L’ORO DI CARACAS A LONDRA : 1. IL SOLE 24 ORE, 26 GENNAIO 2019 — 2. IL FATTO QUOTIDIANO, 21 GIUGNO 2020 — due articoli che pur trattando lo stesso tema, a mio parere, parlano di cose molto differenti, ch. Chiederemo un’opinione a Marina Gori

 

 

IL SOLE 24 ORE – 26 GENNAIO 2019

https://www.ilsole24ore.com/art/-l-oro-caracas-londra-congelato-usa-deutsche-bank-saga-AEFrBQLH

 

 

LE PRESSIONI DI WASHINGTON

L’oro di Caracas a Londra congelato dagli Usa: Deutsche Bank nella saga

di Alessandro Plateroti

Il presidente venezuelano, Nicolas Maduro (Reuters) Il presidente venezuelano, Nicolas Maduro (Reuters)

 

 

 

Nuovo colpo di scena nel misterioso sequestro dell’oro venezuelano in custodia presso la Bank of England: dietro il mancato rimpatrio a Caracas nel settembre scorso di 550 milioni di dollari di lingotti d’oro depositati a Londra, non c’erano infatti «problemi procedurali» come hanno sostenuto finora la banca centrale e lo stesso governo inglese, ma una vera operazione di esproprio internazionale organizzata segretamente dalla Casa Bianca. E non è tutto qui. Tre giorni fa, proprio alla vigilia dell’escalation diplomatica americana contro Maduro, un’altra operazione internazionale sull’oro del Venezuela sembra essere entrata nella lunga lista dei misteri finanziari che circondano la Casa Bianca di Donald Trump.

Fonti finanziarie londinesi hanno rivelato infatti che lo stock di lingotti d’oro del Venezuela in deposito alla Bank of England ha registrato un improvviso aumento di consistenza, passando dalle 14 tonnellate di novembre 2018 alle 31 tonnellate di inizio gennaio 2019. Un raddoppio a dir poco sorprendente, visti i già pessimi rapporti tra Londra e Caracas: affidare la custodia fiduciaria di 17 tonnellate di lingotti d’oro proprio a chi  ne ha già sequestrate altre 14 tonnellate, non sembra davvero una scelta sensata. E infatti, la verità sta rapidamente venendo a galla: a consegnare le 17 tonnellate d’oro del Venezuela alla Bank of England non è stato il regime sudamericano, ma il colosso della finanza tedesca Deutsche Bank che li aveva avuti in pegno quattro anni fa a garanzia di un prestito concesso con un contratto «swap». La chiusura del contratto swap non solo non era prevista, ma ha di fatto messo all’angolo i venezuelani: Caracas è stata costretta a ripagare il prestito alla banca tedesca usando valuta pregiata, il bene più scarso che ha, e nulla ha potuto fare per impedire alla Deutsche di ridepositare i lingotti dove li aveva presi, cioè a Londra. Un doppio colpo durissimo.

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IL FATTO QUOTIDIANO DEL 21 GIUGNO 2020

https://www.ilfattoquotidiano.it/2020/06/21/venezuela-31-tonnellate-doro-di-maduro-in-un-forziere-a-londra-battaglia-legale-per-riportarle-a-caracas/5842727/

 

Venezuela, 31 tonnellate d’oro di Maduro in un forziere a Londra: battaglia legale per riportarle a Caracas

Venezuela, 31 tonnellate d’oro di Maduro in un forziere a Londra: battaglia legale per riportarle a Caracas

La riserva da mille milioni di dollari è stata depositata dalla Banca centrale del Venezuela (Bcv) alla Banca d’Inghilterra. Ma con Guaidò che si è autoproclamato presidente ad interim del Venezuela ed è stato riconosciuto da Londra, la restituzione è tutt’altro che scontata

 

di F. Q. | 21 GIUGNO 2020

 

 

La disputa dura da quasi due anni, ma l’oro rimane al buio, sigillato in un caveaux della Banca d’Inghilterra (Boe). Sono le 31 tonnellate depositate dalla Banca centrale del Venezuela (Bcv) nei forzieri dell’istituto britannico per i quali da domani inizia la battaglia legale in un tribunale commerciale della City.

Una riserva da mille milioni di dollari di cui il presidente Nicolás Maduro rivendica la “legittima proprietà”, mentre l’autoproclamato leader oppositore, Juan Guaidó, vuole impedirne il ritorno nelle mani del leader chavista.

 

Una questione complessa di cui parla anche John Bolton, ex consigliere per la Sicurezza nazionale di Donald Trump, nel suo libro The Room Where It Happened: A White House Memoir, in uscita negli Stati Uniti. Lì si ricorda che l’ex ministro degli Esteri britannico Jeremy Hunt, in visita a Washington, disse di essere “lieto di cooperare per iniziative che potrebbero portare, ad esempio, a congelare i depositi d’oro del Venezuela nella Banca d’Inghilterra“.

 

I vertici del Bcv e Maduro sollecitarono già dalla fine del 2018 la restituzione dell’oro, ma le cose si sono complicate dopo che nel gennaio 2019 Guaidó si è proclamato presidente ad interim, riconosciuto da decine di Paesi, fra cui gli Usa e la stessa Gran Bretagna.

Di recente, ancora una volta, il governo di Caracas ha chiesto alla Boe britannica di liberare “urgentemente” l’oro per venderlo e versare il ricavato ad un fondo speciale del Programma delle Nazioni Unite per lo sviluppo (Pnud) che lo utilizzerà per finanziare progetti di lotta alla pandemia da coronavirus in Venezuela.

Formalmente i vertici dell’istituto bancario di Londra sostengono di non volersi appropriare dell’oro, ma di avere perplessità sulla restituzione, dato che il suo deposito è sì stato fatto dal governo di Maduro, ma nel frattempo le cose sono cambiate perché la Gran Bretagna riconosce l’autorità di Guaidó.

Gli avvocati del governo venezuelano confermeranno nel dibattimento che la vendita dell’oro a fini umanitari è urgente, mentre i legali del leader oppositore ne rivendicheranno il controllo per evitare che il ricavato sia utilizzato da Maduro per coprire i debiti con i suoi alleati.

 

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2 risposte a L’ORO DI CARACAS A LONDRA : 1. IL SOLE 24 ORE, 26 GENNAIO 2019 — 2. IL FATTO QUOTIDIANO, 21 GIUGNO 2020 — due articoli che pur trattando lo stesso tema, a mio parere, parlano di cose molto differenti, ch. Chiederemo un’opinione a Marina Gori

  1. marina gori scrive:

    articoli che chiariscono il ruolo di Guaidò. personaggio sinistro messo in piedi dagli USA e suoi complici per derubare il popolo venezuelano che, per fortuna, è stato finora aiutato da Cina e Russia.

  2. Donatella scrive:

    E’ incredibile questo accanimento contro il Venezuela, che mira a dissanguarlo.Tra l’altro non viene messo molto in evidenza dalla stampa nazionale ed internazionale. Delle vittime dell’embargo non si parla quasi mai.

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