MICHELE SERRA :: Soli uomini? No, grazie — REP. REPUBBLICA — 8 GIUGNO 2020

 

 

REP. REPUBBLICA — 8 GIUGNO 2020

https://rep.repubblica.it/pwa/commento/2020/06/08/news/ministro_provenzano_rimozione_donne_soli_uomini_convegni_sud-258751528/

 

BEPPE PROVENZANO (MILENA — CL -23 LUGLIO 1982 ), PD, DAL 5 SETTEMBRE 2019 E’ MINISTRO PER IL SUD.

 

Commento

Società

Soli uomini? No, grazie

08 GIUGNO 2020

Il ministro Provenzano e la rimozione delle donne: in pubblico prevale la facilità di trovarsi tra maschi senza la fatica di confrontarsi con sensibilità diverse

 

DI MICHELE SERRA

Un uomo che dice “no grazie” a un convegno di soli uomini, come ha fatto il ministro per il Sud Beppe Provenzano, ha già detto tutto. Se poi riesce ad aggiungere, nella sua breve e non retorica motivazione, di non voler partecipare a una “rimozione di genere”, aiuta anche chi non vuole capire a capire un po’ meglio.

La parola “rimozione”, nella sua forma più corrente, riguarda gli impicci da sgomberare: si rimuovono le automobili davanti ai passi carrai, o le incrostazioni di calcare dalla lavatrice. Ma le donne non possono essere sgomberate dalle stanze del potere per il semplice fatto che, con ben poche eccezioni, non ci sono mai entrate. Non costituiscono impiccio.

La rimozione di cui parla Provenzano è dunque un problema tutto interno al mondo maschile. Secondo la psicanalisi, si rimuove ciò che provoca turbamento o disagio. Lo si cancella. Lo si omette. Lo si dimentica. Si rilegge una lista di invitati (o un organigramma aziendale, o un pool di esperti ministeriali, o un qualunque vertice decisionale, compresi quelli di emerite imprese culturali, giornalistiche e politiche di sinistra) e NON ci si accorge che sono tutti uomini.

Non è un atto voluto, scelto, soppesato, dichiarato, tanto è vero che non appena qualcuno (più spesso qualcuna) punta il dito e mormora “ma non c’è neanche una donna…”, gli autori della rimozione si battono una mano sulla fronte esclamando contriti “caspita, non ci avevamo proprio pensato!”. E cercano di porre rimedio in qualche maniera e a tempo scaduto, sperando che il rammendo non renda ancora più evidente lo sbrego.

Se il maschilismo fosse solo una questione di segregazione conclamata – maschi che dicono: qui non vogliamo femmine – sarebbe tutto più semplice. Un torto marchiano sarebbe rivendicato da chi lo perpetra, il nemico sarebbe più evidente, il terreno di lotta meglio delimitato. E ce ne sono, di maschi che non vogliono femmine tra i piedi, anche nei luoghi più insospettabili.

Ma il razzismo, purtroppo, non è solo il Ku Klux Klan, o i nazisti dell’Illinois, o le curve ultras. Non è l’adesione scoperta, e spavalda, a una scelta persecutoria.

Il razzismo ha anche forme “dolci”, perfino innocenti, che sono le più subdole e largamente le più diffuse. Non si invitano le donne perché, banalmente, ci si dimentica che esistono, se non le “proprie” donne nella dimensione privata.

In quella pubblica prevale l’agevole conferma della tradizione maschile, la comodità della convenzione, la facilità di trovarsi tra maschi senza essere costretti alla fatica supplementare di confrontarsi con sensibilità diverse, spesso profondamente diverse. Appunto: si rimuove ciò che crea turbamento o disagio. Lavorano con staff esclusivamente maschili persone diversissime per indole e per ideologia, dal capo politico di destra al comico di sinistra. Sono rarissime, le donne, non solamente nelle caserme, anche in ambienti cool, come quello degli autori televisivi.

Nel potere regna spesso, proprio tecnicamente, l’omo-sessualità. Ci si cerca, ci si trova, ci si capisce meglio tra appartenenti allo stesso genere. Ci si scanna, anche, ma all’interno di una dimensione arcinota, di una stratificazione millenaria, di un linguaggio sperimentato, cameratesco. La presenza delle donne “disturba” quelle convenzioni, quel linguaggio, quelle abitudini.

Il patriarcato non è nato ieri, ha basi arcaiche, ha dalla sua Libri usati tutt’ora come armi dai maschi alfa di Oriente e di Occidente, e ha soprattutto una dimensione “liquida”, quotidiana, tutt’altro che ideologica e anzi del tutto spontanea, che sarebbe già collassata su se stessa se non avesse una sua comodità, una sua funzionalità

.Il potere ai maschi, l’accudimento alle femmine, questo lo schema, che ha qualche attinenza, credo, anche con le enormi difficoltà del mondo della scuola, in grande prevalenza femminile (lo spiegava bene Marco Rossi-Doria su questo giornale) a guadagnare centralità e rispetto nel corso di questa grande crisi.

L’accudimento, secondo tradizione, dev’essere silenzioso e dedito. Femminile. Accudiscano i bambini e i ragazzi, come hanno sempre fatto, e non pretendano uguale importanza rispetto – per esempio – al mondo della produzione.

Che qualche maschio, specie se è un ministro, cominci a far notare l’evidenza, e parli di rimozione di genere, vuol dire che quella divisione dei ruoli comincia a essere meno funzionale. Non solo imbarazzante: meno funzionale, più sterile, più povera di idee. E lo spettacolo “normale” di un convegno di soli maschi comincia a essere meno normale. Con qualche riverbero di ridicolaggine: “per soli uomini”, quando ero ragazzo, erano i giornaletti porno.

Condividi
Questa voce è stata pubblicata in GENERALE. Contrassegna il permalink.

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *