+++ Marco Omizzolo ( +++ notizie sotto ) ::: Il permesso di sei mesi non cambia la vita dei migranti nei ghetti — IL MANIFESTO  — 6 MAGGIO 2020

 

 

IL MANIFESTO  — 6 MAGGIO 2020

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ITALIA

Il permesso di sei mesi non cambia la vita dei migranti nei ghetti

 

Lavoro. Dalle baraccopoli del foggiano ai tuguri del pontino fino al muro leghista nel ricco Saluzzo. Le voci dei lavoratori stranieri: «Per noi resta il problema della casa e dello sfruttamento nelle campagne»

 

Protesta di migranti a borgo MezzanoneProtesta di migranti a borgo Mezzanone

Marco Omizzolo

EDIZIONE DEL0  6.05.2020

PUBBLICATO  5.5.2020, 23:57

 

Mentre il governo discute se e come regolarizzare gli immigrati già residenti in Italia e privi di permesso di soggiorno, nelle campagne del Paese centinaia di migliaia di migranti continuano a lavorare sotto padrone e sotto caporale. Completamente esclusi dal dibattito in corso, la vita nei ghetti e nelle banlieu italiane resta identica a ieri. E probabilmente non cambierà.

La regolarizzazione proposta dal governo sarà infatti valida per sei mesi e rinnovabile per altri sei, dimenticando che lo sfruttamento e il caporalato sono una modalità del mercato del lavoro, sia formale che informale, che incide in esso trasversalmente e strutturalmente.

Abbas è un bracciante nigeriano di 42 anni che da dodici vive sulla «pista» di borgo Mezzanone, in provincia di Foggia, ancora oggi un immenso accampamento di baracche senza servizi. Abbas ha un regolare permesso di soggiorno ma abita insieme ad altri cinque connazionali in una baracca rivestita di plastica, lamiere e assi di legno. Lavora nella raccolta dei pomodori e guadagna circa 30 euro al giorno.

«Il permesso di soggiorno – dice con voce chiara – è importante ma il problema sono queste baracche e il padrone che paga poco o niente». A borgo Mezzanone abitano stabilmente poco più di 1.000 immigrati impiegati nella raccolta dei pomodori. In ogni baracca dormono in 6 o in 10 e non dispongono, come Abbas, dei servizi minimi essenziali, come elettricità, acqua, servizi igienici e fognatura.

È qui che si consuma la segregazione e la riduzione in schiavitù di migliaia di lavoratori agricoli immigrati, in alcuni casi espulsi dall’accoglienza italiana per via della vigente legge 132/2018 (decreto Sicurezza).

 

L’assenza di una volontà politica chiara e determinata, riforme del mercato del lavoro che hanno costantemente rafforzato il ruolo dei padroni a discapito dei diritti dei lavoratori, sia italiani che migranti, flussi migratori regolati dal mercato e non dal diritto, un sistema di accoglienza boicottato dallo stesso Stato e un welfare ormai fragilissimo, sono il brodo infetto di coltura dello sfruttamento, dei poteri agromafiosi, politici e commerciali del settore.

 

Sandhu Singh, bracciante indiano che da otto anni vive nel residence «Bella Farnia Mare» di Sabaudia, lavora «in regola» per una cooperativa agricola locale.

 

«Siamo migliaia che lavoriamo in agricoltura. Molti di noi, come me, hanno un regolare permesso di soggiorno e altri invece lavorano senza permesso e senza contratto. Sotto le serre del padrone lavoriamo tutti insieme. L’unica differenza che vedo tra me e chi non ha un permesso di soggiorno si vede quando ci fermano i carabinieri, perché io vado via tranquillo e il mio compagno di lavoro invece ha problemi. Penso che regolarizzare è importante per noi stranieri ma il problema è che a sfruttare i lavoratori sia regolari che irregolari è il padrone. Ho lavorato tre anni in un’azienda di Terracina e avevo il permesso di soggiorno e anche il contratto ma guadagnavo 2,90 euro all’ora. È il padrone o il caporale che registra le nostre ore di lavoro e ne segna meno di dieci al mese mentre io lavoro tutti i giorni. È il padrone il problema. Se proviamo a protestare ci dice di restare a casa perché trova altri lavoratori al nostro posto».

 

A Saluzzo, invece, nel ricco Piemonte a guida leghista, le istituzioni regionali sono gravemente latitanti rispetto alle condizioni di vita e di lavoro dei lavoratori migranti stagionali che nel solo cuneese rappresentano il 75% dei lavoratori impiegati in quell’area.

La Regione Piemonte continua, con ostinazione sovranista autolesionista, a reclamare l’impiego nelle campagne della sola manodopera italiana, la quale non può certo coprire l’intero fabbisogno locale che è di circa 10 mila addetti.

Bisognerebbe pensare a delle soluzioni sicure per l’alloggio e il trasporto dei lavoratori migranti ed evitare che si crei un’ulteriore emergenza umanitaria e sanitaria che può fare esplodere la tensione sociale. Ma la Lega ha deciso di dichiarare guerra alla regolarizzazione e di non occuparsi dello sfruttamento e del caporalato. In attesa della regolarizzazione a termine, lo sfruttamento continua.

 

 

QUALCOSA SULL’AUTORE :: 

 

Caporalato: Marco Omizzolo e Don Francesco Fiorillo a Palestrina

 

Sono nato nel 1975 a Sezze, in provincia di Latina e da sempre vivo a Sabaudia, città incantevole incastonata tra le spiagge dorate del Parco nazionale del Circeo e la sua foresta planiziaria. Mi sono sempre interessato a ciò che mi accadeva intorno, cercando di comprenderne le ragioni e l’evoluzione. Dopo un passato da sportivo, decido di iscrivermi prima alla facoltà di giurisprudenza de La Sapienza, dove resto per tre anni conseguendo buoni risultati in termini di esami condotti, salvo poi decidere di dedicarmi alla sociologia e ai temi che essa tratta. Mi laureo quindi in sociologia con lode, con una tesi in metodologia delle scienze sociali e decido di proseguire per passione i miei studi fino a conseguire un dottorato di ricerca all’Università di Firenze con una tesi sulle migrazioni internazionali e uno studio di caso empirico sulla comunità sikh pontina che ho realizzato attraverso un’esperienza di osservazione partecipata. Mi sono infatti infiltrato nelle campagne pontine lavorando come bracciante tra i braccianti indiani, sotto caporale indiano e padrone italiano ed ho seguito per diversi mesi un trafficante di esseri umani indiano in Punjab (India), indagando modalità e interessi a fondamento del sistema di tratta internazionale a scopo di sfruttamento lavorativo che caratterizza parte di questo flusso migratorio. Al mio curriculum aggiungo un master di II livello in Peacekeeping & Security Studies all’Università RomaTre e un diploma di Specializzazione in cooperazione allo sviluppo a Bruxelles.

Collaboro con varie riviste scientifiche che si occupano di studi migratori e con numerose testate giornalistiche (L’Espresso, Il Manifesto, Articolo21, Il Venerdì).

Sono autore di numerosi saggi scientifici pubblicati su riviste nazionali e internazionali a partire dalla collettanea Migranti e diritti del Centro Studi Tempi Moderni e La Quinta Mafia (RadiciFuture)- Ho inoltre collaborato a vari documentari sui temi delle migrazioni (VisitIndia e The Harvest). Ho recentemente pubblicato saggi sul tema del grave sfruttamento lavorativo nelle campagne italiane, sul caporalato e sulla tratta internazionale a scopo di sfruttamento lavorativo per Cambridge e Rooutledge India.

Collaboro inoltre come docente al Master “Immigrazione. Fenomeni migratori e trasformazioni sociali” dell’Università Cà Foscari di Venezia. al corso di alta formazione dell’università di Pisa e sono formatore Amnesty. Partecipo a numerosi seminari universitari riguardanti il tema delle migrazioni, della criminalità organizzata e dei profughi ambientali. Ho avuto l’onore di organizzare azioni di protesta dei braccianti indiani in provincia di Latina contro caporalato e sfruttamento sino all’occupazione simbolica di aziende agricole che hanno condotto allo sciopero del 18 aprile del 2016 con circa 4000 braccianti indiani scesi in piazza della Libertà a Latina per chiedere migliori condizioni di lavoro e maggiori diritti. Con loro e la cooperativa In Migrazione abbiamo organizzato presidi di legalità innovativi come il Centro Bella farnia e presentato oltre 120 denunce contro caporali indiani, padroni italiani e trafficanti di esseri umani. Con la coop. In Migrazione ci siamo costituiti parte civile in alcuni processi nati da quelle denunce. Questa per me è la sociologia, ossia la capacità di comprendere in un processo continuo e aperto, processi assai complessi, evitando qualunque banalizzazione, e nel contempo immaginare e progettare percorsi di contrasto e riemersione contro ogni forma di violenza e sfruttamento. Su questa strada mi piace camminare e qui spero di continuare a vivere.

 

 

DA::

logodi cui è responsabile scientifico

 

 

” In Migrazione è una Società Cooperativa Sociale nata nel 2015 dalla volontà di persone  impegnate nella ricerca, nell’accoglienza e nel sostegno agli stranieri in Italia “

 

link

https://www.inmigrazione.it/it/socie-e-soci/marco-omizzolo

 

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