DONATELLA, grazie a ! — Lorenzo Marsili e Tommaso Visone :: Il fondo comune europeo: così si salva l’unione –IL FATTO QUOTIDIANO DEL 5 MAGGIO 2020, pag. 13 

 

 

IL FATTO QUOTIDIANO DEL 5 MAGGIO 2020 

https://www.ilfattoquotidiano.it/in-edicola/articoli/2020/05/05/il-fondo-comune-europeo-cosi-si-salva-lunione/5791484/

 

Il fondo comune europeo: così si salva l’unione

 

di Lorenzo Marsili e Tommaso Visone 

 

 

L’integrazione europea non avanza automaticamente attraverso le crisi. Un decennio marcato da eventi straordinari non ha portato alcun salto verso una maggiore integrazione politica. Anzi, il nostro continente sembra oggi più diviso che mai.

L’emergenza del Covid-19 non pare essere da meno. Se da un lato mostra la necessità di una comune politica economica, sanitaria e sociale, dall’altro il triste balletto degli eurobond ci racconta purtroppo una storia diversa.

La disintegrazione dell’Unione europea non si manifesta necessariamente a partire da un singolo evento critico. Ma può consistere nel graduale venire meno dei legami sociali, di solidarietà e dunque politici. Uno sfilacciamento più che un collasso.

Sarà importante lottare perché il Recovery Fund serva a ridurre e non aumentare la divergenza fra le economie del continente. E per assolvere a questo compito deve essere composto principalmente da nuove risorse europee trasferite agli stati. Perché non regge un sistema che porta l’Italia ad arrivare al 160% di debito/Pil per poi partire con un altro ventennio di austerity.

Il governo italiano sembra conscio dei problemi connessi a questa sfida. E non è costretto alla falsa dicotomia tra il compromesso al ribasso e la rottura nazionalista. È senz’altro possibile immaginare l’utilizzo virtuoso del veto: perché alle volte una crisi istituzionale, con le sue incognite e opportunità, è preferibile a una lenta agonia. Ma c’è anche un’altra strada parallela da percorrere.

Nelle ultime settimane un insieme di nove paesi che rappresentano oltre la metà del Pil europeo – fra cui Italia, Francia e Spagna – hanno condiviso l’esigenza di dotarsi di strumenti più avanzati al fine di trovare un finanziamento comune che non vada a pesare sui singoli debiti nazionali.

L’Italia, svolgendo un’adeguata iniziativa politica e diplomatica, potrebbe sondare la disponibilità degli stati favorevoli ad avanzare autonomamente verso una maggiore integrazione. Questo significherebbe creare un fondo comune da cui emettere titoli di debito finalizzati alla rinascita – una sorta di Istituto per la Ricostruzione europea. Capace di emettere eurobond a basso tasso di interesse – e in buona parte acquistabili dalla Bce – e di sviluppare linee guida di una politica industriale comune, a partire dalla necessità di una riconversione ecologica del sistema produttivo. Si tratterebbe di creare un coordinamento permanente tra alcuni stati che li porti anche a esprimere sistematicamente una posizione unica all’interno delle istituzioni europee.

Così si cambierebbero anche gli equilibri all’interno dell’Eurogruppo e del Consiglio europeo, dando una scossa allo stesso fallimentare impianto intergovernativo. Pensiamo alla questione dei paradisi fiscali.

Tutto questo avverrebbe con la massima apertura nei confronti degli altri stati membri e all’interno dell’Unione europea stessa, quindi senza rifiutare a priori un’eventuale attivazione degli strumenti comuni che saranno definiti per l’area euro.

Una tale iniziativa potrebbe essere intrapresa tempestivamente qualora le trattative in corso portassero, come è probabile che sia, a una soluzione di compromesso che finirebbe per impattare drasticamente sui debiti pubblici. Si tratterebbe in tal caso di una soluzione che rafforzerebbe e non indebolirebbe l’Ue, dando vita a una punta avanzata dell’integrazione e a un primo nocciolo di una vera federazione europea. Abbiamo bisogno di quello che è mancato nell’ultimo decennio: un’iniziativa coraggiosa che porti l’Unione su un’altra rotta. I veti incrociati che paralizzano l’Unione europea attuale sono il virus che uccide l’ideale di un’Europa unita. È giunta l’ora di fare vivere tale ideale. Che siano i suoi nemici, questa volta, a inseguire.

 

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