrimenti anche se non sono d’accordo quasi mai con quello che fanno. Quanto aveva ragione Nanni Moretti quando in Aprile diceva a D’Alema: “Dì qualcosa di sinistra”. Non la dicono mai».


Indimenticabile Mandrake nel film ‘Febbre da cavallo’

 

 

Trova i romani cambiati? 

«Mah. Per le iniziative di solidarietà sono disponibili, poi per altre cose assenza più totale. Uno sta morendo per strada e nessuno si avvicina, è un po’ strano. Roma non è riuscita a diventare una comunità, è stata una città aperta e continua a esserlo ma qualcosa si è rotto. Pensi che io mi ricordo ancora le pecore che passavano per piazza Venezia. Potevano passare fino alle cinque. Roma è stata una città di pellegrini che si è svuotata, ma è unica non puoi paragonarla a nessun’altra città. Avrebbe bisogno di un tavolo con gente di statura internazionale che mettesse a punto un piano per risolvere i problemi» .

Il primo? 
«La monnezza, sistemiamo l’Ama. Miami sono sette città però si chiama Miami, e ha economie diverse per ogni zona, e anche sindaci diversi. Roma sono sei, sette città insieme: secondo me la soluzione sarebbe dividere il potere».
Che padre è? Andava a parlare con i professori a scuola?
«Hanno fatto scuole inglesi e il mio inglese è precario, quindi meglio di no. Credo di essere un padre affettuoso e complice. Penso che il nostro compito di adulti nei confronti dei giovani sia aiutarli perché non perdano tempo, ed è difficilissimo. Lo dico con l’esperienza: ho avuto una scuola di recitazione e davo consigli. I ragazzi mi guardavano perplessi, quando finivano i corsi mi scrivevano: “Avevi ragione”». 
Ha dedicato la vita al teatro. 
«Per il teatro mi sono logorato fisicamente. Ultimamente un motivo di orgoglio è il Globe Theatre perché a Roma chiude tutto, invece questo spazio nasce dove non c’era niente: c’erano le siringhe per terra e ora si fa Shakespeare. Poi sul piano professionale A me gli occhi pleaseAlleluja brava gente. Prima avevo recitato Moravia, Gombrowicz, testi difficili “che” come diceva il mio amico Gigi Magni “Ce vo’ l’astrologo pe’ capi’ che vojono di’”. Quanto ho voluto bene a Gigi». 
Il rapporto con la fede? 
«Nasco come la maggior parte degli italiani: ho frequentato l’Azione cattolica, poi mi sono allontanato. Il problema della fede è che se stai troppo a pensarci vuol dire che non ce l’hai. Diciamo che ho fiducia. Nel senso che se c’è qualcuno lassù, sono abbastanza sereno, non ho gravi colpe. Se quel qualcuno è giusto, dovrei cavarmela. Rimorsi non ne ho, forse rimpianti nel privato: ho giocato poco con le figlie quando erano piccoline. Vorrei diventare nonno ma non se ne parla. Ogni tanto con Sagitta chiediamo: “Novità?”. Zero. Ma sono contentissimo delle mie figlie, sono ragazze perbene. Mi piacciono molto, vabbè sono il padre». 
Sta con Sagitta da una vita: perché non la sposa? 
«Sagitta è impagabile, siamo fidanzatini. Ma non è escluso».
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