FILM COMPLETO IN ITALIANO ::: TOLO TOLO — DI CHECCO ZALONE–2020 –1.30.22 ++ LA RECENSIONE DI NATALIA ASPESI PER REPUBBLICA, 2019

 

Tolo Tolo è un film del 2020, scritto, diretto e interpretato da Checco Zalone e prodotto da Pietro Valsecchi.

 

https://www.youtube.com/watch?v=xzWhLSYHMAE

 

 

TRAMA :

 

Pierfrancesco Zalone, detto Checco, rifiutandosi di percepire il reddito di cittadinanza in quanto disoccupato, apre nel suo paese, Spinazzola, un improbabile ristorante giapponese chiamato “Murgia&Sushi”, ma dopo appena un mese dall’apertura viene travolto dai debiti, con il fisco che gli pignora il locale e lo costringe alla chiusura: per sfuggire ai creditori decide di scappare in Africa, dove trova lavoro come cameriere in un lussuoso villaggio turistico del Kenya. Qui conosce Oumar, anche lui cameriere e appassionato della cultura italiana, molto più acculturato e intelligente del protagonista. Checco si innamora inoltre della giovane Idjaba e fa amicizia con Doudou, un ragazzino che Idjaba descrive come suo figlio.

Nel paese scoppia improvvisamente una guerra civile, con i terroristi che attaccano e distruggono il villaggio turistico, ma Checco sembra totalmente inconsapevole della drammatica situazione in cui si trova, preoccupandosi solo di cosmetici, dei suoi abiti firmati e delle telefonate delle sue due ex-mogli (che ritiene essere ancora peggio dei terroristi), arrabbiate con lui perché se ne è andato lasciando la famiglia in una difficile condizione economica e con tutte le proprietà pignorate, e di tutti i suoi creditori.

Checco e Oumar si rifugiano nel villaggio di cui Oumar è originario, ma anch’esso viene attaccato dai terroristi, spingendo Oumar a decidere di emigrare in Europa. Checco decide quindi di accompagnare Oumar, Idjaba, Doudou e altri migranti nel loro viaggio, tornando clandestinamente in Europa (infatti getta via i suoi documenti) e pianificando di rifugiarsi a casa di un cugino nel paradiso fiscale del Liechtenstein invece che tornare in Italia. Intanto i familiari di Checco sperano invece che non torni in Italia e che anzi muoia negli attentati, così da ricevere un risarcimento ed annullare i suoi debiti.

Dopo aver creato involontariamente diversi ostacoli al viaggio dei migranti, tra cui far scoprire alle autorità che non hanno documenti, Checco comincia a sentirsi uno di loro e vende i suoi vestiti per raccogliere parte del tantissimo denaro richiesto per il viaggio. I quattro protagonisti si ritrovano poi ad attraversare a piedi il deserto del Sahara, in quanto Checco era sceso dal veicolo su cui viaggiavano nel vano tentativo di farsi aiutare da due convogli dell’esercito italiano in avvicinamento, ma i militari, che transitavano nella zona per ragioni logistiche, lo avevano scambiato per un africano e lo avevano totalmente ignorato, dopo avergli anche lanciato contro una granata di avvertimento. La carovana era quindi ripartita senza aspettarlo, e Doudou, ormai affezionato a Checco, era sceso a sua volta per non lasciarlo da solo, facendosi seguire a catena anche da Idjaba e Oumar.

Durante il viaggio nel deserto incontrano Alexandre Lemaitre, un giornalista francese che documenta le tragedie dei migranti ma lavora anche come modello, pubblicizzando i cosmetici preferiti di Checco. Alexandre dà loro un passaggio in auto fino ad un albergo, dove li fa alloggiare a sue spese e tenta senza successo di intervistare e corteggiare Idjaba.

Il giorno dopo, Oumar dice ad Alexandre di portarli a quello che descrive come un luogo dove potrà documentare le barbarie a cui i migranti sono sottoposti. Giunto in Libia, il gruppo viene sequestrato dai trafficanti di migranti, e si scopre che Oumar ha venduto i suoi compagni per pagare a se stesso il viaggio. Alexandre viene liberato dopo aver telefonato alle autorità francesi, che hanno pagato un riscatto, mentre Checco, dopo gli inutili tentativi di contatto con vari suoi concittadini illustri, tra cui un suo cugino, ovvero l’ex presidente della Puglia Nichi Vendola, ormai ritiratosi a vita privata in campagna, che gli fa capire di non voler fare favoritismi con il suo solito modo di esprimersi particolarmente forbito, non riceve alcun aiuto dall’Italia. In una ribellione generale dei migranti rinchiusi, Checco, Idjaba e Doudou riescono a scappare e a raggiungere la costa, dove Idjaba affida Doudou a Checco, svelando che il bambino in realtà non è suo figlio e lo stava solo accompagnando in quanto lo aveva promesso alla madre di Doudou, una sua amica morta tempo prima, e dichiarando di dover tornare al suo Paese.

Checco e Doudou salgono su un barcone diretto in Italia, che dopo un giorno di viaggio viene travolto da un’onda anomala causata da una burrasca e naufraga; il gruppo viene salvato da una nave di una ONG, che viene inizialmente bloccata al largo delle coste italiane e poi autorizzata dal presidente del Consiglio italiano Luigi Gramegna, anch’egli di Spinazzola, vecchio conoscente di Checco, un fannullone che ha avuto una rapidissima carriera in politica, a sbarcare dopo aver concordato con il resto dell’Unione europea una distribuzione dei migranti in base ai loro chilogrammi di peso. Nella surreale “lotteria” a bordo dell’imbarcazione, gli ultimi due gruppi di migranti rimasti, tra cui quello di Checco, saranno destinati uno all’Italia ed uno al Liechtenstein. Con sommo rammarico dell’imprenditore fallito, il suo gruppo alla fine si accaparra l’ingresso nel Bel Paese. Allo sbarco nel porto di Monopoli i migranti vengono accolti sia da cortei pro-accoglienza che da proteste contro di loro, e le ex mogli di Checco, che si trovavano una in un gruppo e una nell’altro, lo vedono scendere tra gli altri migranti e, abbandonando le loro ideologie contrapposte, si abbracciano disperate, al pensiero che i debiti contratti da Checco ritorneranno attivi. Nel frattempo la famiglia di Checco si vede nuovamente negato il risarcimento per la sua morte, che gli era stato inizialmente concesso in quanto Checco era stato erroneamente creduto morto in Africa.

Checco accompagna quindi Doudou a Trieste, dove il ragazzino incontra il suo vero padre, insieme ad altri migranti che Checco aveva conosciuto in Kenya, tra i quali vi è un medico che, dopo aver soccorso Checco sulla carovana nel Sahara, a seguito di uno dei suoi improvvisi “attacchi di fascismo”, utilizza la frase detta in quell’occasione dall’italiano, che afferma che “Il fascismo è come la candida, con il sole e lo stress viene fuori”, per scrivere un libro e diventa uno scrittore di successo. Idjaba ricompare alla fine e sembra dirigersi in abito da sposa verso Checco, coronando il suo sogno d’amore, ma si scopre che è solo una scena recitata all’interno di un film neorealista diretto da Oumar. Al termine delle riprese arriva Gramegna, divenuto addirittura commissario europeo, e ordina di far rimpatriare tutti

 

 

REPUBBLICA DEL 27 DICEMBRE 2019

https://rep.repubblica.it/pwa/generale/2019/12/27/news/checco_zalone-244502715/

 

 

 

 

Altro che razzista, Zalone spiazza tutti: i veri buoni sono gli africani

27 DICEMBRE 2019
Il nuovo film “Tolo Tolo” nelle sale dal primo gennaio

DI NATALIA ASPESI

Gentile signor Checco (Zalone), anzi signor Luca (Medici, che sarebbe il suo vero nome usato dagli iniziati), mi permetta di dirle, con tutto rispetto, mascalzoncello! Anche questa volta siamo caduti in tanti dalle nubi della nostra insipienza nella malefica trappola di un suo trailer, quello del suo quinto attesissimo film, e immagino che lei, mentre l’informazione che si definisce agguerrita è corsa ansiosa a vedere questo Tolo Tolo, lei se la sta ridendo a catinelle. Mossa pubblicitaria da premio Agorà, rivolta allo sciocchezzaio oceanico in costante attesa del facile nutrimento, il trailer con la canzoncina celentanica Immigrato (basta la parola!) ci ha del tutto ingannato: non un nanosecondo corrisponde al film, e in questo modo lei ha messo in subbuglio un grande Paese che avrebbe altre grane cui dedicare l’eventuale ingegno, ma che poi sceglie di lasciar perdere l’irrisolvibile e di dedicarsi all’inutile.

Il film al contrario del trailer non si svolge in una città italiana ma quasi interamente nei villaggi africani, Checco l’italiano si rifugia in Kenya per sfuggire alla galera per evasione fiscale totale, accolto amichevolmente dagli onesti africani, e mentre nel trailer il nero porta via la donna bianca al bianco, nel film è la donna nera che non si lascia portar via da nessuno dei due uomini bianchi. La stessa emozione che provai piccina quando mi portarono a vedere Biancaneve e i sette nani, l’ho riprovata ieri, canuta da decenni, per Tolo Tolo, il primo dei film di Zalone che osavo affrontare. Si sa noi pseudo elegantoni non si andava a vedere quel comico se non allo Zelig, anche perché i critici, che oggi definiscono il nuovo film chi un capolavoro, chi un grande film, chi mi ha fatto ridere e piangere (vedi Facebook), lo trattavano prima con distacco, tanto più che la folla entusiasta traboccava dalle sale superando anche i filmoni americani, il che non è mai un buon segno per i cultori del grande cinema; comunque Sole a catinelle, 2013, lo videro 8.005.352 spettatori, Quo vado?, 2016, 9.354.698. Cose mai viste.

Oggi per Tolo Tolo non tutti a celebrarlo, alcuni intenditori coraggiosi hanno osato mormorare ai più fidati, gli altri erano meglio, e addirittura, regia scadente: i precedenti li aveva diretti Gennaro Nunziante, questa volta il regista doveva essere uno che la sa lunga, Paolo Virzì che ha scritto il film assieme a Luca Medici in arte Checco Zalone, che poi ha voluto provare il brivido del tutto mio, essendo anche l’autore delle canzoni e il cantante, come sempre. Ma torniamo al trailer traditore che per ora, uscendo il film nei cinema il primo gennaio, è la sola immagine cui hanno potuto attingere i buoni e i cattivi: e subito ogni tipo di informazione dal su al giù si è posta la tragica domanda: Zalone è razzista, è di destra, è maschilista? Una nota giornalista femminista indignata ha spiegato per quanto non richiesta, non andrò a vedere il film di Z. perché insulta la donna, (bianca), la giornalista di antico linguaggio ha accusato i buonisti di aver messo alla ghigliottina Z., l’amata Piccola Italiana di destrissima ha sgridato il furore ideologico della sinistra che vorrebbe censurare Z., la senatrice-editrice di destrissima ha fatto a Z. i complimenti per il coraggio, il segretario federale del partito più amato dagli italiani ha rimbombato che vuole (e quando lui vuole pare che si faccia) Z. senatore a vita e la cantante famosa e ricciolona ha replicato, non ha capito che Z. lo prende per i fondelli.

È nata una guerra tra grandi firme per ottenere una intervista da prima pagina, il trailer è stato affrontato da opinionisti di massimo lusso pensieroso. Un problema c’è davvero, anzi un ennesimo problema: si è persa la voglia di scherzare, di sorridere, di prendere in giro, di ridere poi, solo se succede qualcosa di tremendo, agli altri naturalmente. Che faranno se mai vedranno il film, quelli che volevano, come in tutte le circostanze, con sciatteria, senza informarsi, fare un uso politico del talento zalonico che ha il dono democratico di far sorridere e forse capire?

In Africa miserabili mercati in minuscoli villaggi, folla di gente che cerca di sopravvivere serenamente tra le bombe dei terroristi e i ricatti dei governativi, il keniota Oumar (Souleymane Sylla) che sa tutto sul cinema italiano e la bellissima Idjaba (Manda Touré), una donna forte che salva gli uomini spaventati, un bellissimo bambino chiamato Doudou come il cagnolino non più regnante (Nassor Said Birya), il resort volgarotto dove attorno alla piscina si riposano i ricchi italiani, paesaggi bellissimi e deserti senza fine.

In Italia, la famiglia di Checco che lo crede perduto (il vecchio zio è Nicola Di Bari) ed esulta perché lo Stato sgancerà denaro, e un tipico personaggio non raro nel nostro paese, l’arrampicatore di successo (Gianni D’Addario) che da disoccupato, scala una fortunata carriera politica, diventando ministro degli Esteri, premier, presidente della Commissione europea che ai naufraghi sopravvissuti dice: “Non è colpa mia se siete nati in Africa”.

Precisa Zalone, “È un personaggio del presente, ha fatto carriera come Di Maio, l’ho vestito come Conte, gli ho dato il linguaggio di Salvini, insomma un mostro dei nostri tempi”. Buonismo forse necessario, realtà con happy end, sogni da fotoromanzo, cartoni animati innocenti. Si attende l’apocalisse.

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1 risposta a FILM COMPLETO IN ITALIANO ::: TOLO TOLO — DI CHECCO ZALONE–2020 –1.30.22 ++ LA RECENSIONE DI NATALIA ASPESI PER REPUBBLICA, 2019

  1. Donatella scrive:

    Forse l’unico modo per sopportare il nostro mondo è quello di metterla in ridere: penso che questa sia la chiave per ” leggere” i film di Checco Zalone: a volte ci riesce e a volte no.

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